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L'Irlanda ha fatto la cosa giusta PDF Stampa E-mail

15 giugno 2008

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Gli irlandesi hanno respinto con un referendum il Trattato europeo di Lisbona e messo così a rischio l'entrata in vigore del piano di riforma dell'Unione. I no hanno conquistato il 53,4% dei consensi contro il 46,6% dei sì, su un totale di circa il 42% degli aventi diritto.
L'Irlanda è stato l'unico Paese a discutere il Trattato mediante referendum. Gli altri Paesi l'hanno ratificato o lo ratificheranno per via parlamentare. Tutto questo è eloquente: rimettere una decisione di questo tipo al popolo rischia di essere un boomerang, perchè si sa che la popolazione di molti Paesi europei non ha un buon feeling con l'Unione: un paio di anni fa già Francia e Olanda avevano bocciato il trattato nello stesso modo. Meglio ratificarlo in parlamento, è più sicuro onde evitare il responso popolare.
Non solo, ma nel caso di una votazione di questa delicatezza, trattandosi di una modifica costituzionale una maggioranza del 50% più 1 in linea di principio non sarebbe neppure adeguata, come semplicemente ridicola è la partecipazione al voto di meno della metà degli elettori: insomma, per una decisione di questa portata ci vorrebbero cifre da plebiscito!
E invece gli europei puntualmente o disertano, o votano no. Ogni volta i sì arrivano con il contagocce. Ha voglia a dire Napolitano che chi vota in senso negativo dovrebbe uscire dal trattato e non invece bloccarlo: è vero politicamente, ma l'opinione della gente va in considerazione, non ignorato o tacciato sempre di essere retrogrado ed egoista. Altrimenti significa che viviamo in democrazia solo a parole (e difatti...).
Non stupisce infatti l'esito della votazione, oltretutto di uno dei Paesi più europeisti: qualcuno potrà chiamarlo un atto di paura di un'apertura a un'immigrazione indiscriminata dai Paesi dell'Est, di perdita di peso verso paesi più importanti, di venire in contatto con legislazioni più arretrate. Sarà pure tutto vero, ma viene da chiedersi in ogni caso a chi possa interessare un'Europa così se non ad affaristi e politici: è stata fatta da loro a propria  immagine, e tutto ciò che non fosse interesse e affare è stato ripetutamente escluso. Altro che citare il sogno europeo! Neppure le radici cristiane sono state inserite nel trattato... E qui non si tratta di una concessione al Vaticano: le radici culturali del cristianesimo, piacciano o meno, sono state -e in buona parte sono ancora - un denominatore comune per tutti, credenti e atei, progressisti e conservatori. Fanno parte della nostra identità, sono un fattore spirituale che ci unisce, un qualcosa che ci accomuna al di là e forse più della bramosia di denaro.
Un'Europa che mira solo all'incremento del Pil, che agisce come una succursale degli Stati Uniti, che punta a un indiscriminato allargamento verso Paesi che con la Storia europea non c'entrano nulla (vedi la Turchia), un'Europa così che senso ha per noi? Cosa ce ne facciamo di una politica estera comune se poi agiamo da perfetti leccapiedi dell'America e tacciamo chi la critica di essere fascista e retrogrado? A questo punto, forse sono meglio i vecchi nazionalismi.
Se il referendum lo avessero fatto nel Medioevo all'epoca dei crociati, avremmo forse ottenuto risultati migliori. Abbiamo perso un'occasione d'oro: potevamo avere l'Europa degli europei e invece saremo costretti a mandar giù quella degli affaristi. Un bel progresso.

Massimiliano Viviani

Commenti
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daniela (Registered) 16-06-2008 09:32

Anche io penso ad una "Europa degli europei%u201D ma sono delusa dei risultati del referendum irlandese. Forse ci meritiamo il risultato ottenuto con il referendum, ma non sono d'accordo sul fatto che quel risultato sia la cosa giusta. Negli anni '50 quando si costituì l'Unione c'erano ambizioni forti a farne un organismo federalista e politico, non eminentemente economico (Spinelli, Schuman). Ora la storia ci dice che l'Europa è un'altra cosa, però un ritorno ai vecchi nazionalismi mi lascia un po' perplessa. Credo che una dimensione più ampia della nostra Italietta sia necessaria. E' vero che una Europa dei popoli sarebbe più bella ma con quali strumenti può oggi parlare? Il Trattato europeo di Lisbona non sara' la fine del mondo ma prevede un allargamento dei poteri del Parlamento europeo, prevede un maggior coinvolgimento dei parlamenti nazionali, prevede che si rafforzi il %u201Cprincipio di sussidiarietà%u201D, prevede una %u201Ciniziativa dei cittadini%u201D in ambito di proposta alla Commissione che prepara le leggi dell'Unione? Perché non possiamo sentirci un po' europei?
max (Registered) 16-06-2008 10:11

Ovvio che il riferimento ai vecchi nazionalismi era una provocazione: movimento zero è assolutamente favorevole all'unità Europea, intendiamoci...anche Fini, anche De Benoist sono europeisti, in un modo diverso però.
Anche a me piacerebbe che l'Europa andasse avanti con maggiori poteri ma anche che non fosse un grumulo di lucida finanza e di asservimento economico. Il nuovo trattato dovrebbe essere lo strumento nelle mani di un ritrovato spirito comune e invece ci ritroviamo ad essere sempre il solito zimbello degli Usa, ultimi casi vergognosi lo scudo spaziale e l'indipendenza del Kossovo, per non parlare della guerra in Bosnia. Si può pensare che un'Unione forte possa cambiare le cose ma rispetto a vent'anni fa quando c'era solo la Cee cosa è cambiato in politica interna ed estera? Nulla. Inutile girarci tanto intorno, è una presa di coscienza realistica più che un auspicio: il voto irlandese è lo specchio dell'umore della gente.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 16-06-2008 10:12

Dopo 50 anni di tentativi di fare dell'Europa una vera entità politica, è chiaro che essa può essere solo un'area di libero scambio con una moneta unica, e non è affatto una cosa da poco. Non condivido l'idea che nella costituzione europea debba esistere il richiamo alle radici cristiane, perché ci sono anche profonde radici greco-latine, musulmane nell'area mediterranea e balcanica (la Turchia non è affatto estranea alla storia europea, i Balcani sono Europa), illuministe: di questo passo non finiremmo più. Del resto i riferimenti alle radici culturali sono tutta chiacchiera. Nelle costituzioni ciò che conta è la precisa definizione dei meccanismi istituzionali e dei rapporti fra i vari poteri dello Stato. Le radici culturali devono vivere nello spirito dei popoli, nei costumi, nei ritmi e nello stile di vita: queste sono le vere leggi, diverse dai semplici regolamenti. Le Costituzioni sono regolamenti, che è bene restino entro i loro limiti.
max (Registered) 16-06-2008 10:53

Una costituzione non è solo un regolamento: serve anche a dare quei principi comuni e generalissimi che definiscono il senso di un'unità politica e sociale, come ad esempio la costituzione italiana.
La costituzione europea poi non è una semplice costituzione come quella di uno stato nazionale: è la costituzione di una entità plurima e composita che deve ri-creare uno spirito comune, una identità che dia un senso -non solo economico- allo stare insieme.
Le radici cristiane rappresenterebbero un primo importante passo. Se no non si capisce perchè dovremmo unirci, a parte per l'euro che ci è servito a proteggerci dalla globalizzazione fortemente voluta dal nostro amato "alleato" Usa. Diciamo che le radici cristiane forse darebbero fastidio a CHI al momento non nutre rapporti idilliaci con il mondo islamico (e a noi come suoi fedeli alleati -o sudditi).
Per quanto riguarda la Turchia, è un Paese che non è europeo nè geograficamente (a parte un triangolo di terra), nè linguisticamente, nè culturalmente, nè religiosamente. Cosa ci stia a fare da noi non l'ho mai capito. Forse per ingraziarsi ancora una volta il mondo islamico moderato o gli Usa che lo hanno come alleato...e qui il cerchio si chiude.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 16-06-2008 17:32

La Turchia ha dominato per secoli quasi tutta la penisola balcanica, che è Europa. Il Rinascimento, da cui è nata la modernità europea, deve molto alla scienza e alla letteratura araba che irradiavano fin dal medioevo dai centri culturali iberici. Ecco i rischi di introdurre le radici culturali nelle carte costituzionali: non si finisce più coi rimandi alle fonti. Certo quelli che contano maggiormente sono i Valori, ma essi vivono nella cultura intesa come costume dei popoli. Nelle Carte è più realistico limitarsi a definire il funzionamento delle istituzioni.
max (Registered) 16-06-2008 18:47

Se è per questo, gli arabi hanno dominato per diversi secoli anche la spagna o la sicilia, che è pure europa, cosa facciamo, mettiamo anche il marocco e l'algeria nell'unione europea?
Per quanto riguarda il rinascimento, la modernità deve tantissimo anche alla cina e all'india, anzi forse ancora di più, perchè molte conquiste degli arabi venivano di lì, come la numerazione cifrata (india), la polvere da sparo, la bussola, la carta ecc (cina). Non per questo si sente il bisogno di mettere dentro tutti questi paesi nell'UE.
Scusa poi io non capisco: tu riconosci i meriti degli arabi (che non coincidono poi coi turchi) e vuoi fare entrare per questo addirittura una nazione, e non vuoi inserire le nostre origine cristiane che hanno avuto ben altra portata dell'influenza araba....
AlMan (Registered) 16-06-2008 20:47

"Ecco i rischi di introdurre le radici culturali nelle carte costituzionali: non si finisce più coi rimandi alle fonti". Concordo in pieno.
max (Registered) 17-06-2008 12:29

Questa obiezione può essere estesa anche all'ingresso di Paesi nell'Unione: perchè non fare entrare anche il Marocco dati i precedenti di dominio e influenza in Spagna? perchè non Israele dati i nostri legami con la cultura ebraica o la Georgia che confina con la Russia? anche qui non si finisce più...
Con una differenza però: mentre il rimando culturale pur nella sua imperfezione dà un senso e un'anima a una unione che ha per ora una natura solo economica, l'ingresso spensierato di Paesi confinanti crea solo confusione e dà senso solo all'economia.
kulma (Registered) 17-06-2008 12:46

anch'io concordo in pieno con luciano fuschini, c'è da dire che la turchia ha avuto un'influenza maggiore degli arabi negli ultimi secoli. come dice luciano ha dominato i balcani. i bosniaci, infatti, sono in larga parte musulmani. loro non sono europei?
syn (Registered) 17-06-2008 16:36

cmq E VENNE IL GIORNO probabilmente è un film che piacerà molto a Massimo FIni...
max (Registered) 17-06-2008 17:09

Certo che i bosniaci sono europei, ma lo sono geograficamente, linguisticamente, etnicamente, solo la religione non fa parte della tradizione europea.
Mentre invece la turchia non ha nessuna caratteristica europea, nè geografica, nè etnica, nè linguistica, nè culturale nè religiosa. Come possa essere considerata europea è un mistero.
Anche la francia ha avuto (e in tempi ben più recenti) una influenza ben maggiore su gran parte del nord africa in seguito a una lunga dominazione: allora cosa ci aspettiamo, che nella lega araba o nell'unione degli stati africani ci deve entrare anche la francia?
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 17-06-2008 23:02

Caro max, cerchiamo di capirci. Qui non si tratta di discutere il buon diritto della Turchia o, per assurdo, del Marocco, ad entrare nell'Unione, ma dell'opportunità o meno di inserire discorsi generici e fumosi nella Carta Costituzionale. Se si parla di radici culturali dell'Europa, le radici più profonde sono quelle greco-romane. Ebbene, un riferimento alle radici greco-romane sarebbe pura retorica, come il riferimento alle radici cristiane. Le radici cristiane dovrebbero vivere nel costume popolare, non nelle dichiarazioni di principio che sono aria fritta. Parliamo di radici cristiane quando sono già state divelte dai vari illuminismi, positivismi, relativismi, storicismi, psicologismi, sociologismi, marxismi-leninismi. Per recuperarle non servono dichiarazioni di principio che danno la stura a infiniti distinguo.
daniela (Registered) 18-06-2008 00:04

Se quelle radici cristiane le abbiamo un po' perse, non serve evocarle per ripristinarle. Ci sono però nelle varie culture europee e nelle carte costituzionali degli stati dei principi che costituiscono un patrimonio comune, che è alla base della nostra identità. Nella prima parte della nostra costituzione italiana ad esempio vengono evocati i principali diritti e corrispondentemente doveri, che servono, ci devono essere, non sono solo retorica, sono frutti di un albero che ha varie radici e indicano dei binari da seguire. Ipocriti noi, se poi ne facciamo carta straccia. In una seconda parte occorrono le regole per il funzionamento dei poteri e degli organi.
Se vogliamo una Europa unita, federale o no, la carta, a mio parere, deve contenere queste due parti.
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