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Colonialismo d'insediamento genocida PDF Stampa E-mail

3 Giugno 2024

 Da Rassegna di Arianna del 2-6-2024 (N.d.d.)

L'aspetto religioso, nella questione della formazione ed esistenza dello stato di Israele, è sempre stata molto in rilievo - sia in senso positivo che in senso negativo. Ciò ovviamente è in parte vero, ed in parte no. Lo è quantomeno nel senso che il sionismo - ovvero l'ideologia nazionalista su cui si è fondata Israele - nasce da un humus culturale di tipo religioso. Il fatto che, alle origini della religione ebraica, questa presupponesse che i suoi seguaci fossero gli 'eletti da dio', è il fondamento su cui si basa l'eccezionalismo ebraico-sionista, e la pretesa di uno stato tutto per sé. Ovviamente, questo presupposto è quanto di più banale, nel senso che migliaia di anni fa ogni popolazione (anche di etnie diverse) aveva i suoi dei, e dava per scontato che questa relazione fosse 'speciale'. Del resto, non si è forse gridato "Dio è con noi!" sino in tempi assai più recenti? In ogni caso, il sionismo ha fatto di questa presunta eccezionalità il fondamento di una ideologia che - esattamente come la religione nel cui ambito nasce - è esclusiva ed escludente.

Ma, se pure il sionismo ha questa connotazione religiosa, esso è prima di tutto una ideologia nazionalista. E secondariamente, non esistendo precedentemente una nazione esclusivamente ebraica, questa ideologia ha dovuto crearsi una narrazione confacente, ovvero identificare un luogo ove insediare questa nazione e questo stato. E, peraltro, la Palestina inizialmente non era l'unica ipotesi presa in considerazione... Una volta che il progetto sionista si è fermato su questa ipotesi (ben prima dell'olocausto), si inventò il famoso slogan "una terra senza popolo per un popolo senza terra". Che è però, appunto, una doppia mistificazione: perché in quella terra un popolo c'era eccome, e perché gli ebrei non sono un 'popolo'. Fondamentalmente, quindi, il sionismo - nel momento in cui è passato dall'essere una ideologia politica riferita ai fedeli di una determinata religione, all'essere un progetto politico concreto - si è manifestato come la tarda espressione di un fenomeno tipicamente europeo, il colonialismo. In virtù della sua natura, il colonialismo sionista è stato ed è una particolare fattispecie di tale fenomeno, il cosiddetto colonialismo d'insediamento.

Il colonialismo classico europeo, infatti, si è concretizzato nella occupazione militare di un territorio (generalmente collocato in un altro continente), nel trasferimento in loco di una quota di coloni, e nello sfruttamento intensivo delle risorse della colonia stessa - laddove tali risorse comprendevano la popolazione autoctona, utilizzata come forza lavoro in condizioni di servilismo, se non di schiavitù. Nella storia europea esistono sostanzialmente solo due casi di colonialismo d'insediamento, nel quale appunto i coloni non intendono semplicemente sfruttare la colonia, ma farne il proprio territorio: l'America del nord, e l'Australia. In entrambe i casi, le popolazioni indigene sconoscevano totalmente l'idea europea di stato e di nazione, ed erano tecnologicamente (e quindi militarmente) molto più deboli degli europei. In entrambe i casi, nonostante l'estrema vastità dei territori, i coloni europei perseguirono sostanzialmente lo sterminio delle popolazioni indigene, in quanto il loro insediamento presupponeva necessariamente l'eliminazione di coloro che abitavano precedentemente quelle terre. Il colonialismo d'insediamento sionista, invece, si è trovato di fronte una popolazione con una storia ed una identità nazionale e statuale (dai califfati arabi all'impero ottomano), pienamente moderna sotto il profilo tecnologico, e - cosa ancor più rilevante - massicciamente presente in un territorio assai ristretto.

La natura esclusiva del sionismo, che limita agli ebrei la possibilità di colonizzare la terra di Israele, non ha fatto che accentuare quest'ultimo problema, poiché il capitale umano a cui attingere per la colonizzazione è limitato, mentre quello autoctono non lo è. Ci sono quindi tre fondamentali ragioni per cui lo Stato di Israele deve essere genocida. La prima, è che il colonialismo d'insediamento lo è per sua natura. La seconda è che gli ebrei sono una piccolissima minoranza, e non tutti sono disposti a fare i coloni in Terra Santa. La terza è che l'insediamento avviene su uno spazio limitato, dove la spinta demografica degli indigeni è inarrestabilmente più forte di quella dei coloni. Ma, sempre per le ragioni summenzionate, il colonialismo sionista (che è una forma del colonialismo europeo: tutti i leader israeliani sono sempre stati ashkenaziti, cioè ebrei di origine europea, e mai sefarditi, cioè di origine mediorientale o nordafricana) si trova di fronte a una contraddizione insanabile, ovvero che le condizioni storiche e geopolitiche in cui si è manifestato sono a tal punto diverse, da quelle della colonizzazione del continente americano  e australiano, da rendere impraticabile la replica di quel modus operandi. Israele non può che essere genocida, nei confronti dei palestinesi, ma al tempo stesso ciò è semplicemente impossibile da realizzare, quantomeno nella misura 'necessaria'. E se Israele non può essere genocida, semplicemente non può essere, tour court. È questa, l'insanabile contraddizione in cui permane lo stato ebraico, che rende ancor più evidente la sua natura artefatta, che necessita di continui riferimenti biblici per la semplice ragione che non ha né una storia né una cultura comune, e che trova - appunto nell'odio razziale verso una popolazione indigena che ostinatamente rifiuta di scomparire - l'unico vero collante identitario.

Enrico Tomaselli

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