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Nuovo soggetto politico o elettorale? PDF Stampa E-mail

27 dicembre 2010

Movimento Zero era presente a Bologna lo scorso 18 dicembre all'assemblea nazionale chiamata a dare inizio al progetto “Uniti e diversi”.
Abbiamo accolto con favore, e tuttora appoggiamo, l'idea di creare un coordinamento e una collaborazione tra gruppi e movimenti che, pur mantenendo la loro specificità, condividano una piattaforma sulla base della quale elaborare iniziative congiunte e sviluppare un progetto comune.
Il documento costitutivo di “Uniti e diversi” ci pare ben riassuma le linee guida che rappresentano al contempo il collante tra le varie componenti di questo nuovo soggetto politico e le battaglie che lo stesso dovrebbe portare avanti.
Non ci hanno mai interessato le aree di provenienza di coloro che si avvicinano alle nostre idee e quindi non abbiamo alcun tipo di preclusione o di pregiudizio nei confronti di chi ha dato vita e ha aderito in buona fede al progetto “Uniti e diversi”.
Tuttavia, l'incontro di Bologna ha suscitato in Movimento Zero alcune perplessità, peraltro manifestate anche in tale occasione dal nostro Presidente Massimo Fini, che intendiamo in questa sede rilevare non per porre steccati o tirarci indietro rispetto alle intenzioni fin qui manifestate, ma per chiarire le nostre posizioni, favorire un dialogo costruttivo ed evitare incomprensioni e fraintendimenti.
Le nostre osservazioni concernono sia questioni di metodo che di sostanza.
Quanto alle prime, riteniamo inopportuno e fonte di infiniti quanto inutili problemi il tentativo di costituire un soggetto politico pretendendo di delegare a tutti gli aderenti la formulazione del suo manifesto costitutivo. A Bologna si è invece previsto che proprio tale ultimo documento, già elaborato e sul quale sono state raccolte le relative adesioni, possa essere emendato, costituendo a tal fine degli appositi gruppi di lavoro.
La nostra opinione è invece che qualsivoglia progetto politico non possa che nascere intorno alle idee guida elaborate da taluni e alle quali chiunque può aderire o meno. La partecipazione della “base” deve intervenire in una fase successiva, ovvero quando si tratta di approfondire e studiare le concrete modalità di attuazione delle suddette idee guida, nonché ovviamente di elaborare l'organizzazione interna al soggetto politico costituendo. In caso contrario, come a Bologna si è potuto constatare, è inevitabile che ciascuno desideri cucire il vestito a propria misura e si arrivi al punto – com'è successo – che persino uno degli elementi cardine del progetto “Uniti e diversi” - il paradigma della Decrescita – venga da taluni contestato.
Per quanto concerne invece le nostre riflessioni in ordine al contenuto del progetto politico in questione, siamo sorpresi che in un soggetto che aspira a uscire finalmente dai soliti schemi e paradigmi che caratterizzano la scena politica e proponga un radicale rovesciamento di principi consolidati anche a livello di coscienza collettiva, affiorino residui di impostazioni e strumenti caratteristici proprio della realtà che si vuole contestare e cambiare.
Movimento Zero, per essere più chiari, non intende far parte di progetti volti a convogliare le proprie energie per la costituzione dell'ennesimo partito che aspiri a portare i propri rappresentanti in Parlamento e, più in generale, che intenda muoversi rigidamente nell'alveo dei principi e delle leggi del sistema che si dovrebbe combattere. Riteniamo che decenni di storia “democratica” hanno dimostrato che l'accettazione di queste regole del gioco rende di per sé impossibile farne saltare il relativo tavolo, unico obiettivo che possa e debba interessarci.
Non abbiamo la presunzione di conoscere ed indicare quali siano le strade da percorrere, ma sicuramente ci sentiamo di escluderne alcune. Se, com'è nostra intenzione, “Uniti e diversi” deve rappresentare l'avanguardia di un progetto realmente di innovazione e di rottura con l'esistente, non può ricalcarne le stesse modalità operative.
A nostro giudizio, in questa fase, l'aspirazione degli aderenti al progetto politico in questione deve essere quella di approfondire le tematiche che ci accomunano, invece di perdersi nel tentativo di trovare elementi di condivisione su ogni tema esistente (processo, quest'ultimo, necessario proprio a chi invece aspiri a dar vita ad un partito che intenda entrare nelle istituzioni).
Condividere determinate battaglie sugli ideali che ci vedono vicini, unire i nostri sforzi nel perseguimento di specifici obiettivi comuni, sarebbe per noi già un grande risultato.
Tutto ciò altresì nella convinzione che i tempi non siano maturi per dare attuazione alle nostre idee e sia invece in questa fase storica necessario diffondere principi e paradigmi non veicolati alla collettività dal sistema politico ed informativo.

Comunicato di Movimento Zero

Commenti
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Stefano DAndrea (Registered) 27-12-2010 10:57

Accordo completo sulle questioni di metodo (personalmente emenderei il documento in molti luoghi ma non ho la minima intenzione di partecipare al gioco degli emendamenti).
Accordo anche sul fatto che i tempi non sono maturi per dare attuazione alle nostre idee e che quindi, per il momento, si tratta di diffonderle organizzando assemblee cittadine.
E accordo anche sulla non necessità di trovare elementi di condivisione su ogni tema esistente. Peraltro - si tratta di una precisazione e non di un dissenso - oltre ad approfondire le tematiche che ci accomunano, sarebbe anche importante comprendere quali siano le reali differenze sui temi più rilevanti (senza aspirare ad attenuarle).

Ho tuttavia una perplessità. La diffusione delle idee che fine ha se non quello di organizzare una forza politica alternativa al partito unico delle due coalizioni? Voi peraltro convenite sul soggetto politico ma non sulla strada elettorale.
Bene, se questa forza politica non deve partecipare alle elezioni, non soltanto nell'immediato ma mai, come dovrà agire? Voi scrivete di non avere "la presunzione di conoscere e indicare le strade da percorrere". Credo, invece, che abbiate il dovere di indicare almeno due o tre strade astrattamente possibili, magari guardando ad altre forze politiche che hanno operato nel passato (in Italia o all'estero) e quindi senza dovervi servire di fantasia per indicare nuove strade. Dovreste almeno distinguere tra crollo e crisi. Se resta la crisi, ossia l'incertezza, per dieci anni, cosa si fa: si attende un crollo che potrebbe non verificarsi nell'immediato? Se si verifica il crollo cosa si fa e cosa si propone?
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 27-12-2010 12:59

Ero a Bologna e condivido gran parte del documento della direziione di MZ. Tuttavia credo si debba discutere il punto che Stefano D'Andrea, con la sua solita perspicacia, ci segnala come meno convincente. La risposta al "che fare?" cambia a seconda che il prossimo futuro ci riservi anni di crisi strisciante o un crollo. Nel primo caso dovremmo limitarci a un'opera di diffusione delle nostre idee per creare almeno un'avanguardia di una qualche consistenza numerica. Nel secondo caso dovremmo accelerare i tempi di creazione di un vero e proprio partito, capace di orientare una massa presumibilmente preda di pulsioni disordinate tipiche delle jacquéries. In entrambi i casi non sarebbe bene escludere a priori un eventuale ingresso in parlamento. Non perché pensassimo che da quell'istituzione si possa cambiare alcunché (il nostro rifiuto di questa democrazia rappresentativa resta un punto fermo)ma per utilizzarlo come "cassa di risonanza", secondo l'espressione di certi massimalisti di un secolo fa. Insomma, essere in parlamento significa avere più visibilità in tutte le sedi, significa farsi conoscere anche da chi non usa internet e non frequenta i blog.
h2otonic (Registered) 27-12-2010 23:12

Oggi come oggi la strada da percorrere e' semplicemente spalancata dinnanzi a noi, solo che pochi desiderano intraprenderla per cui quello del seggio in parlamento mi sembra un obbiettivo del tutto secondario ( non c'e sordo piu' sordo .....) Penso piuttosto che consapevoli della specificita' del Movimento e delle capacita' di chi lo rappresenta si debbano prevedere gli eventi che si possono verificare in un futuro piu' o meno prossimo quali riciclaggio di persone ,metodi e principì ( si fa per dire) responsabili dello sfascio,soluzione a singoli eventi quali crack, fughe di capitali, privacy bancaria, conversione economico- produttiva,rimodellamento dello Stato, ed indicare precisi metodi e modalita' d' intervento.
Sara' la qualita' delle proposte e la fedelta' ad esse che fara' in modo di essere cercati da coloro che dovremmo cercare di convincere oggi ,da parte mia anche contro voglia.
ottavino (Registered) 28-12-2010 10:29

E' la natura stessa della politica che è un problema. Quindi come si fa? Tutti parlano di valori, di diritti,...ma non è vero nulla, questo è il grande problema. I politici sono abituati a un uso furbo delle parole e sono abituati ad accordare dei bonus a chi li sostiene. Come si fa a comunicare al popolo che la politica è invece fatta di rispetto dei principi che si decide di scegliere? Come si fa a comunicare al popolo che invece di comodità gli si offre l'opportunità di sforzarsi per fare meglio?
Prendiamo un principio. Si potrebbe dire: non devono più essere prodotti rifiuti. La parola rifiuto è inaccettabile, perchè non vogliamo trovarci nè a sotterrarli nè a bruciarli.
Tutto il resto viene di conseguenza. Cioè ci si adatta a questo principio che vale per tutti.
Ve lo immaginate l'uomo che è abituato a piegare la realtà alle sue esigenze, piegarsi a questo principio? Lo farebbe solo se costretto con una pistola alla fronte!.
Perciò io dico solo: attenzione. Attenzione perchè in politica poi vengono fuori le lagne. Quello comincia a dire: "ah i poveri operai perdono il lavoro", "ah ma l'economia...".
In realtà l'uomo si è messo in vicolo cieco. Io lascio che ne esca da solo, se ci riesce, perchè potrebbe anche darsi che questo poveretto accusi il suo salvatore!!.
caffedelletre@libero.it
Edoardo Buso (Registered) 28-12-2010 14:42

Ho letto il comunicato di Andrea Marcon che mi è arrivato per e-mail sulla posta di facebook,devo dire che ha toccato dei temi interessanti nel senso che mi associo alla sua posizione di essere aperto a persone di qualunque estrazione e qualsiasi percorso politico abbiano fatto in precedenza,questo dovrebbe essere la prerogativa di ogni partito politico democratico non solo di un movimento critico come è movimento zero,purtroppo non lo è quando si parla di partiti,soprattutto nei partiti italiani
legati ad interessi e classi di elettori particolari più che come dice qualcuno a vecchi schemi ideologici,rompere questo classismo cioè quello creato dal sistema politico odierno dove a differenza del novecento dove un borghese votava borghese e un proletario votava proletario,adesso tutti i partiti se lo notate si dicono liberali e liberisti e sembra che la politica derivi dai diktat d'oltreceano più che dalle esigenze delle classi sociali presenti nel territorio nazionale il motto della politica moderna è "liberiamo la magia del mercato"quindi il cittadino escluso dal mercato non è rappresentato,ecco che movimento zero deve costruire una piattaforma innanzitutto per opporsi all'ultimo totalitarismo esistente cioè il liberismo globale finanziarista e non più capitalista,che va a braccetto vedi l'esempio della Cina con il marxismo burocratico statalista dando vita a quel mostro del nuovo millennio cioè il capital finanziar comunismo,cioè il sistema repressivo della secolarizzazione accellerata,il cosidetto "mistero di iniquità" se vogliamo parlare in termini teologici,il sistema partorito dall'idea malsana della morte di Dio.Se dobbiamo combattere qualcosa non possiamo diventare l'ultimo partito libertario,vetero o post marxista,o teoconservatore ma dobbiamo diventare un soggetto nuovo,che riporti l'uomo non alla religione e alla sovrastruttura sociale come fanno i cattolici politici ritornando a quel antimodernismo ottocentesco,ma ricreare l'antimodernità partendo da una nuova concezione sociale cioè l'Uomo che nel suo ambiente naturale trova l'humus vitale e la forza per appartenere ad un mondo e costruire la società a partire dal valore della Vita,qualcuno come Berlusconi pur in modo ipocrito aveva lanciato un progetto simile parlando del partito dell'amore,ecco vorrei che movimento zero fosse il partito dell'amore,e in questo modo acquista un senso tutte le battaglie sulla decrescita(accontentarsi di quello che si ha già,non essere ambiziosi oltremodo)della valorizzazione dell'agricoltura dell'economia reale,la valorizzazione della vita umana dal concepimento alla morte naturale,la lotta contro una scuola massificante e alla dittatura degli esperti,tutti temi che abbiamo caldamente affrontato attraverso Il giornale del ribelle,se esisteva un mondo sano con un'economia regolata con i tempi naturali e con le tradizioni era il mondo antimoderno,ed è quel mondo che dobbiamo ricostruire e vogliamo ricostruire,partendo dal Manifesto che rigetta i due progetti materialisti ed economicistici in sostanza antiumani e tecnocratici del 900 cioè marxismo e capitalismo,partendo da questa sintesi bisogna ricostruire un'economia sana(oggi sta perdendo terreno per esempio il settore manifatturiero che noi dovremmo una volta acquistato potere fare battaglie per ricostruire l'economia reale in Italia)poi il senso più alto cioè quello di essere prima che nazione comunità,una comunità non contro altre comunità ma un insieme di comunità pacifiche in un più ampio progetto Europeo e meditteraneo.Questo è il movimento zero che vorrei,il movimento zero che ha criticato il femminismo spinto,la desacralizzazione della vita umana,l'uomo ridotto a merce dal consumismo e dal materialismo,e anche il movimento zero che non si è tirato indietro dal dire la verità sui tragici fatti dell'Irak e dell'Afghanistan e ora dell'Iran andando contro una tendenza ormai consolidata dei mass media che vorrebbero tutto il mondo sottostante i diktat occidentali e nordamericani.
E da questi valori comuni che deve nascere un nuovo soggetto,che faccia battaglie in questo senso,magari per carità appoggiando quei partiti che si battono contro le leggi ad personam,ma comunque tenendo conto che queste ultime non sono il nostro primo interesse,il nostro deve essere un progetto geopolitico a ampio in qualche modo,che sappia abbracciare ciò che c'è di positivo nell'antimodernismo in tutto il mondo,cioè nella cultura,nella religione,nell'arte,nella letteratura,un recupero di miti e riti comportamentali,cioè un partito che sappia far propria una determinata pedagogiaedagogia è il termine giusto per far politica oggi,ricostruire una pedagogia deve essere l'obiettivo primario.

EdoardoBuso
ul.lucio (Registered) 07-01-2011 16:14

Caro Edoardo, vedo che la facile semplificazione, nonchè mistificazione storica, manifestata tramite l'equazione:
STALINISMO = MARXISMO, viene utilizzata non solo dai cantori dell'ideologia dominante ma anche da coloro che dicono di volerla contrastare...
Non voglio essere nè polemico, nè fonte di disturbo. Pretendo semplicemente, come anche voi spero, che non vengano effettuate storture della realtà oggettiva dei fatti, qualsiasi siano i motivi, che francamente non mi interessano.
Sintetizzando all'osso il discorso (ma senza mistificare...):
La società comunista, per la scienza marxista, si può ottenere solo tramite il successo della rivoluzione mondiale. Punto. Il socialismo in un unico stato è stata una ideologia stalinista che nulla ha a che vedere con l internazionalismo proletario di Marx e Lenin e da cui sono derivate tutti quegli stati -social-imperialisti- che economicamente si basavano sul capitalismo di stato e che politicamente non erano altro che dittature stataliste proprio come il fascismo.
La rivoluzione mondiale, che poteva esserci per contrastare la Grande Guerra, è fallita!
Solo Lenin coi bolscevichi ci è riuscito, tutti gli altri stati, sviluppati capitalisticamente, no!
Dunque nulla di tutto quello che è successo dopo la morte di Lenin può essere etichettato come socialismo/comunismo o marxismo.
è solo una questione di etichette, occorre appiccicare quella giusta sul contenuto corretto altrimenti è mistificazione.
Se poi voi ritenete che anche il -vero- marxismo non può essere risolutivo per un superamento dell attuale società, va benissimo ma è un altro discorso che occorre argomentare senza distorsioni, opportunistiche o non, della storia.
Cordiali saluti
Lucio
marcantonio (IP:80.86.53.223) 28-12-2010 22:46

Io non c'ero a Bologna e non ho letto il manifesto su cui si è tenuto l'incontro ma penso,e lo pensavo già 20 anni fa in una altra occasione con un altro manifesto politico, sia giusto e lecito fare "della strada" con chi diverso da me può avere dei punti in comune tali che anche le parti non condivise possano essere ritenute interessanti e utili.Essere simili o addirittura diversi se condiviso in un ambiente intellettualmente pulito non è mai un limite ma è la forza di un uomo libero.
Entrare in politica parlamentare di sicuro non fa parte delle mie aspirazioni ne penso possa servire a qualcosa in questo momento storico.
Altra cosa è fare politica attiva nelle piccole amministrazioni comunali del paese di residenza,in certi casi si fa quasi democrazia diretta.Certo se uno abita in grandi città.......
E poi partiamo da noi stessi,bisogna avere il coraggio di mettere in pratica quello che si pensa (o almeno provarci,MAI prendersi troppo sul serio)
Io personalmente vivo in una parte di Appennino abbastanza isolata,produco ortaggi che servono alla mia famiglia e che vendo direttamente tramite mercati settimanali,uso solo legna per produrre calore e se mi avanza qualche soldo compro altro bosco o terra da coltivare,altro che azioni e bot come diceva il Prof. Auriti bisogna comprare mucche.Uso il trattore perchè non sono un estremista insensato,so essere molto pragmatico perchè se fa freddo e non hai legna sono cazzi.Comunque non voglio tediarvi ulteriormente ma spero di aver reso l'idea.Se anche solo i miei figli quando saranno adulti avranno capito la mia scelta sarò contento in caso contrario avrò comunque vissuto bene affrancato dalle code in tangenziale e dal debito al consumo.

Marcantonio
Giovanni Marini (Registered) 30-12-2010 00:12

La partecipazione di un partito rivoluzionario alle elezioni politiche è evidentemente una contraddizione giacchè implica una esplicita accettazione di quelle regole che si vorrebbero cambiare. Un partito rivoluzionario però non ha alcun obbligo di essere coerente, né corretto, né leale, né pacifico. Un partito rivoluzionario ha solo l'obbligo di essere fedele alla Causa. Se un partito deve nascere i suoi fondatori dovrebbero accordarsi su un programma condiviso che possa essere ben compreso dalla gente e dovrebbe porsi un obiettivo che non sia nulla di meno che prendere il potere per cambiare radicalmente il Sistema.
Una possibile convergenza di idee potrebbe essere la disconnessione del Paese dal circuito finanziario internazionale recuperando l'indipendenza economica, monetaria, militare, diplomatica, nonchè l'autosufficienza energetica e alimentare. Il partito dovrebbe approntare come prima cosa le armi culturali indispensabili per contrapporsi dialetticamente alla ideologia dominante e dovrebbe preparare quadri che siano in grado di rintuzzare in ogni circostanza gli argomenti degli economisti neoliberisti. Sono questi ultimi i killer usati dal potere tecno-finanziario contro il popolo. Questi esseri, dopo un periodo di incubazione nelle Università vengono mandati ad occupare posti importanti nella società, scrivono editoriali sui giornali, presenziano a tutte le trasmissioni televisive ove, ascoltati in rispettoso silenzio, come Alien sparano il loro corrosivo veleno senza resistenza alcuna. Non si è compreso, neppure dalla nostra parte, che quella sull'Università è la madre di tutte le battaglie; quando saranno privatizzate sarà impossibile disinfestarle da quella specie immonda. Ho visto invece attaccare con argomenti ridicoli quegli studenti che pur nella loro confusione quella battaglia dimostravano di volerla combattere. Ecco a che cosa servirebbe un partito, quantomeno a farci distinguere gli amici dai nemici.
Dovremmo essere ben consapevoli che la gente non ci seguirà, che le nostre posizioni saranno ignorate/ridicolizzate/combattute dai mass media, ma solo questo ci potrà salvare se e quando arriverà il Disastro. Noi saremo come una scialuppa di salvataggio che si guarda con distrazione e sufficienza quando il mare è calmo, ma quando la tempesta dovesse minacciare l'affondamento è su quella scialuppa che tutti vorrebbero salire.
Alcuni anni fa pensavo che al raggiungimento del picco petrolifero si sarebbe verificato un crollo del sistema sociale. Oggi, benchè in tutta Europa ci siano tumulti e malcontento penso che l'oligarchia tecno-finanziaria internazionale riuscirà a governare la fuoriuscita dal consumismo attraverso un soft downgrading. Quello che troveremo alla fine nessuno lo sa, ma non sarà certo una decrescita felice, o meglio sarà felice per pochi, un inferno per i più, già da ora se ne vedono i contorni e non sono necessari ulteriori commenti. Un crollo si sarebbe verificato nel caso di un grave calo dell'energy supply alla società ma questo probabilmente non ci sarà per tre motivi: primo, già da qualche anno gli eserciti dell'Impero calcano le sabbie dei campi petroliferi; secondo, è chiaro che le capacità per implementare rapidamente e cospicuamente la produzione di energia da fonti rinnovabili ci sono, si tratta solo di dispiegarle alla grande; terzo e più grave il potere si sta dimostrando capace di gestire la crisi presente.
Mi rendo conto di essere stato alquanto pretenzioso con questo mio scritto, ma confido nella vostra comprensione.
Stefano DAndrea (Registered) 30-12-2010 08:34

Complimenti a Giovanni. Un partito rivoluzionario non può avere "paura" del Parlamento. In Grecia il Partito Comunista ha potuto proporre una "rivolta di popolo", anche grazie alla sua presenza in Parlamnento. E qui viene in considerazione l'osservazione di Luciano circa la funzione di "cassa di risonanza".
max (Super Administrator) 30-12-2010 10:33

E' proprio questo il punto: un partito che ha l'ambizione di essere rivoluzionario, una volta non dico in parlamento, ma inserito nell'agone elettorale, resta tale, oppure alla ricerca del consenso a tutti i costi si annacqua fino a diventare un partito riformista qualunque? Guardate la fine che ha fatto Grillo: dieci anni fa parlava di signoraggio, di potere delle multinazionali e di decrescita, adesso sempre sotto la veste della "rivoluzione" punta a mandare a casa berlusconi e quattro corrotti di parlamentari, di usare le energie rinnovabili e soprattutto si è aggregato alla truppa che mira ad allineare il nostro paese ai paesi più moderni, germania, francia e i paesi del nord europa: pensate, la rivoluzione era già in danimarca, svezia e norvegia, e la gente non lo sapeva nemmeno!

Andrea Marcon (Registered) 30-12-2010 11:57

La partecipazione a competizioni elettorali, quantomeno nazionali, non sarebbe solo da considerarsi un tradimento dei nostri principi consacrati anche nel Manifesto, ma è da escludersi pure per altri motivi:

1) Come ha ben detto Max, implicherebbe l'obbligo di ricercare il consenso di massa, ovvero venderci come un prodotto pubblicitario.
2) Attirerebbe immediatamente soggetti interessati non alle idee ma alle rendite di posizione.
3) La "conquista" del Parlamento, anche fantasticando di avere la maggioranza assoluta dei parlamentari, non ci darebbe alcun reale potere, visto che sappiamo bene che i centri decisionali sono altrove.

Tutto questo in cambio di una maggiore visibilità?
No, grazie.
daniela (IP:151.15.168.63) 30-12-2010 13:27

Non mi intrometto nella diatriba Parlamento sì, Parlamento no, perché a mio avviso si perdono di vista i fondamenti principali sottolineati da Giovanni Marini, che indica come priorità l'elaborazione di un programma rivoluzionario di cui siano convinti tutti coloro che vi partecipano, in grado di far fronte ad una tempesta e di funzionare in una fase di transizione, eventualmente in un dopo-crollo. Sono d'accordo con Marini quuando afferma: "Una possibile convergenza di idee potrebbe essere la disconnessione del Paese dal circuito finanziario internazionale recuperando l'indipendenza economica, monetaria, militare, diplomatica, nonchè l'autosufficienza energetica e alimentare." Per me tutte queste cose, per funzionare, devono prendere come punto di riferimento l'Europa. tralascio di chiarire perché si potrebbe parlare di indipendenza militare e diplomatica europea per fare un esempio economico. Non mi riferisco a questa Europa finanziaria, ma al territorio europeo e alla gente europea. L'Italia non può aspirare all'autosufficienza alimentare, l'Europa sì. Se questa è basilare ritenuta basilare, fondamentale, L'Italia non ha abbastanza terra, che invece è abbondante in Francia o in altro paese dell'Europa dell'est. L'Italia sa produrre manufatti di qualità ma il mercato italiano è insufficiente. L'Italia può sopravvivere solo se attua lo scambio delle eccedenze importando le materie che non ha e deve privilegiare gli altri paesi europe, distanziandosi dai modelli globalizzatori. Nelle piccole comunità si può cercare di essere autosufficienti per taluni prodotti di base ma se occorre un prodotto tecnologico bisogna ricorrere ai tedeschi. Senza voler crescere, accettando il principio della decrescita, felice o forzata che sia, si deve comunque sopravvivere, e si può che sia così anche per altre regioni europee. Ritengo perciò che persino l'euro, la moneta mezzo di pagamento in territorio europeo sia una grande comodità. Se il sistema monetario non si polverizza da solo per le spinte delle bolle e delle crisi, a noi non conviene sostituirlo, semmai modificare i comportamenti sottraendosi alle proposte di ulteriore indebitamento e con regole dure per bloccare la speculazione. In queste poche righe forse non mi sono spiegata bene ma credo che si dovrebbe riflettere molto, con seminari e altri scambi, su tanti aspetti economici, pur non volendo considerare tali aspetti delle priorità in una società alternativa e diversa.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 30-12-2010 17:28

Non sostengo che si debba partecipare alle campagne elettorali. Dico solo che non si dovrebbe escluderne a priori l'eventualità, se le condizioni lasciassero intravedere l'utilità di sfruttarle come cassa di risonanza. Forse è più urgente chiarire, con gli amici degli altri movimenti con cui cerchiamo di convergere, i temi suggeriti da Marini e da Daniela: un diverso europeismo o la fuoruscita dall'idea di Europa unita? Mantenere l'euro o tornare alle monete nazionali? Come recuperare l'indipendenza dalle centrali finanziarie e imperialiste? Come reperire i capitali da investire per conseguire l'autosufficienza alimentare ed energetica (ma io aggiungerei anche l'autosufficienza nella produzione di armamenti e nella chimica, quest'ultima indispensabile per fabbricare farmaci e fertilizzanti per l'agricoltura)? E' possibile questa autosufficienza a livello nazionale o soltanto in un'integrazione continentale? Come porsi questi obiettivi coniugandoli con la nostra prospettiva antimoderna? Un programma molto ambizioso, che necessita dell'elaborazione di un partito. L'alternativa è restare un circolo culturale chiuso, in cui ce la raccontiamo fra noi titillandoci il corpo calloso all'infinito, aspettando Godot sotto forma del crollo che risolva tutto per sue virtù intrinseche.
caffedelletre@libero.it
Edoardo Buso (Registered) 30-12-2010 19:06

secondo me o si fa un partito o si va a dormire,perchè abbiamo la possibilità di farci conoscere dalla gente e di cambiare le cose,mentre parlando di rivoluzione come la intendete voi(magari con l'uso della violenza)oltre che nessuno ci ascolta siamo anche ridicoli.L'Italia ha bisogno di partiti veri,ma se si costituisce un partito si aderisce ai valori della costituzione democratica(e non ai valori del liberismo democratico)ci si fa conoscere dalla gente si cerca di fare su un elettorato e poi di accontentare l'elettorato dopo aver preso democraticamente il potere,questo è pacifico per tutti i partiti,poi il resto si vedrà,io nel mio commento precedente(cercate EdoardoBuso)ho chiarito i punti sui quali vorrei battermi personalmente e penso che questi non differiscano molto dall'ideologia espressa ampiamente negli ultimi anni da Massimo Fini,e cioè
1 ritiro delle truppe da irak e afghanistan
2 indipendenza dei popoli da ogni imperialismo culturale economico e militare
3 Europa forte e unita aperta al mediterraneo
4 difesa della vita dal concepimento alla morte naturale
5 abolizione valore legale dei titoli di studi
6 decrescita graduale
7 ritorno graduale all'autoconsumo e all'autoproduzione
8 regionalismo democrazia diretta e biodiversità

senza questi punti,andiamo tutti a dormire,perchè sono le nostre idee la nostra forza rivoluzionaria,io quindi sono disponibile fin da subito a battermi per queste idee.Naturalmente se facciamo un partito il blog del giornale del ribelle rimarrà come strumento di democrazia diretta ma dobbiamo smetterla di fare polemiche inutili su tutto,i punti fermi ci devono essere e chi voglia militare nel nostro movimento dovrà accettarli,di contenitori vuoti e di partiti senza storia c'è ne sono abbastanza in Italia.
max (Super Administrator) 30-12-2010 20:01

Non si deve escludere a priori, come dice giustamente luciano fuschini, la partecipazione alle elezioni, ma la cosa che mi preoccupa di più, come ha sottolineato giovanni marini, è il restare fedeli alla causa. Se si ha la forza e la tenacia di mantenere il legame saldo con i propri princìpi -nel nostro caso, il manifesto- la partecipazione alle elezioni può anche essere usata in senso strumentale. Ma bisogna avere la forza di non cadere nella tentazione riformista.
Tuttavia, più che la creazione dell'ennesimo partitino da 0.0X% che non cambia la natura delle cose e rischia di farci demoralizzare, io vedrei meglio la costituzione di un corpo culturale che miri a coinvolgere intellettuali, giornalisti, accademici, associazioni: unendo le forze di tutti, i soldi, il tempo, le conoscenze di fini, chiesa, pallante ecc, organizzando incontri nelle sedi apposite, si può pensare di creare una massa critica per risvegliare molte coscienze e farsi conoscere.
aragorn (IP:81.75.53.91) 30-12-2010 21:25

Non bisogna escludere in linea di principio il ricorso alle elezioni, ed a qualsiasi forma strategica e machiavellica di lotta, ma solo nel momento in cui le stesse apparranno decisive per il colpo di mano finale. E questo potrà avvenire non già all'inizio della crezione dell'avanguardia rivoluzionaria, ma solo in una fase successiva. Comunque, mai dire mai. Il segreto delle rivoluzioni, che sono sempre possibili perchè rappresentano la realtà scritta in cielo e soltanto dopo in terra, alla stregua dei modelli platoniani, e per questo parlare di utopia è antirivoluzionario e piccolo borghese, risiede nella possibilità di creare un nucleo, una elite se volete, che guidi il movimento in maniera glaciale, inattacabile ed incorruttibile. Quando ho lasciato MZ, all'orizzonte si profilavano intese con Grillo, Travaglio e, vi prego di ricordare, addirittura Dario Fo, Pancho Pardi e Di Pietro. Ora i vostri compagni di viaggio appaiono molto più accorsati, sia per il profilo strettamente ideale e metapolitico che per per le referenze morali. Credo che il migliore assetto con il quale proporsi sia quello ipotizzato da Max, un'avanguardia intellettuale, ma con caratteristiche militanti e non astrattamente culturali. Quando svaniranno gli effetti dell'ipnosi moderno consumista, e gli apparati tecno finanziari ed usurocratici saranno solo un brutto ricordo, allora si decrescerà naturalmente e si ritornerà ad una civiltà armonica. Ma la descrescita non può essere una strategia rivoluzionaria: è il fine non il mezzo.
A meno che non si voglia "aggiustare " e leggermente riformare la dittatura bancario-democratica.
Fino a quando le leve del comando planetario saranno nelle mani dei soliti noti, è illusorio pensare che miliardi, o anche solo milioni di persone potranno tornare a forme di autoconsumo ed autoproduzione. Certamente alcune migliaia di nuclei familiari o comunitari potranno incamminarsi e dimostrare che un'altra civiltà è possibile, oltre che necessaria alla salvezza del pianeta.
Comunque, e questo riguarda anche le mie considerazioni, credo che tutte le precisazioni ed i punti programmatici (ottimi quelli proposti da Edoardo Buso), non debbano essere troppo rigidi e vincolanti, e che ci si debba disporre rivoluzionariamente a maglie larghe, fermi e saldi pochi ma essenziali principi base, altrimenti inevitabilmente si attiveranno le consuete atmosfere bizantine, che a nulla portano, se non alla perdita di Costantinopoli.
h2otonic (Registered) 31-12-2010 18:14

Le rivoluzioni del secolo scorso potevano contare su due pilastri oggi seriamente compromessi:
la fede o almeno la fiducia in teorie ideologiche
una tipologia umana diffusamente piu' pura e primitiva nel senso piu' nobile del termine
Il primo punto non ci riguarda direttamente in quanto al di fuori e al di sopra di teoremi positivisti e di enunciati illuminati.
Ma sulla precarieta' del secondo pilastro occorrera' rifletttere prima di puntare alla formazione di un partito con relativo dispendio di risorse e credibilita'.
La diffusa culturizzazione borghese, principale causa del pensiero debole dominante, ha drogato menti e spiriti.
La distribuzione di sporche briciole di benessere ha appesantito notevolmente la capacita' di volare alto.
Non bastano gli effetti devastanti, sotto gli occhi di tutti, del progresso,a far ripensare un progetto diverso ( se non in piccoli gruppi antagonisti).
Il relativismo morale ha inoltre castrato ogni tentativo di critica reazionaria ( non mi conviene, non lo accetto).
Insomma per non cadere nella rete della critica costruttiva.... mi sa che occorra attendere non tanto il crak ma la sensazione realmente percepita di esso , e nell'attesa fissare punti fermi per la svolta morale, politica ed economica delle comunita', organizzare quadri e militanti per la propaganda ed applicazione dei medesimi, ed attrazzare moralmente e materialmente ciascuno se stesso per arrivare al momento decisivo pronti e consapevoli.
Per finire una convenevole banalita':
auguri di un buon N U O V O anno a tutti noi.
zacheo01 (IP:82.76.204.29) 04-01-2011 18:12

Condivido in toto il comunicato, anche se il successivo post di Andrea mi sembra regga poco perche':
1) partecipare alle elezioni non significa necessariamente ricercare consenso di massa. Le campagne elettorali sono l'occasione per far sentire la propria voce perche' e' il momento piu' propizio in cui gran parte delle persone ascolta l' "offerta" politica per formarsi un'idea di voto.
Insomma si puo' partecipare alle campagne elettorali per seminare il pensiero, non per raggiungere per forza un consenso di massa, almeno nell'immediato. Posto poi che il consenso di massa dato in regimi democratici ha poi determinato la morte della democrazia in alcuni storici casi.
2)la seconda motivazione mi sembra un arrendevole ammissione di incapacita' nella selezione dei soggetti all'interno del movimento;
3)quanto alla terza motivazione, che e' pur condivisibile, sembra ancora una volta una resa allo status quo: perche' mai MZ non potrebbe affermarsi come una forza che assume il primato della politica sull'economia?
E sebbene questo sembri un obiettivo utopistico e di lungo periodo, le ultime vicende parlamentari mostrano che anche un solo rappresentante puo' essere decisivo sulle sorti di un governo. Beninteso che di questi governi "democratici" non ci interessa nulla, in occasioni del genere si puo' comunque assumere visibilita'.
Perche' la questione di fondo e' questa, ed e' stata chiaramente espressa in altri post: chi ci caga? come si esce dal guscio?
Quali sono i tempi? come fare presa sulle persone?
La mia opinione personale e' che e' inutile discettare se siamo in una fase di crisi o di crollo. Perche', nel caso fossimo in un ciclo espansivo e di massimo "benessere" non vale forse la pena battersi lo stesso per le proprie idee?
E come si prepara MZ al crollo? Chi gia' si inserisce nel dibattito in tempo di crisi assume il vantaggio strategico di esserci, di aver organizzato le proprie strutture politiche e di comunicazione, di dare chiavi di lettura, di fomentare le masse e deviarle verso specchietti per le allodole su cui scarire le proprie frustrazioni (gli immigrati, i cinesi, quel burocrate/manager o presidente di turno ecc.)
Insomma, MZ ha bisogno di un colpo d'ala, deve dotarsi di strutture politiche e di studio che analizzino i fatti, sviscerino i perche', svelino le fregature e le schiavitu' cui il popolo e' soggetto, dia una visione di ampio respiro sulle proprie politiche concrete. Insomma partire dal Manifesto e trasformare gli ideali astratti in proposte politiche concrete e spiegare che attraverso quel dafarsi tutti ne trarremo giovamento.
Altrimenti saremo destinati a masturbarci perennemente sulla tastiera.
Gaetano (IP:87.13.134.153) 05-01-2011 15:28

Mi inserisco in questo dibattito, anche se non sono iscritto ad MZ. In compenso, vi seguo e leggo da un pò e qualche volta ho anche postato dei commenti.
Considerate questo mio commento come una sorta di reazione che un vostro "sostenitore medio" potrebbe avere alle vostre proposte di progetto politico.
Non conosco bene le posizioni degli altri soggetti che compongono l'universo (o meglio sarebbe il "pluriverso") "uniti e diversi", ma ritengo di conoscere bene il vostro manifesto (che condivido in toto) e posso subito dire che qualsiasi tentativo di avere anche solo una "visibilità elettorale" tradirebbe parte di quelle posizioni. Costruire un movimento di questo tipo e partecipare, anche in maniera marginale, all'agone politico costituisce un parziale riconoscimento di questo sistema (giustamente criticato e condannato da più punti di vista, in questo blog), che a poco a poco vi (ci) assorbirebbe, disinnescandone la carica rivoluzionaria.
Qui non si tratta di rimanere "duri e puri" o di continuare a masturbarsi sulla tastiera come scritto precedentemente, ma si tratta di mettere in piedi un'avanguardia che elabori un progetto innanzitutto culturale e metapolitico a cui dovrà seguire un più pratico e classico programma politico. Si tratta di lavorare per un progetto ambizioso di ampio respiro e a lungo termine, a prescindere dall'avvento o meno di una crisi o di un crollo (che io vedo ancora lontani, anche se inevitabili). Senza una presa di coscienza seria, frutto di uno studio approfondito, di una elaborazione di pensiero raffinata, si finisce per essere risucchiati dalla marea dell'indifferenza.
In qualche intervento si poneva giustamente il problema di come diffondere adeguatamente le idee che animano il movimento. La risposta di certo non è la partecipazione alla vita di queste istituzioni, anche solo come "cassa di risonanza". Infatti, è proprio grazie a questo sistema a cui si vorrebbe partecipare che MZ o altri movimenti alternativi sono relegati ai margini. Va creato, invece, un circuito di diffusione capillare che si avvicini il più possibile a quanti sono interessati. Penso, ad esempio, alla creazione di un convegno ambulante che raccolga i più importanti rappresentanti di "uniti e diversi" e porti nei principali centri d'Italia le proposte del movimento. Penso, ancora, alla creazione di centri studio (a mo' di associazione culturale), diffusi in tutto il Paese per stimolare il dibattito su tutti quei temi che la massa ignora e i media ufficiali mettono al bando.
Questo tipo d'azione creerebbe una rottura rispetto agli stilemi tipici della partecipazione politica e sarebbe più coerente con le aspirazioni del movimento.
Infine, non ci prendiamo in giro: le idee alla base di movimenti come questo sono quanto di più anti-popolare. Il cittadino medio non ha mai sentito parlare del "signoraggio" e ha perso qualsiasi tipo di sensibilità nei confronti della spiritualità. Quando parlo di questi argomenti al di fuori della mia cerchia abituale, la gente mi accusa di essere un utopista o mi guarda storto. La maggior parte delle persone non è preparata ad una visione così radicalmente antitetica alla realtà vigente. Questo per naturale pigrizia della massa, ma anche per l'assenza costante nella vita culturale (prima che politica) di un soggetto che raccolga le ansie confuse di quegli individui (pochi, per ora) che si sentono ribelli.
Allora, se devo assegnare un ruolo a "uniti e diversi" è proprio quello di colmare questa lacuna, non quello di trasformarsi frettolosamente in uno dei tanti soggetti politici destinati a sciogliersi dopo una competizione elettorale andata male.
anarca@hotmail.it
Martin Venator (Registered) 08-01-2011 05:52

Sottoscrivo quanto detto da Gaetano e cerco di cavalcarne la scia.

Se un nuovo modello è l'obiettivo che ci si prefigge, deve esserlo fin dalla base, altrimenti farà la fine di tutti quei movimenti che nella storia, proseguendo nella loro esperienza, hanno fatto sempre più di necessità virtù, fino ad appiattirsi a ciò che in principio dicevano di combattere. Questa è la fine cha hanno fatto tutte le ideologie. Ognuna, infine, è risultata un contributo al mondo moderno.
Un nuovo modello dunque, di base, deve almeno evitare gli errori passati.

Se quanto fatto fino ad oggi ci ha portati al mondo moderno e se è vero che lo vogliamo capovolgere, dobbiamo fare il contrario di quanto fatto fino ad oggi.

Il mondo moderno non è un nemico alle porte, al confine del nostro paese: è un virus e in quanto tale attecchisce nei nostri amici, nei nostri familiari, nei nostri fratelli di lotta e in noi stessi. E' una piovra che ci ammalia con mille tentacoli, senza che ce ne accorgiamo.
Crediamo di fare cosa giusta portando in politica determinate battaglie e non ci accorgiamo che è proprio così che cadiamo in una delle trappole della piovra.
Allora si esca dalla politica; si esca dalle contingenze; si esca dalla storia.
L'entrismo non può essere uno strumento di lotta, ma, se necessario, solo un passo strategico, calcolato, che garantisca, con un colpo di mano, il capovolgimento totale di questo sistema, come ci fa notare aragorn.

Rispondendo a D'Andrea, per agire non bisogna attendere nulla, tanto meno i crolli, le crisi: si agisce indipendentemente dalle contingenze, in quanto un nuovo modello non ha da attendere crescite e depressioni di un sistema sbagliato alla base.
Il nuovo modello non nascerà dalla lotta interna e/o esterna al sistema del mondo moderno, bensì dalla sua autonoma costruzione, indipendentemente dall'andamento del sistema moderno.
Il principio è che non si deve combattere contro qualcosa, bensì per qualcosa. Non si deve distruggere il mondo moderno, ma si deve costruire il nuovo mondo che renda questo obsoleto.
Se poi il mondo moderno, con i suoi strumenti, si dovesse mettere di traverso, allora ci si passerà sopra, sennza accalorarsi e senza preoccuparsi, perchè l'ostacolo, il presunto nemico, non deve essere temuto, nè ritenuto l'obiettivo: l'unico obiettivo è ciò che si va a costruire.

Il nuovo modello deve nascere necessariamente da un nuovo modo di agire, che non può dunque limitarsi alla divulgazione delle idee di un soggetto culturale-metapolitico-politico.
La nascita del soggetto Uniti e Diversi è l'avanguardia di una controtendenza: non singoli individui che escono da comunità autonome per appiattirsi, omologarsi e dunque prendere parte al pensiero unico moderno, bensì singoli che, usciti inizialmente dal mondo moderno per prendere parte ad una comunità, ora con quella stessa comunità si uniscono ad altre, dando vita così ad un soggetto che ha l'obiettivo di dare maggiore forza a queste autonomie, a queste diversità.

E' un po' come se tutti i movimenti indipendetisti italici, invece di farsi stupidamente la guerra, si unissero con l'obiettivo di fortificare le loro autonomie contro un'Italia di singoli appiattiti.

Se questa avanguardia nasce dunque da questa controtendenza, il secondo passo, logico ed intelligente, è quello di capire meglio queste diversità, svilupparle con l'aiuto reciproco, in cui ogni comunità funga da specchio per l'altra e dare ad ognuna una forma, dunque un ruolo all'interno di questo soggetto.
In definitiva, capire sempre più tali differenze, al fine di essere sempre più organici.
La finalità di questo studio interno, con conseguente assestamento delle forze in campo è quello di capire ognuna il proprio ruolo, il proprio compito, per cui a questo punto ognuno dei movimenti dovrà muoversi autonomamente dagli altri, sul proprio campo, diverso dagli altri, avendo sempre ben chiaro i principi comuni e basilari, che si riassumono nell'evitare categoricamente i circoli viziosi e i metodi d'azione del mondo moderno: evitare la piovra.

Ci sarà dunque bisogno di una strategia comune, per restare sottilmente coordinati nell'azione.
Se si resta saldi al proprio ruolo e al principio della controtendenza, il coordinamento avverrà in modo naturale: internamente si potrebbe quasi avere l'impressione che non ci sia, ma all'esterno apparirà forte e chiaro.
Lo stesso metodo dovrà essere applicato all'interno dei singoli movimenti.

Il risultato sarà che ogni singolo individuo, in quanto Diverso, dovrà agire nel suo contesto quotidiano autonomamente e in base alle proprie capacità e potenzialità, basandosi però sugli stessi principi degli altri in quanto Unito.
Il coordinamento sarà sottile per mezzo dei principi basilari ed evidente in quello che poi dovrà venire a determinarsi come "circuito preferenziale" tra appartenenti al nuovo modello: non è necessario che le masse entrino a far parte di Uniti e Diversi, piuttosto bisogna fare in modo che esse seguano il nuovo modello che il soggetto Uniti e Diversi andrà a determinare con le proprie forze, un modello che ovviamente dovrà essere vincente, condizione necessaria affinchè le masse lo prendano in considerazione.
Ecco dunque il principio del creare un modello che renda obsoleto quello attuale anzichè tentare invano di distruggerlo, non facendo invece altro che alimentarlo.

Noi non siamo la massa e da essa non si può attingere per ingrossare queste file, come ha giustamente detto Gaetano: qui piuttosto ci sono coloro che la massa la devono guidare, reindirizzare su una giusta rotta e farlo sviluppando al massimo le proprie potenzialità; contemporaneamente bisogna fare branco.

Il modo migliore per divulgare i principi che ci appartengono è farli camminare innanzitutto sulle nostre gambe. Che ognuno diventi innanzitutto esempio vivente del mondo che vuole e che predica, dalla sostanza alla superficie, altrimenti non saremo credibili.
Costruire il nuovo modello è un azione che parte dai singoli, nei singoli contesti, come stile di vita, laddove è possibile, avvalendosi della partecipazione di quanti intorno a noi presentano in se la quintessenza dei principi che Uniti e Diversi vuole divulgare.
Contemporaneamente a ciò si comincerà ad attivare il circuito preferenziale tra gli appartenenti di Uniti e Diversi (fare branco), cosa che avverrà quindi, per transitività, anche tra i contesti che graviteranno attorno a questi singoli appartenenti.

Se il mondo moderno è scaturito da un virus che ha generato un circolo vizioso, noi si diventi un antidoto che con processo doppiamente forte ed inverso generi un circolo virtuoso.
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