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Gli eroi dell’ipocrisia PDF Stampa E-mail

di Fabio Mazza

23 settembre 2009

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Lo spettacolo di questi giorni ha un solo nome: ipocrisia allo stato puro. Il rivoltante spettacolo di un Emilio Fede, di un Costanzo, e, orrore di una Barbara D’urso e di un Bracchino, che recitavano la sceneggiata napoletana, strappandosi le vesti per il dolore di queste “povere vite di eroi, spezzate tragicamente”, ha qualcosa di paradossale e grottesco.
Puntualizziamo subito che non gridiamo di gioia, come fa qualche frangia anarcoide-marxista, alla notizia dei soldati caduti.
Il pacifismo “senza se e senza ma” di queste “anime belle” della sinistra per noi è risibile quasi quanto il falso, perbenista e conformistico patriottismo di facciata della classe di governo, e dei loro sodali dei mass-media. Analizziamo però i fatti.
Primo la manovra di questi giorni, ha tutta l’aria di voler cementare il consenso intorno ad una “missione umanitaria”, di cui nessuno, in realtà, capisce realmente il motivo. Questo è desumibile dal fatto, che quando in passato sono caduti in servizio poliziotti, carabinieri ed altri esponenti delle forze dell’ordine sul territorio nazionale, che a rigor di logica avrebbero meritato, se proprio necessario scomodarlo, il titolo di “eroi” molto più dei soldati impegnati in Afghanistan, visto che difendevano il cittadino dalle minacce della microcriminalità, non ci sono state simili esequie.
E cosi via al “tiro a segno mediatico” a chi la spara più grossa, in un revival patriottico che non si vedeva dai tempi di Fiume italiana e della “vittoria mutilata”. Del resto la servitù al padrone americano va celata dietro motivazioni profonde, ideali, e il “patriottismo de noaltri” non vede miglior collante di un bello spauracchio “terroristico” e estremista islamico per far stringere attorno al focolare le pie famiglie italiane, preoccupate che la nostra solida e giusta società venga minata da questi demoni, che hanno anche il coraggio, questi fanatici, di morire per le loro idee, questi kamikaze!
Secondo. Queste persone sono volontari, pagati intorno ai diecimila euro al mese (e parliamo di soldati semplici o poco più), che fanno a gara per andare in missione all’estero non certo per “portare la pace”, quanto per comprare casa e macchina di lusso quando ritornano in patria. Non è cosi per tutti, ma per una buona percentuale. L’eroe di solito, nella accezione del termine più usata, non è qualcuno che viene pagato cifra spropositate, ma qualcuno che si sacrifica per qualcosa di più alto ed importante che non il denaro.
Quello che i bravi cittadini che improvvisamente si riscoprono ardenti di orgoglio nazionale non sanno (o fingono di non sapere) è che nessun afgano è mai venuto in territorio italico a compiere atti di aggressione, che meritassero una risposta militare. Da questo si deduce che questa è una guerra di aggressione. Ora, da che mondo è mondo, quando qualcuno invade un paese, il popolo che lo abita ha diritto (e dovere) di difendere la propria terra dall’ingerenza dello straniero. E questo è quello che fanno i talebani in questo momento.

I talebani sono terroristi? Può darsi, ma questo non sta all’occidente stabilirlo. Se i talebani hanno la forza, morale o armata non importa, di prevalere sugli avversari interni, che l’Afghanistan sia governato da loro. Se il popolo afgano non sarà d’accordo sarà suo interesse ribellarsi e instaurare un governo che gli aggradi, che sia una teocrazia, una democrazia all’occidentale, una dittatura e via dicendo.
Ma il compito di stabilire cosa è buono e giusto per gli afgani non spetta certo all’occidente, che non ha per questo il diritto di imporre la “democrazia” a paesi, che per storia, costumi e tradizione, non la conoscono e non ne sono estimatori.
Terzo. La guerra si è sempre fatta. Dall’alba dei tempi. È un istinto dell’uomo, un istinto vitale che è sempre stato tenuto nella massima considerazione. Un mezzo, come nota Massimo Fini nel suo “elogio della guerra” per sfogare le tensioni interne di un gruppo sociale e per cementare le comunità (e si potrebbe vedere qui un motivo dell’aumento esponenziale degli atti criminosi, dell’uso di droghe e di suicidi, nei periodi di “pace”), per creare e distruggere equilibri, per costruire imperi.
Questo formidabile “momento formativo” della vita dell’individuo e dei popoli, ha conosciuto con la tecnologia moderna, che come in ogni altro campo, anche qui è stata “cattiva maestra”, un incremento devastante della capacità distruttiva delle armi utilizzate.
Cambiando le armi, sono cambiati anche i valori della guerra. Il valore, l’onore, la strategia, lo sprezzo della morte e del pericolo di un uomo non c’entrava quasi più nulla nella guerra. Non certo nella guerra di trincea del 15-18, dove la “carne da cannone” aveva ben poche occasione di dimostrare qualità guerriere e umane, nonostante quello che cedettero i giovani che vi aderirono entusiasticamente. Non certo nella seconda guerra mondiale, quando i bombardamenti a tappeto sui civili, resero la guerra “totale”. Poi arrivo l’atomica, e sotto la minaccia del nucleare la guerra divenne un tabù, e il pacifismo post-68, falso e rivoltante, un obbligo, viste le conseguenze di un possibile conflitto mondiale.
Da quel momento le guerre si sono chiamate “missioni di pace”, “operazioni di peace keeping”, di “polizia internazionale”, “umanitarie” e via dicendo. Ma guerre no. E via con il demonizzare e demistificare anche tutto il passato guerriero dell’occidente, considerato come il “male del mondo”, una cosa da esaltati fascistoidi guerrafondai, quasi come se la guerra di oggi, cosi disumanizzata e senza onore, fosse sempre stata la stessa. Se un tempo la guerra non avesse avuto un altro senso, e un altro spirito.
In questa disperazione per sei militari morti, quando è la normalità morire in guerra, (ci si dovrebbe disperare di più per i giovani che perdono la vita per un incidente d’auto o per i morti “bianchi” sul lavoro), si nasconde una dimostrazione ulteriore di quanto questo mondo e questa società abbiano rimosso la morte.
Oggi sembra eccezionale che sei soldati siano uccisi in guerra, ma quanti morti ci sono stati nelle guerre precedenti? Milioni. E lo spirito che accoglieva quelle scomparse non era certo quello che abbiamo visto in questi giorni.
È come se questo occidente rammollito, ormai preda dell’Islam perché non ha alcun sistema di valori forti e condivisi da opporgli, se non un becero e sterile “a casa loro” di padano conio, che non  risolve il problema di fondo, quello della perdita della nostra identità comune, ormai volesse che tutto si risolvesse come in uno dei tanti reality show di qui va pazzo. Facciamo la guerra, ma come in un war game, magari premendo un bottone e, a distanza, cancellando interi villaggi, ma ci meravigliamo se poi i “selvaggi”, gli “straccioni”, i “terroristi”, non ci stanno e rispondono colpo su colpo.
Vogliamo giocare ad un gioco senza rispettarne le regole. La legge della guerra è una sola, semplice e crudele, ma non priva di dirittura: puoi uccidere ed essere ucciso.
E allora sicuramente oggi è un giorno di dolore per le famiglie di questi soldati che hanno diritto di celebrare i loro morti, ma che ci venga risparmiato questo buonismo di stato, tanto più repellente in quanto viene da uno stato che si proclama “democratico” e “liberale” e che quindi dovrebbe essere alieno da forme di paternalismo cosi meschine e puerili come quelle che abbiamo visto in questi giorni.

 

Commenti
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fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 23-09-2009 13:19

La prova più eloquente di come l'informazione sia tutta propaganda di regime viene dall'uso del linguaggio, con espressioni stereotipate che si ripetono come un'eco che rimbalza da giornale a giornale, da notiziario radiotelevisivo a notiziario radiotelevisivo. Le aggressioni senza un motivo che non sia il brutale imperialismo sono chiamate "ingerenza umanitaria", con un'ipocrisia che supera tutti gli artifici propagandistici del passato. Le uccisioni di innocenti in seguito ai bombardamenti sono chiamate "effetti collaterali", con linguaggio burocratico e asettico. Il coraggio estremo di chi si fa saltare in aria per uccidere soldati di un esercito invasore viene sistematicamente definito, senza la minima variante, "vile attentato terroristico", proprio mentre gli "eroi" invasori operano prevalentemente dall'alto dei cieli, per non subire perdite, agendo preferibilmente di notte come i ladri e utilizzando sempre più spesso droni, aerei telecomandati, senza pilota per non rischiare la vita preziosa di qualche aviatore, che sparano missili azionati da tecnici al sicuro davanti a un monitor in basi lontane centinaia o migliaia di chilometri. E vili sarebbero i kamikaze! Si sta facendo scempio perfino della lingua piegandola alle esigenze della propaganda. E il popolo bue inghiotte tutto.
Magmau64 (Registered) 23-09-2009 14:00

Complimenti,bellissimo pezzo.
Se io avessi scritto sull'argomento avrei usato le stesse parole, non una di più non una di meno.
Retorica, ipocrisia, rimozione della morte, capovolgimento lessicale secondo cui la guerra diventa missione di pace, i civili morti diventano effetti collaterali, gli oppositori vili terroristi e gli occupanti eroi e martiri, stravolgimento assoluto del significato della guerra,come ha scritto Fuschini.
Poi, per contro la retorica sinistrorsa secondo cui la missione di pace diventa insostenibile perchè sono morti i soldati italiani e non perchè sia ontologicamente insensata.
E la ridicola rappresentazione protopasoliniana (sempre amata a sinistra) secondo cui i soldati sono poveri figli del sud,usciti da un racconto di Dickens con le pezze al culo e dieci figli da mantenere( e non piuttosto professionisti che hanno scelto liberamente e scientemente la carriera militare)
Di fondo ,come scrive Fuschini l'orrore inquietante , il vagheggiare una "guerra perfetta" , anzi una "missione di pace perfetta"in cui muoiano solo civili.
Perchè addestrare ogni robocop ultratecnologico costa tanto denaro e non possiamo permetterci di perderli.
Mauro

stediludo (Super Administrator) 23-09-2009 22:30

Del resto, a proposito di stravolgimenti lessicali (e lavaggi del cervello annessi), su tutti uno: la guerra all'Afghanistan, come prima la guerra all'Irak, e prima ancora la guerra alla Serbia, diventano la guerra in Afghanistan, la guerra in Irak, la guerra in Serbia, come se la guerra non l'avessimo dichiarata e quindi portata noi a quei paesi, ma vi fosse già, e noi andati solo per mettere pace fra i litiganti. Ma si può essere più ipocriti di così?
Andrea Marcon (Registered) 24-09-2009 14:26

Anch'io sono rimasto disgustato dal coro ipocrita che si è levato dopo la morte dei soldato italiani. Tra le altre schifezze, i media si sono soffermati sulla commovente immagine del bambino del soldato italiano davanti alla bara del padre... mai una volta che dedichino la stessa attenzione ai bambini afghani (uccisi o feriti, non solo resi orfani): eppure la rete è piena di queste immagini. Ci vorrebbe un kamikaze talebano anche in qualche redazione...
h2otonic (IP:79.21.192.222) 25-09-2009 18:57

Giu' il cappello davanti ai caduti ed onore alla FOLGORE.
Non credo sia possibile essere eroi (nel senso di combattente disinteressato al servizio del Signore o dell'Idea), quando sia il primo che le altre sono concetti desueti e sputacchiati da almeno mezzo secolo.
Pretenderlo e' ipocrita.
In un mondo dove il termine "Soldato di Ventura " e' vietato ai minori, e comunque se proprio va usato deve essere accompagnato da mille distinguo e spiegazioni,si rimane stralunati all'idea che degli uomini vadano volontariamente in guerra( altri termini per definire la missione in Afghanistan sono ad uso e consumo di paraculi e pacifisti)
Non credo per l'Italia (anche lei sputacchiata da decenni), forse per il denaro, o semplicemente per spirito di avventura, oppure per cercare una appartenenza inesistente in qualsiasi altro ambito, certo onorati di appartenere ad un reparto sceltissimo.
Credo sia oltremodo cinico commentare e giudicare e non solo nei confronti dei caduti.
Se da un lato e' scontato distinguersi dai corvi istituzionali e altrettanto doveroso ammettere che si puo' essere ribelli anche combattendo una guerra sbagliata, quando anche la parola guerra e' sottaciuta.
Tanto e' vero che nella chiesa si e' inneggiato alla Folgore e non all'italia
Fabio Mazza (Registered) 25-09-2009 19:38

Signor h2otonic

Visto che ho scritto io il pezzo, mi sembra doveroso rispondere.
Ho prestato tre anni della mia vita in servizio nella polizia di stato.
Quindi già da questo deduce che non sono un "antimilitarista senza se e senza ma", specie in un epoca in cui tutti facevano il rinvio per motivi di studio, io mi sono dedicato con passione al corpo.
Detto questo le contesto i seguenti punti:
1. chi sta nella folgore non sta in un corpo di elite (i corpi di elite sono ben altri si fidi) ma in un corpo di esaltati fascistoidi (nel senso più becero del termine, ovvero quelli che pensano che AN e berlusconi stiano dalla parte dei soldati e delle forze dell'ordine, e che amano il tricolore senza sapere neanche la storia dell'Italia, ma solo perchè "odiano i comunisti", che nel loro immaginario sarebbero i punkabbestia con i cani). Ne avevamo tanti anche noi di questi "eroi" al reparto mobile, l'ex celere della polizia, quindi so di cosa parlo.

2. in missione ci si va unicamente per denaro. chi ci va e crede di andare a portare la pace in quei paesi, senza conoscere un emerito della storia degli stessi e delle ragioni per cui ci si va, è un coglione, e se gli capita qualcosa non può lamentarsi. Ho conosciuto un sacco di persone, anche nei carabinieri che fanno missioni di polizia internazionale che si rifacevano la macchina (audi,bmw) o ci compravano casa.

3.capisco l'onore del corpo. Per anni l'ho cercato nei miei colleghi e non l'ho trovato. Non posso giudicare la vita di un corpo dove non ho prestato servizio, ma si fidi, che l'ignoranza e l'incultura che dominano (foraggiati ad arte) nell'ambito dei corpi armati dello stato è quanto di più becero si possa trovare. Nell'esercito ci vanno i disperati, senza lavoro, senza cultura, senza arte ne parte.

4. nessuno ha proibito o esacrato i funerali di stato per i militari. L'articolo attacava solo la lercia polemica simil-patriotica che ci hanno propinato. Non si è mai visto il popolo italiano indignarsi in egual modo per le carenze nelle forze dell'ordine che rendono quel lavoro un inferno. Non si è mai visto il popolo italiano imbestialito chiedere più controlli sul lavoro che fa morti ogni giorno. Non si è mai visto il "nazionalista" popolino italiano furoreggiare contro le basi straniere in Italia, che violano la nostra sovranità nazionale.
h2otonic (IP:87.4.192.136) 26-09-2009 16:38

Signor Fabio,

non posso certo confutare il giudizio che da sulla Folgore, essendo la mia una conoscenza indiretta.Voglio pero' continuare a sperare che non sia semplicemente un'accozzaglia di reazionari perbenisti, ma che sia almeno comparabile, dal punto di vista di ribellione al destino quotdiano che spetta a tutti noi,alla Legione o ,per certi versi, ad alcuni Ordini di Monaci , fatti i dovuti distinguo.
Vero cio' che afferma nel secono punto relativamente alle lamentele, anche se non mi sembra si sia dato risalto a piagnistei e rimpianti non degni di un soldato ( forse solo per motivi di mera propaganda interna), a meno che non si riferisca alle lagnose testimonianze di "parenti" ed "amici",o agli scontati e molto-corretti sermoni di intellettualoidi e paraculi, categorie che vanno per la maggiore nei media.

Inpossibile pretendere la conoscenza dell'altro quando la formazione culturale, la repressione caratteriale ed il condizionamento intimo e personale sono tesi a disprezzare tutto cio' che non e' da noi assimilabie, in perfetto stile liberal-messianico. Assurdo quindi pretenderlo da un soldato, tanto piu' se proviene dal cosiddetto popolino.
A riguardo vorrei evidenziare come questo ceto sia via via andato rarefacendosi nel tempo, sostituito da una disgustosissima borghesia grassa, amorale e triviale desiderosa solo di fersi la BMW...

In definitiva lei sostiene che neanche la folgore si e' salvata dal decadimento generalizzato, anche se questo non mi sorprende non le sono per niente grato perche' amo immaginare il contrario: a suo tempo cercai in tutti i modo di arruolarmi.

A lei ed a tutti coloro che cercano e trovano vie alternative, percorsi osteggiati ed inconsueti e soluzioni anticonformiste va la mia ammirazione; l'ammirazione di un ribelle che cerca solo un ORDINE stimabile a cui appartenere.

Grato per la sua risposta, la saluto cordialmente.


PS. dimenticavo di confutare la sua generalizzazione sui "senza ne arte ne parte": non crede che dove l'errivismo, il compromesso e la via piu' facile per il successo prevalgano sui meriti personali, gli esclusi abbiano qualche attenuante in piu'?
Fabio Mazza (Registered) 26-09-2009 20:53

Io parto dalla concezione che la cultura è un bene che si può conquistare volendolo.
Smettiamola di dire "la gente non vede"..la gente non vuole vedere!
Guarda h2tonic (ti do del tu), io apprezzo la tua idea di corpo inteso come "band of brothers", come gruppo di persone che rifiutano le regole della società borghese e conformistica per vivere una vita "virile" e per affermare valori ormai desueti.
Ma purtoppo questa è un illusione.
I valori spirituali di cui tu parli, onore, dignità, forza, fedeltà, queste persone non le conosco (certo qualcuno si). la maggior parte si schiera su quelle posizioni in quanto "gasato" e adorano con la stessa veemenza la bandiera italiana dell'RSI, come quella americana.
Io sono un appassionato della decima mas, e quindi mi intendo di corpi di elite. Ma ormai anche questa realtà è stata contaminata. Sono gli uomini che fanno i corpi, non i corpi che fanno gli uomini.
Grazie per la sua risposta.
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