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12 novembre 2009

Su questo sito è frequente il richiamo al fascino della figura del ribelle aristocratico, il cui spirito si eleva al di sopra della massa. Suggestioni mediate da Nietzsche, Junger, Evola. Questa attrazione ha un valore esistenziale ma la figura romantica dello spirito superiore incompreso e fiero della sua superiorità morale non ha alcun rilievo politico. Invece vale la pena discutere il progetto di  un sistema in cui il governo sia affidato agli aristoi, ai migliori. Una sana aristocrazia, contrapposta alle degenerazioni della finta democrazia rappresentativa. Ci si imbatte però nella questione di fondo: chi e come stabilisce quali siano i migliori? Troppo spesso si considerano aristocratici quelli che si autoproclamano tali. Per tutta l’epoca feudale gli aristocratici furono semplicemente i discendenti delle famiglie nobiliari. La nobiltà di sangue. Ma il fatto di discendere da coloro che un tempo furono considerati i migliori non è affatto garanzia di valore. I discendenti dei Grandi potrebbero essere dei perfetti cretini o dei delinquenti, non abilitati a esercitare il ruolo guida di una nazione. La stessa obiezione è valida per le monarchie ereditarie. La rivoluzione francese ha fatto piazza pulita di questa pretesa. Quella rivoluzione ha avuto molti torti, da essa sono scaturite parecchie brutture della Modernità, ma su questo punto la parola della sua ghigliottina resta definitiva.
Dopo la rivoluzione francese, la definizione delle aristocrazie, cioè di chi sia abilitato a governare, si esprime attraverso questo quesito: quali criteri adottare per la selezione delle élites? La risposta della Modernità è: la classe dirigente viene selezionata attraverso la competizione elettorale. Solo i più fanatici apologeti del sistema possono continuare a sostenere che così vengono premiati i migliori. Basta passare in rassegna i nostri parlamentari e i nostri ministri, e controllare la loro fedina penale, per scoprire che non di aristoi si tratta. Basta una ricognizione rapida fra gli amministratori locali per scoprire abissi di mediocrità.
Ogni tipo di società produce spontaneamente le sue élites. In una comunità bellicosa il governo sarà affidato a chi si è distinto in battaglia. Oggi è impensabile un governo dei guerrieri, quando la guerra è computerizzata e robotizzata, mentre i migliori combattenti della parte avversa si autoeliminano facendosi saltare in aria. In una comunità che avverte fortemente il senso del sacro, il governo è affidato ai sacerdoti. Anche questa soluzione oggi sarebbe del tutto anacronistica, stante la realtà della separazione laica fra Stato e Chiese. A ben guardare, in Occidente l’ultima forma di governo dei sacerdoti fu il comunismo. In esso si pretendeva dagli aspiranti capi l’interpretazione corretta dei sacri testi del marxismo-leninismo. C’erano anche le scuole di partito a tal fine, in qualche modo paragonabili ai seminari preteschi che selezionavano i migliori fra gli aspiranti sacerdoti. Il comunismo è stato una dittatura dei sacerdoti più che dei burocrati: la burocrazia è solo una modalità di gestione, non una tipologia di governo. Non parliamo poi di dittatura del proletariato, che mai si è realizzata e non si sa bene cosa possa essere essendo una contraddizione in termini. Nessuno, se non qualche bizzarro nostalgico, rimpiange la fine di quel governo dei sacerdoti che fu il comunismo. Oggi i nuovi sacerdoti sono gli intellettuali: ricercatori, tecnici, scrittori, operatori dei media...
Nessuna di queste categorie si configura come un’élite dirigente. Sono tutte al servizio della vera aristocrazia prodotta dalla Modernità. Essendo l’economicismo il cardine del sistema, la moderna aristocrazia è data dai grandi banchieri e dai grandi imprenditori. Loro sono gli aristoi, ci piaccia o non. Viviamo sotto la cappa plumbea del governo dei mercanti e degli usurai, nell’epoca della Tecnica e dell’Economia. Questa epoca ha prodotto la sua aristocrazia. Come sempre, come ovunque, sono le forme concrete dell’organizzazione sociale a produrre le loro élites e il loro tipo di civiltà.
Queste considerazioni valgono anche a proposito della discussione su politeismi e monoteismi. Già il Machiavelli dei “Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio” , mezzo millennio fa, scriveva che la religione pagana dei Romani era terreno fertile per le virtù civiche, mentre il cristianesimo induceva gli animi alla rassegnazione e al servilismo. Leopardi, duecento anni fa, lamentava la perdita di vitalità, di sana vigorìa, di libera immaginazione, di forza delle illusioni, che caratterizzavano il mondo pagano e che sono svanite con la modernità cristiana e la prevalenza dell’ “arido vero”. Egli anticipava Nietzsche in tante sue pagine dello Zibaldone e delle opere in prosa. Da robusto pensatore quale era, e non solo il lamentoso poeta di una troppo facile vulgata, sapeva bene che il rimpianto per il paganesimo perduto era del tutto sterile perché quel mondo era finito per sempre. Era il prodotto di un approccio ingenuo con l’ambiente naturale e sociale, un approccio non più riproducibile. Gli aspetti paganeggianti che la Modernità ripropone per le sue dinamiche interne sono il divismo, la cura del corpo, diventata ossessiva, il rinnovato interesse per astrologia, scienze occulte, esoterismo, come reazione allo scientismo e al razionalismo. Quando si pretende di recuperare il paganesimo con atti volontaristici, si cade nel ridicolo dei riti leghisti alle sorgenti del dio Po. Queste riproposizioni intellettualistiche di forme spirituali del passato non possono essere altro che caricaturali.
In conclusione: sia l’emergere di una nuova aristocrazia, sia il delinearsi nelle coscienze di una spiritualità nuova, potranno verificarsi con le mutate condizioni della civiltà. Nostro compito è tenere vivo l’obiettivo di un comunitarismo saldamente radicato nel territorio, nelle collettività circoscritte capaci di individuare nel proprio seno, con forme di democrazia diretta, i più competenti e i più virtuosi, gli aristoi; una comunità che incoraggi l’iniziativa di agricoltori e artigiani, in un’economia prevalentemente di autoproduzione e autoconsumo, nella messa al bando di qualunque forma di speculazione finanziaria, senza con questo cadere in oscurantismi e fughe nel passato. Costruire questa alternativa dopo il grande disastro di civiltà che si profila è il compito di tutti i non intruppati . Dalle forme concrete che assumerà questa alternativa scaturiranno le nuove élites e la nuova religiosità. Vagheggiare aristocrazie antiche di Eroi o revivals pagani è pura letteratura, magari di alto livello come in molti brevi saggi pubblicati su questo blog, ma sempre e solo letteratura.

Luciano Fuschini

Commenti
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stediludo (Super Administrator) 12-11-2009 11:30

Articolo lucidissimo ed impeccabile, che fa piazza pulita del mito "democratico" dei nostri tempi: come ben videro grandi pensatori come Pareto e Mosca, ogni società produce inevitabilmente la sua "aristocrazia", e immaginare un mondo che ne possa fare a meno, un mondo "democratico", è solo una delle tante beote e pusillanimi illusioni dei tempi moderni. Ergo, ogni epoca ha l'aristocrazia che si merita, e noi non meritiamo altro che il governo dei Tecnici e degli Usurai, i "migliori" dei tempi nostri.
Ci andrei piano comunque, caro Luciano, sul definire pura letteratura, priva di valenza "politica", le suggestioni sui ribelli alla Nietzsche, Junger e compagnia: una cosa è il revival, una cosa è la formazione di coscienze e di mentalità "altre".L'azione "metapolitica", in un'epoca di ottenebramento delle menti, è prioritaria e indispensabile anche per muovere alla prassi. In questo sono, da estimatore del De Benoist, assolutamente "gramsciano": non si conquista l'egemonia sociale se prima non si conquista quella culturale. Anche uno come Serge Latouche batte da anni sullo stesso punto: è i cervelli che innanzi tutto devono essere cambiati. Nietzsche pura letteratura? Scrivendo da ritiri eremitici e solitari, ha smosso montagne, e senza di lui tutto il Novecento di lotte, guerre e sconvolgimenti che sappiamo non ci sarebbe stato: altro che "letteratura"...
alessio (Super Administrator) 12-11-2009 14:12

Luciano, sei l'aristos di questo blog. Questo articolo lo conserverò.
Alessio Mannino
vittoriodigiacinto
Di Giacinto (Registered) 12-11-2009 15:18

Articolo perfetto, ti invidio, vorrei tanto poter riuscire ad essere così esplicativo in quello che scrivo. Purtroppo devo usare frasi di altri, tu prova ad avere un mondo nel cuore e non riesci ad esprimerlo con le parole.
Gaetano (IP:62.211.158.101) 12-11-2009 15:25

Condivido l'invito di stediludo a non sottovalutare l'importantissimo apporto metapolitico di pensatori del calibro di Evola, Junger e, aggiungerei, Guenon.
Mi rendo conto che dal punto di vista pratico-politico possano non essere dei riferimenti fondamentali, ma se vogliamo mantenere un atteggiamento di lucido distacco e non farci divorare dalla marea oscura della Modernità è anche (e non solo) con questi autori che dobbiamo confrontarci.
Inoltre, tali autori - potrà sembrare contraddittorio - sono utili anche per realizzare gli auspici di Luciano Fuschini (ad esempio il comunitarismo, una economia definanziarizzata, il ritorno alla terra, etc...): come concretizzare tali obbiettivi senza una adeguata rielaborazione dei dettami del pensiero tradizionale?
alessio (Super Administrator) 12-11-2009 15:38

Veramente io senza rielaborare Evola e Guenon, pur avendoli letti e cogliendone l'apporto utile in un'ottica ANTImoderna (non PREmoderna), sopravvivo lo stesso. Opinioni...
a.m.
Edoardo Buso (IP:93.37.159.29) 12-11-2009 16:31

Mi è piaciuto molto questo articolo,anche se non ritengo il comunismo un governo dei per il solo fatto che mi è rimasta impressa una frase che mi disse anni or sono mio padre che era chimico all'università di padova; che è questa:la chiesa e il partito comunista sono tutte e due dittature hanno ciascuna il proprio ordine gerarchico,hanno tutte e due un Papa e dei preti.Ma la differenza tra le due è che una è di lungo peggio dell'altra perchè il comunismo pretende di governare la materia con una nuova mistica senza prospettive ultraterrene,mentre la teocrazia promette prospettive di redenzione ultraterrene.Tra tutti i tipi di dittature la teocrazia(intesa come governo della Chiesa cattolica) è la meno peggio perchè parte con il concetto di salvare le anime e redimerle,quindi diventa dittatura materiale ma parte come dittatura spirituale,sottomissione ad un'ordine,mentre il comunismo pretende di governare con presupposti materialistici anche lo dell'uomo.Poi il secondo punto è questo cioè il fatto che sottolinea l'articolista di come viviamo ormai nella dittatura degli esperti che mi permetto di sottolineare(l'articolista non lo fà)è dittatura non solo dell'economia della mercificazione liberal-liberista dei mercanti economisti ed usurai;ma è anche la dittatura statocratica delle nuove professioni improduttive,improduttive anche in un'ambito di autoconsumo ed autoproduzione nel senso che se prevalessero l'autoconsumo e l'autoproduzione queste tipologie professionali non prevarebbero come adesso;e cosi abbiamo surplus di dottori che vogliono il posto statale solo perchè sono esperti in qualcosa(magari in psicologia),facendo si che per mantenere tutto questo surplus servano sempre nuove tasse a danno degli artigiani di cui parla l'articolo giustamente.Gli artigiani cioè i veri continuatori ideali insieme ai contadini della Tradizione e della Nazione della Patria e della Piccola Patria.
Nel mio articolo riflessioni per uno stile di vita aristocratico non ho vagheggiato un'aristocratico migliore perchè esperto in una disciplina o valoroso guerriero o discendente di un'antica famiglia aristocratica.Ho voluto identificare l'aristocratico oggi nel ribelle più nobile d'animo,cioè in colui che ama la sua piccola patria la sua gente il suo paesaggio e dalla lotta contro ogni macroingiustizia quotidiana perpetrata non solo dai grandi potenti ma anche dai piccoli arroganti di cui è circondato,trova la sua ragione di vita.
Edoardo Buso
Edoardo Buso (Registered) 12-11-2009 16:35

Mi è piaciuto molto questo articolo,anche se non ritengo il comunismo un governo dei sacerdoti per il solo fatto che mi è rimasta impressa una frase che mi disse anni or sono mio padre che era chimico all'università di padova; che è questa:la chiesa e il partito comunista sono tutte e due dittature hanno ciascuna il proprio ordine gerarchico,hanno tutte e due un Papa e dei preti.Ma la differenza tra le due è che una è di lungo peggio dell'altra perchè il comunismo pretende di governare la materia con una nuova mistica senza prospettive ultraterrene,mentre la teocrazia promette prospettive di redenzione ultraterrene.Tra tutti i tipi di dittature la teocrazia(intesa come governo della Chiesa cattolica) è la meno peggio perchè parte con il concetto di salvare le anime e redimerle,quindi diventa dittatura materiale ma parte come dittatura spirituale,sottomissione ad un'ordine,mentre il comunismo pretende di governare con presupposti materialistici anche lo dell'uomo.Poi il secondo punto è questo cioè il fatto che sottolinea l'articolista di come viviamo ormai nella dittatura degli esperti che mi permetto di sottolineare(l'articolista non lo fà)è dittatura non solo dell'economia della mercificazione liberal-liberista dei mercanti economisti ed usurai;ma è anche la dittatura statolocratica delle nuove professioni improduttive,improduttive anche in un'ambito di autoconsumo ed autoproduzione nel senso che se prevalessero l'autoconsumo e l'autoproduzione queste tipologie professionali non prevarebbero come adesso;e cosi abbiamo surplus di dottori che vogliono il posto statale solo perchè sono esperti in qualcosa(magari in psicologia),facendo si che per mantenere tutto questo surplus servano sempre nuove tasse a danno degli artigiani di cui parla l'articolo giustamente.Gli artigiani cioè i veri continuatori ideali insieme ai contadini della Tradizione e della Nazione della Patria e della Piccola Patria.
Nel mio articolo riflessioni per uno stile di vita aristocratico non ho vagheggiato un'aristocratico migliore perchè esperto in una disciplina o valoroso guerriero o discendente di un'antica famiglia aristocratica.Ho voluto identificare l'aristocratico oggi nel ribelle più nobile d'animo,cioè in colui che ama la sua piccola patria la sua gente il suo paesaggio e dalla lotta contro ogni macroingiustizia quotidiana perpetrata non solo dai grandi potenti ma anche dai piccoli arroganti di cui è circondato,trova la sua ragione di vita.
Edoardo Buso
martiusmarcus (Registered) 12-11-2009 18:08

Ottimo, compreso il richiamo a quel grande che è il Leopardi dello Zibaldone e delle Operette. Condivisibile l'enfasi sul comunitarismo. Complimenti.
Giovanni Marini (Registered) 12-11-2009 18:56

Stamperò questo articolo e lo inserirò in Sudditi di M.Fini. Il riferimento gramsciano alla prassi di stediludo mi spinge a chiedere se sia possibile in queste condizioni conquistare l'egemonia culturale.
toroloco@hotmail.it
pablobras (Registered) 12-11-2009 20:34

...meno male che c'è chi scrive qualcosa di condivisibile.
Questo sito è il migliore in assoluto.
Complimenti a tutti quelli che ci scrivono (commenti compresi ).
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 12-11-2009 22:46

Ringrazio tutti per le lodi che non merito. Il fatto è che proprio l'alto livello culturale, intellettuale e morale dei frequentatori di questo sito stimola chi vi scrive degli articoli a spremere il meglio da sé.
Credo anch'io, con Gramsci, Stefano e Giovanni, che sia di decisiva importanza conquistare un'egemonia culturale. Ritengo però che lo si possa fare partendo dalla sensazione ormai diffusa che il sistema in cui viviamo sia putrido per farla diventare consapevolezza. A questo fine proporre la figura del ribelle incompreso e fiero della propria aristocratica diversità penso sia un'operazione nobile ma sterile.
Edoardo esprime delle perplessità giustificate sulla mia definizione del comunismo come di un governo dei sacerdoti. Si tratta pur sempre di un prodotto della modernità, per cui è un governo dei sacerdoti deformato dalla modernità stessa. Allo stesso modo il fascismo può essere catalogato come rientrante nello schema del governo dei guerrieri, ma a sua volta deformato e contaminato dalla modernità.
Una calorosa stretta di mano a tutti.
Enrico Caprara (Registered) 13-11-2009 17:30

Sono d' accordo: una elite spirituale deve prepararsi al dopo-catastrofe. Io vedo una forma politica aristocratica-democratica. Anzi più che democratica. La democrazia è il governo del popolo: si pone così al centro una totalità astratta. C' è ancora qualcosa di totalitaristico, come nel comunismo e nel fascismo. Nella comunità locale si deve poter realizzare il governo di ciascuno. Per questo non è necessario che tutte le decisioni vengano dal basso. Il pericolo sarebbe di ritornare alla demagogia. La democrazia diretta può consistere nel fatto che un certo ambito di decisioni - quanto più ampio possibile - sono assunte autonomamente dagli interessati, ma un gruppo-guida si assume la responsabilità delle decisioni complessive più importanti. La democrazia diretta può consistere nel fatto che gli appartenenti alla comunità ne avallano (o no) l' andamento, anche se quella conduzione non è originata direttamente o indirettamente del tutto da loro. L' ideale sarebbe che l' insoddisfazione di un solo membro mette formalmente in crisi la comunità. L' appartenenza al gruppo-guida la vedrei comunque per cooptazione: una qualunque forma elettiva rischierebbe il ritorno come dicevo alla demagogia. - Tutto ciò mi sembrerebbe buono allo stato attuale dell' essere umano.
kulma (Registered) 13-11-2009 20:46

Io invece la vedo all'opposto di Enrico. Mi hanno sempre affascinato quelle forme di democrazia diretta tipiche di alcune antiche tribù germaniche, in cui le decisioni importanti venivano prese da tutti i membri della comunità, e le altre dagli aristoi.
Longino (IP:93.43.134.158) 15-11-2009 12:19

Se il problema è di trovare la migliore forma di governo, questi ragionamenti sono tutti condivisibili, ma se ci si pone quale debba essere la funzione dell'organizzazione governativa il problema si complica. Da un punto di vista antimodernista penso che la funzione dello Stato non sia quella sola amministrativa relativa al "benessere" di tutti. Funzione dello Stato, almeno in via di principio, è stata, prima della rivoluzione francese, quella di guidare anagogicamente i propri sudditi verso una dimensione trascendente di contro alle spinte materialiste a cui erano soggetti. Con questo voglio dire che ogni forma di governo potrebbe, in linea di principio, andare bene ma se il fine è anagogico servono uomini diversi e non sistemi governativi nuovi, questi poi verrebbero di conseguenza...Un certo comunitarismo radicato sul territorio forse può favorire l'emergere di tali personalità ma non penso sia una conditio sine qua non: uomini-capi sono nati in epoche e condizioni più svariate...
ottavino (Registered) 16-11-2009 00:36

L'articolo è buono, ma anche no.
Mi spiego.
Dice Fuschini "Ogni società produce le sue elites". Vero. E quindi anche la "nuova-società-del-dopo-crollo", produrrà la sua, no?
Ma con la violenza, come gli uomini hanno sempre fatto. Non in maniera un pò "bucolica", come mi sembra proponga Fuschini.
Del resto anche la nostra è una società violenta...in modo più subdolo, ma lo è....
anarca@hotmail.it
Martin Venator (IP:93.145.21.229) 19-11-2009 00:42

Definire suggestivi Nietzsche, Junger ed Evola e relegare nella letteratura i loro (più precisamente) insegnamenti; negare valenza politica alla figura romantica dello spirito superiore (in effetti non ha valenza politica: piuttosto sta alla base della politica, quindi parliamo di un livello più alto, che precede la politica, la quale non avrebbe altrimenti senso, come la realtà odierna ci dimostra); accostare il paganesimo alle carnevalate della Lega, che equivale a fare disinformazione; "nuova religosità": esattamente ciò che rappresentano i monoteismi, prodotti umani, dunque originali e non originari: distruzione dello spiritualismo originario e avanzata del mondo degli inginocchiatori, dunque del mondo moderno.

Questo articolo si che è suggestivo, ma al più vale quanto un sottile assist (oltre ogni perversa immaginazione) alla logica moderna.
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