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Una crociata per la decrescita PDF Stampa E-mail

15 aprile 2011

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Da poco si è svolto a Torino un seminario, promosso da Uniti e Diversi, su decrescita e lavoro. Pochissimi erano gli iscritti a Movimento Zero che vi partecipavano e la cosa non deve essere stata per niente casuale. Si vuole andare verso un nuovo soggetto politico ma le varie anime che aderiscono a questo progetto tendono a distinguersi ancora nettamente.
MZ ambisce a non rendere centrali gli aspetti economici che nell'attuale sistema sono fin troppo pervasivi. Eppure per ogni cambiamento che avverrà o che possiamo anche solo semplicemente auspicare non si può non prevedere un cambiamento radicale del modello economico esistente, e immaginarne un altro che permetta di ridimensionare gli sprechi, il tempo di lavoro, che metta la sopravvivenza della comunità come valore centrale, che promuova un diverso modo di vivere compatibile con la nostra storia e cultura, che valorizzi altre priorità, più spirituali, nella vita degli uomini.
Per il momento mi pare che il movimento della decrescita sia quello che più di ogni altro si propone di riportare al centro della vita delle persone valori che MZ condivide, negando il primato delle teorie economiche tradizionali, cosiddette scientifiche, pur nell'ambito delle scienze umane o sociali, liberiste o marxiste, contestandole perché basate sullo sviluppo ipertrofico della produzione, dell'investimento e del consumo. La decrescita non è ancora una teoria economica in grado di contrapporsi ad armi pari, tuttavia sono da ritenersi importanti, a mio parere, le tensioni e le tendenze che innesca e scatena, con l'effetto di superare la visione univoca di individui isolati, che nel loro agire mostrano di credere solamente nella ricchezza in sé, e si limitano a produrre, consumare, crepare. La mercificazione sempre più estesa e profonda della persona umana e dei suoi rapporti sociali è il presupposto e conseguenza di questo modo di vedere la vita.
Sottrarsi a questo è diventata un'esigenza pressante e giusta. Perciò sono grata a Pallante che si sforza all'estremo di trovare strade praticabili per sottrarsi a un meccanismo infernale, da cui nessuno può davvero chiamarsi fuori, anche quando personalmente tenta di ridurre la propria impronta ecologica o di cambiare le proprie relazioni umane all'insegna della convivialità esaltando il principio del dono. Lui  considera questo sforzo un dovere morale nei confronti delle future generazioni, anche nel caso in cui questa ricerca fosse ormai tardiva.
Massimo Fini, dal canto suo, prospetta il dubbio che un tale comportamento possa essere tutto interno al sistema, quasi riformista, in grado di ritardare il crollo che si profila all'orizzonte. Non mi sottraggo a questo dubbio quando penso che la tecnologia alternativa ricercata da Pallante potrebbe, se applicata, essere sfruttata dal sistema, per far accettare ai meno abbienti le restrizioni che si renderanno necessarie per la penuria di risorse. Basta col welfare, basta con livelli di salario alti! Che la maggioranza delle persone si arrangi con il poco! Se il popolo accetta questo principio non sorgerà ribellione, non ci sarà questione sociale, e la minoranza ricca del pianeta, in quanto minoranza, potrà vivere nell'extra-lusso senza danneggiare in modo insopportabile il pianeta. Alla fine dei conti, da questo ragionamento ne potrebbe discendere, estremizzando, una svalutazione della decrescita e quasi un elogio a chi vive consumando allegramente, o inquinando tranquillamente, o depredando altri indifferentemente.
Trovo però una contraddizione in questo ragionamento. Se davvero una crisi sistemica è legata allo squilibrio fra offerta e domanda di merci e servizi, se la tendenza a produrre sempre di più a costi sempre più contenuti, a produttività sempre crescente, a basso contenuto di lavoro e quindi con crescente disoccupazione, alla ricerca del massimo profitto, si scontra con un impoverimento progressivo e diffuso della popolazione, che può accostarsi sempre meno alla mensa degli oggetti che procurano il cosiddetto benessere, allora anche un comportamento volontario decrescista, non precisamente e strettamente legato alla penuria di risorse, va nello stesso senso. Allora anche questo comportamento può accelerare lo stesso squilibrio e quindi essere, per ciò stesso, antisistema.
In questa ottica mi viene da pensare che il movimento della decrescita, effettivamente, educando le persone a fare a meno di cose inutili, possa raggiungere due grandi obiettivi: quello di liberare le persone che la praticano dal conformismo e da un certo tipo di sofferenza, quello di far implodere il sistema più presto.
Molto efficaci sono le parole di Fini al riguardo: “L'attuale modello di sviluppo, dopo aver preteso dalle popolazioni del Primo e del Terzo Mondo disumani sacrifici umani, in termini di lavoro, di fatica, di stress, di angoscia, di nevrosi, di depressione, di infelicità, non saprà più a chi vendere ciò che produce. E un sistema che si basa sulle crescite esponenziali, che esistono in matematica ma non in natura, nel momento in cui non potrà più crescere imploderà su se stesso. Sarà uno Tsunami economico planetario. Si salveranno gli indigeni delle Isole Andamane, che già se la cavarono senza un morto né un ferito nello tsunami marino di qualche anno fa, che hanno continuato a vivere di caccia, di pesca, di agricoltura.”
Se fosse così, chiunque propugni e pratichi la decrescita, potrebbe essere un andamano tra di noi, una persona che combatte, magari inconsapevolmente, una crociata antimoderna, uno dei pochi che si potrebbe salvare. La decrescita deve essere quindi una bandiera, un simbolo da impugnare con decisione.

Daniela Salvini

Commenti
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MarMar81 (Registered) 16-04-2011 14:53

Il modello di crescita dell'economia è fuori da ogni logica, così come lo sono i suoi "sacerdoti": i banchieri, i grandi industriali, i burocrati. Ho la netta sensazione che il mondo sia in mano a un gruppo di psicopatici che hanno fatto ammalare, mentalmente e a volte anche fisicamente, miliardi di persone. Viviamo in uno stato di psicopatia normalizzata, di follia accettata e promossa. Tutto questo finirà, e succederà prima di quanto siamo soliti pensare: Daniela ha ragione, la decrescita è un simbolo da impugnare con decisione per uscire da questo circolo vizioso al più presto.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 16-04-2011 22:54

Nel quadro della decrescita, che ripristina la distinzione fondamentale fra beni e merci, riacquista centralità l'economia del dono, dello scambio, della cura. C'è il rischio che per questa via si torni a gravare le donne di antichi pesi e c'è il rischio, ben evidenziato nell'articolo, che il capitale, nella sua capacità onnivora di inglobare anche ciò che nacque per combatterlo, utilizzi anche la decrescita ai suoi fini, ovviamente snaturandola. Tuttavia la logica che informa tutto il sistema della decrescita è sicuramente l'unica veramente alternativa all'economicismo industrialista che in meno di tre secoli è giunto sul punto di minacciare la distruzione del pianeta.
Giovanni Marini (Registered) 17-04-2011 09:12

Purtroppo non è così semplice come sostengono i fautori della decrescita e per diversi motivi.
Prendiamone uno. Per avere senso la decrescita dovrebbe interessare tutte le nazioni sviluppate o in via di sviluppo. Se si decresce, mettiamo in Europa ma non si decresce in Cina o India non servirà a nulla perchè le risorse risparmiate in Europa sarebbero messe a disposizione in maggiori quantità e a prezzi inferiori per Cina o India. E chi lo dice a questi che devono decrescere?
Come vedi basta questo (ma ci sarebbero tanti altri esempi) per definire utopistico il discorso sulla decrescita.
Giovanni Marini (Registered) 17-04-2011 10:33

Ma ciò non vuol dire che di utopia non si possa discutere, anzi è stimolante. Se conveniamo che la decrescita per avere un'efficacia dovrebbe coinvolgere tutti gli Stati, allora ci dovrebbe essere anche una autorità sovranazionale in grado di imporre ai recalcitranti di osservarne le dure regole. Ma una autorità che avesse il potere di imporre la politica economica e lo stile di vita a miliardi di persone non sarebbe altro che il vero Governo Mondiale. In sostanza ci direbbero: per il BENE del pianeta lo dovete accettare. E per chi non lo dovesse accettare? Pioverebbero bombe signori. Ho il sospetto che ci siano persone che a questo ci stanno lavorando, solo che la prospettiva di un governo mondiale non è la mia prospettiva.
Dimostrato quindi che la decrescita su scala planetaria per essere efficace dovrebbe essere imposta con mezzi coercitivi, mi chiedo e chiedo a voi se può essere la soluzione dei problemi per un singolo Paese. Non vorrei essere frainteso, io credo veramente che la prospettiva della decrescita sia un'idea figa e la difendo, ma qui, dato che siamo tra di noi mi permetto di esprimere perplessità e rischi. A voi l'ardua sentenza.
kulma (Registered) 17-04-2011 11:02

Come dice Latouche, un'alternativa alla situazione presente è utopica di natura. Non esiste un'alternativa ragionevole, è un ossimoro. Giovanni fa bene a sollevare dubbi, ce ne sono mille di dubbi e punti deboli. E' proprio per questo motivo che, come scrivono Daniela e MarMar, la decrescita va impugnata con decisione. Per poterne discutere, migliorandone gli aspetti critici. E' un idea relativamente giovane, ha bisogno di crescere, con il contributo di più persone, e meglio se con estrazioni ideologiche diverse (come appunto Uniti e Diversi).
fosco2007@alice,it
lucianofuschini (Registered) 17-04-2011 20:51

La decrescita porta con sé tante cose, fra cui il ritorno alla propensione all'autoproduzione e all'autoconsumo, senza escludere un commercio fra aree geografiche, che sarebbero comunque sostanzialmente limitabili all'ambito europeo. La preoccupazione per la concorrenza cinese o indiana appartiene al mondo della globalizzazione più che alla dimensione della decrescita.
daniela (IP:151.42.57.247) 18-04-2011 07:31

La decrescita è senz'altro un'utopia per il momento, e lo dimostra il fatto che gli economisti, anche quelli che vorrebbero svolte radicali, non la prendono in seria considerazione. Secondo me, può però essere attuata dal basso da chi ha raggiunto la consapevolezza che l'attuale modello di sviluppo non può più reggersi a lungo,e senza che favorisca la perpetuazione del sistema stesso per i motivi che ho espresso nell'articolo. Le donne non possono che temere la decrescita se questo dovesse voler dire che devono da sole farsi carico della produzioe di beni e servizi che per un lungo passato sono gravati principalmente sulle loro spalle. Qui sta nella sensibilità degli uomini capire che si deve procedere accogliendo il principio di collaborazione e compensazione, non di dominio. Credo che la crisi ci sarà. L'evoluzione positiva del mercato finanziario nasconde, con le sue bolle e le sue speculazioni, un drenaggio di ricchezza da produttori ad altri, e quindi una sua redistribuzione selvaggia, che non conosce confini e continenti. Dal punto di vista reale l'economia favorisce ora una zona ora l'altra, però mi pare che ultimamente anche la Cina abbia una bilancia commerciale in rosso per eccessive importazioni e lotti con l'inflazione crescente. I costi dell'energia e delle materie prime, soprattutto alimentari, sono cresciuti, mentre le vendite vanno bene nei settori dei prodotti per i ricchi. Una contrazione del volume del PIl, a mio modo di vedere, non determina risparmi, ma stagnazione, con minore produzione, occupazione, investimento e consumo. Se tutto questo significa ugualmente sovraproduzione perché i consumi si riducono più in fretta della produzione, il movimento a spirale che si innesca si autoalimenta. Tutto questo per dire che non occorre un'autorità che imponga con mezzi coercitivi una decrescita, che i vertici, nella loro ricerca di espansione non possono volere. Si determinerà nei fatti. Inflazione e stagnazione insieme significano stagflazione, che vanifica sia misure di politica economica espansive che misure restrittive. Quindi neppure i governi, nazionali od europei, possono con un maggiore interventismo controllare questo fenomeno, aggravato dalle manovre speculative che nessuno si sogna di contenere. La guerra totale potrebbe essere una soluzione ed è per questo che la si dovrebbe impedire con ogni mezzo.
Sara70 (Registered) 18-04-2011 08:12

Se non vogliamo che la decrescita ci piombi addosso come uno stato di necessità, per l'esaurimento dei motori della crescita globale, non dobbiamo considerarla un progetto utopico bensì una necessaria e cautelativa ricerca di nuovi stili di vita "condivisi".
L'invito-avvertimento a cambiare abitudini tutti insieme può risultare più facile, più virtuoso, meno ansiogeno. Da qui si parte per prepararsi al dono-scambio-cura.
Non dimentichiamo che la Cina è emersa come il principale fornitore di risparmio, quindi, se la strategia è stata vincente a livello globale, può esserlo anche in Casa prpria.
La decrescita rappresenta un pezzo di soluzione, una transizione più avanzata verso quello che stiamo cercando.
Noto (IP:94.166.147.13) 18-04-2011 17:25

Con la decrescita ci sarà meno consumismo, meno obsolescenza programmata e sicuramente una riduzione del potere delle multinazionali, ma non ci si può illudere che non ci sarà una differenza fra ricchi e poveri! La bilancia della richezza e della prosperità penderà sempre da una parte e per riequilibrare il sistema ci vorrà sempre una lotta degli oppressi contro gli oppressori. Oggi, bisogna restare uniti per difendere a denti stretti ciò che è stato conquistato col sangue e non bisogna lasciarsi offuscare da tutti questi progetti che lavorano solo per uno scopo: far accettare la povertà e la sofferenza ai più, per garantire potere e ricchezza a pochi. Quindi, se proprio dobbiamo focalizzare un nemico da combattere, non è il benessere o l'avanzamento tecnologico, ma la speculazione finanziaria, che artatamente innalza i prezzi del cibo e dei carburanti, che artatamente ci indebita per dare soldi alle banche e che lascia impunite quest'ultime come è avvenuto per il caso Parmalat! Ma per fare questo, i poveri o la classe media, che è diventata media grazie alle lotte operaie, deve restare unita e combattere contro i nuovi padroni, che non sono gli imprenditori (che ahimè, a volte arrivano a suicidarsi, perché sono costretti a licenziare i loro operai), ma gli speculatori, i broker, i giocatori di borsa, che con un click decidono il destino di tante persone e con i loro click portano miseria, individualismo, guerra e morte! SVEGLIAMOCI!!!!!!!!
Giovanni Marini (Registered) 18-04-2011 19:19

a DANIELA
Veniamo ora al caso del singolo Paese che decide di decrescere. Che cosa succederebbe se in Italia milioni di persone decidessero di decrescere? Vedo che ti intendi di economia, me la puoi dare tu una risposta?
daniela (IP:151.42.57.247) 18-04-2011 20:50

La tua, Giovanni, è una domanda molto impegnativa. Credo di non avere la soluzione in tasca. Mi limito a fare qualche ipotesi. In agricoltura la decrescita porta ad utilizzare la terra in modo diverso dalla coltura intensiva e mono cui spesso la costringiamo. Le persone in più che decidessero di coltivare, produrrebbero per sè e per un mercato locale e senz'altro, uscendo in parte dal mercato monetario, otterrebbero meno Pil. Sappiamo però che questa misurazione della ricchezza non corrispondere alla condizione di minore o maggiore benessere delle persone stesse coinvolte in questo processo. Se si produce meno Pil si può acquistare meno energia e si devono gioco forza utilizzare di più le braccia. Mi pare che si possa compensare la perdita di occupazione che ci potrebbe essere per la chiusura di tante attività che producono beni superflui per impegnarla in opere necessarie e urgentissime. Certamente occorre mettere in conto un aumento della fatica dei lavoratori. Occorre poi, secondo me, considerare che in Italia la terra coltivabile è scarsa rispetto alla popolazione. Occorrerebbe continuare ad importare oltre che ovviamente utilizzare la terra al meglio. Non si deve permettere che le terre diventino distese di pannelli fotovoltaici se sono fertili, non si può permettere che si usi per produrre carburanti. Molta occupazione la si potrebbe avere per la sistemazione dei terreni dissestati idrogeologicamente, ma questo richiederebbe una spesa pubblica, forse un'assegnazione di lotti a persone che potrebbero abitare vicino ai luoghi di cui dovrebbero prendersi cura stabilmente. Potrebbe essere un bene per alcuni od essere considerato un arretramento. Questo ha a che fare con quella che è la nostra mentalità attuale nel considerare la qualità della vita, comune spesso a destra, sinistra, ribelli o non. Se si può comprare meno energia la popolazione deve diventare per forza più stanziale, per cui circolerebbero meno auto, le persone dovrebbero abitare vicino al luogo di lavoro, si andrebbe meno in vacanza. Alla resa dei conti tutto questo, oggi, è da considerarsi un impoverimento?
Citavo le importazioni di beni essenzial: per farvi fronte certamente occorrerebbe continuare a produrre il buon vino italiano che esportiamo in tutto il mondo, e anche i prosciutti e il parmigiano, ma non nell'ottica di aumentare sempre più le esportazioni al fine del puro profitto, ma per pagare le importazioni. Sarebbe meglio allevare più bestiame direttamente, ma anche mangiare meno carne. Potremmo accogliere una minore industrializzazione. Meno industria, ma difendere quella che ci sembra utile, e non abbandonare la ricerca. Utilizzare gli ingegni italiani in Italia. Occorrerebbe valutare quali settori industriali mantenere, ecc. Nell'ambito dei servizi, con la decrescita in testa, i cambiamenti sarebbero notevolissimi. Del resto il welfare state si sta disfacendo già per conto suo, non dimentichiamolo. Il discorso potrebbe continuare, ma non è questa la sede. Occorrerebbe uno studio approfondito, occorrerebbe un programma politico e una struttura.
Molto ci sarebbe da riflettere sulla redistribuzione del reddito che resterebbe non egualitaria, ma adesso che cosa abbiamo da difendere? So che le lotte tradizionali sono attualmente sempre più inefficaci. Se milioni di persone cambiassero prospettiva le variabili che si metterebbero in gioco sarebbero tali e tante che è difficile prevedere e mi piace pensare che potrebbe andar meglio.
Non ti ho dato una buona risposta perché non ho saputo indicarti dati macroeconomici, rapporti internazionali e così via, ma continuiamo a rifletterci su..
Noto (IP:2.159.212.210) 18-04-2011 21:45

chiedo a Daniela: come si fa a far accettare a tutti l'idea di vivere di un'economia di sussistenza? Come si fa ad impedire che uno più ingordo e più forte cerchi di sopraffare l'altro? Le tue idee economiche implicano misure protezionistiche? E se sì, dovremmo allora uscire dall'Europa dove per starci, in base al trattato di Lisbona e prima ancora di Mastricht, bisogna accettare il libero mercato? E come si fa a saldare il debito pubblico che supera i 1880 miliardi di euro con un rapporto debito/Pil del 120% e un rapporto deficit/PIL superiore al 3%? Pensi che gli altri Paesi ci farebbero vivere secondo il tuo modello economico senza invaderci direttamente o indirettamente, riducendoci a sudditi? Capisco che la situazione non è attuale e che non abbiamo un welfare ottimale, ma non sarebbe il caso, prima di dichiarare fallimento, combattere per conservare quello che ci è rimasto e ottenere di più, visto che quello che abbiamo perso, lo abbiamo perso per l'egoismo dei nuovi poteri forti? Io condivido con Giovanni Marini il fatto che per fare quello che dici tu, ci vuole una forza superiore che comandi a livello mondiale ed io, come Giovanni, non accetterei mai una cosa del genere. Penso che la politica sia l'arte del possibile e che in attesa di un'evoluzione umana che forse non ci sarà mai, non ci resta che difendere ciò che è stato ottenuto col sangue, individuando il vero nemico.
daniela (IP:151.42.57.247) 19-04-2011 14:12

Non credo si debba far accettare a tutti l'idea di vivere in un'economia di sussistenza. Mi sembra che il sistema stia ampliando il divario tra ricchi e poveri non solo con una suddivisione fra Stati ricchi e Stati poveri, ma anche trasversalmente in tutti gli Stati, compresi gli Stati Uniti. Le persone spinte sotto i livelli di sussistenza sono ormai molte, non sono solo disoccupati o persone che si sono indebitate chiedendo credito al consumo, ma semplici percettori di reddito fisso, precari, pensionati. I prezzi sono cresciuti molto più in fretta dei redditi. I poveri decrescono loro malgrado e devono ormai cercare e trovare tante piccole soluzioni e le stanno cercando per poter vivere comunque dignitosamente. Sono già in piena decrescita. Sarebbe sbagliato se procedesse solo l'idea che chi non ha deve prendere a chi ha, magari con i furti e le rapine, cosa che invece sta prendendo molto piede,perché è la soluzione più facile, più rapida ed efficace, che mette però l'intera comunità nella paura e nell'insicurezza. Lo Stato latita e l'idea che la solidarietà si debba attuare in comunità teritoriali o ideali, col vicino, con l'amico, con il fratello, mi sembra possa riparare varchi alla disperazione, che sempre più si affaccia alle cronache. Non carità, come quella che facciamo con i versamenti a sconosciuti al di là degli oceani, di cui non si sa nulla, nemmeno se riceveranno i nostri aiuti, ma sforzi che tendano a ricreare microcosmi di umanità.
Le classi medie possono fare qualcosa ma nessuno fa propaganda in questo senso, quelle molto ricche non credo, tranne i rari filantropi. La decrescita volontaria è sempre possibile e non vuol dire fare come San Francesco. Credo anzi che accolga il principio che le differenze economiche non possono e non devono essere eliminate. Credo che la decrescita porti con sè però un freno ad eccessive differenziazioni remunerative.
Mi sembra che tu sia un medico. Credo che la tua sia una professione che vada ben remunerata, che questo sia giusto. Perché certi medici diventano ultramilionari?
Decrescere nella professione di medico condotto si può. Per me vorrebbe dire tormare ad avere un numero di pazienti proporzionato alle forze che può avere per seguirli davvero, non tendere al massimo profitto costi quel che costi, che è invece l'obiettivo dei più. Vorrebbe dire non accettare i viaggi premio con tutta la famiglia offerti dalle case farmaceutiche, erogare meno medicine, riuscire a calarsi un po' di più nelle problematiche personali dei pazienti, consigliare meno analisi, solo quelle indispensabili, senza paura di perdere i clienti, e meno visite specialistiche. Lavorerebbero di meno le case farmaceutiche e un po' di più altri medici.
Si potrebbe andare ancora avanti così, con altri esempi, ma credo sia inutile. Tutto questo l'ho detto per farti capire che secondo me gli affaristi, gli speculatori, come le multinazionali, semplicemente si ritrarrebbero, per cercare altre persone e altri lidi nei quali fare affari. Se si potesse avere un governo che incoraggiasse queste istanze ma non credo si possa.
Che interesse avrebbero a colonizzarci, se da un lato siamo un paese senza materie prime e con grandi debiti, e dall'altro una bassa capacità di consumo? Certo dovremmo avere leggi che impediscono che la Cina si compri le nostre terre e i nostri porti. Del resto siamo già una colonia di coloro che ci hanno istillato la mentalità attuale. Lottare per liberarci, questo sì.
Avendo lo Stato italiano grandi debiti non possiamo che accogliere il principio che vanno onorati, ma contemporaneamente ridotti. La spesa pubblica è in parte parassitaria ma in parte è utile, però anche questa non ce la possiamo più permettere nelle proporzioni del passato. Dobbiamo lottare allo stremo per conservare ciò che è indispensabile ma trovare anche soluzioni alternative che siano magari più soddisfacenti per i cittadini. Pallante è bravo a fare esempi di soluzioni possibili e a più basso costo per avere beni e non merci.
Credo che l'Italia non possa essere autosufficiente, che dovrebbe avere un'Europa di riferimento. Capisco che quest'Europa non lo è, però l'isolamento sarebbe ben peggiore. Non credo alle panzane di chi dice che basterebbe la sovranità monetaria nazionale e poter stampare tanta moneta quanta ce ne serve. La moneta è un mezzo e seppure molto influente, la ricchezza è data dall'economia reale.
I nostri giovani ormai scorazzano per l'Europa con disinvoltura, i paesi membri hanno scambi commerciali di ogni tipo senza barriere. E' impensabile un protezionismo fra questi paesi. Credo in una diminuzione graduale dei rapporti con i Paesi terzi all'Europa nei fatti, non ad una chiusura e ad un blocco per legge.
Noto (IP:94.165.120.180) 19-04-2011 16:52

Quello che dici tu è giustissimo e lo condivido, ma non riesco a capire come si possa realizzare nella pratica. La decrescita felice c'era già,per forza di cose, prima della società industriale, ma c'erano lo stesso oppressi e oppressori. I contadini e la gente comune vivevano dell'essenziale e capitava che i cittadini di un paese si autotassassero per avere il medico condotto oppure davano i loro tributi ad un signorotto locale in cambio di strade e protezione che non sempre venivano assicurate. Il principio della comunità e del dono sono concetti bellissimi, ma richiedono, oggi, un grado di evoluzione umana che deve essere globale, perché, se viene adottato solo da un popolo, questo diventerà inevitabilmente vittima dei popoli più potenti e la storia ce lo ha insegnato in più occasioni. Il welfare sta agonizzando, ma ci siamo chiesti il perché?! Sicuramente gli sprechi vanno eliminati, ma perché ci sono sempre soldi pubblici a disposizione di banche ed imprese improduttive e tagli in settori quali scuola, sanità, ricerca e cultura?! Perché viene consentita l'evasione fiscale con leggi che depenalizzano il falso in bilancio o con scudi fiscali che permettono di rientrare capitali dall'estero,pagando solo il 5%?! Perché si permette che le rendite finanziarie vengano tassate solo al 12.5% a fronte di una tassazione del 44% per il dipendente pubblico o privato?! Perché non si separano le carriere dei medici, impedendo a chi lavora nel pubblico, di lavorare nel privato e viceversa, evitando conflitti di interesse che vanno a discapito dei malati veri?! Tutto questo succede, perché ci sono delle corporazioni fortissime che rispondono a poteri ancora più forti (banche e multinazionali), che noi comuni mortali (pur essendo un medico, mi metto fra i comuni mortali!) possiamo contrastare non cedendo il passo e restando uniti e organizzati, perché dalla scomparsa dello stato sociale (che va migliorato per carità, ma non annullato!) i poteri forti hanno tutto da guadagnarci e per poterlo distruggere usano tutti gli strumenti a loro disposizione! Se uno seguisse ex-abrupto i consigli della decrescita felice, non avrebbe nemmeno bisogno di andare a votare o di interessarsi di quello che avviene nella nazione e nel mondo, col risultato che chi ha interesse a dominarci, potrà farlo tranquillamente. Un Paese non è strategico solo per le materie prime o perché è un grande mercato! Può esserlo anche semplicemente per la collocazione geografica! Ti ricordo che in Italia abbiamo un sacco di basi americane e potremmo diventare in futuro oggetto delle delocalizzazioni delle grandi aziende, come si è fatto per la Cina, la Polonia e la Romania, perché potrebbero trovare manodopera a basso costo derivata dalle minori tutele sindacali.
daniela (Registered) 20-04-2011 07:44

Non credo alla decrescita felice, ma al massimo una decrescita serena che si affianchi ad un'altra forzata. Non credo che decrescita significhi per forza disinteresse per la cosa pubblica, anzi. Credo che tra le cose che non dovrebbero decrescere metterei la cultura, la formazione dei giovani, la partecipazione. Credo che in ogni epoca ci siano stati oppressi ed oppressori. Il tuo elenco sulle cose che ci vorrebbero oggi è la prova che gli oppressori attualmente sono più che mai attivi. Non credo che il Welfare state dovrebbe essere smantellato, ma reimpostato dalle basi. Il potere delle banche di oggi è enorme e qui è difficile capire come lo si potrebbe contrastare. Io vedo solo che i singoli possono diminuirne la dipendenza riducendo i rapporti e i servizi che oggi richiedono, come uno svuotamento dall'interno, ma se lo fanno quattro gatti non conta.
Noto (Registered) 20-04-2011 09:15

Per contrastare un potere forte, ci vuole una contrapposizione altrettanto forte di persone organizzate con azioni e obbiettivi comuni. Quindi non ci possiamo permettere, soprattutto in questo momento, di essere divisi e sfilacciati in mille rivoli, ma dobbiamo prendere atto di ciò che ci rimane e difenderlo a denti stretti. Le legittime differenze nell'ambito dei sindacati, dei partiti e dei movimenti, se non giungono ad una sintesi, faranno solo il gioco dei potenti di turno. Così è e così è sempre stato!
Giovanni Marini (Registered) 22-04-2011 14:46

a DANIELA
hai giustamente elencato le problematiche insite nel progetto della decrescita, ma hai fatto i conti senza l'oste. Pensi davvero che l'oligarchia capitalista al potere rimanga inerte nel vedere le sue fabbriche che chiudono, le luci degli ipermercati che si spengono, i profitti che vanno sottozero?
Ecco come un governo ostile farebbe fallire (facilmente) i vostri progetti: nel mondo della decrescita diventa centrale il possesso della terra, unico bene in grado di sfamare le persone. Voi immaginate un mondo idilliaco in cui ad esempio, una famiglia che decida di decrescere acquisti 2-3 ettari di terreno per produrre di che mangiare e vendere le eccedenze su un mercato locale per procurarsi il resto. Infatti chiamate la vostra decrescita felice. Migliaia di famiglie che agissero in modo simile metterebbero in crisi il sistema come tu hai detto. Che cosa succederebbe però se il governo mettesse tasse elevatissime sulla terra? Che la famiglia sarebbe costretta a lavorare duramente per pagare le tasse e sopravvivere con le poche eccedenze. E se non fosse in grado di pagare le tasse? Esproprio o galera. Altro che lavorare poche ore al giorno e dedicare il tempo libero alla convivialità e al dono. Inoltre il governo potrebbe mettere i cittadini gli uni contro gli altri, ad esempio i disoccupati delle fabbriche contro i felici possessori della terra. E altri sporchi giochi. Questo semplice ragionamento dimostra che quanto sognato da Pallante è pura fantasia e che non è possibile alcun progetto di decrescita in presenza di un governo ostile.
Giovanni Marini (Registered) 22-04-2011 15:06

Ancora non avete capito che non vivete in un mondo libero, che avete (abbiamo) le catene al collo e che agli schiavi non è consentito di scappare, sognare si forse. Il mondo si divide tra i pochi che sono consapevoli di averle e che non sanno ancora come togliersele e coloro che ce le hanno ma pensano di non averle. E allora quale è il problema la decrescita o le catene al collo? Ricordate Matrix?
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 22-04-2011 16:21

Nell'articolo appena pubblicato su questo blog, Matteo Simonetti parla di uscita dell'Italia dalla NATO e di una sua ricollocazione internazionale. Evidentemente è pura utopia nelle attuali condizioni e con un governo ostile a questa ipotesi. Il presupposto è una profonda crisi economica, politica, istituzionale, che permetta a una formazione politica magari oggi insignificante ma con potenzialità di crescita di diventare forza dirigente. Lo stesso ragionamento vale per la decrescita. In presenza di poteri ostili, può essere stroncata sul nascere. Si tratta di prepararsi ad affrontare quei poteri. L'insistenza di Daniela Salvini sull'importanza di una minoranza che già ora prefiguri nuovi modi di vivere e di consumare, mi sembra sia da vedere in funzione di questo tentativo di creare gradualmente un'alternativa che in presenza di condizioni favorevoli dovrà porsi l'obiettivo di guidare la nazione. Tutto ciò appare oggi illusorio ma chi è cosciente del disastro di civiltà in cui ci troviamo ha il dovere morale di ribellarsi prospettando soluzioni radicali.
Noto (Registered) 22-04-2011 16:39

Peccato che mentre si discute su come ritornare ad un'esistenza contadina, basando tutto sulla cultura del dono, c'è chi al governo sta studiando come boicottare i referendum sul nucleare e sull'acqua, solo per assicurare gli enormi interessi economici di spietate oligarchie. Aspettiamo pure la crisi economica, che toccherà solo noi! Aspettiamo pure che le multinazionali falliscano con i nostri boicottaggi del piffero, pensando che la tenera civiltà contadina non venga poi schiacciata dai nuovi latifondisti! Mi dispiace, ma considero tutte queste teorie, solo filosofia che distrae le masse dalla vera realtà: fuori ci sono dei mostri pronti a vendere morte e noi dobbiamo smetterla di fare poesia e credere nella bontà umana e in tante altre amenità da libro cuore e unirci in unica organizzazione, chiamatela come volete, e combattere, combattere, combattere!!!
Noto (Registered) 22-04-2011 16:44

Che non si pensi che io sia un istigatore alla violenza! Quando dico che bisogna combattere, intendo con le "armi" della democrazia, utilizzando tutti gli strumenti democratici che abbiamo a disposizione e non lasciandoci distrarre da soluzioni improponibili o che portano solo a divisioni!
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 22-04-2011 17:29

Siamo tutto tranne che anime belle che credono nella bontà naturale dell'uomo. Siamo invece convinti dell'assurdità degli appelli al realismo che vogliono dimostrare come l'attuale sistema sia inattaccabile. Crediamo invece che sia una follia insostenibile. In meno di tre secoli ha devastato il mondo e desertificato le menti. La sua stessa assurdità crea i presupposti per la sua distruzione. La decrescita, se realizzabile, sarà l'effetto della forza delle cose, non la fantasia di nostalgici bucolici.
Noto (IP:94.164.8.235) 22-04-2011 19:33

Sono pienamente in sintonia con i principi della decrescita felice! Anche io non sopporto quello che è stato fatto in tre secoli, ma non capisco come intendiate mettere in pratica ciò! Un cambiamento individuale è sì il punto di partenza, ma rischia di essere vanificato dai poteri forti, che hanno tutto da guadagnarci dall'assenza di uno stato sociale o peggio ancora da una nostra rinuncia. Non avranno più le multinazionali, ma concentreranno lo stesso le ricchezze nelle loro mani, dettando il buono e il cattivo tempo in altre forme, come avveniva 3 secoli fa, quando il mondo non era migliore di adesso! E neanche si può accettare di arrivare alla distruzione, prima che, per necessità, ci si renda conto che c'è bisogno di reciproca solidarietà. Sulla teoria ci siamo! Io chiedo solo come intendete attuare tutto questo e con quali strategie!
daniela (IP:151.42.57.247) 22-04-2011 21:42

Dal mio punto di vista la decrescita non è il mezzo per rovesciare il sistema liberale che attualmente impera, sia praticamente che ideologicamente. La decrescita, quella attuata per forza di cose, ovvero per sopravvenute sempre più scarse disponibilità, e quella scelta per la ricerca di maggior benessere con diverse migliori relazioni sociali, che De Benoist considera tendenze olistiche innate, contribuiscono a cambiare stili di vita e mentalità. Persone di questo genere di solito hanno grande consapevolezza e senso critico, non si allontanano dalla politica, ma ricercano una partecipazione diretta e lottano, per costruire un'alternativa, come una formazione politica nuova, un programma totalmente diverso da quelli presenti sulla piazza. E' chiaro però che se non ssaranno delle condizioni oggettive particolari,date dal precipitare delle promesse di questo nostro capitalismo, come l'implosione della globalizzazione su sè stessa, o dall'esplosione di contraddizioni insostenibili, come guerre sempre più grandi e ingiustizie più appariscenti, ovvero se non ci sarà la forza delle cose a cui Luciano si richiama, quella classe dirigente e masse disincantate, che si potrebbe venire a formare non potranno imporsi e governare. Mi sembra molto interessante l'intervista che Giulietto Chiesa ha rilasciato in questi giorni perché secondo lui molte cose stanno per succedere e sembra avere voglia di aggregare forze disposte a battersi. Chi può rispondere nel dettaglio su cosa succederà e come si dovrà procedere?
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 22-04-2011 21:47

Bisogna partire dal presupposto che lo stato attuale delle cose è insostenibile e pertanto saranno le stesse necessità di sopravvivenza che imporranno un cambiamento radicale negli assetti sociali e nel modo di vivere. Per ricostruire su nuove basi è utile che già siano in atto forme di produzione e di consumo, sia pure in nicchie minoritarie, che prefigurino la rivalutazione dei beni rispetto alle merci; ma soprattutto è necessario un movimento organizzato che abbia elaborato un programma credibile e fatto maturare una coscienza diversa in strati significativi della società. Stiamo tentando questa via, partendo da numeri che certamente non incoraggiano. Temo che ci attenda non una decrescita più o meno felice ma piuttosto una catastrofe di proporzioni bibliche, però operare in positivo per cercare un'alternativa è anche un dovere morale.
Noto (Registered) 24-04-2011 17:50

Forse questo articolo può aiutare la riflessione:
http://informarexresistere.fr/la-privatizzazione-del-mondo.html
zacheo01 (Registered) 28-04-2011 18:25

la decrescita non puo' essere un programma politico, sarebbe una cosa ridicola, ma un dato di fatto in un nuovo sistema sociale ed economico che soppiantera' quello esistente.
sara' un effetto del nuovo ordine delle cose, non una causa determinante di esso.
Noto (Registered) 04-05-2011 17:12

Consiglio di consultare il sito del giornalista Paolo Barnard e di leggere con attenzione il saggio: Il più grande crimine, con tutti gli aggiornamenti. E' tutto interamente pubblicato nel sito e si possono cogliere informazioni interessanti.
Noto (Registered) 04-05-2011 17:14

http://www.paolobarnard.info/interventi_indice.php
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