Il kebab e l’oscurantismo |
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13 febbraio 2009 Recentemente la giunta comunale di Lucca ha deliberato restrizioni all’apertura di centri di ristorazione che propongano cibi esotici. Lo scopo dichiarato è difendere la tradizione gastronomica locale. La Lega ha approvato incondizionatamente l’iniziativa. Ci sono momenti di profonda cesura nella storia dei popoli, momenti in cui forme culturali e costumi codificati tramontano e si introducono elementi nuovi. Se la tradizione fosse qualcosa di immutabile, adoreremmo ancora Giove e Apollo. Il cristianesimo, la più consolidata delle tradizioni europee, ci viene dal Vicino Oriente semitico. Gli spaghetti, il più italico dei piatti, in realtà vengono dalla Cina. Concepire una tradizione gastronomica come qualcosa di puro che non deve essere contaminato è come pretendere di difendere la purezza della razza. Per fortuna siamo tutti bastardi. La tradizione da riproporre come valore è invece una struttura formale, un modo di essere, uno stile di vita, non i contenuti legati a una civiltà contadina e clericale oggi non riproducibile. In nessun modo può essere intesa come un complesso di riti e di costumi, anche gastronomici, che si ripetono immutabili. Pretendere di fossilizzare una comunità significa voler mummificare un organismo che vive e si trasforma. Quella struttura formale che chiamiamo tradizione e alla quale ci richiamiamo è il radicamento nel territorio, la rivitalizzazione dello spirito comunitario, il rispetto dei ruoli e l’assunzione piena e consapevole delle responsabilità che a quei ruoli competono, un’economia quanto più possibile basata sull’autoproduzione e l’autoconsumo (senza teorizzare gli eccessi dell’autarchia), l’adozione di ritmi di vita più naturali e alieni dalla competizione frenetica, forme politiche che coinvolgano direttamente i cittadini nella gestione della cosa pubblica. Queste sono le cose che contano. Sono tradizione in quanto in parte si realizzarono nelle polis dell’antichità e nei Comuni medievali. Questo intendo per tradizione da riproporre come antidoto all’orrore della Modernità. Concepirla come difesa della mozzarella e della pizza contro il couscous e il kebab è ridurre una proposta seria alle dimensioni del grottesco. Le buffonate lasciamole alla Lega. Le massicce migrazioni avranno effetti sconvolgenti. E’ un processo imponente e inevitabile. E’ legittimo dispiacersene ma volerlo impedire è la vana pretesa che spinse negli anni ’50 e ’60 tanti padroncini del Nord a esporre il cartello “non si affitta ai meridionali”. I figli e i nipoti di quei meridionali oggi sono integrati e molti di loro votano Lega. L’Europa che va delineandosi vedrà sorgere sensibilità religiose, costumi, regimi alimentari diversi dal passato. Dobbiamo accettarli tranquillamente come il nuovo contenuto di quella struttura formale che è la tradizione in cui crediamo. Non vogliamo rivedere nelle nostre città le processioni con in testa i simulacri dei Santi né vogliamo bandire il couscous. Essere antimoderni non significa essere oscurantisti.
Luciano Fuschini
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