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Fuga dal lavoro PDF Stampa E-mail

3 Maggio 2023

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Il Consiglio dei Ministri ha emanato il tanto atteso  e discusso decreto sul lavoro che tra le varie misure aumenta di quattro punti il  taglio del cuneo fiscale e offre incentivi vari per le aziende orientate alle assunzioni ma il fulcro,il perno sul quale sono concentrati tutti gli sguardi riguarda la trasformazione dell' attuale reddito di cittadinanza in "assegno di inclusione" : dopo cinque anni esatti,dunque il reddito fortemente voluto dai pentastellati e fonte di grandissimi divisioni e conflittualità nel dibattito pubblico se ne va in pensione cedendo il passo ad una diversa formula, senz' altro più restrittiva in termine d' erogazione di denaro e maggiormente vincolante per chi ne usufruisce. Non diciamo nulla,non pontifichiamo nulla,la futurologia non fa parte della nostra forma mentis ,sarà il Tempo-con la maiuscola,rigorosamente-a mostrarci se la sostituzione del "reddito" con l' "assegno di inclusione" eliminerà i "furbetti percettori" e "toglierà dal divano" la gran parte dei giovani e meno giovani per avviarli al lavoro,magari coprendo quei 550.000 posti vacanti specie nel settore del terziario dei servizi-ristorazione,alberghiero,eccetera-che stanno diventando impossibili da trovare per molte aziende,anche se il deficit di personale riguarda pure agricoltura ed industria sia leggera che pesante.

Misura altamente divisiva,il reddito ha polarizzato la discussione in due schieramenti netti e inconciliabili: chi lo ritiene un sussidio per campare senza impegnarsi e vivere mantenuti magari integrandolo con lavoretti in nero e chi al contrario individua in un mercato del lavoro bloccato, asfittico, fermo a concezioni quasi ottocentesche di paghe e salari la vera causa della mancanza di assunzioni.Come spesso accade in queste dicotomie o in queste forme di manicheismo tendenti  a vedere solo il nero o il bianco,la realtà sta nel grigio e potremmo dire che in parte entrambi hanno ragione,tuttavia...vi è un tuttavia: il solito errore di voler vedere le cose a microscala anzichè su macroscala,in una parola noi dovremmo chiederci se questa "fuga dal lavoro" sia un fenomeno tipicamente italiano e quindi un "sui generis" oppure un fenomeno in vigore,seppur in diverse modalità e metodi in altre economie altamente avanzate. Insomma,si tratta di una peculiarità italiana o no?Alcune ricerche svolte senza nemmeno scervellarsi troppo-è necessario avere del tempo a disposizione e navigare nel mare magnum della Rete-dimostrerebbero una tendenza,seppur come scritto attuata diversamente in base a differenti ambienti e temperie culturali, in atto in buona parte dell' Occidente seppur senza l’ incentivo del reddito di cittadinanza.

Senza andar però lontano e scavando da vicino,come direbbe il nostro Alessandro Manzoni, balza all' occhio come l' Osservatorio del Precariato dell' INPS,coi dati citati da "L' essenziale" nel suo articolo del 25 luglio 2022, parla di " un numero di licenziamenti volontari in aumento costante dal 2016 ",quindi due anni prima dell' introduzione della misura del reddito da parte del governo  Conte I ; il giornale online "L' essenziale" scava ancora a fondo e fa notare come da dati ministeriali tra il 2020 e il 2021 vi sia stato un aumento delle "dimissioni volontarie del lavoro" dell' 85,2% in dodici mesi che ha portato a un numero complessivo di 480.000 licenziamenti volontari.Il 22 gennaio 2023 (quindi recentemente) "Il Sole 24 Ore" titola nella sua edizione online : "Lavoro,la grande fuga: 1,6 milioni di dimissioni in 9 mesi" e, prestate attenzione, qua non si tratta di gente che sta sdraiata sull' ottomana ad incassare i sussidi statali ma persone con un impiego le quali per varie ragioni (stress,mobbing,insoddisfazione, paghe inadeguate,difficoltà a conciliare tempi aziendali e familiari) hanno deciso di mollare tutto: in questa cifra vi è chi ha poi trovato altri impieghi con maggiori soddisfazioni ma pure chi si è reinventato oppure ancora adesso se ne sta fermo.

Scaviamo lontano? Va benissimo,facciamolo: tanto per iniziare negli Stati Uniti,un luogo che non brilla proprio per assistenzialismo ai disoccupati, dal 2020 in poi è in atto la "Great resignation",i licenziamenti spontanei di massa,fenomeno che Robert Reich ,già Segretario del Dipartimento al Lavoro ai tempi della Amministrazione Clinton ha bollato come "un enorme sciopero di massa": i numeri sono impressionanti,si parla di almeno otto milioni di dimissioni solo nell' anno solare 2021 ,con un aumento di tre milioni di giovani inattivi dal 2019 all' inizio del 2022; un rapporto OCSE riportato da varie fonti che potete trovare facilmente senza farmi appesantire l' articolo di note narra di 14 milioni di dimissioni volontarie su un campione di diversi Paesi ad economia avanzata  e il "Financial Times" lamenta di un milione di posti non coperti in Gran Bretagna e Irlanda del Nord; dulcis in fundo si parla della carenza di "almeno 400.000 camionisti in Europa". Continuiamo pure negli scavi ancor più in là: parrebbe che pur nella lontana Australia,seppur in misura minore,sia in atto un tale andazzo.

Adesso invece scaviamo lasciando la dimensione spaziale per entrare in quella temporale: vent' anni fa,diciamo subito dopo il passaggio nel nuovo millennio,prese piede negli Stati Uniti e in piccola parte nel Canada un fenomeno chiamato "downshifting",che potremmo tradurre in italiano in "scalare,diminuire la marcia": improvvisamente diversi managers o dirigenti o persone con un alto profilo professionale e buone competenze-non di certo operai generici-iniziarono a mollare tutto,improvvisamente.Chi andò a fare lunghi viaggi in barca per mare narrando le proprie avventure, chi passò il tempo in campagna,chi viaggiando,chi dedicandosi ai propri interessi e facendoli fruttare. I "downshifters" furono ovviamente persone di alto tenore economico e grandi competenze lavorative,normale e fatale che fosse così perché normali e fatali nella Storia sono certi fenomeni valoriali o comportamentali che nascono sempre dall' alto per diffondersi poi, lentamente, attraverso il tronco,in tutte le diramazioni del corpo sociale: ora non siamo più ad una élite professionale di alto livello,siamo scesi a rami più bassi e forse nessuno dei "licenziati volontari",di sicuro pochi vivranno viaggiando in barca e curando un blog apposito o coltivando orti nelle campagne ma poco importa,la tendenza ormai è in atto e riguarda come più volte detto una forma di insoddisfazione che tende in molti casi a sfociare al confine del rifiuto del lavoro.

In Italia abbiamo avuto il "reddito di cittadinanza" e ovviamente la tendenza si è sublimata in questo strumento a causa di peculiari ragioni ambientali, creando la tempesta perfetta tra chi esce volontariamente e chi volontariamente non entra. Si è scritto di come il fenomeno sia in atto non da ieri e non solo in Italia e ora andiamo ad un altro nocciolo della questione: leggendo varie analisi e commenti (giornali, analisti,ecc ecc) tutti sono d’accordo a scrivere che i due anni dell' "era covid" hanno fatto da detonatore facendo esplodere ed accelerare esponenzialmente  la tendenza in corso e qui si apre per noi una dovuta riflessione: evidentemente tra un video aperitivo e l' altro ,tra un cazzeggiamento online e l’altro a milioni e milioni di persone chiuse e bloccate forzatamente in casa qualche cosa deve essere scattato per forza,come se si fosse aperta una finestra più o meno inconscia di riflessione sugli spazi di gestione del tempo e sulla loro riappropriazione. Riassumiamo infatti le ragioni che si evincono sia dai numerosi articoli letti sia dalle testimonianze: 1) Ambienti del lavoro "tossici e malsani" a livello psicologico e umano; 2) Stress, troppe aspettative, tensione continua, continuo aggiornamento professionale (non è un caso che specie negli USA siano le aziende informatiche ad aver perso molti lavoratori) che finiscono per "succhiare il midollo della vita",ma al contrario di quello che scrisse in "Walden" H.D.Thoreau: 3) Veri e propri malanni psicosomatici dovuti appunto a un sistema incompatibile ad equilibrare tempi familiari e lavorativi,che provoca ansia, disturbi nervosi e un senso di insoddisfazione perenne,quasi chiodo fisso da estirpare a tutti i costi; 4) Da queste esperienze lette il problema dei bassi salari esiste,tuttavia non è al primo posto.Logico che in una realtà italiana dove sul diagramma i due rifiuti-volontari e da reddito-si incrociano la causa del basso salario assume una certa valenza.

Riassumendo si può dire che la misura del RdC grillino e pentastellato oggi ormai liquidata da nuovi decreti e destinata a finire sia stata una concausa e non una causa delle difficoltà attuali a reperire forza lavoro,un epifenomeno anziché un fenomeno le cui radici sono molto più complesse e strutturate delle semplificazioni della dicotomia narrata in continuazione. Ad essere in crisi oggi è il concetto in sé di lavoro ancor più di come viene retribuito o dell' ascensore sociale. Essendo tale fenomenologia accelerata dal 2020 in poi ne consegue che il "cigno nero" del biennio e mezzo del covid (primavera 2020-fine inverno 2022) abbia messo in moto dinamiche e variabili talmente complesse che per valutarne la reale portata serviranno ancora anni,non mesi: siamo forse all' inizio di fenomeni che non sappiamo come inquadrare, impossibilitati per ora ad incasellarli ma fenomeni iniziati,in marcia e credo difficili da invertire come rotta. La normalità che stiamo rivivendo è solo apparente e inganna gli occhi dei distratti e dei sempliciotti: il 2019 è lontano anni luce e appartiene ad un' epoca diversa, come nel XX secolo successe al 1919 rispetto al 1914. Fermiamoci qui perché il futuro è nel grembo oscuro degli dei e l' arte dell' indovino fa a pugni con la filosofia di questo blog.Chi vivrà vedrà,d'altronde gli intermezzi sono impossibili da analizzare,anche per un modello matematico computerizzato. Per questo serve essere non tanto protagonisti ma osservatori.

Simone Torresani
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