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Reato e colpa PDF Stampa E-mail

14 febbraio 2011

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Le questioni di parole non sono formalità, sono sostanza. Il rigore nell’uso di termini è la condizione necessaria  per una comunicazione corretta e una discussione che non sia un dialogo fra sordi. Per questo è sempre necessario definire i termini e delimitare il loro campo semantico.
Reato si riferisce a quei comportamenti che sono passibili di sanzione penale. Ha a che fare sempre con una legge, con una norma scritta. Peccato appartiene al campo semantico delle religioni, soprattutto monoteiste. Il peccato è un’offesa alle leggi divine più che a quelle umane. Con la caduta dello spirito religioso, questo termine è pure caduto in disuso. Ormai evitano di utilizzarlo perfino i preti. Colpa si riferisce a comportamenti esposti a una sanzione morale, non necessariamente punibili a termine di legge. La colpa è giudicata da una morale che può essere anche laica, mentre il peccato appartiene sempre al campo semantico delle religioni.
Ebbene, tutto questo pistolotto di sapore pedantesco è la premessa obbligata a qualche considerazione in margine alle notti di Arcore. Un fatto che non ha avuto il rilievo che meriterebbe è la scomparsa del concetto di colpa in tutta la discussione che si è accesa. I difensori di Berlusconi si sforzano di dimostrare che non c’è stato reato: né concussione, né favoreggiamento della prostituzione, né sfruttamento della stessa. Se non c’è reato, il premier esce pulito, perché a casa propria ognuno fa quello che vuole. Gli accusatori di Berlusconi e della sua corte si sforzano di dimostrare che invece di reati si tratta. Anch’essi sono nella stessa logica dei loro avversari: non facciamo del moralismo, qui ci sono dei reati perseguibili per legge. Fare del moralismo, essere dei moralisti, sono diventati comportamenti e modalità di cui vergognarsi. Un tempo i moralisti erano i fustigatori dei costumi, individui benemeriti nella società. Oggi ci si vergogna perfino della parola.
Tutt’al più si sostiene che un capo di governo non può permettersi nel privato di comportarsi come un comune cittadino. Certi comportamenti espongono uno statista al ricatto e pregiudicano la sua sicurezza. Tutto qui. Se fosse un comune cittadino, un settantaquattrenne danaroso e influente nel mondo dello spettacolo  potrebbe benissimo organizzare orgette attirando giovanissime con la lusinga dei soldi e di apparizioni sugli schermi della TV o del cinema.
Bisogna riflettere sulla gravità di questo modo di pensare, comune a tutti, destra e sinistra. Bisogna aprire gli occhi sul fatto che questo modo di pensare demolisce i princìpi stessi della corretta convivenza. Al fondo di questa sconfortante aberrazione sta l’abolizione del concetto di colpa. Che un vecchio ricco e potente attiri giovinette e le corrompa coi suoi soldi e col suo potere è qualcosa di peggio di un reato: è una colpa, una colpa grave, che sia o non sia presidente del consiglio. Io sono un grande estimatore di P.P.Pasolini. Sono fra quelli che ne rimpiangono la scomparsa. Era un militante della sinistra e allo stesso tempo un nemico della modernità. Un grande polemista antiprogressista, con tratti reazionari. Ebbene, pur stimandolo moltissimo, riconosco che certi suoi comportamenti erano gravemente colpevoli. Cercare avventure erotiche con ragazzi di borgata affascinandoli con la sua Mercedes argentata e col miraggio di farli entrare nel mondo del cinema forse non era reato, ma era qualcosa di peggio: una colpa.
Ecco il punto decisivo, il più rilevante in tutto lo squallore delle orge di Arcore e della relativa discussione: la rimozione totale del concetto per il quale ciò che conta è l’assunzione della responsabilità piena del proprio ruolo e della propria condizione, compresa la responsabilità attinente alla propria età. Se si viene meno a quelle responsabilità, si è in colpa. Che Berlusconi abbia commesso un reato o non l’abbia commesso è per me irrilevante. Deve dimettersi perché è incorso in una grave colpa venendo meno alla responsabilità del proprio ruolo e della propria condizione. La cosa più triste è proprio la costatazione che tutti i contendenti della feroce diatriba sul bunga bunga, su Ruby Rubacuori e il nano affetto da satiriasi, sono in realtà sulla stessa lunghezza d’onda. Tutti all’interno della filosofia del “proibito proibire”, del “godersi la vita”, del “non sono un moralista”.
La Chiesa è stata molto cauta nel condannare. Del resto chi ha tanti pedofili nelle sue file fa meglio  a tacere. Il clamore è venuto da sinistra. Anche a questo proposito bisogna intendersi. Ci sono state almeno tre sinistre. Quella operaista, stalinista, dura, disciplinata, pericolosa nel suo dogmatismo fanatico ma ancorata a saldi princìpi morali. Per quella sinistra certi comportamenti erano non diritti di libertà ma luridume della decadenza borghese. In ogni sezione del vecchio PCI  c’era la Commissione dei Probiviri, anziani militanti che godevano di considerazione e che avevano il compito di vigilare sulla moralità degli iscritti. Perfino l’adulterio veniva sanzionato (se non era del Capo, Togliatti: fin lì non si arrivava). Un iscritto sposato che avesse un’amante veniva prima richiamato, poi, se persisteva, poteva essere espulso. Proprio il sunnominato P.P.Pasolini conobbe dolorosamente la severità dei probiviri, quando fu espulso dal partito per omosessualità. Quella sinistra si è dissolta, non esiste più. Una seconda sinistra fu la socialdemocrazia, quella che ha dato vita alle cooperative, ai sindacati, che ha promosso la programmazione economica e i servizi sociali, che ha garantito ai salariati una lunga stagione di conquiste e di relativo benessere, pur non essendo mai uscita dalla logica del capitalismo. Anche questa sinistra è sparita. I suoi ultimi esponenti si sono convertiti al liberal-liberismo e sono i più fedeli sudditi dell’Impero tricefalo (New York, Londra, Tel Aviv). Resta una sola sinistra, quella anarcoide del “vietato vietare”, quella che parla sempre di diritti e mai di doveri, quella fru fru dei Vendola e affini, quella che parla di reati e non di colpe. Dovrebbe avere il pudore di tacere.

Luciano Fuschini

Commenti
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MarMar81 (Registered) 14-02-2011 11:15

Impero tricefalo? Direi bicefalo. Pur con la notevole eccezione della City - che però è per sua natura "globale" - il Regno Unito politicamente conta come il due di briscole al giorno d'oggi. I tempi del vecchio British Empire sono ormai sbiaditi ricordi di secoli passati: i britannici sono se mai i più fedeli camerieri di Washington, anche se l'Italia berlusconiana non è da meno a mio avviso, seppur con maggiori limiti operativi. Tornando al tema dell'articolo, Fuschini ha come sempre centrato la questione con grande lucidità e capacità. Viviamo in un'epoca ricca di contraddizioni, di cui il premier è solo uno dei tanti esponenti caratteristici: è infatti quanto meno singolare che il richiamo a una maggiore moralità - per quanto assolutamente indispensabile - venga da parti politiche che sbeffeggiano e osteggiano chi di solito richiede maggiore sobrietà e moralità nella società. Si tratta di un moralismo "ad orologeria", buono per chiamare a sé i cittadini delusi e indignati dal premier-sultano, ma falso e debole come è ovvio che sia.
Drachen (Registered) 14-02-2011 14:33

Sono ampiamente d'accordo con la seconda parte del discorso, sulla sinistra, e sul finale dell'articolo.
Meno, molto meno sulla prima.

Il discorso della colpa e della morale sociale funziona se questa morale è condivisa dalla stragrande maggioranza ove essa è applicata (ed es. appunto il PCI). Cioè se una morale esiste e non è semplice rimembranza di cose passate.
Una morale esiste, in primis, se è chiara e valida per tutti.
Qui prima di identificare colpe nel comportamento privato di chicchesia bisogna chiedersi se quel comportamento è percepito come colpa. Se ciò manca, come si fa a puntare il dito?
Chi punta il dito non rendendosi conto che B., in fondo, fa cose simili a tanti altri solo "più in grande" è un moralista: ma nel senso di ipocrita difensore di una morale che non c'è più.
(Scardinata dal femminismo, tra gli altri).
QUesto è un doppiopesismo che non mi piace per nulla.
Se si è davvero disgustati dal comportamento di B., in primis si dovrebbe essere disgustati dagli pseudo-valori della ns. società che NESSUNO però mette in discussione.
e NESSUNO riformula nuovi valori atti a prendere posto di questa asettica ACULTURA.
Qual'è infatti la rivendicazione? che i posti di potere sono assegnati a escort varie. sia nel pubblico che nel privato.
ma il prb sta tutto li: cioè nel voler rivendicare posti di potere. si critica dunque il metodo di assegnazione, non il potere in se che è fatto proprio di una mercificazione totale e di un'assenza di moralità intrinseca.
la prostituzione è una colpa?
ci fu anche la prostituzione sacra in passato, tra l'altro.
dovremmo davvero capire quali valori debbano essere da guida per un nuovo modello di società.
ottavino (IP:213.243.202.196) 15-02-2011 07:55

Anche per me Berlusconi dovrebbe dimettersi. Ma il motivo delle dimissioni è per me quello di aver semplicemente telefonato in questura per favorire la liberazione della marocchina.
Una delle cose più odiose del nostro vivere insieme è infatti quella della discriminazione. Siamo di fronte a uno stato che discrimina, che è motore di discriminazione.
Prendiamo ad esempio la casa. Ci sono alcuni comuni che ne costruiscono e le distribuiscono, e altri no, seguendo criteri di "bisogno". Non sarebbe più realistico dire: "si procura una casa a tutti quelli che ne hanno necessità"?.
La famiglia. Si dice sosteniamo le famiglie. Creando discriminazione con i single!. Insomma le politiche statuali non sono nient'altro che creazione di discriminazioni.
Ed è quindi particolarmente odioso che un "potente" telefoni per favorire un suo accolito, creando così discriminazione. In sostanza la mafia è lo stato. E poi ci si lamenta della mafia del sud-italia, quando l'atteggiamento mafioso è proprio delle istituzioni.
Per quanto concerne il problema morale, dico solo che si tratta di un problema gigantesco, del quale è difficile trattare in due righe.
Il liberalismo è figlio dell'abbondanza, per cui l'uomo non comprenderà mai la necessità, la virtù del sapersi controllare in un ambito di abbondanza.
ottavino (Registered) 15-02-2011 08:17

Abbiamo un umano che è disposto ad incenerire i rifiuti, è disposto a tutto pur di far crescere il PIL....come si fa a parlare di moralità con un individuo simile?
anarca@hotmail.it
Martin Venator (Registered) 16-02-2011 07:35

Chiedere a Berlusconi di riconoscere la sua colpa e dunque dimettersi è come chiedere ad un povero da marciapiede di riconoscere la bassezza del chiedere carità e dunque tener vuota la pancia ed elevarsi spiritualmente.

Chiarito questo, in questa sede non parlerei tanto della colpa del corruttore, a meno che non ci siano i presupposti per pensare al nuovo Innominato (e in effetti, conoscendo Berlusconi, tutto può essere), quanto piuttosto alla colpa del corrotto, che ci dovrebbe interessare di più.

Il corruttore generalmente in tale ruolo ci resta e ne incarna tutte le caratteristiche, assumendo praticamente una sua normalità, una sua funzione: quella dell'oscurità tentatrice.
Chi di fronte a ciò può e deve invece dimostrare qualcosa è proprio il potenziale corrotto, che se fosse di sangue buono e di buoni valori si sottrarebbe a qualunque avance.

Leonida che rifiuta le offerte di Serse e combatte fino alle estreme conseguenze per la libertà di Sparta e della Grecia.
Wallace che rifiuta le offerte dei suoi nobili e dei suoi nemici, per la fine delle ostilità tra Scozia ed Inghilterra e combatte fino alle estreme conseguenze per la libertà della Scozia.
Bobby Sands che non cede su nessuna delle sue proteste in carcere, rifiutando ogni compromesso, fino alle estreme conseguenze, per la libertà dell'Irlanda del Nord.
Aragorn, Gandalf e tanti altri che rifiutano il potere dell'anello, affinchè questo possa tornare laddove è nato per essere distrutto.

Affinchè possano esserci dei veri uomini, io mi rivolgo a chi ancora può scegliere ed è a questi che chiedo di non farsi corrompere, anzichè scagliarmi contro i corruttori, che invece fungono da ottimo banco di prova.

Il cambiamento non avverrà quando verrano tagliate le teste dei Re indegni, se a tagliarle saranno altrettanti o peggiori indegni.
Un nuovo e splendente regno nascerà quando questi smetteranno di fare gli indegni e di riversare alibisticamente le loro colpe sul capro espiatorio di turno e comincieranno invece a riconoscerle e ad annullarle, per la nascita di un humus più elevato, migliore, in cui possa finalmente formarsi un degno Re.

Roma non è crollata a causa del cristianesimo, ma a causa di quanti hanno permesso che il virus cristiano varcasse le soglie del proprio cuore.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 16-02-2011 09:30

Martin Venator, nel suo intervento molto bello e molto eloquente, ci ricorda giustamente che chi si lascia corrompere è colpevole come il corruttore. Invece non concordo con l'asserzione finale sul crollo dell'Impero di Roma. Penso che il cristianesimo non sarebbe penetrato nelle coscienze se il paganesimo romano non fosse stato ormai esausto e le strutture istituzionali ed economiche non avessero perso la loro vitalità. Senza bisogno di risalire tanto indietro nel tempo, abbiamo esempi recenti: l'Impero sovietico è crollato non per le omelie del papa polacco ma perché la sua ideologia e il suo apparato politico-economico erano diventati gusci vuoti. Svuotato dall'interno, è imploso.
amugnolo (IP:93.41.21.223) 16-02-2011 12:57

Ho apprezzato l'intervento di Martin Venator. Lo trovo efficace nell'indicare l'attegiamento interno di un militante della Tradizione (quale è lui) che, chiaramente, si distingue dal possessore di una "opinione" come se ne trovano a iosa sui giornali, in tv, o semplicemente al bar e in ufficio.
Concordo con lui sul crollo delle civiltà, e per come a proposito di Roma l'ha descritto: é sempre l'uomo con il suo sangue, i suoi valori e il suo cuore al centro.
Nel secolo scorso un uomo politico che voleva rifondare il suo stato metteva al centro del discorso politico proprio questo, dicendo: "non il programma politico perfetto dobbiamo cercare, ma un uomo migliore." Il programma politico, anche il piu valido, rimane inchiostro su carta se gli uomini che debbono attuarlo non sono all'altezza.
Saluto i partecipanti alle discussioni del blog che continuo a seguire con un certo interesse, con l'esortazione a cominciare a darsi da fare sul serio, nella vita reale oltre che nel virtuale.
Tutte le conoscenze nostre che non traduciamo in azione concreta, servono soltanto a lasciare spazio all'azione dei nostri nemici, che in questo modo impongono alla vita la loro "cultura".
max (Super Administrator) 16-02-2011 15:54

A tutti coloro che deplorano l'invasione del virus cristiano nel seno della romanità, consiglio di leggere i primi apologeti del Cristianesimo (Agostino, Ambrogio, Origene, Tertulliano ecc) e notare come le loro invettive contro la corruzione dei costumi, la vanità, il materialismo, la vacuità della cultura, l'inconsistenza del vivere dei loro contemporanei richiamino in modo impressionante la degenerazione dell'epoca in cui viviamo noi. Nutro ammirazione per gente come Cincinnato e Muzio Scevola, ma chi non riflette su cosa sia divenuta Roma già nella tarda Repubblica -non parliamo nemmeno dell'Impero- si nasconde dietro un alibi grande come un filo d'erba.
amugnolo (Registered) 16-02-2011 16:11

@ max
Nessun alibi e filo d'erba.
Nessuno vuole passare sotto silenzio la corruzione che giunge e indica e porta a termine un ciclo storico. Lo stesso Martin Venator sono convinto che idicasse, essenzialmente,la strada da dove giunge la stessa corruzione: il cuore dell'uomo.
max (IP:79.40.18.218) 16-02-2011 17:58

Infatti è proprio lì, nel cuore dell'uomo, dove si annida il virus, non nel cristianesimo, che peraltro ci ha messo del suo, come ben tutti sappiamo, a seminare la modernità. Ma se questa esiste, non è colpa nè del cristianesimo nè della romanità degenerata, perchè fu scritto all'origine, o predetto (fatum) all'origine, che il tempo avrebbe corrotto ogni cosa, e contro il Fato sapevano gli antichi che neppure gli dèi potevano qualcosa.
matteo (Registered) 16-02-2011 23:14

mah, a me se berlusconi è un satiro non importa, perchè Kennedy e Mussolini non erano da meno. Non si tratta di amoralità, semplicemente credo che la vita privata possa rimanere fuori. piuttosto è grave che metta le gnocche ai ministeri oi n altri luoghi della politica. per 3 motivi: queste possono fare danni, perchè le pago io, perchè tolgono a me e ad altri competenti la possibilità di ricoprire uel ruolo.
amugnolo (Registered) 17-02-2011 00:44

Non vorrei diventare pedante con troppi interventi, ma voglio seguire il metodo di analisi scentifico dell'ultimo intervento di max. E' risaputo che un virus attecchisce meglio su di un organismo che non è nel pieno della sua forza; in ogni caso, al di là dei risultati che riesce a raggiungere, non perde la propria qualità ne la propria essenza. Vi esorto a credere che questo ulteriore intervento non è dettato da ragioni di polemica, ma è soltanto una precisazione che sentivo di dover fare.
max (IP:79.31.92.219) 17-02-2011 14:17

Restiamo pure nella metafora: quando un individuo sa che esporsi a certe condizioni indebolisce, sa anche che si può ammalare più facilmente. Se uno d'inverno non si copre abbastanza, sa che può prendersi un'influenza, e non si deve poi lamentare se arriva. Esiste in greco una parola, hybris, che significa arroganza, presunzione dinanzi agli dei, al divino. Se vado oltre il limite, gli dei mi puniscono. Se non accetto le condizioni dell'umano, imposte dal divino, interviene il Mistero. Perchè Roma si è indebolita a tal punto da consentire che il virus cristiano penetrasse? Perchè ha voluto esondare. La città che per la prima volta nella storia ha creduto di potere tenere da sè le redini del mondo, ha posto le condizioni dell'universalismo cristiano, e ha decretato la propria rovina, insieme con quella dell'antichità tutta. Se non avesse avuto questo eccesso di presunzione, forse la storia sarebbe stata diversa. Ma in fondo, anche questo è Fatum.
Per concludere, vorrei ricordare, sempre restando entro la metafora, che il virus non solo ammala, ma quando si guarisce, spesso rigenera. La romanità con il virus cristiano ha fecondato l'Europa cristiana -il cosiddetto Medioevo- una delle più coerenti e più ordinate civiltà spirituali che l'Europa abbia mai conosciuto, l'ultima vera. Certamente più elevata della degenerata Roma imperiale, con le sue plebi, i suoi spettacoli, le sue ambizioni e la sua corruzione.
amugnolo (Registered) 17-02-2011 16:37

@max
trovo che tu esprima delle cose anche giuste, ma legate tra loro in forma non ordinata, il che che porta a conclusioni, a mio parere, confuse ed esagerate.
Nella parte in cui addossi all'ultima Roma, benchè degenerata in quanto si era allontanata dalla sua tradizione, addirittura la colpa di: "aver posto le condizioni dell'universalismo cristiano" e in piu "di aver decretato "la rovina dell'antichità tutta".
Inoltre direi che è stato piuttosto il "virus pagano" a fecondare lo spirito cavalleresco del medioevo cattolico (piu che cristiano).
Ma su questo non mi dilungo, anche perchè mi ero ripromesso di non intervenire troppo.
Qualora si volesse approfondire l'argomento, rimando alle esaurienti pagine di Evola nella parte di Rivolta contro il mondo moderno in cui si occupa di quei tempi e dello spirito che li ha caratterizzati.
Cordialmente. Andrea
max (Super Administrator) 17-02-2011 19:14

Conosco il capolavoro di Evola così come conosco il suo pensiero, che in generale condivido ma non del tutto. Per chi volesse approfondire il rapporto tra cavalleria e Cristianesimo e sfatare il mito per cui lo spirito eroico del Medioevo viene dal paganesimo cristianizzato delle genti del nord mentre dal Cristianesimo viene solo la "morale da schiavi", consiglio di leggere "Alle radici della cavalleria medievale" di Franco Cardini in cui viene esposto, tra le altre cose, anche il concetto di "bellum iustum" teorizzato da Sant'Agostino che non era nè un pagano nè un germano.
max (Super Administrator) 18-02-2011 09:46

Ps: E poi non capisco cosa c'entri la spiritualità con la guerra e la cavalleria: il carattere spirituale di una civiltà mica si misura direttamente con la guerra, si misura con la capacità di restare legati alla dimensione divina, in tutti gli aspetti, sacerdotali, guerrieri, professionali, politici, artistici... La civiltà egizia, per esempio, è stata una delle più grandi civiltà dell'umanità (basti pensare che da Talete a Pitagora, da Empedocle a Platone, quasi tutti i grandi maestri del pensiero greco avevano studiato in Egitto e con buona probabilità erano anche stati iniziati ai suoi misteri) eppure non era una civiltà guerriera, diversamente dagli Arii per esempio. Quello eroico-guerriero è solo un aspetto del carattere solare e spirituale di una civiltà, e il Medioevo si è distinto per la sua visione cosmica, simbolica, mistica, oltre che cavalleresca, in ciò attingendo tanto alla paganità della cultura del nord quanto alla cristianità di quella del sud.
Giovanni Marini (Registered) 19-02-2011 15:09

L'estinguersi del senso di colpa è cosa drammaticamente vera. Tanto vera che un Ferrara può permettersi di ridicolizzarla impunemente su un telegiornale nazionale. Non confondiamo però il senso della colpa con la norma morale, questa non è affatto in estinzione e faccio un esempio. Tutti noi saremo sicuramente d'accordo nel ritenere che il tradimento del coniuge sia una cosa brutta e da condannare. Eppure anche tra di noi la maggioranza ha tradito il partner. Il fatto che tra la maggior parte delle coppie vi sia o vi sia stato il tradimento ci rende propensi ad assolvere ed autoassolverci, ma questo non vuol dire che non sia presente nella nostra coscienza la consapevolezza di aver fatto una cosa sbagliata. Quindi la morale è chiara e valida per tutti (almeno in un dato tempo) e il comportamento fedifrago è coerentemente percepito come riprovevole. Purtroppo è la carne che è debole e in questo i tempi e i mores ci influenzano tutti (o quasi). La diffusa e impunita separazione dei comportamenti dai valori è senza dubbio un elemento di debolezza in una società. Quello che appare in quest'ottica è dunque: un tempo gli uomini erano uomini, poi sono diventati debosciati e la società è decaduta. E' una affermazione verosimile, ma è sufficiente per spiegare fenomeni grandiosi come la caduta dell'impero Romano? La crisi della nostra società? E' difficile che la decadenza interessi tutti indistintamente, in fin dei conti una minoranza di uomini lungimiranti potrebbe essere in grado di condurre una società che noi definiamo decadente. E sopratutto quali sono le cause della trasformazione dei cuori di leone in cuori di coniglio? E' il Fato? Ma se è il Fato non può essere la modernità la quale si configura come effetto e non come causa della decadenza, quindi quale è il senso dell'essere antimodernista? Semplicemente non c'è o è un senso fiacco e superficiale. Colui che invece conosce le cause, questi è intellettualmente superiore e tutto quanto è stato scritto in epoca recente sulla modernità andrebbe cestinato...sempre che la premessa di partenza sia valida.
anarca@hotmail.it
Martin Venator (Registered) 20-02-2011 16:21

@ Luciano Fuschini

Le strutture pagane (e non già il paganesimo, che vive laddove vi siano uomini che invocano le più recondite forze interiori e cosmiche), istituzionali ed economiche persero la loro vitalità in quanto gli uomini che ne furono portatori persero la propria vitalità nel sostenere una fermezza interiore.
Nessuna creazione umana può prescindere dall'uomo, che nulla può sostenere se non sostiene anzitutto sè stesso. Quando non sostiene più se stesso, rende il suo cuore vulnerabile, corruttibile.

Con ciò non intendevo mettere sullo stesso piano di colpa corrotto e corruttore, bensì attribuire la vera colpa al corrotto, che è venuto meno alla propria fermezza e dunque coerenza.
Volendo usare l'immaginario dei tre monoteismi abramitici, la colpa non è del serpente che incita a mangiare la mela, ma di Adamo ed Eva che la mangiano. I protagonisti della cacciata dall'Eden sono questi due e non il serpente, i corrotti e non il corruttore.

@ Max

Non ho fatto alcun riferimento a Roma della tarda repubblica, nè all'Impero e non ha alcun senso farlo.

Come già specificato più sopra, il discorso non può essere incentrato nelle strutture in sè, ma piuttosto nell'uomo che di queste strutture dovrebbe servirsi per proiettare la sua stostanza.

La differenza del paganesimo (alla base della nascita di Roma) col cristianesimo è che il primo è una possibilità che viene data, sta poi all'uomo esserne all'altezza ed accoglierla o accettare i propri limiti; il secondo nega all'uomo ogni possibilità di elevazione e di proiezione della propria sostanza.
La dimostrazione lampante è che ogni ambizione verticale dell'uomo che andasse oltre il cristianesimo fu sempre tacciata di eresia, soprattutto nel periodo medioevale di cui tu parli.
Parli di sfatare il mito, ma nella Napoli storica e centrale non c'è una sola chiesa che non sia stata eretta su un vecchio tempio pagano. Che c'è da sfatare?

A Franco Cardini preferisco Dante Alighieri, che quel periodo l'ha vissuto da protagonista e che come maestro non scelse Sant'Agostino, ma Virgilio, che cristiano certamente non era.

Non ho bisogno degli apologeti del cristianesimo, nè di Cincinnato e Muzio Scevola, per capire, sentire, cosa mi dà la possibilità di crescere come uomo libero e cosa invece mi schiavizza, per non dire che questi apologeti, in quanto a teoria della decadenza, non inventarono proprio nulla.

Più che invitare a riflettere, inviterei a seguire il proprio istinto superiore - innato e genuino - considerando che l'atto del riflettere si espone facilmente al contagio.

Volendo però stare al gioco e riflettere su cosa sia diventata Roma e su cosa sia diventato il cristianesimo, non ho dubbi nel dire che il mondo moderno è ben peggio dell'ultimo Impero romano (che di certo non è ciò a cui ambisco), se non altro perchè il pianeta ne guadagnava in salute e bellezza.
ul.lucio (Registered) 24-02-2011 17:51

Questo si che è un bell articolo!
Veramente un analisi impeccabile! soprattutto quella finale sulla decadenza della -sinistra- italiana dal vecchio PCI, finalmente definito con il suo aggettivo consono, stalinista (Si fosse chiamato fin da subito PStI avrebbe evitato tanti fraintendimenti...),all'attuale vendola.
Ma non temete, i rivoluzionari, quelli veri, non hanno mai smesso di esistere.
Ci sono ma non si vedono e sono coscienti, informati, organizzati. Si tratta solo di saperli riconoscere.
Ciao



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