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Il crollo della nostra onnipotenza PDF Stampa E-mail

10 aprile 2009

Di fronte a tragedie come quella dell’Aquila provo un sentimento di profonda vergogna. Per la mia impotenza. Per la mia inutilità. Penso che se uno non può far nulla di utile farebbe meglio a girare la testa da un’altra parte. E invece guarda la tv. E c’è qualcosa di molto ambiguo, oltre che di morboso, in questo voyeurismo del dolore e della sofferenza altrui. "La sofferenza degli altri fa bene. Questa è la dura sentenza" scrive Nietzsche con la sua spietata lucidità. È un sentimento inconscio, naturalmente, che non esclude affatto una commozione sincera ma la accompagna. È come quando si va ai funerali di un amico. Da una parte c’è un dolore autentico, dall’altra l’inconfessata e inconfessabile soddisfazione, per contrasto, di essere ancora vivi.
Eppoi c’è l’ambiguità di un mezzo come quello televisivo. Che per sua natura, trasforma inevitabilmente in spettacolo tutto ciò che tocca e quindi anche il dolore e la sofferenza. E ci specula. Il Tg1, alla fine di un telegiornale pieno di immagini di morte e distruzione, è arrivato a vantarsi, snocciolando compiaciuto, fasce orarie, picchi d’ascolto, degli share ottenuti con le trasmissioni sul terremoto, superiori a quelli della concorrenza. Non so chi abbia potuto suggerire al direttore uscente di quel Telegiornale una tale esibizione, che definire di cattivissimo gusto è poco.
Finisce, momentaneamente, la rappresentazione della tragedia e inizia la pubblicità, il mondo virtuale da cui sofferenza e dolore sono esclusi e esistono solo felicità, benessere, le "opportunities", le digestioni facili. Questo mondo virtuale, falso, è già irritante in situazioni normali ma accostato alla realtà della tragedia diventa semplicemente indecente. Io credo che per rispetto dei morti, e soprattutto dei vivi, nel caso di tragedie di questa portata bisognerebbe sospendere la pubblicità per qualche giorno piuttosto che dichiarare "lutti nazionali" che non si è mai capito bene in che cosa consistano.
Poi ci sono i rappresentanti delle Istituzioni. Probabilmente è giusto che facciano sentire, anche con la loro presenza fisica, la vicinanza dello Stato, ma pur se animati delle migliori intenzioni è inevitabile che si facciano pubblicità, per quanto involontaria, a spese dei morti. E ci sono gli uomini politici. Dario Franceschini è andato in Abruzzo senza avvertire nessuno, in veste anonima, "per non essere seguito dalle Tv e dalle radio e farsi pubblicità". Ma poi l’ha raccontato in televisione.
Un terremoto, in quanto tale, non ammette discussioni. Però penso che la gente farebbe bene a fidarsi di più del proprio istinto e meno della tecnica e dei suoi guru. La gente d’Abruzzo aveva sentito, intuito, che in quei "flussi sismici", dichiarati nella norma, c’era qualcosa che non andava tanto che in un paesino, il giorno prima della scossa avevano fatto una processione per chiedere a Nostro Signore di non far arrivare il terremoto (ciò che è successo dopo la dice lunga su quanto tenga conto delle nostre preghiere). Ma la stragrande maggioranza ha finito per fidarsi dei tecnici. Tranne alcuni, che si sono salvati. Mi ricorda la vicenda del cieco e del suo cane il giorno dell’attentato alle Torri Gemelle. L’ordine, nei grattacieli in fiamme, era di stare calmi, di non muoversi, che sarebbero presto arrivati i pompieri e i mezzi a risolvere tutto. Ma il cane non sapeva nè leggere nè scrivere e, tantomeno, aveva orecchie per ascoltare. Fece ciò che l’istinto gli dettava; si precipitò giù dalle scale trascinandosi dietro il cieco, salvandosi e salvando il suo padrone. Anche noi siamo degli animali e dovremmo recuperare almeno un po’ di questa nostra natura oggi troppo sacrificata alla razionalità della tecnica.
Infine se la tragedia dell’Aquila ha un senso è di ricordarci la nostra fragilità, di limare la nostra ubris, il delirio di onnipotenza che ci fa credere di poter controllare tutto. Esiste il Caso, che i Greci chiamavano Fato al quale anche gli dei dovevano sottomettersi. Siamo, tutti, sospesi a un filo. E non dovremmo aspettare tragedie come quelle dell’Aquila per ricordarcene.

Massimo Fini


da www.ilgazzettino.it
Commenti
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Fabio Mazza (Registered) 10-04-2009 18:11

Giustissimo.
La prima sensazione personale alla tragedia naturale (aiutata dal solito magna magna degli appalti italiani), è stato: ecco la forza della natura che si scatena, e ci ricorda che siamo una parte di essa, e sottoposti alle sue leggi immanenti, non Lei alle nostre, come molti si illudono.
Poi sono arrivate le scene da libro cuore di trasmissioni televisive in cui si faceva la gara del cordoglio, con una sollecitudine mai dimostrata in occasioni similari per numero di vittime, ma cagionate dall'uomo.
Diciamolo sinceramente: in questa società, che ha stravolto le leggi della natura e dei suoi cicli; che vuole creare la vita in provetta e in cui non è concesso invecchiare, perchè una ruga non è più un segno di esperienza, ma solo di decadimento; che non accetta la morte, che come si faceva notare in altro articolo è divenuta l'ultimo tabù, pornografica, oscena, qualcosa da relegare il più lontano possibile da noi, questa dimostrazione di "forza" da parte della natura ci infastidice. Perchè ci ricorda la nostra natura caduca e il nostro essere legati alla terra che stiamo violentando da secoli.
syn (Registered) 10-04-2009 19:38

Qualcuno mi sa dire il nome del paesino citato da massimo fini in cui si è fatta la processione il giorno prima?
baol.ros@fastwebnet.it
baolros (Registered) 11-04-2009 11:10

Chiaro e conciso. Come sempre.
Grazie per tutto ciò che scrive
Rosario Grassi
marco.milioni.@poste.it
marco.milioni (Registered) 11-04-2009 16:57

Impeccabile l'articolo di Massimo. Mi piacerebbe sapere come sta il nostro Di Giacinto, che se non erro è abruzzese. Siamo con voi.
vittoriodigiacinto@gmail.com
Di Giacinto (Registered) 13-04-2009 22:42

Grazie Marco per l'attenzione, mi trovo a 100 km dall'epicentro, non abbiamo subito danni, siamo intervenuti per quanto possibile in aiuto ed avendo dei parenti abbiamo degli ospiti in casa. L'articolo del dott. Fini rispecchia la realtà in particolare la citazione di Nice. Dopo la tragedia delle vittime rimane il problema psicologico che stanno vivendo in molti, sarà comunque anche una questione caratteriale degli Aquilani un po mammoni, ricordo il terremoto dell'Irpinia avendo dei parenti anche li, anche se il ricordo è lontano,furono presi meno dal panico.
kulma (Registered) 18-04-2009 10:40

perdonami vittorio ma non sono d'accordo. sono appena tornato dall'abruzzo, ho parlato con molte persone nei paesini colpiti e devo dire che ho trovato una popolazione veramente forte e con grande dignità. nessuna sceneggiata e una gran voglia di lottare con le proprie forze.
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