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Disinnescare la bomba immigrazione puntando sulle diversità PDF Stampa E-mail

22 febbraio 2010

I recenti scontri di strada fra differenti etnie di immigrati avvenuti a Milano in seguito all'uccisione di un 19nne egiziano da parte di sudamericani pongono ancora una volta il problema epocale del rapporto fra culture e identità rispetto all'immigrazione. Oltre la visione di sinistra (integrazione nel tessuto sociale attraverso l'assimilazione, con riduzione dell'identità originaria a folclore) e di destra (concezione dell'immigrato come forza-lavoro, con rifiuto dell'identità altrui), va anzitutto detto che la causa prima da ripensare e combattere, è il dogma della globalizzazione. Trasformando gli uomini in consumatori uniformi tutti uguali di fronte al mercato unico mondiale, la diversità deve piegarsi all'omologazione, che fa tabula rasa di appartenenze, tradizioni, memorie. In questo senso, l'emersione, sebbene violenta anzi a maggior ragione perchè violenta, di vincoli etnici nei fatti di Milano indica un segnale positivo: gli immigrati non ancora assorbiti dal blob consumista e individualista sentono forte il richiamo delle radici, e vi si attaccano nei momenti di pericolo.
La prospettiva verso cui muoversi, secondo noi, è salvaguardare il pluralismo delle culture d'origine garantendo agli immigrati la possibilità di continuare a vivere secondo i loro costumi e le loro tradizioni, anche se distanti dalla nostra visione delle cose. Un pluralismo quindi che parta dalla libera scelta per i figli degli immigrati di frequentare scuole dove si insegni la loro cultura e la loro lingua, passando per la possibilità di osservare i loro istituti familiari, civili e penali -anche se differenti dal nostro modello- fino alla libertà di organizzare il proprio culto religioso secondo i canoni e le modalità conformi alle loro tradizioni. Per far questo andrebbe superato l'universalismo giuridico tipico della visione moderna, per affermare un modello di Stato che si limiti a tutelare senza invadenza l’organizzazione di ciascuna comunità da parte dei cittadini in essa insediati, attraverso un sistema di statuti locali e di franchigie che possano garantire il rispetto delle particolarità culturali, etniche e religiose dei suoi appartenenti. 

Comunicato ufficiale di Movimento Zero

Commenti
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fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 22-02-2010 16:41

Mi riconosco pienamente in questo comunicato ufficiale da cui mi sento rappresentato. Aggiungerei solo che il pluralismo delle culture va inteso in senso dinamico, non in una staticità che le fossilizza. Insomma, nella pluralità di forme culturali che comunque convivono sul territorio è giusto e inevitabile che ci siano interazioni che modificano il modo di essere di tutti. Ad esempio, l'islam europeo sarà inevitabilmente diverso da quello asiatico o africano, non per la pressione poliziesca ma per l'interscambio culturale. Il tutto senza irenismi illusori e nella consapevolezza che i processi saranno comunque traumatici.
Fabio Mazza (Registered) 22-02-2010 20:52

Mi dispiace ma condivido solo la prima parte di questo comunicato.
Sostenere davvero, allo stato attuale delle cose, che possa essere messa in discussione l'unitarietà della legge (anche se portato illuministico finchè si vuole), per una sorta di ritorno al diritto medioevale (sono un giurista e me ne sono occupato, trovandolo superiore all'attuale diritto), ove ognuno aveva la sua legge, cioè il chierico il diritto canonico, il nobile il diritto nobiliare ecc. vuol dire non avere idea dei problemi devastanti per la convivenza sociale che questo creerebbe. Oltre a non considerare che ormai non esistono più caste e classi definite e quello che si poteva applicare a quella società è inapplicabile a questa.
Come si può auspicare che ogni comunità di immigrati abbia la propria legge? Chi ne controllerebbe l'esecuzione? Chi punirebbe i reati se non c'è una autorità che detti questo diritto? Meno assurdo sarebbe stato sostenere che magari ai marocchini si applicasse la legge marocchina (anche se altrettanto improbabile), in quanto almeno vi sarebbe stata una legge da applicare. Ma in questo caso dovrebbe essere la comunità marocchina in Italia che detta le sue leggi? Qui stiamo mettendo in discussione il concetto stesso di sovranità, cosa che allo stato attuale credo sia l'ultimo dei nostri problemi.
La mia soluzione è pragmatica: lotta alla globalizzazione, all'immigrazione sia clandestina che regolare, rispetto per le culture altrui nei loro paesi. Non riterrei giusto nemmeno per me se, andando all'estero, non mi venisse applicata la legge locale, ma qualcuno sostenesse mi debba essere applicata quella italiana!
Montenegro (Registered) 22-02-2010 21:07

Fabio Mazza ha messo per iscritto esattamente quello che avevo in testa: ho le sue stesse perplessità.
max (Super Administrator) 22-02-2010 22:01

Io credo che i princìpi esposti nella seconda parte del comunicato siano un riferimento che tracci la linea ideale da seguire compatibilmente con quello che la realtà consente di fare. Non dimentichiamoci che MZ si basa su di un Manifesto che professa il ritorno a piccole patrie all'interno di un mondo non globalizzato, non capitalista, impostato su forme di democrazia diretta e basato su di una economia che prevede un sostanziale ritorno alla terra. Preso alla lettera come programma politico sembrerebbe il delirio di un folle, in realtà noi sappiamo che si tratta di un punto di riferimento, non di un programma.
max (Super Administrator) 22-02-2010 22:05

Quanto detto sopra è confermato pure da quel passo alla fine del comunicato, che auspica il superamento dell'universalismo giuridico tipico della cultura illuminista, presupposto fondamentale affinchè i cambiamenti caldeggiati nel comunicato possano trovare attuazione e comprensione da parte dei cittadini.
Montenegro (Registered) 22-02-2010 23:33

Quanto non riesco a capire è se, con questo comunicato, si voglia mirare ad un "ritorno" (in senso stretto ad un modello pre-capitalista) o ad uno "sviluppo" (inteso come apertura di nuove possibilità, senza intenderlo come evoluzione o progresso: tuttavia con una connotazione positiva per il solo fatto che si tratterebbe di un movimento laterale rispetto alla tendenza dominante). Si tratta di un ritorno al comunitarismo medioevale (chiedo scusa per l'approssimazione) e ad una eticità a misura d'uomo; oppure si tratta di applicare ad ogni gruppo etnico/culturale il modello di identità rigida "ebraica", ovvero escludente ed autoghettizzante? Il modello di Stato capace di sopportare e riconoscere le diversità, tutelandole, mi sembra essere assimilabile ad un "Impero", il quale, se non mi sbaglio, deve reggersi su di un diritto "universalizzante". Sinceramente, se qualcuno può darmi delucidazioni...
Marco
Dartagnan (IP:151.15.166.90) 23-02-2010 07:49

Le tue domande, Montenegro sono anche le mie. Credo di aver assimilato soprattutto da questo giornale il concetto di antimodernità, non di premodernità. Occorre tener conto della realtà, sempre dinamica, in modo particolare nella nostra epoca. Non si può pensare a piccole patrie statiche, omogenee al loro interno, per etnia, lingua, religione, diritto. Per me deve trattarsi di realtà locali accomunate dai problemi e dalla volontà di risolverli il più possibile autonomamente, nell'ambito della comunità, delegando a istituzioni superiori ciò che ha dimensione più vasta, come può essere la giustizia, ad esempio. Concordo perfettamente con Mazza. Non può essere che in alcune comunità vi sia il taglio delle mani, per i ladri, o la disciplina che consente la poligamia ad una parte soltanto di cittadini. Il modello imperiale può essere considerato molto interessante.
max (Super Administrator) 23-02-2010 10:17

Esattamente il concetto di Impero è il riferimento, ovviamente nella sua accezione attuale e "profana", un'Europa unita dei popoli e delle tradizioni come l'ha suggerita De Benoist. Senza nessuna ghettizzazione, considerando che l'universalismo del modello imperiale è un universalismo rispettoso delle diversità al contrario dell'universalismo gliobalizzatore che le diversità le cancella. Sarebbe un bel passo avanti.


Montenegro (Registered) 23-02-2010 12:17

La UE, o meglio, la CEE (un nome non cambia la sostanza) vuole diventare questo impero (vedi ratifica del trattato di Lisbona). Epperò si tratta dell'impero della tecnofinanza: anche io sogno un impero illuminato (nel senso di ragionevole, non illuminista), un impero dei popoli che tuteli questi ultimi e la libertà di espressione delle singole culture, delle diverse appartenenze a gruppi etnico-religiosi. Insomma un impero che permetta ai grandi popoli europei, in quanto tutti questi popoli hanno una storia ed una tradizione da difendere e conservare, di vivere autenticamente secondo i propri costumi. Mi piacerebbe davvero che si discutesse sulla forma di governo e sul tipo di amministrazione che dovrebbe avere un simile Impero, fatta salva la preferenza per una organizzazione locale in "piccole patrie" con democrazia diretta: insomma il modello a cui pensava Rousseau guardando ai cantoni svizzeri. So che la "neutrale" Svizzera ricorda a tutti le grandi banche e i conti cifrati, ma dal punto di vista politico-amministrativo, almeno risalendo ai tempi di Rousseau, c'è qualcosa di buono da prendere come esempio?
Marco
Fabio Mazza (Registered) 24-02-2010 12:12

La Svizzera è molto più di questo..è un modello autentico di "democrazia diretta", sancito anche dalla costituzione cantonale.
Per quanto riguarda il concetto di "impero" che abbraccio totalmente. é vero che ogni comunità locale ha autonomia e costituisce come un organo che si riconette al centro costituito dal potere imperiale, ma questo non vuol dire di certo un anarchia legislativa, che consenta ad ogni comunità di fare il bello e il cattivo tempo..e conoscendo l'italica attitudine questo sarebbe il risultato. Se non c'è un forte centro, un forte "alto" una elite forte..vi è solo anarchia. Altro è dire che l'elite dovrebbe essere lodevole e non quella attuale.
Montenegro (Registered) 24-02-2010 12:31

perfetto... grazie mille!
belew@hotmail.it
schizoidman (Registered) 24-02-2010 21:02

Mi trovo d'accordo con le riserve di Fabio Mazza. Per me va bloccata ogni migrazione/immigrazione di massa sia clandestina o meno visto che tutte e due sono frutto della globalizzazione e del mondialismo... Altra cosa sono le persone che decidano di spostarsi perchè preferiscono un posto ad un altro, perchè rischiano la vita nel loro paese, viaggiatori romantici, esploratori, ecc.. per loro vale non solo la tolleranza, che è un orribile parola, ma molto di più: il diritto ad essere trattati con tutto il riguardo possibile che si deve ad un ospite che è sacro.
max (Super Administrator) 24-02-2010 23:19

Quello che viene affrontato in questo comunicato non è il rapporto con le migrazioni, ma con gli stranieri che già vivono nei paesi europei. Il blocco degli afflussi va dato per scontato, dato che rientra nel primo punto del Manifesto insieme alla lotta contro la globalizzazione. Ma questo non risolve il problema di chi già risiede.
E poi qui si affronta anche una questione di principio, un modello per situazioni a venire che possono essere molto simili pur partendo da cause diverse e in contesti diversi.
MarMar81 (Registered) 27-02-2010 21:08

Bisogna comunque sottolineare, a mio avviso, che la cessazione delle migrazioni di massa avverrà con successo quando sussisterà la "decolonizzazione dell'immaginario" come enunciata da Serge Latouche. In poche parole, finché prevarrà l'equazione "felicità=possesso di beni materiali", che il marketing globale inculca nel cervello di miliardi di persone quotidianamente senza sosta, gli abitanti del secondo e del terzo mondo con maggiore "spirito di iniziativa" cercheranno di venire in Occidente, laddove c'è abbondanza di merci. Per decolonizzare l'immaginario delle persone servirà del tempo, ma gli effetti della decolonizzazione saranno grandiosi: bisogna martellare sul tasto della felicità, dimostrare anche ai più stolti l'irragionevolezza dell'equazione. La felicità non corrisponde alle merci che si possiedono, è questo il tasto su cui battere.
ottavino (Registered) 03-03-2010 19:00

Secondo me, Marmar, vai vicino al punto ma non lo cogli perfettamente.
Non si tratta di fare una specie di contro-lavaggio del cervello in cui si dice che si può essere felici anche con poco. Si tratta di fare qualcosa di pratico, la dimostrazione di cui parli deve essere qualcosa di pratico.
E quindi? E quindi si tratta di diventare poveri. L'occidente deve diventare povero. Più povero e disgraziato diventa e meglio è.
Dunque abbiamo uno scopo: arrivare a una povertà generalizzata in tutto l'occidente.
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