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Iran, una diversa civiltà giuridica PDF Stampa E-mail
5 maggio 2009
 
 
La notizia dell’impiccagione di una ragazza di 23 anni non può che suscitare una reazione di dolore e indignazione. Tuttavia bisogna sempre evitare che l'emotività offuschi la ragione.
I fatti sono questi: una ragazza iraniana che all’epoca del delitto aveva 17 anni, età nella quale per le leggi di quel Paese una donna è già maggiorenne, è stata giudicata colpevole di omicidio e condannata a morte. L’insistenza con cui i nostri media sottolineano che era pittrice è irrilevante sia sul piano umano sia su quello giuridico. Se fosse stata una sguattera i termini della questione sarebbero invariati. Qui si discute non il dolore per l’esecuzione della sentenza ma le accuse di inciviltà e di barbarie che vengono rivolte all’Iran.
Nell’esercizio della giustizia la barbarie è la vendetta privata. I parenti e gli amici della vittima provvedono a vendicarsi sui colpevoli innescando una spirale potenzialmente infinita di ritorsioni. Per uscire da questa prassi primitiva e selvaggia, si è affermato il principio secondo cui la vendetta viene esercitata non dai privati ma dalla comunità, attraverso la legge. Questa è la forma basilare di civiltà giuridica, che non esclude dunque il concetto di vendetta (la legge del taglione codificata anche dalla Bibbia) ma ne attribuisce l’esecuzione alla comunità, allo Stato.
Il cristianesimo ha raccomandato il perdono ma non ha proposto alternative di diritto positivo. Invece con l’Illuminismo si è affermata in Occidente una concezione del diritto per cui la pena è finalizzata alla rieducazione del colpevole. Si tratta di un’altra forma di civiltà giuridica, che a nessun titolo può accusare di barbarie chi segue l’altra logica. Questo sarebbe colonialismo culturale.
Nell’Iran islamista vige la legge coranica, che ha saldi fondamenti giuridici e non è affatto barbara. Secondo questo diritto la pena deve essere proporzionata al danno subìto, quindi l’omicidio deve essere punito con la morte. Gli unici che possono concedere la grazia sono i parenti della vittima, con una semplice dichiarazione in cui affermano di perdonare il colpevole, accogliendo così una raccomandazione divina (“Allah preferisce il perdono”). Nel caso specifico i parenti della vittima hanno rifiutato il denaro come risarcimento e hanno negato il perdono. Il tribunale ha confermato il giudizio di colpevolezza e la legge è stata applicata. Dura, spietata, ma non barbara né incivile, non peggiore del nostro orientamento permissivo ma semplicemente diversa.
Non sarà che queste campagne sono alimentate ad arte per preparare il terreno a una resa dei conti con l’Iran?  Proprio in questi giorni la Clinton, ministro degli esteri di Messia Obama, ha lamentato che Cina e Iran stanno instaurando buoni rapporti con molti Paesi dell’America latina. Non basta accusare l’Iran di terrorismo, ora diventa una colpa anche avere buoni  rapporti economici e politici con alcuni governi. Allora la sorte di una povera giovane può servire alla campagna di demonizzazione del nemico.

Luciano Fuschini

Commenti
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max (Super Administrator) 06-05-2009 07:31

Ci sarebbe anzi da affermare che per alcuni versi è proprio il diritto illuminista del recupero del colpevole a essere barbaro. Nel diritto illuminista infatti il colpevole può tornare in libertà anche nei casi più gravi, e quindi in teoria nelle condizioni di delinquere ancora.
In tali casi (omicidio e stupro per esempio) il garantismo progressista ha il sapore dell'ingiustizia e della crudeltà.
daniela (IP:151.16.60.1) 06-05-2009 08:43

Ci tengo a dissociarmi dalla visione dei media che ricordano le donne solo quando fa comodo in modo strumentale. In questo caso specifico l'hanno fatto pesantemente. Una prova tra le altre è stata quella di illustrare dettagliatamente la storia solo dopo l'esecuzione della sentenza. Un'altra quella di avere associato due storie molto diverse tra loro, quella di questa ragazza e quella di una giornalista semiamericana, confondendo fatti, commenti ed esiti. Mi sembra lecito affermare che l'Iran islamista non è barbaro nè incivile, nè va demonizzato.
Di questa storia mi colpisce tuttavia l'aspetto umano e giuridico. Il fatto di pensare che ciascun paese deve filare da sè la propria storia comporta che non possiamo denunciare eventuali "ingiustizie"? Si è detto, ad esempio, che la ragazza si era autoaccusata per difendere il ragazzo, ma che in verità nel processo non se ne sia voluto tener conto. Si potrebbero auspicare miglioramenti nell'accertamento della verità e nelle procedure processuali, qua e là? Sarebbe stato permissivismo o garantismo progressista ascoltare davvero il punto di vista femminile? Non è possibile pensare che l'umanità debba perseverare nel suo sforzo di migliorarsi civilmente e culturalmente? Credete davvero che il patriarcato sia una forma insuperabile di organizzazione sociale?
Andrea Marcon (Registered) 06-05-2009 09:38

Gentile Daniela, mi sembra in tutta sincerità che lei non abbia afferrato il punto della questione, ben illustrato nell'articolo di Luciano. Qui non si tratta di auspicare o meno "miglioramenti nell'accertamento della verità e nelle procedure processuali", che sono invocabili sempre e per qualunque sistema giuridico, "occidentale" o coranico. Si tratta di non mettere in discussione la piena legittimità del sistema stesso nel suo complesso invocando una pretesa superiorità culturale e accusando altri di barbarie (che è quanto viene fatto anche in questo caso, dove non ci si occupa del caso specifico se non strumentalmente per demonizzare l'Iran). Quanto al patriarcato, nessuno qui ha mai scritto che si tratti di una "forma insuperabile di organizzazione sociale"; semplicemente, sempre nel nome del relativismo culturale, rispettiamo le società nelle quali tuttora è vigente.

Un'ultima osservazione sulle tematiche dell'articolo: se proprio vogliamo, da condannare sarebbero semmai i sistemi giuridici che pur improntati ai valori e ai principi propri della nostra civiltà giuridica ricorrono ad istituti come la pena di morte (per non parlare della tortura). L'Iran infatti è coerente con i propri principi e questo è l'unica cosa veramente importante in un sistema socio/culturale; lo stesso non può dirsi per gli USA, che una volta di più dovrebbero quindi solo tacere.
Fabio Mazza (IP:93.149.19.91) 06-05-2009 18:39

Sempre grandissimo Fuschini.
Chiarezza e condivisione piena del pensiero di MZ.

Il problema è di difficile comprensione per chi non si pone in un ottica veramente "relativista", ed inoltre rimane difficile anche per noi che quest'ottica la abbiamo (o diciamo di averla) non farci coinvolgere emotivamente dalle vicende.
Ma tant'è.

Qui non si tratta di dimostrarsi fautori della pena di morte, o al contrario suoi detrattori.
Questa è una questione morale, che riguarda il singolo e che nulla ha a che vedere con un ordinamento sovrano.
In primis perchè la sentenza (sempre da come sappiamo le cose, perchè non eravamo presenti in aula)per quanto dura, non è stata arbitraria.
é infatti codificato nella legge di quel paese che se si cagiona la morte di un uomo la pena è la morte.
Che questo sia giusto o sbagliato è un convincimento personale.
Ma non è in alcun modo lecito scandalizzarsi per le pratiche di un altro popolo, nel momento in cui sono interne al loro paese e non violano la libertà di altri popoli.
Dovrà, semmai, essere il popolo iraniano a manifestare il suo sdegno per la pena di morte e ad imporre a furor di popolo la sua abrogazione.

Per quanto rigurda la comunità internazionale, che comunque esiste, anche se a "due velocità" a seconda del paese che commette "l'illecito", è lecito che la stessa possa esercitare qualche tipo di "pressione" ovviamente solo morale, e mai d'altro tipo, qualora non trovi giusto un orientamento di uno stato sovrano.
Ma si deve fermare li. Senza permettersi di giudicare barbari gli altri popoli, quando noi occidentali dovremmo solo guardare nel nostro cortile che non è certo il paradiso della giustizia e dell'equità.
syn (Registered) 09-05-2009 10:10

il relativismo culturale: davvero una cretinata secolare dura a morire. Così come possa esserlo, per essere onesti, un approccio neopositivista. Ovviamente per chi è rimasto impantanato in Nietzsche, sceglierà la prima strada (e non si dica che sia una corrente minoritaria 'che proprio ieri nella mia cittadina sono iniziati dei seminari dal titolo "Elogio del relativismo").
Ettore (Registered) 09-05-2009 10:59

ad essere sincero, syn, faccio un po' fatica a seguire il filo del tuo commento, forse non sono abbastanza intelligente, ma credo di non travisare frasi come "cretinata secolare dura a morire" e "impantanato in nietzche".
Ora, il relativismo culturale forse saremo in 10 a sostenerlo, è una corrente minoritaria senza ombra di dubbio a prescindere che si faccia un seminario in una cittadina Senza Nome, si fanno seminari su tutto a sto mondo. accanirsi contro questi 10 mi sembra un po' una perdita di tempo, non so, siceramente non capisco come possiamo dare tanto fastidio!
poi, per quanto riguarda la filosofia, io non solo sono impantanato in Nietzche, che era un genio totale, ma a Eraclito, he è vissuto quasi 2500 anni fa e a un bel po' di altri vecchi saggi.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 09-05-2009 17:00

Bisogna distinguere fra relativismo culturale e relativismo dei valori e della morale. Affermare che l'omicidio in certi casi e in certe società può essere lecito, sarebbe quel relativismo che Syn definisce "una cretinata". Affermare che la punizione dell'omicida può assumere forme diverse secondo le diverse civiltà è un corretto relativismo culturale.
Non ho inteso difendere orrori come la lapidazione né giustificare una sentenza che forse non è stata ben ponderata, ma ho voluto ribadire che dal basso della sua lurida decadenza l'Occidente non ha nulla da insegnare a nessuno.
syn (Registered) 09-05-2009 19:24

ragazzi non vorrei essere frainteso, ma purtroppo non sull'argomento occorrerebbe più spazio e "stamina". Dico che a mio avviso la posizione relativista, è vero che può distinta, ma è una magra distinzione. Nel senso che il relativismo culturale, in molti soggetti che lo predicano, viene molto leggermente trasposto in un relativismo in senso lato. Della serie "il passo è breve".
Ad Ettore posso garantirgli che non bastano le dita umane per contare le persone che conosco e che abbracciano questa prospettiva filosofica (poi se non mi credi non posso farci nulla ).
Ripeto, non voglio assolutamente fare polemica, e non voglio, a questo punto, neanche rendere la discussione più interessante o fine o dotta. Pur essendo "esterno" al Movimento zero, alcune piccole cose le condivido in pieno, altre già da tempo le ho contestate ed argomentate (quella famosa lettera "sui Greci", Massimo Fini non l'ha mai letta o nessuno forse ha mai pensato di fargliela recapitare, a me piacerebbe molto un confronto invece. Se uno ritiene talmente veritiere le proprie considerazione deve quantomeno esporsi per farle valere, credo).
Saluti.
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