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Decrescita? Si’, ma… PDF Stampa E-mail

3 luglio 2009

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Negli ultimi tempi le teorie che ruotano intorno al concetto di Decrescita sembrano aver cominciato a conoscere un significativo, seppur ancor marginale, successo. Il termine inizia a trovare spazio e dignità in alcuni dibattiti pubblici, fa capolino tra le righe dei discorsi di qualche politico o conduttore televisivo, i testi che lo propagandano vantano discreti risultati in termini di vendita. Sono infine nate, anche in Italia, alcune associazioni e persino un partito (quello non manca mai…) che si proclamano portabandiera della Decrescita.
Noi di Movimento Zero guardiamo con interesse e simpatia a tale fenomeno e annoveriamo autori come Latouche – oltre a De Benoist che di Decrescita si occupa e scrive da anni – tra i nostri punti di riferimento ideale.
Tuttavia, ritengo sia opportuno sgomberare il campo da alcuni equivoci onde evitare di essere confusi tra gli aderenti ad un progetto che mi sembra stia cominciando ad imboccare, perlomeno in alcuni dei suoi promotori, una strada dai contorni poco chiari e comunque a noi estranea.
“Se volevo andare a Torino e invece ho preso il treno per Roma, non mi basta rallentare il convoglio per arrivare a destinazione: devo scendere e cambiare treno”.
Con questa efficace metafora, Serge Latouche esprime bene la sua distanza tra i fautori del c.d. sviluppo sostenibile (da lui definito giustamente un ossimoro) e coloro che individuano invece nel concetto stesso di sviluppo un principio antitetico con il quale non è possibile scendere a compromessi. Non basta quindi, ci sembra voler dire l’autore francese, qualche aggiustatina al Sistema per raggiungere l’obiettivo Decrescita, occorre un radicale rovesciamento di valori e principi.
Su questo siamo perfettamente d’accordo, ma vorrei ben capire, al di là della metafora, quale sia la stazione dove si intende arrivare. Per fare ciò, però, occorre in primo luogo avere chiaro quale sia il Sistema che si vuole abbattere, perché soltanto individuando i presupposti sui quali si fonda una battaglia è possibile comprendere cosa si vuole costruire dopo aver distrutto. Il Nemico è forse il capitalismo, come pare di intuire anche guardando la velocità con la quale certa sinistra ansiosa di riciclaggio si è avvicinata alle teorie della Decrescita? Bene, non saremo certo noi a difendere un sistema economico e produttivo che disprezziamo e del quale sicuramente ci auguriamo la fine. Però riteniamo che il nocciolo del problema stia più a monte e risieda nell’industrialismo e ancor prima in quella prospettiva economicista del mondo e della Storia che ha relegato l’uomo a tubo digerente del Sistema. Su questo, almeno a leggere i suoi libri, pure Latouche ci pare d’accordo, anche se così non direi per molti dei suoi seguaci, più ansiosi di sostituire l’idrogeno al petrolio che di eliminare le automobili, tanto per intenderci.
Ma, se andiamo ancora più in là, credo che anche l’impianto ideologico di fondo disegnato da molti dei maitre a penser della Decrescita o che gli stessi comunque mantengono come impostazione di fondo, non sia conforme alla nostra visione della realtà. Combattere l’economicismo, infatti, per noi è la conseguenza logica di un processo che ha radici ancora più antiche e parte da una critica radicale, o quantomeno da una necessità di ampia revisione, dei valori illuministici e tecno-scientisti sui quali la Modernità si fonda. A noi non basta che l’uomo “decresca”, che torni frugale, parsimonioso, rispettoso della natura; noi vogliamo un Uomo autentico, pieno e vero, che possa recuperare in tutti gli spettri della sua esistenza i principi e le dimensioni che la Modernità ha cancellato: fiero, consapevole del proprio ruolo all’interno della società e del cosmo, rispettoso di un’Autorità che riconosce e dalla quale è a sua volta riconosciuto, parte integrante di una Comunità armonica ed equilibrata, rispettoso del Sacro e libero dalle schiavitù del denaro, del lavoro, della materia. Quest’Uomo, inevitabilmente, darà vita ad un mondo nel quale, rispetto a quello attuale, la decrescita economica sarà un dato di fatto, ma non rappresenterà la scelta primaria, l’obiettivo da raggiungere per poter mantenere inalterato tutto il resto; al contrario sarà la logica e naturale conseguenza di un processo dalle radici più profonde. Ecco, la mia paura è che la Decrescita diventi invece il centro e il fine della battaglia: l’ultimo, disperato, tentativo di salvare un mondo che è invece da rottamare.

Andrea Marcon

Commenti
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sercabras@gmail.com
Sergio (Registered) 03-07-2009 10:05

Una paura condivisibile come per qualsiasi cosa che cominci ad andare di moda.
Il punto di fondo, però, credo sia quello di avere al centro della proria visione o l'Uomo oppure la Realtà - che noi possiamo esperire essenzialmente come Natura.
Io credo che finché noi mettiamo al centro l'Uomo (antropocentrismo) e la sua dimensione culturale - vuoi che la intendiamo in chiave filo progressista vuoi anti progressista, anti modernista, tradizionalista e filo mitologica (spero ricordando peraltro che il passato lontano ce lo possiamo solo immaginare col rischio di proiettarci sopra i nostri sogni) - non facciamo che reinnescare (pur con le migliori intenzioni) in versioni diverse la fondamentale illusione che ci ha portato dove siamo oggi.
I "valori", per quanto tradizionali (certo meglio dei disvalori o degli a-valori attuali), sono invenzioni umane, ma noi esistiamo in una realtà molto più ampia che, come è sorgente della nostra vita, è anche il luogo dove possiamo trovarne l'unico senso reale e possibile.
Non voglio prendere troppo spazio, ma segnalo, a chi volesse approfondire:
http://www.ecofondamentalista.it/essere_ecofondamentalista.htm
Un saluto
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 03-07-2009 10:26

Piena adesione alle tesi espresse benissimo da Andrea Marcon. Questo è l'atteggiamento corretto: piantare dei paletti a delimitare il campo per difendere la nostra identità ma nel contempo non chiudersi a possibili convergenze. Con i movimenti della Decrescita e con un ecologismo matereialista ma finalmente consapevole che la difesa dell'ambiente comporta necessariamente scelte antimoderne ci può essere un dialogo fecondo. Posizioni come le nostre possono maturare all'interno di quei movimenti, se metteranno in discussione il progressismo.
aragorn (IP:79.15.249.41) 03-07-2009 12:38

"Ma, se andiamo ancora più in là, credo che anche l%u2019impianto ideologico di fondo disegnato da molti dei maitre a penser della Decrescita o che gli stessi comunque mantengono come impostazione di fondo, non sia conforme alla nostra visione della realtà. Combattere l%u2019economicismo, infatti, per noi è la conseguenza logica di un processo che ha radici ancora più antiche e parte da una critica radicale, o quantomeno da una necessità di ampia revisione, dei valori illuministici e tecno-scientisti sui quali la Modernità si fonda. A noi non basta che l%u2019uomo %u201Cdecresca%u201D, che torni frugale, parsimonioso, rispettoso della natura; noi vogliamo un Uomo autentico, pieno e vero, che possa recuperare in tutti gli spettri della sua esistenza i principi e le dimensioni che la Modernità ha cancellato: fiero, consapevole del proprio ruolo all%u2019interno della società e del cosmo, rispettoso di un%u2019Autorità che riconosce e dalla quale è a sua volta riconosciuto, parte integrante di una Comunità armonica ed equilibrata, rispettoso del Sacro e libero dalle schiavitù del denaro, del lavoro, della materia".

Se un insieme di idee, pulsioni e speranze ha dignità di essere riassunto in un nome, questo estratto dallo scritto di Andrea Marcon si può definire Zerismo, ovvero la visione del mondo condivisa dagli appartenenti al nostro movimento. Dignità che evidentemente io riconosco alla Decrescita ed all'Ecofondamentalismo. Questo non può però azzerare le differenze, e non è giusto, caro Luciano, stabilire quale sia l'atteggiamento corretto per segnarle. Scorretto è pensare, o lasciar pensare, che Movimento Zero condivida in pieno la Decrescita, il Bioregionalisno, o altre proposte di società alternativa a quella attuale. Le derive pagane o altro sono deduzioni facili e approssimative quanto errate, ed impedire che qualcuno pensi che esista Dio o gli Dei, i Santi o i Geni, e che esprima il suo dissenso rispetto ad un'idea di ecologia diversa, è, questo sì scorretto ed intollerabile.
Se permettiamo, ovviamente, che Cabras scriva "il passato lontano ce lo possiamo solo immaginare col rischio di proiettarci sopra i nostri sogni", possiamo tollerare senza inutili rimostranze che altri esprimano un'idea contraria, ovvero che nelle civiltà del passato vi siano gli elementi sacri, etici, culturali, sociali, su cui fondare la società del futuro.

*Per Sergio Cabras
Trovo discutibile il trito e ritrito riferimento al Nazismo ed Hitler e la poco corretta ipotesi che io facessi riferimento alla Germania nazionalsocialista, che non credo possa definirsi civiltà. Io mi riferivo al Giappone imperiale, alla cine pre maoista, per sostenere che le cosiddette antiche civiltà non sono solo Roma e le polis greche, ma che il cosiddetto mondo antico è arrivato sino a noi, dimostrando di essere alternativo alla società moderna anche incontrando il cosiddetto progresso tecnologico.
Marco Francesco De Marco
Direttivo Nazionale Movimento Zero
Fabio Mazza (Registered) 03-07-2009 13:29

Articolo pienamente condivisibile e che riassume bene il pensiero di MZ.
E anche giusta differenziarci da chi vede la risoluzione dei problemi dell'umanità, semplicemente sostituendo una produzione capitalistica sfrenata che distrugge il pianeta, con una eco-sostenibile.
Ancora più sacrosanto è che se non cambia l'uomo, i suoi valori, il suo modo di rapportarsi alla comunità e alla vita stessa.
Per quanto riguarda alcuni riferimenti come l'eliminazione delle automobili, sinceramente anche se sarebbe il mio sogno, la reputo una mera utopia. Nessuno ci seguirebbe su questa strada, e non so se sia più proponibile.
Molto meglio parare i danni e passare a forme eco-sostenibili, piuttosto che nulla.
max (Super Administrator) 03-07-2009 13:34

Vorrei fare una precisazione per Sergio. Sono assolutamente d'accordo con lui che non l'uomo vada messo al centro ma una realtà più ampia, ma appunto su questo i punti di vista possono essere vari. Io questa Realtà più ampia non la chiamo Natura ma Metafisica. Certo qui entriamo in un campo in parte soggetto a interpretazione, ma come io rispetto la tua visione di stampo panteista, tu non puoi ridurre il trascendente, Dio, gli dei, ecc, a una creazione del logos umano.
Tu citi il karma yoga e la meditazione. Da quanto mi ricordo, la prima formulazione del karma yoga è relativa alla bhagavad gita, che è un testo vedantico, e il pensiero del Vedanta è una delle formulazioni metafisiche più pure del genio umano, non panteista, ma di una trascendenza assoluta. Nelle Upanishad vediche più antiche, le prime, gli dei vedici -che sono poi quelli a cui fa riferimento anche aragorn- vengono espressamente definiti come creazioni simboliche di parti dell'assoluto e trascendente brahman, quindi simboli di una realtà vera, di forze metafisiche, non invenzioni umane.
Detto questo, la meditazione, nelle sue formulazioni più antiche, può essere riferita a sistemi come alla filosofia cinese (Tao, yin-yang), al vedanta, allo yoga ecc. Esiste pure una pratica meditativa vicina a una concezione naturalistica -la visione indiana yoga ortodossa, sebbene vada precisato che lo yoga è comunque un sistema teista, cioè presuppone l'esistenza di un Ente supremo- ma gli altri sistemi (il taoismo, il vedanta) sono rigorosamente metafisici trascendenti.
L'individuazione immediata, intuitiva, o anche esperienziale, mistica, di una Realtà più ampia cui fare riferimento, come giustamente la chiami tu, non esclude affatto l'esistenza di una metafisica, di un Dio, degli dei, e di tutte le formulazioni che si possono derivare. Su questo i testi tradizionali sono chiari.
Per le le epoche più indietro, possiamo pure sospendere il giudizio, dato che ne sappiamo ben poco, se non nulla, ma dobbiamo essere cauti nelle nostre affermazioni.
max viviani
Fabio Mazza (Registered) 03-07-2009 14:13

Francamente credo che il tutto si risolva in un fraintendimento.
Non credo sia necessario distinguere tra matrice panteistica, pagana, materiale ecc. , ma in questo caso interrogarsi su questa domanda: è possibile ora come ora un invertimento della rotta quasi totale?No.
Tra continuare ad avvelenare la nostra terra, che la riteniamo sacra o semplicemente terra, e avviare forme di "proseguimento dello sviluppo" sostenibili, fino a quando non si riuscirà a sensibilizzare le masse e a cambiare il loro modo di considerare il mondo e la vita, cosa è meglio?

Accettare una piccola "riforma" non significa perdere di vista l'obbiettivo finale.
stediludo (Registered) 03-07-2009 14:21

Le "riforme" servono solo a salvare il sistema, a farlo funzionare meglio. Come ben vide già anni addietro Severino, alla fine il cosiddetto "ambientalismo" sarà quello che permetterà alla società della Tecnica di salvarsi e di eternizzarsi, perché se fosse per il "capitalismo", il sistema prima o poi salterebbe dato che la logia capitalista è una logica autodistruttiva. E per quel che mi riguarda, io il sistema non lo voglio "migliorare", far funzionare meglio, eternizzare, ma farlo saltare in aria.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 03-07-2009 16:29

Si tratta di evitare due errori opposti. Da un lato chiudersi in una conventicola di iniziati, magari uniti dal culto delle Ninfe e dei Lari,in attesa che le contraddizioni del sistema facciano esplodere tutto e illuminino le menti della plebe. Dall'altro perdere la propria identità convergendo su posizioni di un riformismo gradito al sistema o su un liberal-legalitarismo alla Travaglio. Mi sembra che l'articolo di Andrea indichi una giusta linea mediana fra questi due estremi: difesa intransigente della nostra diversità e nel contempo attenzione ai fermenti suscettibili di buoni sviluppi.
sercabras@gmail.com
Sergio (Registered) 03-07-2009 18:29

Rispondo a Max: in primo luogo il rispetto naturalmente c'è sempre, direi soprattutto per le persone che sinceramente credono nelle proprie posizioni, anche se onestamente non possiamo fingere di considerare tutte queste posizioni altrettanto valide perché così saremmo solo politicamente corretti, si, ma né sinceri, né seri nella nostra ricerca né nel nostro dialogo.
Come giustamente dici tu siamo in un campo soggetto ad interpretazione ed anche piuttosto sottile e delicato: si parla in realtà di cose che esulano dal dominio delle parole.
Quando facevo cenno al Karma Yoga o Samu pensavo a come è inteso nella pratica meditativa buddhista e quando nominavo la meditazione pensavo essenzialmente allo zazen nella tradizione Soto dello Zen. Secondo questa visione la realtà - che già secondo tutto il Buddhismo è impermanente e priva di un sé - è al di là delle parole e dei concetti ed è solo nella presenza del nostro essere (vivente - mentale e fisico al tempo stesso) nell'istante presente che possiamo coglierla (che è anche realizzarla e, in definitiva, esserla).
Questa è una cosa che detta così non significa nulla, ma che assume tutto un altro senso se la si affronta sul piano dell'esperienza. In questo modo si apre una prospettiva di immensa profondità che è sì metafisica, ma rimanendo nel fisico, che è sì eterna, ma rimanendo nel presente e che è sì umana, ma rimanendo nella Natura.
E' chiaramente un argomento troppo immenso per essere affrontato qui e, se tu - o chiunque fosse interessato- avessi voglia di spendere un momento in più su ciò che intendo, ti segnalo
http://www.ecofondamentalista.it/illuminazione.htm
Ad ogni modo questa visione, proprio perché si muove su un piano che si vuol tenere al di là delle parole (ed eventualmente a partire da quello parlare) non è in assoluto incompatibile con altre possibili forme di concettualizzazione - compresa forse anche qualcuna teista - ma il punto è che finché siamo nel campo dei concetti (e dunque del linguaggio umano) per ogni verità ce ne sarà sempre una opposta, mentre, se andiamo al di là di tale campo, entrando nel momento presente (fisico e metafisico allo stesso tempo) e, in questo senso, nella Natura, entriamo nel campo di ciò che (di momento in momento) è solo ciò che è. Anche se non per questo smettiamo di essere umani e con ciò non per questo perdiamo la facoltà di interagire con la realtà per dargli una nuova forma a partire dalla sostanza insostanziale che tutti condividiamo e che è la base comune che siamo e per la quale possiamo anche sempre rispettarci reciprocamente (pure se qualche volta possiamo usare un tono ironico - questo lo dico ad Aragorn, del Direttivo Nazionale).
Giovanni Marini (Registered) 04-07-2009 00:22

Leggo e condivido l'articolo del signor Marcon fin quasi alla fine. Certamente la prospettiva del MZ deve essere ben più ampia e radicale di quella dei movimenti ecologisti. Non si tratta solo di decrescita ma di critica al modello economico-sociale oggi trionfante e, spiace constatare, senza opposizione da parte di nessun partito politico. Il MZ può vantare la critica più potente che si possa razionalmente portare al mondo moderno. In questo senso il ripudio del riformismo che risparmi il disvalore alla radice del Sistema è sacrosanto.
Ciò che mi lascia perplesso è la parte finale in cui si auspica la nascita (o rinascita) di un Uomo autentico che possa recuperare i valori del passato. Quest'uomo dovrebbe dare vita poi al mondo da noi auspicato. Ecco, io non penso che spetti a voi/noi dire come debba essere l'Uomo. Il semplice porre questo problema è pericoloso perchè configura l'ombra sinistra dello stato etico. In secondo luogo l'Uomo autentico così come lo si descrive è solo un' idea astratta, un concetto di uomo, in realtà mai esistito. Esistono invece Gli uomini con tutti i loro molti difetti e rare virtù e per un Leonida c'è sempre un Efialte. Cercare di cambiare la natura umana non è possibile né desiderabile. Secondo me dovremmo interrogarci sul perchè e in cambio di cosa siamo stati capaci di rovinare così la nostra vita sia in senso materiale che spirituale. Attribuire questa responsabilità all' Illuminismo o al Cristianesimo non porta da nessuna parte. Ragionando in questi termini è il concetto stesso di civiltà che si finisce per mettere in discussione. Si consideri che ci sono culture come quella cinese o indiana che non hanno conosciuto né l'uno né l'altro e ciononostante sono oggi prepotentemente inserite nel meccanismo della globalizzazione. C'è d'altro canto un deficit di attenzione e approfondimento su quali dei molteplici aspetti della modernità si siano rivelati così negativi e con quali modalità abbiano prodotto e producano un danno agli esseri umani e al pianeta intero. Penso che su questo sarebbe interessante discutere, quindi ben vengano apporti cognitivi da altri punti di vista.
Fabio Mazza (Registered) 04-07-2009 10:27

Mi avete frainteso..non sono assolutamente a favore del riformismo..dico solo che in questa fase di delirio di massa, alcuni "miglioramenti" sono necessari per preparare il terreno al successivo (ma non certo) cambiamento..
Per chi capisce il dialetto emiliano: a volte piutost che nient le mei piutost..
stediludo (Registered) 04-07-2009 10:45

Sulle pienamente condivisibili perplessità di Giovani Marini circa l'Uomo autentico o nuovo che si dir si voglia. Credo che tu abbia frainteso quello che Andrea Marcon voleva dire, o forse lui ha usato termini un po' equivoci. Infatti se ci deve essere una prospettiva completamente estranea all'ottica antimoderna, questa è proprio la fisima di costruire l'uomo autentico, proprio perché questa è la fisima del pensiero moderno. Noi vogliamo infatti recuperare l'uomo come è sempre stato, appunto nei suoi vizi e nelle sue virtù, nel suo corpo e nel suo spirito, legato alla sua specifica tradizione e alla sua specifica terra, contro le utopie dell'uomo "razionale", dell'uomo "buono per natura", dell'uomo universale e cosmopolita, dell'uomo cittadino del mondo, insomma dell'uomo astratto e artificale che ha costruito il mondo moderno, ovvero l'uomo massa e macchina della civiltà della Tecnica.
simone.org (Registered) 04-07-2009 19:06

Quando si parla di Decrescita con la gente il pericolo maggiore è quello di essere prese per dei sotto-sviluppisti.
Decrescita vuol dire, credo, produrre ciò che ci serve senza il turn-over dei beni imposto dal capitalismo e senza mille passaggi commerciali asoslutamente inutili, che producono solo fatturato per chi voglia speculare.

Quindi, alla sostanza, Decrescita non è secondo me sinonimo di rinuncia, ma solo di austerità e semplicità.

Diversamente da altri però io mi terrei alla larga dalle convergenze di chi vuole ideologicizzare la Decrescita in senso puramente anticapitalistico proprio perché il capitalismo è solo una faccia di un sistema che noi combiattiamo in toto, lo sviluppismo.
roberto.marrocchesi@tele2.it
marrocchesi (Registered) 05-07-2009 12:44

Stiamo parlando di due dimensioni ben distinte. Movimenti come quelli di decrescita (almeno quello DF di Pallante) sono per statuto gruppi NON politici ma appunto "movimenti" ovvero gruppi di cultura tendenti a modificare la sensibilità pubblica su tematiche urgenti e vitali che condividiamo del tutto, e ad impostarne i risvolti pratici, perchè NON C'E' tempo per mere discussioni accademiche. Il crescente successo di questa sorta di nuova scuola ecologista, al posto della fallimentare prima generazione dei "verdi", troppo economicisti e legati a criteri antiquati di sviluppo sostenibile e altre minuzie, testimonia dell'attualità ed urgenza di questo approccio.
Il discorso filosofico interno a MZ è infinitamente più alto ma come tale di lunga ed incerta realizzazione, si occupa di Massimi Sistemi, dibatte su spiritualità e ribaltamenti radicali sociali che, sebbene io consideri totalmente auspicabili, hanno nei confronti del pubblico una presa più lenta ed incerta. Potremmo pensare ai movimenti di decrescita come ad una sorta di sindacato - scusate l'insulto non voluto - negli interessi dell'umanità, non più dei soli lavoratori, operai o anche dei semplici consumatori; forse persino del Pianeta intero inteso come tutte le sue forme viventi.
Invece MZ sarà ancor per molto sparutissima avanguardia di un pensiero umano che finirà per trionfare, sull'onda dell' inevitabile crollo delle ideologie moderniste e progressiste, crollo al quale anche i movimenti di decrescita potrebbero dare una spinta.
marco.milioni@poste.it
marco.milioni (Registered) 06-07-2009 13:07

Questo post è molto interessante. Sono interessanti anche i commenti. Andrea Marcon trae alcuni spunti della sua analisi partendo da talune considerazioni che Serge Latouche fa in "Come sopravvivere allo sviluppo". La sorpresa, leggendo quel testo, è stata grande. Sinceramente non credo che ci siano rischi che lo "zerismo si annacqui con la decrescita". Leggendo Latouche ho notato piuttosto il contrario. Sono le idee profonde di Massimo Fini che si sono incistate nel discorso di Latouche; filologicamente parlando lo si deduce da tanti richiami che non sono presenti nel primissimo Latouche. A questo punto la domanda nasce spontanea: che si fa quando ci si accorge che alcuni significati profondi alla base del discorso di MZ vengono accettati e condivisi anche da altri? Un piccolo successo di MZ spaventa MZ?
Marco Milioni
Andrea Marcon (Registered) 06-07-2009 13:32

Confermo quanto scritto da Stefano Di Ludovico. Lungi da me aspirare all'"uomo nuovo", proposito che ha sempre portato a esiti nefasti. Al contrario, io rivoglio solo l'"uomo autentico", con le sue virtù e i suoi vizi. Bisgona a mio avviso aver ben chiaro che è stata la Modernità a creare un uomo nuovo, a cambiare quanto era rimasto più o meno uguale nella storia. Ergo, la mia visione è esattamente contraria a quella paventata da Giovanni Marini.
Fabio Mazza (Registered) 06-07-2009 17:19

Marco come al solito sono d'accordo con te! Del resto il nostro discorso profondo e identitario può essere complesso da raggiungere..se prima si passa da forme "moderate" di decrescita..e poi si arriva a comprendere cosa intendiamo noi..tanto meglio!

Andrea..effettivamente hai ragione! è l'uomo vecchio che vogliamo..non quello nuovo!
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