26 gennaio 2010
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Qualunque gruppo abbia l’ambizione di diventare un movimento capace di operatività politica in senso alternativo al sistema, deve evitare due rischi: da una parte quello di aspettare un’"ora x" che risolva tutto attraverso le sue dinamiche spontanee, dall’altra parte quello di proporre soluzioni riformistiche che sarebbero semplici correttivi e non sovvertimento del sistema vigente. Si tratta dunque di porsi obiettivi che abbiano una tale forza da mettere in moto processi rivoluzionari. La questione della droga può essere uno dei terreni in cui il trauma di una proposta radicale potrebbe innescare meccanismi dirompenti. Le droghe, la cui diffusione è diventata un fenomeno di massa negli anni Settanta, sono un grande affare per il Potere, da un triplice punto di vista: permettono di estorcere una imponente quantità di denaro, che viene tranquillamente riciclato e va ad alimentare Banche, Borse e Mercati; neutralizzano migliaia di giovani inquieti e potenzialmente ribelli, riducendoli a larve rincoglionite; sotto forma di psicofarmaco danno l’illusione di un apparente benessere a milioni di infelici, nevrotici e disadattati che non reggerebbero l’angoscia prodotta dai ritmi assurdi e dalle condizioni di vita della modernità. Tuttavia bisogna sempre vedere le cose in modo dialettico, quindi contraddittorio. Le droghe sono anche devastanti per un sistema che esige efficienza da ogni individuo produttore-consumatore. Il drogato è inefficiente, grava sul sistema sanitario, alimenta delinquenza e degrado sociale. La diffusione delle droghe è forse il segno più vistoso della nostra decadenza. Proibirne il commercio e il consumo è una scelta perdente, possiamo dirlo con piena cognizione di causa dopo decenni di vano proibizionismo che ha solo fatto lievitare i prezzi delle droghe e prosperare le mafie e la delinquenza organizzata e spicciola. Date tutte queste premesse, sarebbe sbagliato sia aspettare la mitica ora x di una rivoluzione che metta a posto tutto con la sua bacchetta magica, sia un qualche rimedio apparente come un inasprimento dei controlli o, al contrario, la depenalizzazione delle droghe meno nocive. Credo che bisognerebbe invece avere il coraggio di avanzare la richiesta di legalizzazione di tutte le droghe, evitando anche l’ipocrisia di distinguere fra legalizzazione e liberalizzazione: legalizzarle significa che sarà consentito aprire spacci che venderanno la loro merce in un clima di concorrenza, come una qualunque rivendita. Legalizzare significa automaticamente liberalizzare. Raramente le liberalizzazioni hanno gli effetti positivi propagandati dagli apologeti del liberalismo, ma in questo caso è probabile che i prezzi crollino a beneficio dei consumatori. Una dose potrebbe costare 5 euro o meno. L’effetto immediato sarebbe un duro colpo alla delinquenza che oggi prospera sul traffico clandestino. Inoltre i controlli che la legge prevede in tutti i commerci garantirebbero la qualità dei prodotti riducendo i decessi. Le conseguenze negative sono però evidenti: moltiplicazione del numero dei drogati e un’ Italia che diventerebbe il paradiso dei tossici di tutta Europa. Come impedire che ciò si verifichi? Intanto si tratterebbe di proporre con forza l’adozione della stessa legislazione in tutta l’Europa comunitaria, per evitare di diventare la meta di un turismo indesiderato. Quanto alle misure per contenere il fenomeno, occorre entrare nell’ordine di idee che il contrasto è culturale, non poliziesco. Cultura qui è sinonimo di costume, mentalità dominante. Insomma, bisogna sostituire alla cultura dello sballo quella della responsabilità e del dovere verso se stessi e gli altri. Il drogato e l’alcolizzato devono diventare figure oggetto di riprovazione presso tutti i ceti e tutte le fasce d’età, molto più di quanto non lo siano oggi. Figure non assimilabili al tabagista, che può danneggiare se stesso ma non provoca incidenti stradali né scatena l’aggressività per la sostanza che assume. In caso di incidenti stradali gravi causati sotto l’effetto di droghe o alcol, procedere immediatamente al sequestro permanente della patente. Chi guida in quello stato sappia che, provocando un incidente, per il resto della sua vita si muoverà solo a piedi, in bicicletta o su mezzi pubblici. Chi compie delitti sotto l’effetto di droghe o alcolici non abbia attenuanti, come succede ora, ma viceversa aggravanti: la pena prevista per quel delitto sia raddoppiata. Qual è il senso politico-culturale di queste proposte? Creare un tale problema, con la legalizzazione di tutte le droghe, che la società sia costretta a reagire recuperando il senso forte e vincolante della responsabilità individuale: sei libero di drogarti, ma sappi che se ti comporterai male pagherai duramente e senza sconti. Giungere a questa consapevolezza diffusa sarebbe un bel passo in avanti sulla via del risanamento morale. Inutile sperare in prese di coscienza attraverso le prediche e gli articoli ben scritti. Una presa di coscienza collettiva è possibile solo attraverso esperienze traumatiche. La situazione insostenibile che si creerebbe in seguito alla legalizzazione di tutte le droghe è una di queste esperienze. Se poi il degrado sociale e l’atonìa delle menti abbrutite dal marciume di decenni dovessero essere tali da non reagire alla diffusione senza più freni delle droghe, non meriteremmo altro che la sparizione dal novero delle nazioni che hanno il diritto di esistere.
Luciano Fuschini
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