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Arte moderna e pensiero antimoderno PDF Stampa E-mail
9 dicembre 2008
 

 
Il Corriere della Sera del 3 dicembre scorso informa sull’esistenza di fermenti antimodernisti in arte, non ancora organizzati in una vera e propria corrente ma rivelatori di un comune sentire che comincia  a diffondersi negli ambienti intellettuali. L’obiettivo polemico sono le avanguardie artistiche.
La notizia merita qualche considerazione. Le arti e la poesia in epoche di fioritura delle civiltà furono popolari nel senso pieno del termine. Le statue degli scultori ateniesi, le tragedie e le commedie dei grandi autori teatrali, la poesia di Omero, erano fruìte dal popolo, erano parte integrante della vita quotidiana. L’anelito al cielo delle grandiose cattedrali romaniche e gotiche, con le loro ardite soluzioni architettoniche e le stupende vetrate policrome, i romanzi cavallereschi e la poesia di Dante, erano patrimonio comune dell’uomo medievale. La grande pittura del Rinascimento era il prodotto di un sapere e di un’abilità diffusi nelle botteghe d’arte, la poesia di Ariosto ispirava il teatrino dei pupi, i versi di Shakespeare o di Goethe venivano citati anche dai popolani. Le forme artistiche non scaturivano dal genio di individui isolati in un’astratta libertà: se escludessimo le opere realizzate su commissione, taglieremmo via quasi tutta la storia dell’arte. Scaturivano dalle linfe vitali delle nazioni.
La progressiva decadenza che oggi chiamiamo modernità ha reso sterili anche arte e poesia, ridotte a sperimentazioni cerebrali e ad ermetismi comprensibili solo da pochi iniziati. Le avanguardie della prima metà del Novecento hanno avuto una loro funzione e una loro giustificazione. Nella seconda metà del Novecento la decadenza di tutto ciò che fu civiltà ha tolto credibilità anche alle avanguardie e alle loro pretese di dissacrare l’arte dei musei e delle accademie. Restano solo l’impostura di chi spaccia per originalità artistica la pura bizzarria, la provocazione dello scandalo per far parlare di sé, la sudditanza al mercato.
Un tempo era tenuta in grande pregio, non solo nell’arte ma nel lavoro quotidiano, l’abilità manuale, l’acquisizione di una tecnica che richiedeva un lungo apprendistato e che diventava un possesso saldo, un tesoro prezioso con cui l’artigiano si realizzava potendo andare fiero del proprio lavoro. Oggi perfino nelle arti la sapienza tecnica si è impoverita. Gli studenti livornesi che in pochi minuti, con un trapano, hanno riprodotto con assoluta fedeltà lo stile del Modigliani scultore, ingannando gli esperti d’arte, restano nella loro goliardia i più efficaci smascheratori dell’inconsistenza di tanta arte contemporanea.
Anche le arti, la poesia, la musica, sono diventate una carnevalata da vendere sul mercato dell’usa e getta. Sono ridotte a riflessioni moralistiche, ma senza una forte dose di moralismo vero, quello che nasce dall’indignazione per la perdita di tutto ciò che ha valore autentico.
Nell'articolo vengono citati fra gli antimoderni Robert Hughes, Mario Vargas Llosa e Paul Virilio. Solo l’ultimo sembra avere le carte in regola per polemizzare con la modernità, essendo un critico della società tecnologica. Hughes è il tipico intellettuale "di sinistra”, Vargas Llosa è un romanziere liberal-conservatore fieramente nemico di ogni sinistrismo. Questo ci dice che chi è mosso da una moralità autentica può pervenire a conclusioni simili nonostante la diversità dei punti di partenza. Si può maturare un ideale antimoderno non per adesione a una corrente di pensiero ma perché si sente sulla pelle e nelle viscere il disgusto per questa vita degradata; si può pervenire in linea diretta all’antimodernità attraverso la lettura di De Maistre, Carlyle, Nietzsche, Spengler, Evola, Junger, Pound, De Benoist; si può farlo seguendo le suggestioni junghiane ma anche quelle freudiane; si può essersi fatti guidare da Cioran, da Solgenitsin, da Ceronetti; vi si può pervenire attraverso Latouche e gli ecologisti; e ci si può riscattare dal progressismo anche essendosi formati culturalmente sulle pagine di Gramsci, Adorno, Marcuse, Pasolini. E’ ancora recente un libro di Bruno Arpaia dal titolo sorprendente nella sua eloquenza: “Per una sinistra reazionaria”. L’unico torto di quel libro è di aver svolto tesi simili a quelle di Massimo Fini senza citarlo mai. Chi avrebbe pensato qualche anno fa che il sostantivo Sinistra potesse essere accostato all’aggettivo Reazionaria? Qualcosa si muove sotto il cielo. Non è importante la riva da cui ci si stacca, ma l’approdo comune.

Luciano Fuschini

Commenti
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max (Super Administrator) 09-12-2008 20:32

"L'arte moderna si chiama così perché non ha nessuna probabilità di diventare antica." (Nikita Kruscev)
sillarion@libero.it
MarcoFerr (IP:79.20.88.78) 09-12-2008 21:42

Attenzione a non confondere il significato con il significante, soprattutto in arte.
Il messaggio ultimo di un'opera appartiene alla riflessione individuale, ma le modalità con le quali questo viene espresso difficilmente sfuggono allo "spirito del tempo" (e quindi anche alla sua degenerazione).
Questo significa che si possono veicolare contenuti antimoderni anche attraverso il linguaggio corrotto e degenerato dell'arte moderna. Così come non è detto che un recupero delle antiche competenze possa, per questo solo motivo, rivendicare una qualche patente "antimoderna".
Il vero, attuale problema dell'arte (mi riferisco alle arti visive) è l'influenza del MERCATO, che ha assunto una preminenza tale da arrivare a creare artificialmente e veicolare nuovi valori artistici.

max (Super Administrator) 10-12-2008 11:06

Hai ragione marco quando dici che si possono esprimere significati antimoderni anche in modo moderno e di avanguardia, e che viceversa una espressione premoderna, formale, figurativa, può sottendere un atteggiamento moderno. Questo è un discorso che vale di principio e ha alcuni casi esemplari: sappiamo per esempio che evola fu un pittore futurista e bougueraeau il pittore dei borghesi!!
Ma a mio parere erano casi rari: ci vuole una consapevolezza grande per non farsi trascinare dalla dissoluzione del linguaggio verso la modernità e usarla in un certo senso, "cavalcando la tigre". Consapevolezza che solitamente gli artisti moderni non hanno nè vogliono avere: gli artisti di avanguardia del Novecento erano in genere modernisti e progressisti.

Luca (Registered) 10-12-2008 16:00

ma l'arte popolare odierna non è ben rappresentata dall'arte del XX secolo, ovvero il cinema? E' pur vero che larga parte della produzione si riduce ad "una carnevalata da vendere sul mercato dell%u2019usa e getta" ma è altrettanto idiscutibile che grandi opere come i film di Kubrik o di Fellini sono ben conosciuti dalla popolazione, sono citati, dileggiati,oggetto di satira e di discussione...ok, è prematuro affiancare kubrik ad artisti di prima grandezza come dante, mozart o sheakspeare (entrambi Rosacroce), sarà il tempo a decretarlo, ma forse il popolo respira oggi questi film come la gente di allora viveva le opere di allora...è cambiata la forma di comunicazione e c'è una grande sovrapproduzione culturale, questo influisce probabilmete anche sulla qualità... d'altronde, e qui mi contraddico, full metal jacket non è certo la divina commedia...
syn (Registered) 12-12-2008 10:22

Non esistono oggetti d'arte, in quanto tali, staccati dall'esperienza che ne fa l'uomo; se noi li vediamo così è a causa delle istituzioni museali, che a loro volta riflettono condizioni sociali ed economiche di antagonismo e separazione. Ne segue così che oggi
le opere d'arte siano esperite come un alcunché di separato dalla vita comune, oggetti di collezionismo o direttamente prodotti nati per il mercato - oggetti "feticizzati". Occorre riscoprire la continuità fra l'esperienza estetica e il normale processo di vita; occorre ritornare a focalizzarsi sul processo più che sul prodotto e sul godimento (enjoyment) della sua percezione. Occorre insomma che l'arte ritorni alla sua radice estetica in senso proprio che è quella esperienziale: ossia che l'arte ritorni ad essere esperienza nel senso pieno del termine, in quanto azione determinata dalle condizioni di vita che il soggetto sperimenta interagendo con l'ambiente.
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