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La crisi dell'euro e il risveglio identitario PDF Stampa E-mail
15 ottobre 2011

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Assistiamo a una quasi identità di vedute fra i gruppi duri e puri del neocomunismo e del neofascismo, anche se loro lo negheranno, a proposito delle ricette per fronteggiare la crisi sistemica: uscire dall’euro e dall’UE, ripristinare la piena indipendenza dello Stato-Nazione, nazionalizzare le grandi banche, azzerare il debito.  E’ abbastanza evidente in questo un’egemonia della visione del mondo della sinistra fascista, ma su questo non insisterei. Invece è il caso di mettere in evidenza la centralità del tema dell’unità europea. L’UE come è oggi è indifendibile. Si tratta dell’Europa dei burocrati e dei banchieri, una costruzione senza anima. Una cosa grandiosa come l’unità europea non può esistere se non muove passioni popolari, se non genera un sentimento dell’Europa come patria comune, se non fa nascere simboli, riti condivisi, in una parola una spiritualità. Sintetizziamo il concetto abbassando il tono e trasferendoci sul piano della banalità quotidiana, perché proprio a questo livello si fanno le rilevazioni più significative: in una finale di campionato di calcio fra Germania e Brasile, la quasi totalità degli spettatori europei non tedeschi tiferebbe per il Brasile. Basta scendere a questo livello per capire come manchi totalmente un patriottismo europeo.
Eppure l’unità dei popoli dell’Europa non è un’idea peregrina. L’Europa unita fu una realtà ed è rimasto nei secoli un grande ideale. Riflettendo sulla storia, vediamo che l’unità di almeno parte del continente fu sempre realizzata attraverso conquiste armate da parte di nazioni e di condottieri che furono però anche portatori di idee nuove, di un progetto di civiltà, perché la pura e semplice conquista non può creare alcunché di duraturo. L’Impero romano seppe unificare buona parte d’Europa con la conquista armata ma anche portando un ordine superiore con le sue leggi, rispettando e talvolta adottando gli Dèi dei vinti, concedendo la condizione di soci o addirittura la cittadinanza romana a molti sudditi. Il suo crollo fu vissuto come un trauma, tanto che chi lo visse non lo volle riconoscere come tale: si volle credere che l’Impero di Roma si perpetuasse sotto altre forme. Il nuovo Impero germanico e cristiano fu visto in rapporto di continuità con quello romano e pagano. Carlo Magno si considerò continuatore ed erede dell’Impero di Roma. Frantumatosi anche l’Impero carolingio, per tutto il Medioevo l’idea imperiale e romana fu tenuta viva dal ghibellinismo, ed era passione vera, era linfa vitale. Alla fine del Medioevo ormai si era affermata la realtà degli Stati nazionali, ma il progetto di un’Europa unita sotto un potere cristiano-cattolico, in lotta col protestantesimo, fu ancora perseguito da Carlo V, all’inizio dell’era moderna. Fallì, per la resistenza dei protestanti e per l’opposizione della Francia. Le paci di Vestfalia sancirono la divisione, apparentemente definitiva, in tanti Stati indipendenti.
Ma la vitalità dell’idea di un Impero continentale si ripropose con Napoleone, per l’ultima volta. La sua fu una conquista armata, ma non solo. I francesi erano anche portatori delle idee nuove della rivoluzione borghese, comunque le si voglia giudicare, le idee dell’illuminismo. Fu un grande sommovimento che produsse rivoluzioni, passioni popolari, bandiere, simboli attorno ai quali si coagulavano i partiti: tutto ciò che occorre per creare una realtà nuova, tutto ciò che manca all’Europa odierna. Il progetto di Napoleone e della massoneria francese fu frustrato da un altro Impero, la talassocrazia inglese, col forte contributo della Russia zarista, e da un’altra massoneria, quella britannica. Da allora non c’è più stato nulla di paragonabile al disegno napoleonico. Il sogno, anche mazziniano, di una federazione europea fra libere nazioni, era solo retoricamente accostabile al modello statunitense, per la semplice ragione che gli USA hanno saputo darsi un governo centrale, una lingua comune e un patriottismo, che all’Europa contemporanea continuano a mancare. Anche la parentesi hitleriana è poco significativa, perché ebbe solo uno dei presupposti che occorrono per dare vita a un vero Impero continentale: la conquista armata. La logica etnica del nazismo era troppo escludente per suscitare quegli entusiasmi e quel patriottismo europeo senza i quali anche le più grandi conquiste sono gusci vuoti.
Dunque è vero che l’attuale UE è una costruzione artificiosa, senza sostanza, ma è anche vero che l’idea di una costruzione che racchiuda i popoli del continente in una realtà unitaria, non è infondata. Oggi non è il caso di auspicare l’avvento di un condottiero che unifichi l’Europa con le armi. Tuttavia  un grande sconvolgimento, una rivoluzione continentale, capace di suscitare passioni, entusiasmi, progetti, resta pur sempre una possibilità, o almeno una speranza. Non mi sembra che gli Indignati o i Pirati abbiano il respiro possente che un’opera tanto gigantesca richiede, ma la loro nascita serve almeno a far comprendere come siano possibili fermenti di dimensioni continentali, che rendono non antimoderna ma piuttosto anacronistica l’idea di rinchiudersi entro i confini dello Stato-Nazione. Anche la nostra convinzione che si debba andare verso forme di autoproduzione e autoconsumo (ma chiamiamola pure autarchia se non abbiamo paura delle parole), andrebbe intesa nella dimensione di macro regioni europee più che nei confini ristretti degli Stati nazionali.
Questi dovrebbero essere i termini del dibattito, non tanto il ritorno alla liretta, pur nella consapevolezza che l’euro è nient’altro che il marco imposto a economie troppo diverse da quella tedesca perchè la moneta unica non facesse disastri. Ma l’obiezione di fondo è un’altra: nei progetti di ritorno agli stati nazionali, alle monete nazionali, nel proposito di azzeramento dei debiti, c’è la pretesa, del resto illusoria, di uscire dalla crisi nel modo più indolore possibile. C’è uno spirito fondamentalmente conservatore. Invece la nostra speranza deve essere l’idea opposta. La crisi è una grande opportunità, è una benedizione. Dobbiamo auspicare che sia lunga, profonda, dolorosa, devastante. Soltanto attraversando un grande disastro gli infiacchiti popoli europei possono ritrovare l’energia per quello scarto dalla norma, per quel recupero di vitalità, per quel sommovimento politico e culturale che, solo, può rifondare l’Europa.

Luciano Fuschini

Commenti
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ul.lucio (Registered) 16-10-2011 21:32

"Uscire dall euro e dall UE, ripristinare la piena indipendenza dello Stato-Nazione, nazionalizzare le grandi banche, azzerare il debito".
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Come al solito si confonde il comunismo con lo stalinismo, dunque:..."fra i gruppi duri e puri del neostalinismo e del neofascismo",...
Ora tutto torna con quanto da Voi scritto qui sopra.
Del resto come puó una societá non ancora esistita ad avere il prefisso "neo"?
Ciao
daniela (IP:151.42.63.114) 17-10-2011 14:41

Ringrazio Luciano per aver dato sostanza ad un'idea d'Europa che non sembra farsi avanti con facilità. Eppure il nostro leader, Massimo Fini, da tempo, esprime, abbozzandola appena, la prospettiva di un'Europa autonoma, anche militarmente, e autarchica economicamente. L'Italia è un Paese mediterraneo che molto ha da condividere con Spagna, Portogallo e Grecia. Le produzioni mediterranee, nel quadro di un recupero più corretto del territorio, non ha prevalentemente, o addirttura sempre, da competere con il Nord Europa. Ci sono molte ragioni per le quali si può dire che macro regioni autonome possono collaborare e compensarsi nella differenza.
Concordo con il fatto che la crisi in questa Europa sia una condizione imprescindibile, e che, da qui,potremmo vederla come un'opportunità, anche se il disfacimento sarà lungo e doloroso. Nel frattempo l'idea della decolonizzazione dell'immaginario deve andare avanti, non farsi travolgere da proposte monetarie che miracolosamente possano di per sè risolvere tutti i problemi.
MarMar81 (Registered) 19-10-2011 11:24

Personalmente ho sempre ammirato molto le figure storiche dei ghibellini (tra cui Dante padre della nostra lingua nazionale) e di Napoleone Bonaparte, l'ultimo grande condottiero e imperatore che l'Europa abbia avuto. Non ho potuto quindi evitare di emozionarmi nel leggere le parole di Luciano, che condivido pienamente. Dentro Alternativa abbiamo idee ancora diverse riguardo l'Europa: c'è chi vorrebbe restare nella UE senza l'euro (credo sia impossibile), chi uscirebbe dall'UE senza indugi, ma in generale si sta formando l'opinione che abbiamo bisogno di "un'altra Europa", cioé una vera Europa dei popoli, non un simulacro neoliberale come l'attuale UE, i cui limiti stanno emergendo disastrosamente in questi mesi frenetici. Lasciamo che le idee maturino, così come le tempistiche: l'iniziativa Europe rise up! che ha portato centinaia di migliaia di cittadini europei nelle piazze del vecchio Continente sabato scorso non è finalizzata al ritorno all'epoca vittoriana di alleanze contrapposte tra stati nazionali, bensì alla creazione di una nuova consapevolezza tra le genti d'Europa. Ovviamente le idee sono ancora un po' confuse, ma qualcosa sta nascendo e, credo, lo farà in tempi non geologici...
zacheo01 (Registered) 19-10-2011 17:03

oggi sul corriere c'e' uno dei pochissimi pezzi di Della Loggia condivisibili.
Suggerisco la lettura.
Il punto e': come puo' un movimento come MZ trasformare l'indignazione in azione politica e non sterile protesta?
tutte le attuali forze politiche usano arnesi vecchi, per questo c'e' solo indignazione e non proposte e tentativi di sbocco.
noi le proposte ce le abbiamo: cosa fare per contaminare gli altri? e' questo il punto.
non basta questo spazio!
simone.org@email.it
simone.org (Registered) 20-10-2011 00:23

Per noi di Anticapitalismo.it l'Europa è la polis di riferimento (pur riconoscendo che è più facile identificarsi nella nazione a livello identitario).

Io dico che l'Europa di cui abbiamo bisogno è la sinergia delle nazioni che la compongono, da Lisbona a Varsavia (l'interazione con la Russira, necessaria, prevede invece un respiro eurasiatico da giocare in chiave antiamericana).
Vale a dire nazioni quanto più possibile autarchiche che sommano le forze e cooperano per colmare le reciproche lacune economiche senza guardare all'esterno.
In sostanza, essendo inverosimile la piena autonomia di una qualunque delle singole nazioni europee e andando via via a crescere per macro regioni, l'Europa è il primo blocco territoriale che può giocare da sé.
MarMar81 (Registered) 20-10-2011 10:09

Per Zacheo:
Non voglio sembrare il professorino con l'indice alzato, ma secondo me dovreste essere più presenti sul territorio. Intendo dire che dovreste sforzarvi di darvi un'organizzazione più capillare, magari in combinazione con altri movimenti "fratelli" di Uniti e Diversi. Non conosco bene la vostra situazione ma mi sembra che, a parte forse la Sardegna e Milano, siate un po' sparpagliati... Dovreste contarvi, organizzare dei circoli locali e partecipare di più alle iniziative sul territorio che facciamo noi di Alternativa o altri movimenti di UeD. Mi scuso anticipatamente se quanto scritto risulti poco veritiero o in qualche misura poco rispettoso.
Giovanni Marini (Registered) 20-10-2011 12:13

ieri mi è stato recapitato l'ultimo numero del mensile la voce del Ribelle. Hanno detto che vendeva solo 3000 copie. Ora tutto va on line. Il cartaceo poteva essere letto però da più persone in qualsiasi momento e luogo e assimilato meglio, la lettura sul pc è necessariamente solitaria e frettolosa, affatica la vista.Peccato perchè il mensile era fatto veramente bene.
Riguardo l'Europa è vero che ci sono affinità consolidatesi nell'antichità (impero romano, sacro romano impero) ma con la nascita degli Stati nazionali è prevalsa la competizione/scontro (vedi Napoleone o Hitler. Il modo in cui si sta facendo l'europa oggi è quello permesso dal dogma economico neoliberista dominante ad egemonia franco-tedesca e con esproprio della sovranità popolare. Secondo me bisognerebbe abbandonare l'euro e ritornare agli accordi precedenti Maastricht e riprendersi la sovranità monetaria. Non esiste unità tra i popoli europei, lo stiamo vedendo in questa crisi dove i tedeschi sono i tedeschi e i greci (o italiani) pigs.
anarca@hotmail.it
Martin Venator (Registered) 20-10-2011 22:43

@ zacheo01

"noi le proposte ce le abbiamo: cosa fare per contaminare gli altri? e' questo il punto."

Essere esempio e palesarlo.
Noto (Registered) 21-10-2011 11:46

Consiglio di leggere attentamente questo articolo:
https://www.facebook.com/#!/notes/informazione-scorretta/leuropa-deve-combattere-contro-gli-attacchi-speculativi-anglo-americani/10150386292779574
Noto (Registered) 21-10-2011 15:54

Scusate, forse il link che ho consigliato di leggere, non potete aprirlo e quindi vi consiglio di leggerlo da qui. E' molto interessante!
http://ilupidieinstein.blogspot.com/2011/10/l-deve-combattere-contro-gli-attacchi.html
daniela (IP:151.42.63.114) 21-10-2011 20:33

Grazie Noto per l'indicazione che mi hai dato, che ci hai dato. La prima parte dell'articolo segnalato, riguardante l'analisi della situazione economica prima e dopo la creazione dell'euro, mi trova completamente d'accordo. Credo anch'io che non si possa tornare a casa, Europa. Trovo che l'elenco delle cose da non fare e quello delle cose da fare siano un ottimo punto di partenza per una discussione, una piattaforma di discussione dalla quale partire per elaborare un programma antagonista, un ragionamento coerente che mette al bando tutti coloro che suggeriscono ricette facili, semplicistiche e indolori, ma sicuramente completamente prive di fondamento. Non si tratta di un progetto riformistico perché presuppone la messa al bando delle forze che ora guidano l'Europa. Le misure suggerite devono essere vagliate profondamente e bilanciate alla luce della nostra impostazione di fondo che non punta ad uno sviluppo per lo sviluppo, alla produttività per la produttività, ma questo non ne vanifica la bontà.
Noto (Registered) 22-10-2011 16:52

Daniela, nell'articolo che ho postato, in fondo, si dice che bisogna ripristinare il primato della politica sull'economia e che l'unità dei Paesi europei può essere l'unico baluardo contro l'aggressione operata dalla speculazione bancaria per non piombare, tanto per citare l'articolo, in un neofeudalesimo. Riguardo allo sviluppo, si può dire che c'è sviluppo e sviluppo e finanziare la ricerca e la cultura potrebbe essere l'unico modo per trovare soluzioni per una crescita, in termini di PIL, senza inquinare, distruggere il pianeta, provocare malattie, affamare tre quarti dell'umanità. Il progresso, insomma, non deve essere solo tecnologico, ma deve essere umano e questo lo si potrà fare solo ripristinando il Primato della Politica, ossia il primato dell'Uomo sulla tecnica!
daniela (IP:151.42.63.114) 22-10-2011 21:00

La parte dell'articolo che ho apprezzato di più è quella che dimostra come e perché gli anglo-americani hanno tutto l'interesse a distruggere l'euro e che possono farlo sia speculando al rialzo verso la Germania che speculando al ribasso nei confronti dei paesi deboli dell'Unione. Illustra correttamente quello che è successo dalla fine di Bretton-Woods ai giorni nostri. Inoltre analizza rigorosamente le ragioni per le quali, pur riscontrando che l'Europa attuale è una schifezza, non conviene oggi uscire dall'euro, che coloro che lo sostengono non si contrappongono all'imperialismo ma lo favoriscono. Gli stati-nazione europei sarebbero ingurgitati in un boccone dall'impero. Un'inflazione molto grande e una svalutazione della moneta renderebbe le monete nazionali carta straccia. L'Europa commetterebbe un suicidio collettivo.
Approvo molti suggerimenti utili nell'elenco delle cose da non fare, come ad esempio dire no agli aiuti offerti dal FMI, non ricapitalizzare le banche come ha fatto l'Obama scellerato. Su altre si può studiare, discutere, approfondire.
Nell'elenco delle cose da fare stessa cosa. Alcune, come liberare le banche dei derivati, a costo di fallimenti o nazionalizzazioni, una tassa Euro-Tobin tax sulle transazioni finanziarie, combattere e cacciare le agenzie di rating, europeizzare la BCE ponendola sotto il controllo pubblico di organismi rappresentativi, come potrebbe essere un rinnovato Parlamento europeo, mettere fine a tutte le ingerenze in Afghanistan, in Libia, ecc, mi trovano completamente d'accordo. Su altre sono perplessa ma se ne può discutere. Non credo più da tempo alla politica della crescita del Pil, anzi sono una decrescista convinta, ma mi piace pensare che potrebbe esserci, se lo volessimo, se lottassimo, un'Europa dei popoli che non mette al centro l'economia ma persegue la piena occupazione facendo lavorare, di meno, un po' tutti. Il prinmato del politica sull'economia mi sembrerebbe una buona cosa.
Diffido di coloro che oggi parlano di una fuoriuscita facile dall'euro, di un ritorno al benessere e alla crescita stampando cartaccia. Le loro idee semplicistiche si stanno facendo largo tra gli antagonisti e sono perfino convinta che se da una parte ci siano fra loro tanti ingenui che non sanno nulla di economia politica, dall'altra vi sono persone in malafede, degli scellerati, infiltrati del nemico, che hanno acquisito popolarità parlando idealmente a bambini e nonne.
Noto (IP:31.188.233.15) 24-10-2011 12:45

Anche io sono contrario alla crescita in sè, in termini di PIL così come la intendiamo oggi. Credo o almeno voglio credere ad un modello di società evoluta che si riappropri della dimensione umana non demonizzando i benefici che la scienza ci ha regalato, ma utilizzandoli come strumenti di elevazione e non di schiavismo. Non so se si debba necessariamente ritornare a coltivare la terra con la zappa per ritornare ad essere umani, ma mi piacerebbe che l'uso del trattore non porti un contadino a diventare un imprenditore agricolo che, per essere competitivo e/o per ottenere un misero guadagno dai suoi investimenti, deve produrre derrate alimentari da portare magari poi al macero, perchè ha superato delle quote stabilite da alcuni burocrati. Vorrei che si ritornasse al senso delle cose e che il trattore dell'esempio servisse all'agricoltore per fare in poco tempo e con meno fatica quello che prima faceva, spezzandosi la schiena e lavorando dall'alba al tramonto. Il tempo in più, potrebbe dedicarlo alla famiglia, all'arte, alla cultura, alla partecipazione sociale e politica! Ma è utopia!
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