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Europa fuori dal nuovo ordine americano PDF Stampa E-mail

24 luglio 2007

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I fatti, purtroppo, stanno dando ragione a Berlusconi. La sua riforma elettorale in senso (quasi) proporzionalista sta rendendo difficilissima la sopravvivenza del governo Prodi.
Due domande. I sistemi elettorali possono garantire stabilità ai governi? Nelle democrazie europee post-seconda guerra mondiale (gli Usa rappresentano un caso a parte, come vedremo) la stabilità politica è stata assicurata da efficienti sistemi elettorali?
Quanto alla prima domanda si può rispondere asserendo che la stabilità dei governi democratici contemporanei dipende non tanto dai sistemi elettorali (o dai cosiddetti esecutivi forti), quanto da una serie di condizioni politiche, economiche e sociali. In questo senso, e rispondiamo alla seconda domanda, la stabilità delle democrazie europee nel secondo dopoguerra, è stata principalmente assicurata da tre fattori: 1) la paura del pericolo comunista (fattore politico); 2) la forte ripresa produttiva (fattore economico); 3) la costruzione del welfare state (fattore sociale). La stabilità delle democrazie postbelliche entra in crisi nel 1968, con il sollevarsi di una protesta operaia e studentesca, di natura redistributiva, che si estende all’intera Europa (lambendo anche le democrazie scandinave), e indipendentemente dai sistemi elettorali adottati. Si pensi alla caduta di De Gaulle in Francia, leader politico, carismatico e potente, soprattutto in termini istituzionali.
Con il 1968, si apre un periodo di instabilità politica, che si chiude, grosso modo, nel 1978. Nel decennio successivo (gli anni Ottanta), il sistema si concede un tregua: iniziano le “rivoluzioni” neoliberiste, l’economia mondiale riparte. Ma è nel biennio 1989-1991, con la dissoluzione dell’Unione Sovietica, che il sistema europeo entra di nuovo nella spirale della crisi. E, attualmente, la guerra Usa al "terrorismo" e l’incalzare delle politiche economiche neoliberiste, che impoveriscono un numero crescente di persone e arricchiscono solo ristrette oligarchie, stanno complicando la situazione sociale. Fino al punto che nel breve volgere di una generazione la nostra società potrebbe "esplodere"... Ora, a fronte di una situazione del genere, credere che riforme elettorali di tipo maggioritario, in sostanza volte a rafforzare poteri oligarchici, possano favorire la democrazia è fuorviante e persino ridicolo. La crisi, per quel che riguarda l’Europa, è sistemica. Anzi “sottosistemica”, nel senso che L’Europa, dal 1945, fa parte di un più ampio sistema politico-economico, a leadership americana. E, ora gli Stati Uniti, stanno riorganizzando l’intero sistema (e dunque anche il sottosistema europeo), in termini di un nuovo ordine imperiale. Nel quale, attenzione, Prodi e Berlusconi, per gli Usa, pari sono.
Di qui l’inutilità di discutere di riforme elettorali, anche di tipo proporzionale. Il vero punto della questione è quello di fuoriuscire politicamente, economicamente e socialmente dal sistema imperiale Usa. Ma come?

Carlo Gambescia (pubblicato sul blog dell'autore il 13 luglio 2007; per gentile concessione dell'autore)

Commenti
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Andrea Marcon (Registered) 24-07-2007 11:24

Parole sacrosante.
I soliti buffoni fingono di accapigliarsi su questioni insignificanti come la legge elettorale, mentre ben altre sono le questioni che andrebbero poste sul tavolo.
La prima, come giustamente Gambescia scrive, è liberarsi dal dominio USA: obiettivo al quale solo un'Europa unita potrebbe aspirare.
Poggesi (Registered) 24-07-2007 12:29

Sì, non saranno i piccoli ritocchi, i maquillages stile Popper/Kelsen alle nostre "società aperte" consacrate ad un pensiero unico, che apporteranno un effettivo cambio di paradigmi: i nostri eleganti costtuzionalisti liberali hanno troppa fretta di giungere alla "pace perpetua" di kantiana memoria- scambiano il lobbismo tecnocratico e la massificazione degli immaginari simbolici e identitari con la vera, profonda ri-appacificazione tra gli individui e i popoli, la quale è solo frutto dello sforzo e della tensione di tutte le identità, impegnate in un dialogo ed in un reciproco incontro/scontro mai eluso e mai artificialmente, esteriormente composto. Speriamo che l'Europa sappia riaccendere e custodire in sé il "fuoco sempre vivente" della differenza e della "contesa".
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