Avviso Registrazioni

Scusandoci per l'inconveniente, informiamo i nuovi utenti i quali desiderino commentare gli articoli che la registrazione deve essere fatta tramite Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo

Login Form






Password dimenticata?
Nessun account? Registrati

Cerca


 
  SiteGround web hostingCredits
Morire con devozione PDF Stampa E-mail

di Fabio Mazza

21 luglio 2009

Image

C’è un comportamento che a noi odierni occidentali appare incomprensibile e indice di fanatismo: il sacrificio della propria vita per non cadere nella vergogna. Questo perché nelle società antiche e nel Giappone fino ad epoca relativamente recente, più della vita, più del successo, più della cosiddetta “felicità” che tutti cercano e nessuno sa dov’è, nè forse cos’è, contava l’onore.
L’onore era l’opinione che un uomo aveva di sè e che la collettività in cui viveva e con cui si confrontava aveva di lui. In quei contesti dove la vita era molto più “pubblica” di ora, le famiglie molto più numerose, i legami con il vicinato e la polis, il villaggio, il territorio erano molto più serrati, perdere l’onore equivaleva ad una “morte civile”. A decadere al rango di paria, a divenire un pusillanime e quindi perdere quell’identità e quel senso di sè, che aveva per quegli uomini, importanza fondamentale.
L’uomo odierno, attaccato alla vita, come ai beni materiali, ai giocattoli, di cui si circonda, non concepisce minimamente un simile modo di vedere le cose. Anzi, la vita gli è cosi cara, che è disposto ad accettare qualunque mediazione, qualunque sopruso (morale o fisico), qualunque bassezza, per mantenerla.
In più spogliata dalla sua dimensione collettiva, la morte, non è più vista come un fatto inserito in un più ampio tutto, in una dimensione ciclica, che si ripete e che permette all’uomo che immoli se stesso a questi valori, di essere considerato con ammirazione, come un punto di riferimento.
La morte è ora, per l’uomo occidentale, per la sua famiglia nucleare, per i rapporti sporadici e superficiali che intrattiene con il suo “habitat” sociale, una catastrofe simile ad un apocalisse, proprio perché viene vissuta come definitiva, senza appello, senza senso. Da qui il timore della fine, che fine non è, in una visione “panteistica” od “etica” dell’esistente, e la gara spietata per mantenersi giovani il più a lungo possibile, ricorrendo a qualunque mezzo, anche il più grottesco, per farlo. Per rinviare il più possibile un evento naturale che non riesce ad essere accettato da un uomo che ha basato il suo concetto di “benessere” e “felicità” sugli oggetti, di cui, per quanti possa possederne o accumularne, niente gli rimarrà quando l’ombra cadrà sui suoi occhi.
Per questo al cittadino moderno, emancipato, democratico pare inconcepibile quello che i kamikaze islamici riescono a fare, cosi come alla nostra civiltà già compromessa nei valori fondamentali (ma non ancora perduta come quella odierna) pareva inconcepibile vedere i piloti giapponesi (gli originari kamikaze da cui è stato mutuato il termine) slanciarsi verso la morte per danneggiare una sola nave nemica.
Questi uomini avevano interiorizzato quella che Tsunetomo in “Hagakure” definisce come l’essenza dell’etica dei samurai: la morte per ciò in cui si crede. Questo devono aver pensato nel 1970, gli intellettuali, o chi ne aveva avuto notizia, di fronte al “seppuku” in diretta televisiva dello scrittore Yukio Mishima, atto estremo di un uomo di incredibile sensibilità che non poteva accettare che il Giappone stesse rinnegando tutti i valori profondi che lo avevano caratterizzato per secoli, per appiattirsi su di un incolore e pacifico americanismo, che trovò ampio respiro nel paese dopo la sconfitta bellica.
Perché giungere ad un atto simile? Non fu disperazione, se, poco prima di compiere con altri suoi fedelissimi l’atto, Mishima lasciò un biglietto su cui era semplicemente scritto: “amo la vita, vorrei vivere per sempre”. Vivere, appunto. Ma quella che per altri era vita era per Mishima e per altri come lui, che avevano improntato la loro vita all’etica dei samurai, una non-vita, una parvenza di esistenza, fatta di conformismo e di codardia. Non potevano vivere guardandosi allo specchio e non vedendo altro che una parodia di se stessi, della loro anima più vera.


Per questo il “seppuku” non può considerarsi un suicidio: non almeno come lo intendiamo noi occidentali, per il semplice fatto che non è dettato da disperazione o da codardia o da mancanza di amore per la vita, ma solo dall’estrema volontà di mantenersi coerenti con se stessi, fino all’estremo, accettando la sconfitta, ma non accettando il disonore di una vita a metà.
Cosi come non furono rari i generali romani e greci che preferirono rimanere sul campo, o porre fine di proprio pugno alla loro vita, per non incorrere in una disfatta che era prima di tutto una mancanza verso se stessi, verso la propria concezione di sè, verso la propria collettività.
Da Crasso, improvvisatosi generale e uccisosi sul campo di Carre, dopo la disfatta contro i Parti, che lo riabilitò per i posteri; a Claudio Marcello, caduto davanti al superiore genio di Annibale, ma mai domo nello spirito, a Catilina, che preferì accettare una sicura fine in battaglia, piuttosto che una vita agiata, ma frustrata nello spirito e nei valori, di una Roma cosi simile all’Italia odierna, nella sua corruzione e decadenza di costumi.
Nè possono essere dimenticati i sacrifici volontari dei 300 delle Termopili, nè la disperata difesa ateniese dell’acropoli, davanti alle schiere di Serse.
Tutti questi personaggi, eroi forse, sicuramente uomini, di cui “si è perso lo stampo”, sono accomunati dalla sconfitta, subita per non aver voluto mediare con se stessi, per non aver voluto arretrare quando il buon senso e l’auto conservazione suggerivano il contrario.
Ma proprio per questo non hanno perso. Non sono stati dimenticati nei secoli proprio per questa loro fedeltà a quello che doveva essere fatto. Con segreta ammirazione, coloro che li avevano sconfitti, superiori nelle possibilità, nel numero e spesso anche nell’ingegno, dovettero ammettere la loro caratura di uomini, e non sono pochi i casi di onori tributati ai loro resti, dopo la loro morte.
Questi “ribelli”, che sono consci della sconfitta, sanno che la loro strada porta alla solitudine e alla morte, ma la percorrono comunque, perché è l’unico modo di mantenere quella coerenza, quell’amore per se stessi e per il tutto; in questo si distinguono prepotentemente dall’uomo moderno, vigliacco, doppiogiochista, opportunista, pronto a saltare sul carro di ogni vincitore per aver assicurata la sopravvivenza e la conservazione dei suoi miserabili diritti.
Per questi uomini, cosi lontani, eppure per certi versi cosi vicini alla nostra sensibilità antimoderna, non era importante la morte individuale, perché inseriti in un ampio reticolo collettivo fatto di relazioni sociali strettissime e di un senso del “noi” che ai nostri giorni sembra dimenticato, riapparendo come mero simulacro nelle rare occasioni delle partite della nazionale di calcio.

Commenti
NuovoCerca
aragorn (IP:79.29.3.69) 21-07-2009 19:16

L'articolo di Fabio non ha bisogno di interpretrazioni. E' un chiaro elogio all'etica guerriera così come la vissero le antiche civiltà, secondo i dettami della Tradizione. Come si immaginerà, io mi ritrovo perfettamente in questo scritto. Per questo invito Fabio ad andare ancor più avanti della sua analisi sociale sull'onore. Esiste un piano superiore di ispirazione della visione eroica che comprende il sacrificio, quello metafisico e trascendente, che attiene alla religione non in senso dogmatico o devozionale, ma iniziatico ed "esperienziale". Non è l'opinione che gli altri o noi stessi abbiamo delle nostre azioni il motivo dell'affermazione eroica. E'la Vittoria (Nike) dello spirito sul corpo, dell'aria sulla terra, dell'invisibile sul manifesto, della luce sull'ombra. E' l'affermazione della vibrante consapevolezza che la vita continua dopo la morte fisica, in forme e modalità che sono più consistenti quanto più consapevole è stata la propria condotta esistenziale. E' la maniera con la quale gli antichi aristocrati ricordavano a se stessi che la propria origine era divina e stellare. Non è quindi una "morale" quella che guidava il gesto antico del sacrificio, ma una visione del mondo intrisa di spirito, aereità, leggerezza, emozione. A questo punto in Toscana direbbero che il sakè io e Fabio l'abbiamo bevuto insieme ed in grandi quantità. Ma si sa che in Toscana, come ovunque ormai, ci sono un sacco di coglioni.
Fabio Mazza (Registered) 21-07-2009 20:23

Bhe Marcus, c'è tempo per l'una e per l'altra cosa..non credo che l'affrontare i problemi contingenti e "pratici" ci esima da una qualche analisi su quello che eravamo e su quello che siamo diventati.
Anche perchè i problemi di ora sono stati generati proprio dalla perdita di quei valori (spirituali o morali non fa differenza) di cui parlavo sopra.
antoniogentilucci@gmail.com
antonio.gentilucci (Registered) 21-07-2009 22:20

Innanzitutto brindo col sakè, insieme a Fabio e aragorn.
Il buon martiusmarcus è, da nostalgico di una sinistra marxista legata al materialismo dialettico, legittimamente scettico nei confronti dei valori non quantificabili evocati da Fabio. Direi che è la differenza fisiologica tra il mondo di Fabio (che è simile al mio) e il suo. Ma continuare a considerare fumo tutto quello che non è pratico, a partire dal senso dell'onore, è anche alla base del continuo smottamento della sinistra che marcus piange... Domanda per martius: perché considera l'onore un'anticaglia vecchia?
amugnolo (Registered) 21-07-2009 23:36

Ma è chiaro, la mammina e/o la mogliettina gli hanno spiegato che con ste cose astratte nun se mette la minestra a tavola, e neanche il fiasco.
Insomma, martius (spero per te che derivi dal tuo nome o dal mese e non dal dio), ha ragione marco, al di là di come tu possa essere veramente, ci fai proprio la figura del coglione: vieni qua e in due parole ci fai la lezione spiegandoci cosa dobbiamo leggere o non. Ma, scusami, non sono le letture che hanno formato Veltroni, Bertinotti, e tanta sinistra insipiente come tu la definisci? Io con te preferirei brindare con il vino, che a noi italici piace di più... e poi, non so perchè, ma sento a pelle che tu a tavola, in ambito conviviale, sei spassosissimo. Spero che apprezzi il tono scherzoso che ho mutuato dai tuoi interventi...ma, al di là dell'ironia, continua a seguirci e magari a colloquiare con noi: forse non siamo così sciocchi come ti siamo sembrati.
Sursum corda
aragorn (Registered) 22-07-2009 01:14

Visto che dobbiamo essere un pò (con l'accento) seri ed un pò goliardi, segnalo la meravigliosa battuta di martiusmarcus che scrive, a proposito di MZ, che "in generale la qualità e bassina".
Gli argomenti Destra, ebreucci, psicanalisi, sono vecchi arnesi buoni per l'anti nazionalsocialismo degli anni trenta; semplicemente martiusmarcus ha evidentemente idee, prospettive, pulsioni, ideali, diversi dai nostri. Credo di capire quale sia il suo profilo, c'è poco o nulla da condividere, ma io mai mi sognerei di dargli dell'ubriaco, come lui ha fatto con Fabio, secondo un antico tic di un certo mondo ideale che tarda a perdere le sue brutte abitudini.
stediludo (Registered) 22-07-2009 01:28

Complimenti a Fabio per l'articolo: sono onorato (visto che siamo in tema...) di sedere allo stesso tavolo e brindare con gente che sa ancora condivide simili visioni. E mi dispiace che gli insipidi commenti di martius - che evidentemente non sa di cosa parla - abbiano sviato la discussione dai temi affrontati nell'articolo.
Come diceva il vecchio Epicuro, "muore mille volte chi ha paura della morte": sarà per questo che la nostra civilità - che ha fatto della paura della morte la sua cifra - è una civiltà "morta"? Del resto chi non sa accettare la morte non sa accettare la vita, e tali sono, all fine, gli uomini dei nostri tempi. Nietzsche diceva che la società moderna, la società della Tecnica, della sicurezza e del comfort a tutti i costi, altro non era che la società nata dalla paura, la società nata dalla rivolta di tutti i paurosi, di tutti i fifoni, di tutti i deboli di spirito (e di cuore...) contro... gli uomini d'onore! (che non sono i mafiosi!:-): come dargli torto?
alessio (Super Administrator) 22-07-2009 02:08

Ammiro e invidio chi sogna, o già vive (o crede di vivere, fa lo stesso), uno stile di vita improntato all'eroismo. E sicuramente è questo il mondo ideale ed esistenziale a cui Movimento Zero guarda per tentare, quanto meno, di ri-virilizzare gli uomini e riscoprire il senso e la bellezza di valori più naturali e più umani, forgiati nella dura consapevolezza del dolore e trasfigurati nell'innocente godimento della gioia. Ma attenzione: che ognuno parli per sè. Io, molto modestamente, non mi sento un eroe nel senso che ben ha spiegato sotto De Marco, nè penso di poterlo diventare. Ciò poichè sono, mio malgrado, moderno. Antimodernista, certo, ma pur sempre impastato dei vizi della modernità. Sono, parlando in senso filosofico, un nichilista che aspira al Superuomo trasvalutatore dei valori attuali. Ben conscio di poter sforzarmi di esserlo ancora in una forma di solo pensiero, non d'azione. Una scissione modernissima, è evidente. Ma si fa quel che si può. Perchè l'insegnamento a me più caro è il senso del limite, anzitutto esercitato su sè stessi.
Alessio Mannino
marco.milioni@poste.it
marco.milioni (IP:62.123.193.62) 22-07-2009 03:08

Ahi, attenzione con le parole, queste hanno un significato. Ed hanno un significato se soprattutto hanno una storia. Lo sapete molto meglio di me. Destra e sinistra sono un binomio collegato ai primi passi della Rivoluzione Francese (madre di tanti mali ma madre anche di diversi buoni figli tutti accoppati assai presto). Collocare MZ a destra? Si può fare. Ma lo si può collocare anche a sinistra sperticandosi un po'. Ma ha senso? Ma non c'era tra i nostri obiettivi quello di superare questo schematismo almeno per non farci buggerare dalla medesima logica che contrastiamo? Lo scritto di Fabio è da apprezzare. Nella parte iniziale dice tutto: "C%u2019è un comportamento che a noi odierni occidentali appare incomprensibile e indice di fanatismo: il sacrificio della propria vita per non cadere nella vergogna". Ritengo affascinate la discussione scaturita ma cercherei di non commettere l'errore nel quale gli aderenti di MZ (me per primo) a volte incappano. Quello di immergersi anima e corpo in discussioni sulla "rava e sulla fava". Ricordo benissimo l'arrabbiatura di Massimo Fini a casa sua proprio su questo argomento proprio con questa espressione. La dimensione eroica è una delle dimensioni che è andata persa; ma non può essere la sola chiave interpretativa della realtà. La storia, la tradizione, le società arcaiche, hanno avuto le loro contraddizioni, come ce le abbiamo noi. Non è questo il punto. Il punto è la dimensione umana, la dimensione spirituale, la natura, il senso del limite, l'equilibrio. Dentro questo pentacolo (gli occultisti mi fucilino) c'è anche l'onore. Purtroppo le parole delle lingue occidentali, specie quelle scritte, sono una brutta bestia perché il loro grado di astrazione e di scollegamento semantico spesso obbliga gli interlocutori a spendere la maggior parte del loro tempo a mettersi d'accordo sui significati preliminari. Come discussioni del genere fossero materia da avvocati contrattualisti. Fossimo in una qualsiasi tribù di amerindi il senso di questa discussione si sarebbe potuto circoscrivere ad un paio di sguardi, di sorrisi, di parole dette al momento giusto. Perché come ci insegna bene tutta la saggistica sui pellerossa, questi non avevano bisogno della filosofia come categoria a parte perché questa era contenuta nel vissuto e di conseguenza incorporata nel linguaggio. Cerchiamo di essere più semplici, più genuini, più autentici. Anche nella complessità e nelle contraddizioni, che ci sono sempre, cerchiamo una via un po' più semplice, saremo anche più profondi. La logica e la matematica ci danno un aiuto in tal senso. Alle volte per risolvere un problema occorre adottare soluzioni complesse, ma fra queste va preferita comunque la via più semplice e lineare. Allo stesso modo l'indiano d'America non ammazzava tutti i bisonti che vedeva, ma ne uccideva uno o due. Quel tanto che permetteva al suo clan di vivere con serenità.

Marco Milioni
Fabio Mazza (Registered) 22-07-2009 09:42

Credo che marco abbia inteso il senso più profondo dell'articolo e condivido pienamente il suo pensiero.

Anche il senso del limite che sostiene Alessio, il vivere nella realtà odierna, pur avendo come riferimento perpetuo dei valori orientativi della PROPRIA vita (in una cornice quanto mai relativista)è un monito da tenere sempre presente, per non cadere in drammatiche certezze assolute.
berotor@hotmail.com
berotor (IP:58.1.203.161) 22-07-2009 11:13

L'autosacrificio, soprattutto quello più codificato, più estetizzato, quello giapponese, non cessa di affascinare. Vorrei solo chiedervi di non lasciarvi impressionare dall'immagine romantica del guerriero che si immola per l'"onore" (parola troppo pericolosa): il seppuku in Giappone è stato raramente quella cosa a cui piace credere a noi occidentali. E' stato usato soprattutto dai potenti di turno, che se ne sono serviti di volta in volta per manovrare i più manovrabili. Pensate ai kamikaze della Guerra del Pacifico, che i giapponesi chiamano "tokkotai": se leviamo con le lacrime agli occhi le innumerevoli pennellate di retorica nazionalista, che cosa ci resta? Non erano forse dei purissimi, splendidi, ma ahimè ingenui adolescenti, usati, e sottolineo usati, dal potere? E qual'era quel potere e quello stato? Le splendide isole degli dei cantate da Mishima o l'arrogante mostro tecno-imperialista degli zaibatsu, i capitalisti giapponesi come Mitsubishi, che guardacaso costruiva gli aerei per far sfracellare dei poveri ragazzi. Provate a pensare a un livello meno filosofico e più terreno, stringendo non un libro, ma una zolla di terra nel pugno: che cosa hanno avuto in cambio questi ragazzi e le loro famiglie, per le loro vite? l'"onore"?!
Sono personaggi e storie che posso affascinare, ma soprattutto illudere e annebbiare le menti più ingenue perché più sensibili e pure, ma credo che per il momento vadano messe da parte. Sento il bisogno di un movimento che parli di Vita.
Gli Eroi, l'onore, la mistica, non temete, verranno, rinasceranno spontaneamente e forti, ma in un mondo dove l'Uomo abbia prima reimparato a vivere nella Natura, non a morirvi.
antoniogentilucci@gmail.com
antonio.gentilucci (Registered) 22-07-2009 15:04

Come diceva Virgilio a Dante? Non ti curar di lui...
stediludo (Registered) 22-07-2009 17:41

Invito Martius a farla finita con le offese gratuite. In questo blog, che è un blog aperto, è permessa e benvenuta, ovviamente, la discussione e la polemica, anche accese, ma non l'offesa. Altrimenti saremo costretti a istituire la figura di un moderatore che passi al vaglio i messaggi prima della pubblicazione. Nel caso Martius non recepisse questo invito, ribadisco quello che ha detto già Antonio: invito tutti ad ignorare i suoi messaggi.
Fabio Mazza (Registered) 22-07-2009 17:57

Eh si Marcus..non è corretto offendere.Tu non sei stato insultato da nessuno.
Se hai argomenti da trattare che ti sembrano come dici tu "problemi seri" mettili sul piatto e verrano discussi.
Giovanni Marini (Registered) 22-07-2009 22:48

Perdio, un pò di movimento sul blog!
Contaminiamoci pure con questo barbaro. La razza pura porta male nella storia.
stediludo (Registered) 23-07-2009 00:24

Le offese non riguardavano solo la frase incriminata da Max (quella sull'ubriacatura), ma in genere gli interventi di tale martius, privi di qualsiasi contenuto e pieni solo di insulti. Ribadisco che questo è un blog serio dove si discutono idee e non abbiamo alcuna intenzione di trasformarlo in una gazzarra. Quindi chi si diverte a passare il suo tempo in questo modo è pregato di togliere il disturbo.
amugnolo (Registered) 23-07-2009 01:49

Ebbene si, lo confesso, ho solo guardato le figure.
Ma, adesso che mi hai beccato con le mani nella marmellata, mi sono offeso e ti sfido: invia un articolo, uno scritto, una cosa qualsiasi che ci aiuti a uscire fuori dal mondo dei fumetti...Nietzcke? Marcuse? Freud? quello che vuoi.
sercabras@gmail.com
Sergio (Registered) 23-07-2009 02:25

Perdonate se mi intrometto proprio quando si cercava di gettare acqua sul fuoco, ma, premesso che, sì, il rispetto ci vuole, così come uno sforzo di comprensione reciproca, può sempre essere utile il confronto con un osservatore esterno, e come tale mi propongo io. Nel dire che, senza volontà di offendere, però un po' l'impressione delle declamazioni autocelebrative di una conventicola di adolescenti tardoromantici ce l'ho anch'io e non solo a partire da questo post. Qualcuno, mi pare Aragorn, in un post precedente diceva che molti qui hanno anni di battaglie (non so se eroiche), un "lungo corso" di ideali alle spalle. Ma, per pura curiosità, Aragorn, mi piacerebbe sapere, tu, quanti anni hai? E hai mai visto morire un uomo? Magari eroicamente, o magari semplicemente ammazzato?
L'impressione che si faccia un po' a chi la spara più grossa e a chi ha il più puro pedigree di "antimodernità" c'è e purtroppo rimane nonostante uno si sforzi di pensare che in fondo tutto si vorrebbe collegare ai libri che ha scritto Massimo Fini nei quali di questo culto di una "antimodernità" tanto osannata quanto poco chiaramente definita né argomentata, insieme a quello per immaginari (super)eroi purissimi di una presunta Età dell'oro, non mi pare vi sia gran traccia (per fortuna).
Per andare un po' più sul costruttivo, e per farla breve, vorrei chiedervi: ma qui si tratta, effettivamente, di essere antimoderni o di essere filoantichi, filomitologici e via di questo passo? Perché son due cose ben diverse.
Ovvero, voi avete capito il punto di vista di Fini (e di altri che criticano radicalmente la Modernità) o ne fate più che altro il carro (la biga?) per caricarci sopra questo carico di ideali supremi quanto improbabili che riunite sotto il nome così musicale di "antimodernità", ma che forse vi impediscono, in verità, di andare oltre la Modernità perché, rifugiandovi nel sogno di sottrarvici all'indietro, non riuscite a riconoscere le ragioni che l'hanno prodotta e che la mantengono ancora in piedi? Non sarà che non vi accorgete che questo vostro mondo di ideali è ancora tutto interno all'antropocentrismo consapevole o meno di esserlo che rimane al centro tanto dell'età classica come di quella moderna?

Un saluto, e non ve la prendete troppo: non saranno queste nostre chiacchiere telematiche a cambiare il mondo, ma neanche un po'.

www.ecofondamentalista.it
marco.milioni
marco.milioni (IP:62.123.193.62) 23-07-2009 02:56

Per i commentatori,

lasciate che "martiusmarcus" si sfoghi. Sul mio blog ce n'è uno simile, dopo averlo smontato in un paio di confronti ha smesso. Se martiusmarcus continuerà cavoli suoi, farà la figura di un pezzo di archeologia industriale (pardon, psicosociale) nel blog di MZ. Quanto agli studi da fare... Bene. Marx nella parte analitica fa delle ottime considerazioni, che chiaramente martiusmarcus non ha capito. Durkheim... qualche punto glielo concedo ma per uno che è allievo di un coglione come Compte... Insomma un Pietro Ichino dell'epoca.
Comunque marcusmartius è pregato di continuare con i suoi commenti, potrebbero essere raccolti in un'opera postuma e virtuale del professor Cipolla o in una consimile di Musil...

Marco Milioni
marco.milioni@poste.it
marco.milioni (IP:62.123.193.62) 23-07-2009 03:44

Per Sergio Cabras

Hai ragione e torto al contempo. Come il sottoscritto del resto. Anzitutto perché il blog di MZ è anche uno spazio dedicato alla riflessione culturale. Non c'è nulla di male in questo, anzi. Sarebbe come imputare ai ragazzi che studiano matematica o logica all'università di non fare qualcosa di pratico... E' vero che in MZ c'è chi la pensa in modo difforme da Fini. Non siamo tutti uguali, ciò è un bene. Chi ti scrive per esempio ha un imprinting diciamo filosofico che va da Democrito a Russell a Dewey per citarne alcuni. Ho tre 'nemici' giurati, Parmenide, Platone ed Hegel e la mia visione di fondo mi fa essere un po' pesce fuor d'acqua alle volte, specie in MZ. Basti pensare che non credo in dio ma che al contempo ho un profondo rispetto per una visione del mondo pagana, ancor più animista. Al contempo mi trovo assai ai mio agio con i cattolici coerenti come Franco Cardini, con gli ecologisti veri, con i sostenitori della decrescita. Ho il brutto vizio di cercare i punti di contatto a discapito di quelli di divergenza. Mi sono sempre trovato a mio agio anche con i tradizionalisti (trovo i nazi-fascisti doc e i comunisti doc molto noiosi proprio per la loro "modernità"), con gli ex marxisti, anche con gli ex fascisti, con gli empiristi, con gli scettici. Come Fini e Montanelli ho il difetto di badare un po' più alla persona, che alla sua formazione, ai contenuti che alla forma. Io sono per certi aspetti un calderone di contraddizioni coerenti e per altri aspetti una tabula rasa, culturalmente parlando. Ma cerco di star bene così. Purtroppo, per il lavoro che faccio ho visto molti morti e feriti. Ho visto le carceri. Provo tristezza profondissima quando si perde una vita, ma mi rendo perfettamente conto che ci sono soglie (che magari ognuno di noi fissa per sé) per le quali nemmeno la vita diventa accettabile. La vita è una cosa semplice, alle volte assai complicata. La convinzione di cambiare ciò che non ci sembra accettabile fa parte della natura umana, ci può stare; ma anche un po' di distacco o un po' di sano cinismo possono fare bene. La storia cambia l'uomo, l'uomo cambia la storia. La natura cambia l'uomo, l'uomo modifica (spesso male) la natura. Per alcuni in questo gioco entra a pieno titolo anche il soprannaturale. Quando dalla fisica si arriva dei pressi della meta-fisica io faccio un passo indietro perché "that isn't may cup" direbbe un inglese degli anni '50. Di una cosa però sono sicuro. Ha molto più senso questo scambio franco di opinioni tra noi due che l'intervista al politico di turno che domani dovrò fare per la tv per la quale lavoro. Da precario.

Marco Milioni
Fabio Mazza (Registered) 23-07-2009 10:07

Bellissima la riflessione di Milioni. Quasi un articolo nell'articolo.

Per Cabras

La tua analisi è sicuramente corretta, ed io in primis, come avrai notato dai miei interventi in recenti articoli, cerco sempre di mettere in guardia dal rischio concreto, di chiudersi in una "torre d'avorio", dove ce la raccontiamo dicendo quanto siamo diversi, quanto siamo ribelli, quanto siamo antimoderni.
Per questo tra le righe degli insulti di Marcus, leggo anche delle critiche legittime.
é pericoloso guardare indietro, ad una fantomatica età dell'oro che non c'è mai stata probabilmente, dimenticandosi di tenere gli occhi aperti sul qui e ora, sulla precipua realtà che cerchiamo di modificare.
Come dice Fini, di cui io condivido l'intero pensiero, usiamo il passato per demistificare il presente, non per farne un periodo bellissimo, in contrapposizione con il presente.
Anche perchè, noi analizziamo sempre i lati positivi di queste epoche, che di solito sono i valori morali e la visione "etica" della vita, ma non consideriamo mai quelli negativi, che pure ci sono stati ed erano pervasivi.

Però se tu leggi attentamente il mio articolo, c'è sottilmente un analisi, sul modo di intendere la vita e la morte dell'uomo "di una volta" (che tra l'altro è anche quello di 70 anni fa) e dell'uomo odierno.
E facendo una riflessione su queste tematiche possiamo vedere cosa siamo diventati, e dare una risposta al disagio crescente e alla perdita di senso che prepotentemente hanno invaso la vita sociale, privandola di quel significato che, in momenti di maggiore povertà materiale, faceva comunque da "collante" alla società.
ottavino (Registered) 23-07-2009 10:35

Condivido le affermazioni di Cabras, e aggiungo: occorre che dalle nostre analisi spuntino dei principi operativi. La teoria deve indicare qualcosa di pratico.
Ecco perchè in uno dei miei primi interventi dicevo "chiudere gli ospedali e vietare le ambulanze".
La cosa della nostra società che più mi colpisce è l'assistenzialismo. Ci siamo creati questo totem sociale che è l'assistenza. Ci auto-inganniamo dicendoci che abbiamo bisogno di medici, psicologi, assistenti sociali, pensioni, scuole, ecc.
Questo è ciò che ci intrappola!!
Solo rinunciando ai benefits di una concezione sociale siffatta si può muovere qualcosa.
Non è un caso che nessuna forza politica POSSA avere un programma simile, in quanto i politici "vendono" migliorie per il popolo. E il popolo è ormai assuefatto a "ricevere", a "progredire".
Dunque operativamente, politicamente, la mia proposta è semplice: smantellare ogni forma di assistenzialismo. Senza però creare uno sfrenato liberismo.
Insomma, un posto ideale per i samurai....
ottavino (Registered) 23-07-2009 10:45

Si può anche notare come la presa in custodia da parte dello stato di: educazione/scuola, sanità, cura dei vecchi, conduca a una riduzione delle libertà individuali.
Facciamo un esempio. Un tizio si ammala. Il problema riguarda lui e lui solo. Il volerlo collettivizzare conduce a delle aberrazioni, conduce a una perdita di libertà di tutti. Pensavo alle recenti dichiarazioni del ministro sulle vaccinazioni di massa per l'influenza suina. Dovremmo evitare che questo accada. Dovremmo riscrivre completamente le competenze tra privato e pubblico.
E' proprio il fatto che lo stato si sia appropriato di competenze individuali che ci conduce alla "modernità" e da questa alla rovina.
Se io mi vedo un compito "sociale" è solo questo: riportare al singolo e alla famiglia le cmpetenze che gli sono proprie.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 23-07-2009 11:10

Il livello del dibattito è la miglior risposta al sarcasmo di martiusmarcus. Trovo costruttivi gli interventi di ottavino, penso che quanto detto da Cabras meriti un'attenta riflessione, apprezzo moltissimo il tono e il contenuto del commento di Milioni. Effettivamente se ci chiudiamo nel rimpianto del passato, nel culto degli Eroi, dei Guerrieri e dell'Onore, nel vagheggiamento di un improbabile neopaganesimo, faremo solo letteratura e mitologia, saremo nient'altro che una conventicola di iniziati esoterici, un po' patetici e un po' grotteschi. D'altra parte facendoci coinvolgere nelle minuzie della politica quotidiana, tipo Berlusconi sì o Berlusconi no, perderemmo la nostra identità appiattendoci in un sinistrismo che non ci appartiene. Questo nostro sito deve essere il luogo in cui si discute di teoria politica, di progettualità politica, con un saldo retroterra culturale che non esclude le riflessioni sui samurai e sugli indiani d'America ma tenendo sempre ben presente che i nostri presupposti sono quelli di andare oltre la dicotomia destra-sinistra e oltre la modernità senza oscurantismi e fughe nel passato.
alessio (Super Administrator) 23-07-2009 13:07

Sottoscrivo l'ottimo Cabras, che un giorno mi piacerebbe conoscere di persona. Oltre, ovviamente, all'amico e compare Milioni. Non aggiungo altro perchè ripeterei le cose già scritte da loro.
Alessio Mannino
paloman@inwind.it
Montenegro (IP:81.174.11.6) 23-07-2009 14:10

@ Ottavino
puntare sull'individualità, senza cadere in un anarco-liberismo sfrenato, mi pare sia improbabile. se ho capito bene il contenuto dei suoi interventi, credo che lei voglia combattere la pervasività tecno-burocratica di matrice statale che snaturerebbe l'essenza genuina del singolo individuo. ma in un'ottica antimodernista è proprio questo emergere dell'individuo sulla collettività, inteso come punto accentratore di interessi egoistici ("se uno si ammala sono fatti suoi", parafraso) a denotare un ragionamento fin troppo moderno, rasentante l'anarchismo degenere. volendo agganciare il mio argomento ad un tema fin troppo abusato, nella polis greca l'individuo era tale perché incluso organicamente in una comunità, da cui non poteva prescindere, legato da un sentimento di filia ad ogni suo pari. saltando, per sintetizzare, fino al giorno d'oggi, è il piccolo borghese che può permettersi, in una società di individui isolati, alienati, di pensare al proprio orticello e sentirsi separato dal resto della comunità e dai problemi che possono affliggere il "prossimo". l'individualismo non è, per quanto mi riguarda, un buon antidoto agli eccessi della modernità. limitare gli eccessi della medicina preventiva, evadere dalla medicalizzazione radicale di ogni malanno umano e fisiologico è un conto, ma rinunciare alle forme (seppur "moderne", ma la "modernità" non è un blocco compatto) di mutua assistenza non credo possa essere un buon fine da perseguire. mi pare importante tenere sempre a mente il fatto che la rimpianta antichità ci ha portato proprio all'epoca moderna. in termini morali, la responsabilità del sorgere del "mondo moderno" va ascritta ad un indebolimento del "mondo antico". lì vanno ricercate le radici e le cause della "decandenza". a partire dall'esito delle guerre persiane.
in ogni caso sottoscrivo e mi accodo ad Alessio Mannino e Sergio Cabras.
Fabio Mazza (Registered) 23-07-2009 14:32

Per Montenegro..volevo rispondere a Ottavino..ma mi hai tolto le parole di bocca! Sono sorpreso!
In effetti è la perdità del senso di un noi condiviso che ha portato all'anarchismo materialista di questi tempi..senza più senso di comunità, di destino comune e di ciclicità della storia.

Per ottavino, se ricordi attacai senza pietà il tuo discorso sulle ambulanze.
In effetti mi sembra un estremizzazione del liberismo esteso alla dimensione della salute, che è la dimensione collettiva per eccellenza..difatti il benessere del singolo era, almeno un tempo, il benessere e la sopravvivenza dell'intera comunità..
aragorn (IP:79.15.249.41) 23-07-2009 14:40

* Per Sergio Cabras.
Vorrei sapere se credi possibile che si possa essere contrari alla società occidentale odierna e, contemporaneamente, credere nei valori che furono già espressi in tempi e civiltà già esistite in tutto il mondo e per millenni?. Ma sopra tutto, vorrei sapere se, a tuo parere, l'unica condizione mentale possibile per chi è antimoderno e tradizionalista è quella di chi la spara più grossa, oppure si nutre di " declamazioni autocelebrative di una conventicola di adolescenti tardoromantici". Per dirla in breve, atteso che la mia visione del mondo è questa, dobbiamo concludere che i miei ideali siano riconducibili a forme di squilibrio mentale, atteso che non sono più adolescente e sono padre di soggetti con la mia stessa malattia mentale, dell'età di 21 anni?
Ma è possibile confrontarsi senza essere chiamati segaioli, tardoromantici, pallisti? O questo fa parte dell'inevitabile quota di golardia?
*Per Alessio Mannino
Per curiosità, sottoscrivi Cabras quando dice che facciamo a chi la spara più grossa o quando sostiene che siamo tardoromantici e adolescenziali?
ottavino (Registered) 23-07-2009 15:29

per paloman e mazza. Non è assolutamente vero quello che dite. E' l'aver riunito gli uomini in "società" ad aver creato la modernità. E' il trattare gli individui come massa che li fa scomparire. E' l'esistenza dello stato moderno che uccide il singolo.
Le comunità di cui parlate voi sono quelle degli indiani d'america e di tutte le culture tradizionali.
La comunità moderna è l'unica ad aver osato assumere centinaia di migliaia di medici per curare "la salute"(quando sappiamo bene che è un inganno, la salute te la curi da solo facendo attenzione, le malattie rappresentano una disarmonia), migliaia di giudici, milioni di insegnanti. In pratica la "modernità" per come la vedo io è essersi creati infiniti bisogni. E la cosa va al naufragio perchè si gettano infinite risorse per cercare di soddisfarli. E' uno sforzo inutile.
Ecco: la "modernità" è uno sforzo inutile, vano. Dunque combatterla, per prima cosa significa rilassarsi e abbandonare questo stupido sforzo.
Ma se voi pensate che la "collettività", debba essere servita e riverita, non uscirete dalla "modernità".
aragorn (IP:79.15.249.41) 23-07-2009 15:37

L'attenzione che MZ dedica all'antichità è solo uno degli interessi espressi dai nostri scritti e dibattiti. Noi siamo gli stessi che hanno manifestato al Dal Molin, contro l'ampliamento della base NATO, che hanno occupato la camera del sindaco di Napoli durante l'emergenza rifiuti, con lo slogan "La Camorra siete voi (classe politica)". Abbiamo fatto decine di banchetti per "Zero Voto" durante le elezioni, la campagna contro il Signoraggio e l'appello contro la dittatura bancaria. Senza credere che questo cambi il mondo, ma solo per correggere questa impressione errata che vede MZ quale conventicola di pensatori astratti e passatisti. Anch'io, come Cabras, ho una precisa idea di come vorrei la società del futuro, ed in larga parte le idee ecofondamentaliste le condivido, ma in una fase preparatoria di possibili rivolgimenti, non trovo peregrino il confronto sulla dimensione ideale, e non ascriverei alla categoria "pulsioni tardoromantiche" l'adesione a visioni del mondo che sono già esistite. Non è quindi di "nulla " che si parla, ma di qualcosa di concreto ancorchè non attuale. Il passato non ritorna in forme già viste, ma la natura ha una sua norma, appunto non antropocentrica, e quando la modernità svanirà, non saprei ora attraverso quali meccanismi, la società che sorgerà potrà avere linee guida che già furono di altre civiltà, quali espressioni di quella normalità pre antropocentrica distrutta dalla modernità. Speriamo.
aragorn (Registered) 23-07-2009 15:41

Sottoscrivo l'ultimo intervento di Ottavino.
alessio (Super Administrator) 23-07-2009 16:20

Di Cabras condivido il chi va là contro il rischio di auscultarci l'ombelico, e quindi di temperare l'afflato dei nostri dibattiti interni con un sano senso del limite (cosa che ho sostenuto anch'io più volte). Lo stile e le parole con cui si è espresso sono suoi, a me interessa ravvisarne il nocciolo positivo.
Detto questo, nè io nè, credo, Cabras togliamo valore a queste discussioni on line. Ricordiamoci però che rimangono, per l'appunto, discussioni on line. Tutto qui.
E per non sembrare un minimizzatore, chè sarei incoerente con la posizione che pur sempre rivesto in MZ, rilancio sulla differenza fra antimodernismo e premodernismo o tradizionalismo. Anche qui, l'ho sempre detto: per me l'antimodernità, come dimostra il prefisso negativo, si limita allo smascheramento del moderno nella prospettiva di andare "oltre". Un oltre che non è possibile nè, secondo me, è giusto neppure vagheggiare nei minimi dettagli (e non parlo nello specifico rivolto a te, De Marco, parlo in generale). Sarà il divenire storico a incaricarsi di mostrarcelo, sempre che saremo vivi. Beninteso: noi di Movimento Zero non attenderemo con le mani in mano. Un'orizzonte ce l'abbiamo, ed è il nostro Manifesto. E mi fermo qui, perchè al di là del questo io altro non ho e non vedo. Aspetto che la vita, gli eventi, la realtà offrano nuove frecce al mio arco, suggerendomi formule e modi adatti al presente con cui declinare il mio anelito ad un'esistenza più a misura d'uomo.
Alessio Mannino
Fabio Mazza (Registered) 23-07-2009 16:27

Non sono d'accordo.
é l'aver reso la salute il bene più prezioso anche sopra le virtù che ha prodotto i danni che ci sono.
Ma i medici, sciamani o quello che vuoi sono sempre esistiti in ogni società che si possa chiamare tale.

Il tuo modo di vedere presupporebbe che tutti vivessimo per conto nostro separati dagli altri, e che il nostro problema, la salute riguardasse solo noi.
Cosa che non è possibile perchè una collettività ha bisogno delle interazioni tra persone.
Qui ahimè devo dare ragione a chi parla di visioni astratte..e non voglio essere offensivo. Solo che l'esempio non è calzante ottavino.
Cosa c'entra la malattia individuale con la perdita di libertà di tutti???
E poi lo stato è sempre stato molto accentratore. Guarda gli antichi imperi orientali che Fini descrive nel "denaro sterco del demonio", addirittura non esisteva il libero mercato e i prezzi erano stabiliti dallo stato!
Paradossalmente è in quest'epoca moderna che molte funzioni statali divengono private, con le teorie , borghesi ed illuministe, del liberalismo.
Non abbiamo bisogno delle scuole? Non abbiamo bisogno dei medici?
Tu qui estremizzi.
Come i sostenitori della scienza elavata al rango di religione assolutizzano, lo stesso fai tu, al contrario.
La strada non è o non curarsi, o avere diecimila specialisti e rifiutare a livello psicologico e di idea la malattia e la morte.
è il giusto mezzo che dobbiamo ricercare, come era nelle società pre-moderne.
Spiegami come fai a smantellare l'"assistenzialismo" dello stato, e a non far si che vi siano le storture tipiche del libero mercato..
amugnolo (Registered) 23-07-2009 16:28

Ho 53 anni e sono tradizionalista e pagano da molti anni (purtroppo non sono piu un giovincello), e quindi, anche per questo antimoderno.
Lo sono, per intenderci, da prima che massimo fini scrivesse gli ottimi libri contro la modernità e che rispecchiavano idee che io e altri, sulle stesse posizioni culturali, avevamo gia presenti nel nostro bagaglio. La curiosità ci spinse a conoscere questo giornalista e scrittore che proveniva da posizioni laiche, invitandolo a tenere delle conferenze e avere l'opportunità di confrontarci e colloquiare.
Capirete che eravamo contenti, che un laico oltre che persona coerente, che avevamo seguito nel suo percorso professionale e di uomo, che evidenziava con la sua opera un grande rispetto per la verità e l'onestà intellettuale. Mi piace qui ricordare suo libro che trovai interessante gia nel titolo, trattandosi di un laico: "il denaro sterco del demonio".
Allo stesso modo sono felice di avere incontrato quanti, pur venendo da altre posizioni rispetto alle mie, ritrovo al mio fianco contro la modernità, e che su queste pagine mi arricchiscono culturalmente con l'alto spessore intellettuale che li distingue.
Permettetemi di dirvelo, ma voi vi rendete conto che il pensiero tradizionale critica la modernità in modo radicale e con un ampio ventaglio di posizioni e alternative?
Che è semplicemente antitetico alla modernità ancorandosi ad una visione della vita che era normale per ogni uomo prima che la decadenza preparasse l'avvento dei tempi moderni?
Che quanti tra voi, con una spocchia che non gli rende onore, dileggia e ridicolizza le nostre proposte di riflessione, usa dei meccanismi mentali moderni quando propone di rivedere la modernità con revisioni della stessa in qualche punto?
E' questo che intendo quando leggo di aggiustamenti tecnici nel meccanismo di rappresentanza, o minore consumo, magari piu mirato ed etico, in seno alla società consumistica, o ancora la fondazione di una comunità che si basi semplicemente su valori etici e di convivenza che nascerebbero naturalmente dal buon senso comune. Come se l'etica e la morale non facessero parte di qualcosa di piu vasto, di una visione del mondo in cui la spiritualità gioca una parte di primaria importanza: come dire che i pellerossa hanno espresso una grande civiltà, rispettosa della natura, perchè intelligenti e comprensivi deli interessi degli altri individui, e non perchè mutuassero questa loro visione del mondo e della vita dalle loro forme di religiosità tradizionale e dalla loro spiritualità.
Vi invito a confutarci sotto questo aspetto nell'ambito delle rifessioni che vi proponiamo, e non ridicolizzandoci in modo gratuito.
Questo per un confronto piu fecondo, che sarebbe sminuito se portato avanti con i toni che indicavo sopra, e che, vi assicuro, offendono meno noi di chi li usa.
alessio (Super Administrator) 23-07-2009 16:44

Vorrei fosse chiaro una volta e per sempre. Ho il massimo rispetto e nutro sincera fascinazione per le idee tradizionaliste. Ma nel mio personale modo di vedere sono un'ottima fonte cui abbeverarsi su un piano individuale, addirittura intimo. Non su quello politico, pubblico. Nel senso che - può essere benissimo un mio limite, lo ammetto senza problemi - non mi offrono strumenti per una progettualità politica e sociale. Sono aperto ad essere stracriticato su tale punto, ma per farvi capire: è come se io citassi Nietzsche ogni due per tre per tracciare un modello di lotta o, peggio, di palingenesi. Fini, per dire, lo fa spesso, e a parer mio è la cartina di tornasole della sua visione filosoficamente nichilista, che nel mio piccolo sposo in pieno. Ma si ferma lì, ed io con lui. Il tradizionalismo, invece, dà risposte che non mi sento di sottoscrivere perchè non credo alla modernità come parentesi, tanto meno pianificata. La vedo come una metastasi, una degenerazione, a cui seguirà la morte per consunzione e implosione per poi vedere un nuovo inizio, sull'inizio del quale la volontà di noi antimoderni può influire sì, ma ben poco. Spero ora di essermi spiegato bene sul perchè condivido il richiamo a tirare il freno e a pensare con distacco. Non c'è dileggio nè voglia di ridicolizzare alcunchè, almeno da parte mia.
Alessio Mannino
Fabio Mazza (Registered) 23-07-2009 16:58

Scusate. Da quello che avete letto avrete capito che ho il culto del passato e delle società tradizionali..non scriverei articoli di tal genere altrimenti.
Ma non è possibile pensare come che quest'epoca sia da abolire in toto, e le precedenti fossero l'età dell'oro! é semplicemente ingenuo. E non si parla di riformismo. Che c'entra il riformismo?
sercabras@gmail.com
Sergio (Registered) 23-07-2009 17:53

* per Aragorn (ed, ovviamente, per chiunque altro sia interessato - non è che siamo qui per farci botta -e-risposta a due)

Naturalmente tutto è possibile credere e dire, il punto è semmai che poi questo dovrebbe passare il vaglio del senso logico ed empirico, del valore degli argomenti e, non ultimo, di una certa attinenza alla realtà pratica se non vuole essere solo uno sfogo velleitario, per quanto condito di idee forti e fascino retorico (...come mi pare Fini abbia scritto rivolgendosi alla Fallaci: "l'entusiasmo non è un argomento").
Anche io mi considero, a modo mio, antimoderno e (neo)tradizionalista e in più punti nelle cose che ho scritto sul mio sito mi riferisco alle culture tradizionali e premoderne come ad una fonte importantissima da cui attingere per trovare fondamenti essenziali su cui ricostruire una visione del mondo sana (ma anche utile a farci andare avanti però, non a venerare sogni estetizzanti e giustificare i nostri sfoghi di rabbie impotenti).
Io non vorrei che la domanda che mi fai se secondo me certi atteggiamenti non siano in realtà segno di squilibrio mentale (ma io parlerei più di proiezioni ipostatizzate di frustrazioni esistenziali anche comprensibili) non sia in primo luogo tu a rivolgerla a te stesso. Perché nessuno mette in dubbio il valore di confrontare le idee e di chiarire punti teorici centrali (non avrei messo in rete tutto ciò che sta sul mio sito e non starei di tanto in tanto ad intervenire qui ed altrove se non lo pensassi), ma una cosa è questo ed altro è rispondere ad ogni argomento di discussione sbandierando (come uno stendardo alla testa di un esercito di prodi - che non c'è) non tanto il senso profondo di ciò che stava alla radice della dimensione di vita e di consapevolezza del passato ma più che altro la sua forma e la celebrazione fine a sé stessa di questa forma. Non è mettendoci dalla parte di coloro che possiamo considerare senza dubbio incontaminati dalla modernità (semplicemente perché al loro tempo questa non si era ancora prodotta) che restituiremo ad essi una vittoria sulla Storia in una battaglia che non avrebbero potuto combattere.
Le visioni del mondo che sono già esistite (ammesso che fossero davvero ciò che noi crediamo oggi) - che sono idee e non qualcosa di concreto, mentre molto più concrete erano le condizioni materiali di vita di cui esse erano figlie e che oggi davvero non ci sono più - possono essere certamente una valida fonte d'ispirazione. Ma di ispirazione: non possono essere modelli di cui farci "soldati". Questo lo troverei davvero adolescenziale - al di là dell'età anagrafica di chi adotti questo atteggiamento.
Ma la differenza forse più decisiva fra il mio modo di pensare e quello tuo e forse di altri qui, probabilmente, è che io, invece, non ho "una precisa idea di come vorrei la società del futuro", non perché non mi vengano idee in proposito, ma perché sono convinto che questo atteggiamento teoricista e semiutopistico sia una delle iatture che la modernità ci ha portato. E' l'applicazione - incredibilmente ancora persistente dopo i fallimenti e le tragedie che ha comportato - di un atteggiamento scientista/positivista alla "società" per il quale si crede che abbia un senso porsi nell'ottica di sviluppare un progetto di futuro e poi darsi da fare per applicarlo/imporlo alla realtà. Non c'era, caro Aragorn, questa idea teleologica nell'antichità: è un'idea moderna (prima il rapporto era, in un tempo circolarmente statico, tra l'individuo - membro di una piccola comunità di condivisione e parentele - e Dio - o il sovrano che lo rappresentava). E un'idea che non fa i conti con la non-centralità dell'essere umano nella Natura come non li fa con la immensa varietà di forme che la saggezza, come l'illusione, possono prendere negli uomini, ignorando la quale si perde il proprio tempo a distillare purezze impossibili e combattere mulini a vento.
Io credo che un atteggiamento più sensato - per quanto in prima battuta più limitato, ma pure più capace di mettere radici profonde anche in una dimensione pratica - sia quello di semplicemente chiedersi, nella condizione data, cosa io posso fare della mia vita per rendere reale e vivo un piccolo pezzo di vita (a tutto tondo) sana in più. E farlo.
Questo può sembrar poco, ma implica in primo luogo chiedersi cosa e in che modo è una vita "sana", da che punto di vista lo è e - al di là di funesti ideali di auto(e spesso altrui-)sacrificio - implica pure il tentativo di capire e praticare la ricongiunzione di un ben-essere profondo ed autentico (direttamente percepito) ad un tempo di noi come individui, come gruppo sociale e come abitanti del pianeta. Si deve partire da ciò che c'è e costruire man mano ciò che ci può essere (senza pensar tanto a "ciò che sarà"), basandosi fondamentalmente su ciò che è sempre stato (e molto prima pure dei tuoi grandi eroi semidivini).
Un saluto, e ricorda che è con chi trovi relativamente vicino che vale la pena di discutere, per quanto polemicamente: con chi è davvero il nemico, non c'è niente da dire.

www.ecofondamentalista.it

alessio (Super Administrator) 23-07-2009 18:14

Martiusetc (perchè non firmarsi con nome e cognome?): defenestrazione un cavolo. Ho illustrato i motivi delle mie dimissioni, liberamente scelte e nient'affatto problematiche. Su questo punto, se permetti, vale la mia parola. Se però ti piace fare dietrologia su così poco, buon divertimento. Questo sì, masturbatorio.
Alessio Mannino
Montenegro (Registered) 23-07-2009 19:06

@ Ottavino
non metto in discussione la degenerazione insita nel processo di massificazione dei bisogni, ed il loro relativo incremento, legato all'epoca post industriale che stiamo vivendo. voglio solamente sottolineare come l'anarco-liberismo, che colgo come sfumatura nei suoi interventi, faccia trapelare una visione che si disfa del legame di filia (leggasi reciprocità, comunanza, legame affettivo e civico) fondamentale nella polis antica, almeno fino all'alba del IV secolo. ribadisco: un conto sono le esagerazioni attuali, un altro è dire:
"E' l'aver riunito gli uomini in "società" ad aver creato la modernità".
bisogna distinguere la comunità organica antica e la società dei consumi moderna, borghese.
non voglio servire la "collettività", se intendiamo quella contemporanea, borghese, capitalista e materialista; ma nemmeno pretendere di prescindere da qualsiasi forma di comunità. questo è impossibile.
alessio (Super Administrator) 23-07-2009 19:58

Martius, non è che gli scritti di Fini siano "poco" o "tanto" rispetto alle idee che circolano qua dentro. E' che sono il comun denominatore e il collante che legano quanti militano, simpatizzano o gravitano attorno a MZ. Se togli il Manifesto e il Fini-pensiero, io e molti qui non ci saremmo mai incontrati.
Ma tu, senza dirlo, poni la questione di andare oltre Fini. Per me, molto semplicemente, è prematuro. Molto prematuro.
Quanto al fatto che prima non c'era una vera direzione, a parte la mancanca di delicatezza (chiamiamola così) che ormai ho capito essere una tua caratteristica, evidentemente confondi l'assenza con una direzione più aperta all'attualità del giorno dopo giorno. Una linea che però, per questo blog, si è rivelata come un fiume che piano piano si è essiccato. Di qui, sommate a ragioni personali, il mio congedo.
Alessio Mannino
aragorn (IP:79.29.3.69) 23-07-2009 20:16

Rilevo con piacere che la discussione è tornata "sostanziale". Ma qualcosa deve essere aggiunto e precisato. Alessio Mannino ha presentato le dimissioni per sua volontà e per suoi motivi personali che nulla hanno a che vedere con MZ ed il Blog, nonostante noi lo avessimo più volte pregato di ripensarci. Alessio può scrivere, ovviamente, quanto prima e più ancora, ed è patto fatto e rispettato che oggi come ieri ogni posizione al nostro interno avrebbe dovuto trovare spazio. In MZ l'anelito antimodernista è il dato comune a tutti gli aderenti. All'interno di questo sparuto ma pur esistente sodalizio di persone di buona volontà, esistono varie anime. Alessio ed Andrea rappresentano l'anima agnostica, si dichiarano atei con grande "trasporto" per il mondo antico. Vi sono i cattolici, i cattolici tradizionalisti, vi sono anche i pagani o neopagani che a volte vengono, riduttivamente ed un pò all'ingrosso, chiamati evoliani. Giusto per la precisione, Massimo Fini si dichiara pagano, e da ben prima della nascita di MZ. Durante la presentazione di MZ a Roma, nella libreria in Piazza Montecitorio, Massimo ebbe a ripeterlo più volte. E' evidente quindi che quando gli articoli trattano di questioni etiche, religiose, spirituali, ci possano essere pareri diversi, che ovviamente non annullano le basi condivise. Quindi, ad esempio, se Luciano citasse il Vangelo a supporto di una sua idea, sarebbe stupido scrivere :"spero che MZ non prenda un'impronta confessionale".
Questo chiarimento dovrebbe rasserenare tutti.
La visione tolkieniana ed evoliana della realtà, (la destra lasciala ai liberali caro martius)è talmente dissimile da quella di Freud che viene naturale pensare al delirio quando si ascolta la "controparte" intellettuale. A me Freud suscita una repulsione tale da definire deliranti i suoi scritti, esattamente come tu riduci un mondo millenario di conoscenza e civiltà, a "tagliabudella giapponese". Non si capisce perchè però questo manuale di psicanalisi, sempre pronto ad essere usato con poco garbo con gli altri, che di volta in volta sono adolescenti, ancorchè attempati, tardoromantici ed ora esitenzialmente frustrati, non abbia motivo d'esser consultato per le proprie posizioni.
Anche da quello che replica Cabras nell'ultimo intervento, appare la diversa origine e natura delle nostre idee. Credo che nel definirsi neotradizionalista trascuri l'origine guenoniana del termine Tradizione e si riferisca ad una saggia considerazione del passato quale incarnazione di migliori scenari esistenziali.
A me quindi, dopo qualche scritto di ognuno di noi, appare evidente la differenza ideale ed ispiratrice delle nostre esistenze, e non c'è niente di male se qualcuno viene definito tolkieniano, evoliano, guenoniano, castanediano, dumeziliano. In attesa di conoscersi e capirsi vanno bene anche queste definizioni,così si può capire perchè dei seguaci di Marx, Freud e della psicanalisi abbiano, ovviamente, difficoltà a condividere il senso dell'articolo di Fabio.
anarca@hotmail.it
Martin Venator (IP:93.145.18.120) 23-07-2009 20:26

@ Fabio Mazza

Quando ottavino dice che non abbiamo bisogno di scuole, credo (smentiscimi se sbaglio, ottavino) intenda dire che abbiamo bisogno di un educazione che ci prepari ad essere uomini veri e non di un istruzione che ci rende solo perfetti ingranaggi della macchina moderna.
Non a caso la frase più utilizzata tra i politici degli ultimi decenni, in materia di istruzione, è stata e continua ad essere: "bisogna preparare i giovani al mondo del lavoro". E i genitori ripetono come pecore questa frase ai loro figli, facendo poi previsioni di un futuro fallimentare garantito se non seguiranno questo grande insegnamento.
Nessuno che si preoccupi della formazione della persona, dell'uomo, di un equilibrio interiore che è alla base di una vita che si possa chiamare tale.

Senza preparazione al mondo del lavoro, ma con una vera educazione, magari non si lavora o alla meno peggio si va avanti di stenti (a meno che non si riceva per eredità una qualche attività, ma questo non è contemplato per tutti), ma si vive con quella consapevolezza della vita che va oltre la vita e con quello stile che in punto di morte (che magari verrà presto, ma non ci interessa) non ci farà avere rimpianti.
Senza educazione dell'uomo si può anche lavorare e guadagnare, ma poi si finisce quasi sempre da un qualche psicologo personale o per famiglie (per moglie e marito/figlio e genitori), si finisce con l'assumere droghe (e non per una qualche esperienza o percorso), si finisce col voler mollare tutto e fuggire a Cuba o in Africa oppure si finisce con lo spendere tutto in antidepressivi e dunque.. medici.
Inoltre si cresce come la preda perfetta della modernità: perfettamente vulnerabile alla pubblicità dei prodotti che ci vendono come bisogni primari, tra cui l'assicurazione sull'assicurazione per l'assicurazione dell'assicurazione di qualcosa, perchè siamo così vulnerabili che vogliamo essere r-assicurati che tutto vada bene ("bene" secondo il senso comune, un "senso" somministratoci ovviamente) oppure gli innumerevoli vaccini per le innumerevoli influenze che ogni giorno si propagano per il mondo.. forse solo attraverso i telegiornali, ma per cui abbiamo paura e vogliamo essere vaccinati, vaccinati, vaccinati.. ed è così che ci FARANNO VOLERE anche l'RFID: volere stare nel Grande Fratello, d'altra parte, è il sogno di tutti ormai. E ancora: la morbidezza, le imbottiture, gli air-bag, le creme protettive.. a quando la campana di diamante(il vetro sarebbe troppo poco sicuro)? O magari la camicia di forza e attaccati su un lettino: potremmo farci un qualunque danno con un qualunque movimento, meglio non rischiare.

E pensare che dopo un vita passata a pensare a tutte le cose da assicurare, tutte le cose da cui tutelarsi, tutte queste misure di sicurezza prese.. c'è chi si suicida(e la percentuale è in costante aumento)!
Forse sempre più persone si sono stufate di essere trattate come petali schiavizzati e preferiscono mettere fine a quella che effettivamente non è vita, non conoscendo purtroppo altre vie per auto-liberarsi da tutto questo. Liberarsi con l'acquisizione della virilità, cosa che nessuno gli ha mai assicurato e qualcuno magari gli ha negato, perchè, come beceramente si dice nel mondo moderno: "siamo persone civili, non siamo barbari", percui mettiamo dei fiori nei nostri cannoni.. così semmai ci dovesse venire in mente di suicidarci con un bel colpo di pistola, partirebbe un fiore e la nostra bella vita di merda sarà fortunatamente preservata e l'equilibrio precario dell'ipocrita morale comune preservato.

Il problema è che una volta, a 7 anni, i bambini venivano messi in mano a maestri e generali. Oggi restano con la mamma fino a 40 anni.. ma solo perchè poi la mamma muore.

Faccio una proposta: incentiviamo la ricerca, affinche il bambino nasca e muoia nel grembo materno.
E' più sicuro. No?

Quindi Fabio, senza stilare faticosamente pregi e difetti di ieri e oggi per poter dire che "non è possibile pensare come che quest'epoca sia da abolire in toto, e le precedenti fossero l'età dell'oro", ci rendiamo ben conto che ieri c'erano più uomini, oggi più checche (benchè eterosessuali).

Ieri c'erano molti più Catilina, oggi molti più Cicerone.
Cabras scrive:
"ai libri che ha scritto Massimo Fini nei quali di questo culto di una "antimodernità" tanto osannata quanto poco chiaramente definita né argomentata, insieme a quello per immaginari (super)eroi purissimi di una presunta Età dell'oro, non mi pare vi sia gran traccia (per fortuna)."
I supereroi purissimi a cui si fa riferimento non sono nè Superman, nè Lanterna Verde, ma molto semplicemente quei veri uomini che sono esistiti e continuano ad esistere, come Catilina, di cui Fini non ha fatto semplicemente il nome in un libro, bensì ve ne ha dedicato uno.
E questo lo dico senza l'intento di voler caricare alcunchè sulla biga.

Infine c'è da dire che non si guarda indietro con nostalgismo, anche perchè quello che c'è indietro è tutt'ora presente, vivo e lo sarà sempre probabilmente. Il fatto che non sia visibile a noi (ormai molto poco agili spiritualmente, pieni di zavorre come siamo) non significa che sia qualcosa di inesistente e passato.
Semplicemente (si fa per dire) lo si vuole ri-conquistare, a livello individuale e comunitario.
Fabio Mazza (Registered) 23-07-2009 20:59

A me è piaciuto molto il tuo intervento Martin..davvero e lo condivido in toto.
Anche perchè sembra di leggere l'articolo che ha dato origine al dibattito, che mi onoro di aver scritto.

Il problema è come al solito che molti hanno difficoltà a seguire quella che viene chiamata la giusta via: cioè ogni tanto, un po di sano equilibrio.
Quello che dici tu è sacrosanto, ma non c'entra nulla con quello di cui parlavo io!!!!!
Non è che perchè la scuola odierna è un ingranaggio sistemico, non ci devono essere più scuole.
Non è che perchè ora ce l'ossessione della vita comoda e della salute, la soluzione è abolire i medici.
Una buona volta cerchiamo di non perderci in particolari insignificanti e non dare adito a chi ci accusa di essere onanisti (nel senso meno ludico)

Infine ti invito gentilmente a rivedere la storia di Roma..che un tempo ci fossero molti più catilina che cicerone è una pia illusione..anzi è proprio Fini ad accostare nel suo libro la roma di allora all'italietta di oggi..
di eroi e uomini veri pochi allora..pochi sempre.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 23-07-2009 22:41

Visto che ormai andiamo a ruota libera in questa comunque interessantissima discussione, vorrei dire all'amico e sodale aragorn che se citassi un sacro testo sarei più attendibile nella citazione del Corano che del Vangelo, ulteriore conferma di quanto sia variegata la ridotta schiera degli zeristi. A Martius dico che mi sono imbevuto di Marx, Freud, Gramsci e Scuola di Francoforte (la quale ultima faremmo bene a recuperare), finché non ho cercato correttivi in De Maistre, Péguy, Spengler, Pound, nonché in letterati come Céline, Cioran, Ceronetti, Solgenitsin, per tacere ovviamente di Fini che è il collante di tutti noi. Tutta gente che anche a Martius farebbe bene conoscere. Così come sarebbe bene correggere e integrare Freud con C.G.Jung, ben più profondo esploratore della psiche di quanto non sia il positivista viennese.
ottavino (Registered) 24-07-2009 03:23

x Mazza. Se credi che io voglia abolire i medici, hai frinteso. Ognuno fa quel che vuole, se vuole un allopatico, va da un allopatico, se vuole uno stregone africano, va dallo stregone africano. L'importante è che paghi lui.
Montenegro invece mi dice che le mie idee sono anarco-liberiste. D'altra parte, dico io, come facciamo?. O puntiamo al comunismo, ma il comunismo è pericoloso, o lasciamo la libera iniziativa.
Io credo che la cosa importante sia non fare una società garantista, assistenzialista. Il fine è fare in modo che il cittadino non sia "tranquillo", non far si che lo stato gli spiani la strada, perchè di fronte alle difficoltà, l'individuo deve dare il meglio di se. In più questo impedirebbe che ci siano troppi "borghesi", cosa che ci dà la possibilità di avere una solida base popolare (non penso ai consensi quanto a una cultura "popolare"), i cosiddetti "poveri". I poveri sono importanti, dobbiamo avere dei poveri.
I poveri cercano moralità, consumano poco (e quindi impediscono che il PIL salga), impediscono che la società faccia grossi balzi in avanti, sono realisti, pratici...insomma hanno un mucchio di qualità.
A Martin Venator direi che è giusto quello che dici. Proprio così. Non a caso, io credo, tutti coloro che sono qui, in un modo o nell'altro, si sono dovuti "rieducare" da soli in quanto gli strumenti per fare tutte queste belle analisi non ce le ha date certo l'istruzione scolastica. Abbiamo capito di essere stati dis-educati e abbiamo iniziato un nuovo cammino.
Infine neanch'io ho chiara una società del futuro. Semplicemente mi ispiro al buon senso. Quale sarebbe il buon senso di uno stato? Non indebitarsi per 1200 miliardi di euro di sicuro!!
E' come gestire una famiglia. Inutile indebitarsi per permetterti ciò che non ti puoi permettere....e poi sapendo che sono spese inutili!! (non sono inutili nell'ottica dello stato moderno che deve dimostrare di essere "grosso", alla pari con le altre "democrazie" (sic!)).
Detto così, mi rendo conto che può sembrare una società liberista. Ma potremmo introdurre dei limiti importanti. Limiti alla globalizzazione, ad esempio. Oppure nazionalizzazione delle banche. Limiti alla pubblicità. Di sicuro comunque, in un posto del genere il PIL non sale troppo. Poi ci sarebbe la questione del signoraggio....insomma sono solo riflessioni in libertà....saluti.
kulma (Registered) 24-07-2009 08:39

scusami ottavino, vuoi abolire chirurgia e ambulanze e per la pubblicità, invece, porre giusto dei limiti? ma che società hai in mente?
ottavino (Registered) 24-07-2009 09:10

Ma non ho in mente nessuna società...a me va bene tutto ciò che potrebbe ridurre i consumi, in verità, e riportare un clima più realista. Io starei bene anche a Cuba. Mi preoccupo casomai per gli altri che, mi chiedo, accetterebbero? Fino a dove accetterebbero? Comunque non sono un buon designer di società.....magari dite anche voi la vostra
ottavino (Registered) 24-07-2009 09:33

Il motivo per cui mi appunto sulla sanità è il seguente: sono un praticante di una metodologia alternativa dela salute e so per esperienza che l'approccio medico allopatico è sbagliato. Noi possiamo intervenire sulla salute semplicemente cambiando il nostro stile di vita.
Davvero in moltissimi casi si ottengono miracoli.
Le malattie non vengono a caso, come sembrano sostenere i nstri cari baroni, nostri super-professori, ma sono il risultato delle nostre azioni.
Il problema della sanità è che è un monopolio di conoscenza, che è stato ceduto a una casta. La "verità" solo loro sono abilitati a dirla.
Quindi il problema è : come si spezza questo monopolio, come si possono far emergere altre voci?
Noi soffriamo di sanità obbligata....e non è un problema di sprechi ma proprio di metodologia.
Capisco che appena gli tocchi sanità e istruzione, molti si spaventano. Poveretti, non hanno altro....ma non hanno niente. Sono solo degli schiavi contenti di esserlo.
ottavino (Registered) 24-07-2009 11:40

Una domanda a Fabio Mazza. Ma se tu sei così innamorato dei samurai, ti domandi mai: come si può fare a elevare lo spirito dell'uomo moderno, così stagnante e depresso? Quale potrebbe essere il ruolo delle istituzioni in tal senso?
Io questa domanda me la pongo ed è per questo che ho elaborato le idee che espongo.
Se vuoi un uomo forte devi dargli delle difficoltà. Se gli spiani la strada e gli rendi tutto facile quello diventa dipendente da te, come un mendicante, e il suo spirito si affloscia....non credi?
mazza25@interfree.it
Fabio Mazza (IP:93.149.19.126) 24-07-2009 12:24

Più che amore per i samurai, il mio è un amore per l'uomo antico, italico romano, di cui faccio ampio riferimento nell'articolo, facendo connessioni e paragoni con la figura del samurai, che è storicamente e geograficamente all'opposto eppure per molti versi è molto simile.
Questa è una parte dell'articolo che nessuno ha colto, e me ne dolgo, perchè voleva essere, nel mio piccolo, una comparazione antropologica e valoriale tra due mondi, che hanno avuto come comune denominatore (non in toto, ma con singoli uomini di valore), l'Uomo (con la U maiuscola).

Io parto, caro ottavino, da una visione elitistica della società.
Io non credo che l'uomo moderno vada in alcun modo elevato in massa.
Questa oltre che ricordare la volontà illuministica di costruire l' "uomo nuovo", è una pia illusione, perchè, per citare Nietzche e il suo eterno ritorno, vi sono cose nella natura umana che cambiano, altre che non cambiano mai.
Per questo mettevo in guardia dal vedere il periodo antico come un mondo dove tutti gli uomini erano valenti, dove non esistevano la degenerazione morale, l'abbiezione, e la cupidigia.
Certo, in questa società attuale esse sono diventati valori fondanti e orientativi dell'esistenza, ed hanno raggiunto il parrossismo.

Credo che sia molto più possibile e auspicabile lavorare su se stessi. Cercare di vivere secondo un certo codice, interiore, personale, e con questo rifitare di piegarsi alla mentalità dominante di cui sopra, e circondarsi di persone che la pensino come te.
Con queste persone cercare di "sensibilizzare" (ma meglio sarebbe dire risvegliare) quante più persone possibile, che siano stanchi di vivere in una società di tal fatta.
Però per la mia esperienza, in ambienti paralleli e disomogenei, ti dico che c'è si tanta gente che prova un senso di repulsione morale per questa società , per la sua logica della scorciatoia, del disimpegno, del "fotti il prossimo", della non assunzione di responsabilità, per il culto del denaro e del successo..
ma c'è anche tanta gente che in un mondo di tal genere ci si trova da dio, ed è felice di vivere per questi (dis)valori. Dici che siano felici cosi perchè non conoscono altri valori e altri modi di vita? Mah, in questo sono un po "manniniano", cioè nichilista, o forse realista: molte persone sguazzano nella merda morale e ne sono felici, perchè sono essi stessi merda.
Queste persone non solo non vorranno capire quello che cercherai di comunicare, ma ti guarderanno con compatimento, quando non ti osteggeranno apertamente, ansioni di conservare la loro schiavitù dorata: rate per il suv, per sharm, per il cellullare ecc.
Questa che tu e io chiamiamo trionfo dell'inutile e degenerazione della parte più vera dell'uomo essi la chiamano libertà e possibilità.

Credo che le difficoltà forgino il carattere dell'uomo. E nella mia vita ne ho affrontate.
Però credo che le difficoltà vadano affrontate nel momento in cui si presentano.
Non auspicate, nè tantomento create ad arte, nella speranza che abbiano una funzione "pedagogica".
é vero che le comodità, e in ultimo la stessa "civiltà" rende gli animi più deboli: questo lo sostenevano eminenti filosofi quando Roma, al culmine della sua civiltà, divenne importatrice dei "molli" costumi greci e orientali, che, alla lunga, fecero perdere a quei contadini italici il nerbo che li aveva resi cosi coriacei.

Ma una visione di società deve inevitabilmente adattarsi ai tempi: dobbiamo cercare di migliorare quello che abbiamo intorno, perchè il crollo del sistema è quello che vogliamo ma potrebbe verificarsi tra duecento anni, o anche mai..chissà..
Non chiamarlo riformismo. Rimarremo fedeli a quello che crediamo, ma sarebbe inutile approcciare le persone come movimento con programmi di una radicalità cosi esacerbata.
Nessuno ti seguirebbe, e anche quelli che dicono di farlo, sarebbero i primi a tirarsi indietro al momento del dunque e della messa in pratica.

Come quando non mangi da giorni, se ti strafoghi di cibo rischi la morte, cosi non possiamo pretendere di avvicinare gente, magari brave persone solo inconsapevoli, abituate a decenni di sconcezza televisivo-mediatica e alla credenza diffusa di vivere nel "migliore dei mondi possibili", partendo in quinta. Ci vuole gradualità, anche perchè si adattino alla nostra visione alternativa delle cose e la facciano propria (ovviamente chi vuole e chi può farlo).

Quindi il mio augurio, nonostante come avete visto, io creda fortemente nei valori immanenti che hanno reso l'uomo degno di questo nome, è appunto che la nostra riflessione in tal senso rimanga su di un piano personale, interiore, intimo e di "elite" (come suggeriva Mannino).
Per il resto spero che le nostre iniziative siano volte a far avvicinare al movimento, e alla visione antimoderna, più persone possibili (con i limiti di cui ti parlavo sopra, e con un certo fatalismo da parte mia sulle sorti di questo tentativo), e condurre battaglie che la gente senta vicine, come proprie (raccogliendo in questo il monito non molto delicato di Marcus).

ottavino (Registered) 24-07-2009 13:07

Accolgo con piacere la tua risposta, Fabio, e te ne ringrazio.
Mentre scrivo in questo blog, sto partecipando ad un altro dove si discute di droghe. Chiaramente la maggior parte vuole la legalizzazione, così credono di liberarsi del problema.
Ce ne fosse uno che dicesse: "Beh, poi però quando vai dal medico perchè il tuo fisico è distrutto, te lo paghi".
Ecco l'uomo moderno. E' un irresponsabile. E cosa possiamo fare se non inchiodarlo alle sue responsabilità? Cosa possiamo fare se non gridare la verità in faccia a questo demente?.
saluti.
Montenegro (Registered) 24-07-2009 13:51

penso di aver colto la direzione del pensiero di Ottavino, e non posso che condividerne a tratti l'orientamento. quello che mi lascia perplesso è la proposta positiva. qui non voglio intrattenermi sul discorso attinente le droghe, appena accennato, ma quanto a quello che ho chiamato "anarco-liberismo". certo, il comunismo come lo hanno pensato Marx&Engels non mi sembra possa rientrare nell'ottica antimodernista, tuttavia non credo che in'impostazione comunitarista (nella dimensione delle piccole patrie) sia da scartare a priori. l'anarco-liberismo è la fase terminale della modernità, quindi possiamo auspicarlo solo in quanto anticamera della catastrofe (ergo dell'implosione dell'epoca e dell'uomo moderni).
Fabio Mazza (IP:93.149.19.122) 24-07-2009 15:01

Per ottavino e montenegro:

difatti il comunismo marxista è una delle due facce della modernità. Altra cosa è il comunitarismo, che vigeva fino al 1600, e che vedeva accanto alla proprietà privata, ma sarebbe meglio dire familiare, della terra, una fitta rete di rapporti collettivi e di terre demaniali (del villagio in questo caso) che erano di tutti e dovevano essere coltivate ed utilizzate in un certo modo..
Una mentalità comunitarista, ben inserita in un discorso "federalista" come quello delle piccole patrie, che guardi alle radici regionali e locali, e ai legami dell'uomo con la sua terra e i suoi vicini, è, secondo me, la prospettiva di MZ.

Per Marcus:
apprezzo la tua riflessione, ma tu hai letto l'articolo in quattro e quattr'otto e non l'hai proprio capito!
Tu ti riferisci al mio articolo come se trattasse unicamente del suicidio rituale, quando in realtà questa era solo una parte della trattazione.
Il discorso centrale era il rapporto che gli uomini avevano un tempo con la vita e con la morte, nonchè quali valori erano orientativi della loro esistenza..un'articolo che inneggia alla vita, anche nel momento della morte.
Cosi mentre l'uomo odierno è così vilmente attacato alla vita che potresti sputargli in faccia e si girerebbe dall'altro lato; cosi come per vivere il più a lungo possibile e sembrare eternamente "rampanti" e giovani, si è disposti a qualunque escamotage, l'uomo di un tempo (non tutti si intende, ma nella maggioranza), e non solo il "tagliabudella" ma l'uomo italico per eccellenza, o greco-romano, aveva cari, più della vita, altri valori, come il rispetto di se, la dignità, e il bene comune della propria collettività (o se andiamo nel campo nipponico del proprio shogun).

Per il resto hai tutto il mio rispetto, perchè l'importante è capire che qualcosa non va, non conta come lo vuoi chiamare. Se hai notato, mi fa piacere la tua presenza qui e non ti considero un provocatore, ma solamente una persona stanca di quello che lo circonda e che si chiede: "ma dopo tutti questi bei discorsi???cosa si fa??"..
Ti capisco perchè dal mio punto di vista possiamo benissimo condividere singole battaglie con soggetti non "anti-moderni", e inseriti magari al momento in un ottica di democrazia rappresentativa (pur aborrendola), come è stato in alcuni casi con IDV e Beppe Grillo. Per cominciare ad avere visibilità, che è fondamentale. Quindi io sono per l'azione, e non per la filosofia esacerbata. Non per questo mi considero "riformista", o "moderato". Solo realista.
Ma anche la filosofia quella ci vuole. Specie in un "giornale" come questo, dove si incontrano e si scontrano le posizioni degli antimoderni.
E,essendo tu un "novizio" del forum, ti dico che le posizioni che tutti sosteniamo sono quelle del manifesto di MZ e di Massimo Fini.
Le altre, che siano evoliane, nietzchiane, pagane, tradizionaliste, cattoliche..sono singole idee personali, che hanno indubbi punti di contatto con il pensiero antimoderno, ma che NON SONO il pensiero di MZ, condizionandolo semmai dall'esterno.
Se vai ben a vedere nei punti di riferimento troverai ovviamente Fini, ma anche DeBenoist, Latouche, e Cardini.
aragorn (Registered) 24-07-2009 15:31

*Per Martiusmarcus
Parole vere e molto profonde. E' piacevole e "nutriente" scambiare opinioni con persone sensibili, ed è solo un piccolo pedaggio che si paga volentieri quello rappresentato dalle reazioni del nostro "io" a qualche parola urticante, che mi sembra di capire appartenga al tuo stile provocatorio. Grazie ed a presto. Marco
kulma (IP:193.204.89.132) 24-07-2009 16:34

me lo sentivo che la disputa con martius andava a finire così. avevo intuito che in lui c'era una specie di attrazione per mz e che una luce particolare si nascondeva dietro le sue provocazioni, non sembrava il classico provocatore che si infila in tutti i blog e sotto la vile copertura dell'anonimato insulta e basta. in più mi fidavo dei membri di mz, che riescono a dialogare in modo costruttivo anche con chi è molto lontano da loro e provoca (l'importante magari è non prendere in giro, che è cosa ben diversa). anch'io sono un esterno al movimento ed anch'io come te (almeno presumo), martius, vengo da sinistra (anche se una sinistra molto diversa da quella marxista), e ti posso assicurare che in questo blog/movimento è ben visto qualsiasi punto di vista (purchè, ripeto, sia costruttivo). è questa la forza di mz. aggiungo infine che i background culturali/ideologici variano parecchio e che la sterzata a destra (in effetti l'ho notata anch'io) non penso sia il frutto di qualche manovra nascosta, ma che dipenda semplicemente dal bagaglio ideologico di chi scrive maggiormente in un determinato periodo (a proposito, che fine ha fatto mauro maggiora?).
amugnolo (Registered) 24-07-2009 17:43

Benvenuto "amico nel dolore". Forse un giorno brinderemo insieme, non importa se con il vino o con il sakè...ma con gioia.
alessio (Super Administrator) 24-07-2009 18:03

Il dolore quotidiano. I colpi mortali che la vita inferisce. Il duro esercizio di ogni giorno. I tre insegnamenti di un guerriero.
Martius, benvenuto.
Alessio Mannino
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 24-07-2009 21:53

Vorrei congratularmi con tutti gli intervenuti a questo dibattito, in particolare con ottavino, con Fabio, con aragorn,con martiusmarcus, con amugnolo, con Alessio: tutte persone di grande temperamento, durissime nella polemica e nel sarcasmo ma capaci di confessare le proprie debolezze e di rispettare l'altro, riconoscendo il valore dell'uomo dietro il dissenso ideologico. Essi dimostrano che si può essere veri uomini anche senza finire come i samurai. Mi auguro che questo abbraccio finale tuttavia non ci esima dallo scontrarci duramente ma lealmente in qualche prossima occasione. Da ora in poi capiremo e tollereremo anche il sarcasmo di martiusmarcus.
Fabio Mazza (Registered) 25-07-2009 15:06

Grazie a tutti per l'interesse dimostrato all'articolo.
Solo gli utenti registrati possono inviare commenti!
 
< Prec.   Pros. >