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La sinistra “aristocratica” e il Cavaliere del popolo PDF Stampa E-mail

di Stefano Di Ludovico

5 febbraio 2010

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L’opposizione a Berlusconi assume in Italia, come sappiamo, forme per molti versi ossessive ed esasperate, che, del resto, fanno da contraltare al vero e proprio culto della personalità appannaggio di molti dei suoi sostenitori, tanto che la vita politica italiana si è ridotta ormai da diverso tempo a null’altro che ad un parossistico odio/amore per tale personaggio.
Solitamente l’opposizione tende a giustificare i suoi toni esasperati evidenziando i caratteri personalistici, autoritari, addirittura “fascisti” del governo Berlusconi, testimoniati da fenomeni quali il conflitto di interessi, le leggi ad personam, il continuo attacco alle altre istituzioni dello Stato; in genere, quindi, il carattere “antidemocratico” di tale governo, che così rappresenterebbe una rottura rispetto alla consolidata tradizione democratica del nostro paese. In realtà, ad uno sguardo più attento, che sappia andare al di là di simili formali e spesso retorici richiami al rispetto delle istituzioni democratico-parlamentari, molte di queste critiche nascondono istanze e tendenze espressione di sensibilità e mentalità la cui coerenza con un sentire veramente democratico appare per molti aspetti dubbia.
Le suddette critiche, infatti, sono spesso indice di un’insofferenza, quasi istintiva, viscerale, più che verso la politica di Berlusconi, verso la sua persona, di una vera e propria avversione nei confronti dell’uomo e della sua storia personale. Cos’è che non si sopporta di lui? Qualcosa che sembra per molti versi agli antipodi dell’autoritarismo e dell’elitismo che gli si rinfacciano sul piano strettamente politico, e che ha a che fare piuttosto con le sue oscure origini, con il suo essere un uomo venuto dal nulla, il classico self-made man, che, come tutti gli “arricchiti”, anche una volta giunto ai vertici del pantheon economico e poi politico, ha mantenuto quel suo carattere sanguigno, insolente, guascone; le cui abitudini di vita, i cui gusti e desideri in nulla si distinguono da quelli dell’uomo della strada, del cosiddetto italiano medio per non dire mediocre. Quel che non si tollera, insomma, è il suo essere totalmente privo di quella compostezza, quella misura, quella distinzione ed elevatezza d’animo che dovrebbero addirsi all’uomo di stato, all’uomo delle istituzioni, in genere all’uomo che ha raggiunto determinate posizioni nella società. Del resto è lo stesso Berlusconi a non aver mai fatto mistero di essere e voler continuare ad essere appunto un figlio del popolo; anzi, il suo clamoroso successo, anche e soprattutto in politica, è stato costruito proprio su ciò: “il popolo mi vuole perché sono uno di loro” – ama ripetere il Cavaliere, e più l’opposizione evidenzia tali aspetti della sua personalità e della sua vita anche privata – vedi il recente scandalo delle escort e degli allegri festini nelle sue ville - più il consenso popolare nei suoi confronti sembra aumentare, proprio perché, dopo tutto e come lui stesso ci tiene a rimarcare, lui non fa altro che fare “quello che tutti fanno o vorrebbero fare”.

Sono proprio questi, in ultima analisi, gli aspetti del fenomeno Berlusconi che certa opposizione proprio non riesce a mandar giù, aspetti che in politica si traducono poi nel populismo, nel qualunquismo, nell’antipolitica, di cui il Cavaliere ama presentarsi come il campione stesso. Perché attorno a tale opposizione si raccolgono forze politiche e culturali eredi di una concezione della politica e dello Stato che della visione berlusconiana rappresenta gli antipodi e che, pur richiamandosi ad orizzonti schiettamente democratici e popolari, di fronte all’evoluzione che la moderna società di massa ha conosciuto rischia di apparire, paradossalmente, conservatrice se non addirittura reazionaria, con tutto ciò che di aristocratico e di antidemocratico tali nozioni portano con sé. I partiti di centro-sinistra, gli ambienti liberal-progressisti che si riconoscono in riviste e giornali quali Repubblica, l’Espresso, Micromega, ciò che resta della sinistra di tradizione marxista (vedi giornali quali il Manifesto), ovvero tutto il crogiuolo dell’antiberlusconismo italiano, appaiono tutti legati ad una visione della democrazia, quella rappresentativa e partitica, dove il popolo è sì sovrano, ma dove la sua volontà viene costruita e mediata da élite politiche selezionate e formate in ambienti - vuoi i circoli e le istituzioni culturali, vuoi le vecchie scuole di partito – dove al popolo, inteso come soggetto di per sé ignorante, ineducato ed apolitico, è sbarrato l’ingresso, perché secondo tale visione il popolo è sovrano finché è educato e formato dalle élite ai cui costumi ed ai cui intenti deve conformarsi. E non si tratta solo di certo mondo politico: come noto, anche le élite economiche del nostro paese, il cosiddetto “salotto buono” della finanza italiana, il salotto che fu dei vari Agnelli, Cuccia, De Benedetti, il Cavaliere non l’hanno mai tollerato e reso partecipe a pieno titolo del loro simposio, perché ogni buona aristocrazia che si rispetti, quella del denaro come quella della terra di una volta, ha sempre visto con sospetto i parvenu dalle oscure origini.  
La società di massa, la società dei consumi, la “società dello spettacolo” hanno spazzato ormai via tutto ciò: la “massa” non vuole più intermediari, non vuole più essere educata e formata dalle élite, adeguarsi ad una visione altra ed “alta” del sapere; al contrario, sono i suoi aspiranti rappresentanti che devono, se vogliono il suo consenso, adeguarsi a lei, ai suoi costumi, alla sua mentalità, alla sua stessa volgarità. Berlusconi è così il suo rappresentate “naturale”: uno di loro era e uno di loro vuol rimanere. Se nella visione dell’opposizione permangono echi di antiche sensibilità aristocratiche di cui la vecchia tradizione liberale come quella di matrice leninista-marxista non si sono mai liberate completamente (la tanto vituperata “partitocrazia” era dopo tutto anch’essa un ultimo scampolo di governo “aristocratico” della società), il qualunquismo berlusconiano è l’espressione più genuina dell’evoluzione ultima delle società democratiche, società che di partiti, élite, leader ed intellettuali snob che pretendono di saperne sempre più degli altri non ne vogliono più sapere.
Del resto, è questo il modello che in paesi da tale punto di vista molto più “avanzati” del nostro è realtà da tempo: in Italia qualcuno ancora si meraviglia del fenomeno Berlusconi, ma negli Stati Uniti, la democrazia par excellence, i “Berlusconi” sono al governo da sempre: molti dei presidenti succedutisi alla Casa Bianca sono infatti dei semplici self-made man, degli “arricchiti” venuti dal nulla, come sono gran parte dei grandi magnati americani e com’è tipico di una società fondata sul consumismo e sullo spettacolo. E a proposito di società dello spettacolo, se la sinistra radical-chic italiana storce il naso di fronte ad un arricchito qualunque che guida la nazione, in America possono diventare presidenti o governatori di importanti Stati federali star cinematografiche come Ronald Reagan o Arnold Schwarzenegger senza che nessuno ci trovi niente di strano! Come sappiamo, Berlusconi proprio di ciò è stato il pioniere, ovvero dell’“americanizzazione” della politica italiana, politica trasformata in un gran supermercato, in un grande spot pubblicitario dove vince il miglior offerente, accelerando un processo storico a cui tutte le società industriali sembrano destinate ad andare incontro, con buona pace della sinistra radical-chic nostalgicamente legata ad un mondo, quello dei partiti e delle élite governanti, ormai sulla via del tramonto.
Di fronte a tale panorama, se solo ci fermiamo un attimo a pensare a quelli che erano i leader politici di una volta, leader di formazioni dichiaratamente democratiche, progressiste e popolari, ci troviamo al cospetto di figure che per il loro stile, per le loro abitudini di vita, appaiono quasi come conservatrici, addirittura reazionarie se paragonate ad un Berlusconi o a qualcuno dei suoi ministri! E senza andare troppo indietro negli anni: non diciamo un Togliatti, un De Gasperi, un Nenni, ma soltanto un Berlinguer, un Fanfani, un Moro, sembrano persone d’altri tempi, quasi dei bigotti tradizionalisti di fronte ai costumi libertini, frivoli e disinibiti dei personaggi che popolano la politica d’oggi! Nella sinistra odierna permangono così residui di tale insofferenza verso l’esagerato ed ostentano appiattimento delle classi dirigenti sui costumi e sui gusti della massa, del popolo, nonostante degli interessi e della volontà di questo tale sinistra si dichiari, per la sua stessa ragion d’essere, rappresentante e portavoce. E non è un caso che essa si senta invece solidale con altri ambienti, altre istanze, quali ad esempio quelle rappresentate dalla magistratura: anche qui, non si tratta solo di una questione istituzionale o di principio, ovvero difendere l’indipendenza di un’istituzione cardine dello Stato o l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, ma di una naturale simpatia che si prova verso un mondo, quello appunto del diritto, della giurisprudenza, che da sempre una certa cultura liberal-conservatrice ha visto come oasi di acume intellettuale, di finezza di spirito e sobrietà dei costumi, in pratica come baluardo aristocratico contro lo strapotere delle masse e l’eccessiva invadenza delle plebi nella gestione della cosa pubblica.
Se questa è la sensibilità che alla fine l’opposizione di sinistra al berlusconismo tradisce, ci vien quasi da dire che ad essa non resta che pianger se stessa: la difesa della democrazia, della sovranità popolare e dei diritti di tutti di cui la cultura progressista ha sempre fatto la sua bandiera, nell’evoluzione perversa delle società moderne, sembra portare inevitabilmente al dominio delle masse incolte, della volgarità e dell’egoismo individualistico, dominio completamente estraneo a quelle virtù civiche ed a quel senso dello stato a cui la sinistra quelle masse sperava di educare. Insomma, nella società democratica moderna, un Berlusconi è sempre da mettere in conto. Anzi, per molti versi egli ne rappresenta il volto più autentico. Non è forse questo che il centro-destra rinfaccia ai suoi detrattori? “E’ stato scelto dal popolo! Chi è contro Berlusconi è contro la democrazia!” - sentiamo continuamente ripetere. Come dargli torto? Ma forse quei detrattori, quella sinistra liberal, quei conciliaboli di intellettuali sempre un po’ con la puzza sotto il naso a cui si riducono oggi le forze della sinistra radicale che pur gli interessi del popolo dovrebbero sostenere, conservano, quasi inconsciamente, istinti e sensibilità che con gli istinti e la sensibilità del “popolo” hanno poco da spartire; conservano, quasi inconfessabile, quel disprezzo tipico dei ceti aristocratici verso tutto ciò che è plebeo, volgare, dozzinale. Forse anche loro, pensano, senza volerlo esplicitamente riconoscere, che, dopo tutto, “il suffragio universale è illegittimo, poiché la stupidità non ha il diritto di governare il mondo” (Ernest Renan).

Commenti
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alessio (Super Administrator) 05-02-2010 18:48

Peccato che Berlusconi non sia sia per nulla fatto da solo (le origini quanto meno misteriose nel business edilizio, l'interessata e scandalosa generosità craxiana che salvò le sue tv per decreto, la legge Mammì, ecc). Peccato che negli Usa uomini di spettacolo e d'affari non controllino mezza televisione, giornali, cinema, insomma manovrino l'agenda mediatica. Peccato che non sia più vero che egli rimanga un "parvenu" schifato dai salotti buoni, visto che è in Mediobanca e da lì fa sentire il suo peso su tutta la finanza nazionale e quindi sull'economia e, di nuovo, sui media.
Che poi la sinistra sia quella che sappiamo, lo sapevamo già. Ma con questo, io sono contro questa democrazia, anche antropologicamente - anzi, soprattutto da questo punto di vista - e di conseguenza non posso che essere antiberlusconiano. La differenza coi liberali e coi progressisti è che loro sono ridotti ad essere tali e basta.
Alessio Mannino
Fabio Mazza (Registered) 05-02-2010 19:43

Mi è piaciuto questo articolo, non molto l'inizio, ma lo svolgimento si.
Quindi ho scoperto, pur non sapendolo, visto che sono "aristocratico" e odio la plebaglia italiana a cui toglierei quasi qualunque diritto, di essere di sinistra!
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