di Matteo Simonetti
29 ottobre 2009
Vorremmo vedere questo sole pallido e malato scomparire oltre l’orizzonte, ma questo Tramonto dell’Occidente sembra ancora lontano dal compiersi. Non muore ancora l’epoca modernista e illuminista, ormai ostaggio inconsapevole della tecnica e del mercato. La nostra percezione del tempo non ci consente di afferrare la ciclicità delle civiltà che si susseguono. A causa della lentezza delle modifiche epocali, abbiamo la sensazione che nulla cambi e che Spengler, così come Evola e gli altri critici della modernità si siano sbagliati. Ci inganniamo, pensando forse che l’unico ad averci azzeccato sia stato Fukujama con la sua fine della storia. Invece la situazione sta cambiando inesorabilmente e oggi sembra addirittura accelerare, a testimonianza della prossimità del collasso. Possiamo accorgercene solo se proviamo a guardarci dal di fuori, come spettatori della triste commedia alla quale stiamo partecipando, non importa se da comparse o da protagonisti. Viviamo in una epoca di decadenza che è del tutto simile a quelle che la storia ci ha di volta in volta mostrato: la tarda romanità imperiale del panem et circenses come unico valore e l’aristocrazia europea settecentesca tra tutte. Oggi il marciume della modernità spande il suo olezzo sulla nostra quotidianità, costringendoci a celare i nostri lati migliori, le nostre più alte capacità e volizioni, perché in questa società retta dalla mediocrità e dalla bassezza, la loro inattualità ci porterebbe alla rovina. Il tanfo di ciò che si decompone ci arriva ogni sera con la televisione che, dopo aver creato e promosso il modello di donna oca-oggetto di piacere, si scaglia su chi la usa per quello che si è voluto che fosse. Ed è sempre lei, dopo aver osannato il vincente senza merito (quello del gioco dei pacchi o il Corona di turno) che critica chi in politica ne è l’incarnazione, perché fonda il suo successo su tutto meno che sulle capacità. E’ proprio la politica a mostrare i segni più grandi della decadenza. Soffermiamoci sul significato sociologico e filosofico della più recente vicenda personale di un politico, quella di Piero Marrazzo pizzicato mentre va a trans. Prima un semplice sguardo sulla nostra classe politica e dirigenziale: Mele tra droga e prostitute, Sircana che contratta con il viados, Berlusconi e le squillo di Villa Certosa, Berlusconi e la sua prostata (connubio che suggerisce tristi piaceri vouyeristici), Berlusconi e Saccà intercettati mentre, in cambio del voto di qualche parlamentare, pagano con incarichi in Rai alcune prestazioni sessuali; e poi Boffo, che fa la morale allo stesso Berlusconi e si scopre molestatore sessuale, il giovane Elkann (il più elegante del mondo, Dio!) che tira la coca in festini con travestiti… Tutto ciò è solo il preludio all’entrata in scena del tema principale della fuga: la doppia vita del Governatore Marrazzo, che su Raitre distribuiva sermoni alle aziende sulla correttezza e la trasparenza, mentre in animati appartamentini distribuiva gridolini e migliaia di euro (vorrei dire in cambio di cosa ma mi autocensuro).
E’ una parata di esserini minuscoli e storti, sorretti dalle loro stampelle di denaro, capaci di impietosire tanto quanto i Freaks del film di Tod Browining, ma anche di farci incazzare, e molto. Ce li immaginiamo Pareto e Michels barcamenarsi nel tentativo di spiegarci che anche questa è a suo modo una élite? Riusciamo a pensare cosa avrebbero detto di loro, e soprattutto di noi che ce li meritiamo, le grandi guide politiche del passato, i condottieri e i capipopolo, pronti al sacrificio in prima linea? Dobbiamo chiederci: ma sono tutti così? La risposta è no. Molti sono peggio. Altri non hanno questi orripilanti appetiti sessuali ma sono ugualmente stupidi e maldestri, privi di orgoglio, onore e rispettabilità. Tutti sono adusi a compromessi tali da azzerare ogni coerenza e inibire ogni spinta ideale. In tutti l’abitudine a sfruttare l’episodio e la contingenza, a fluttuare in superficie per garantirsi la sopravvivenza politica, impedisce ogni profondità di pensiero e trasforma il coraggio da virtù in zavorra. Non vorrei criticare tanto la moralità di questi personaggi, anche se immagino che la moralità abbia un certo peso quando si è chiamati a gestire i beni e i destini degli altri, quanto la loro bruttezza, la loro mancanza di stile, la loro bassezza intellettiva. E’ un marciume non tanto etico, ma estetico e cognitivo. Partiamo da quello estetico. Ma li avete guardati bene questi trans? Li avete ascoltatii nelle interviste? Avete presente la loro volgarità, l’artificiosità, l’aspetto grossolano e rozzo malcelato dietro il trucco e le operazioni di chirurgia plastica, la voce artefatta e nasale. Ecco la scena: Marrazzo con i suoi capelli ordinati che scende dall’auto blu, che si spoglia del vestito pure blu, il letto, i membri più o meno eretti in vario modo usati… e che vocaboli? Che gemiti? Quali ruoli? E poi, i cinquemila euro, in una busta? Sulle mani? Lo squallore della scena è enorme. La situazione è molto peggiore di quelle che richiamano alla mente Pasolini, animato da un amore per la semplicità della rozzezza tutto particolare, sicuramente sconosciuto al governatore regionale. E’ forse qualunquista paragonare questi accattoni del sesso a Mussolini e le sue donne, però è divertente. La sessualità in un uomo è una parte essenziale. Non bisogna apprezzare Freud per capirlo né essere d’accordo con l’erotismo ascetico-iniziatico di Evola. La sessualità ha una relazione col fascino e il carisma, con l’attitudine al comando, con l’autorevolezza, con l’autorità. E’ lo specchio della relazione con il proprio corpo e con i corpi in generale, quindi con la natura e l’istintualità. Non si tratta di semplici gusti, checché ne dica Grillini. Ma perché i trans? Per le strade le donne stanno scomparendo e lasciando il posto a loro, qualche cliente ognuno di loro deve pur averlo no? Dietro questo cambiamento delle inclinazioni sessuali, degli uomini, ce n’è uno filosofico, estetico e psicologico di grande portata. La vittoria del travestimento in genere, al di là della sua incarnazione sessuale, è figlia dell’ideologia progressista. La realtà del presente è per il progressista uno stadio da superare e lo stato di natura una barbarie da correggere. Per lui ogni persona che non diventa altro, che non supera la propria provenienza e non si ripudia come soggetto è esecrabile, retrograda, banale. Ecco allora il culto della trasformazione, del travestimento come cambiamento incessante. Il progressista dice: “io sono uomo ma posso essere donna perché mi opero o mi travesto, tu sei donna ma anche uomo per lo stesso motivo; io sono italiano ma anche straniero, perché esterofilo e per un’immigrazione indiscriminata, tu sei straniero ma anche occidentale, perché apprendi il consumismo prima del diritto; io sono ricco ma anche povero, perché ostento modi casual, tu sei povero ma anche ricco, perché ti compri la televisione al plasma con la finanziaria”. Signori, questa apoteosi del travestimento è il “ma anche” veltroniano che si fa carne. Il travestimento è infatti ostentazione di uguaglianza, disprezzo delle differenze, odio per ogni identità, ultimi strascichi di un delirio marxista morente che si riattizza con i francofortesi e Sartre per giungere ai vaneggiamenti del guru Vattimo, che si ricorda per il battibecco da checche con Aldo Busi. Tutta la filosofia che si definisce postmoderna è un unico grande attacco all’Identità, alla Verità e al Soggetto, quest’ultimo colpevole solo di percepirsi come ente unico, determinato, e non come somma di debolissimi “ma anche”. La decadenza che la vicenda Marrazzo e quelle simili richiamano alla mente è quella di Nerone, Agrippina, Poppea, Spora e Doriforo, dei loro schifosi sotterfugi e segreti. Ritornando ad oggi e al livello cognitivo di cui parlavamo, può governare bene uno che va a trans? Psicologicamente è proprio a posto? Sono solo “intime debolezze”? E’ intellettivamente normodotato uno che si fa beccare in via Gradoli, celebre insieme per tante vicende legate a scandali politici e oggi per essere una specie di bordello? Che prontezza di giudizio può avere un politico che paga un ricatto in assegni e non in contanti? Che lucidità ha uno che nega anche durante l’emergere del fatto, senza tener conto delle conseguenze? Da parte mia, visto il valore della democrazia odierna, non ho nemmeno la consolazione, magrissima, di non averne votato nessuno. |