Avviso Registrazioni

Scusandoci per l'inconveniente, informiamo i nuovi utenti i quali desiderino commentare gli articoli che la registrazione deve essere fatta tramite Indirizzo e-mail protetto dal bots spam , deve abilitare Javascript per vederlo

Login Form






Password dimenticata?
Nessun account? Registrati

Cerca


 
  SiteGround web hostingCredits
Un cambiamento possibile PDF Stampa E-mail
17 dicembre 2011

Image
 

Gli avvenimenti di questi ultimi mesi e di queste ore di febbrili trattative non possono che riconfermare, se mai ce ne fosse ancora bisogno, la profonda necessità di cambiamento del sistema socio-politico-economico (e culturale) a cui siamo assoggettati e di cui siamo, nel contempo, vittime e complici. Ne siamo vittime nella misura in cui l’influenza del singolo è trascurabile rispetto alle scelte non già europee ma, molto prima, a livello di singola comunità locale e nella misura in cui il cittadino non ha il diritto di scegliersi il proprio rappresentante. Siamo complici quando, pensando di non potere cambiare lo status quo, cadiamo nell’errore di crederci e ci fermiamo nell’attesa che il prossimo miracolato dal Signore venga a toglierci le castagne dal fuoco.
A nessuno piace gettarsi a pelle di leone sui problemi, ma lasciar fare sempre agli altri, con la paura di esporsi e la consapevolezza di non riuscire nell’intento, non è la medicina migliore. Neppure gettarsi a corpo morto tra le braccia di "grandi risolutori" ha sortito grandi effetti, anzi: ne abbiamo letto e visto a sufficienza negli ultimi cent’anni per trarne le dovute conclusioni. Con toni e modalità diverse, i grandi risolutori dell’odierno si riaffacciano, ben vestiti e con modi gentili, alla finestra del sistema capitalistico finanziario, richiamati dagli Eletti in qualità di promessi salvatori di Patrie e di interi continenti.
Il grande nemico è diventato il sistema industrialista, nato dalla cultura illuminista della Ragione attraverso cui sarebbe stato possibile un progresso indefinito della conoscenza e della tecnica e che, a partire dalla Rivoluzione Industriale, l’uomo occidentale difende a denti stretti scatenando guerre (mondiali e non) per il sostentamento del proprio modello di vita, quello perfetto per il “migliore dei mondi possibili”. Il modello industrialista ha generato rigurgiti economici, ambientali, sociali e culturali ed ha ri-alimentato, nel tempo, sopiti istinti primordiali che facevano pensare più agli inevitabili effetti collaterali del farmaco prescritto piuttosto che a difetti strutturali della cura. Tutto questo sino a quando ci sono stati farmaci a sufficienza un po’ per tutti: poi i pazienti, stanchi dei medici e delle terapie, hanno iniziato a scendere in piazza.
Manifestare una pacifica e organizzata indignazione è diventato certamente un primo ed importante passo per tentare la svolta: i Paesi arabi ci hanno provato, ma hanno dovuto fare (e faranno ancora) i conti con l’integralismo religioso complice il fatto che, al di la della protesta, i manifestanti non hanno portato controproposte concrete da spendere sul tavolo del possibile cambiamento. Anche in Occidente la rivolta, alimentata e ben organizzata attraverso la Rete, non sta portando ad evoluzioni del sistema: di fatto manca una finalità comune di intenti, e chi protesta non avendo il denaro per campare, si mescola a chi agisce esclusivamente a tutela del patrimonio di famiglia.
La crisi “globale”, come è stata ribattezzata dal mercato economico per eludere responsabilità altrimenti chiaramente distinguibili, potrebbe essere la grande occasione per tentare un reale cambiamento, partendo dai movimenti e dalle associazioni già legittimate dal sistema attuale.
In totale buona fede e con un’ottima dose di ingenuità si potrebbe pensare che i sindacati e le associazioni di categoria, ad un livello di coalizione insospettabile, potessero muoversi per primi, godendo di un riscatto di immagine e di una colossale iniezione di fiducia: tutti assieme, uniti per un reale cambiamento. Il che, in un clima di profonda e generalizzata crisi, non sarebbe un’ipotesi affatto impraticabile. Al punto che, probabilmente, anche i partiti politici potrebbero dare il loro contributo, ad esempio, accelerando la riforma elettorale in direzione di una democrazia diretta realmente a servizio della collettività: di destra, di centro o di sinistra.
In ogni caso, la scelta che si profila sta diventando forzata più che forzosa: decrescita o recessione. Con la differenza che la prima la si può modellare e ridefinire ad uso e consumo del sistema molto prima che si trasformi inesorabilmente nella seconda, senza possibilità di ritorno. Una consapevolezza -questa sì “globale”- indispensabile per poter operare un cambiamento di questa portata non appare affatto ancora matura: la parola “decrescita” rimane ancora impronunciabile nella misura in cui l’unità di peso resta il PIL e lo sviluppo è sempre “sostenibile”.
Eppure, guardando oltre le manifestazioni di piazza facilmente manipolabili e strumentalizzate ad arte dai soliti noti, ci sono avvisaglie di risveglio che si annidano tra le pieghe del positivismo industrialista. Alcuni interventi di politici anche noti, di giornalisti e di scrittori in trasmissioni su reti televisive ed in articoli di quotidiani nazionali in cui si fa riferimento all’esigenza di “ripensare il sistema” in maniera più o meno esplicita si mescolano, a tratti, alla malcelata consapevolezza che il settimo miliardesimo essere umano, per di più asiatico per beffa del destino, abbia gli stessi diritti di campare e di inquinare dell’opulento finanziere teutonico. Per adesso, accontentiamoci.

Alessandro Bavelloni

Commenti
NuovoCerca
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 18-12-2011 12:00

Dubito delle "avvisaglie di risveglio" che ci vengono da reti televisive e quotidiani nazionali. Anche la Rete è manipolabile. La speranza viene solo dalla forza delle cose, cioè da un approfondimento della crisi a un punto tale che dai confusi movimenti ribellistici in atto scaturisca finalmente la consapevolezza della necrosi di tutta una civiltà ed emerga un qualche leader che si guadagni autorità e prestigio per guidare la rivolta, perché le moltitudini senza guida non approdano a nulla.
nosorog (Registered) 19-12-2011 12:27

Condivido l'analisi inclusa nell'articolo. Ma alla fine penso che si debba convincere i cittadini dell'importanza di governare una decrescita, più che far affidamento sulle dichiarazioni di politici o scrittori, i quali si rendono conto sì che nel sistema c'è qualcosa che non va, ma si guarderanno sempre bene dal fare qualcosa per cambiarlo.
Giovanni Marini (IP:89.97.184.59) 20-12-2011 01:40

Anche se la crisi dovesse peggiorare di brutto non è detto che si verifichino gli esiti sperati da Luciano. Le tecniche di manipolazione mediatica sono raffinate oggigiorno, in passato non c'era nulla di simile.
Secondo me il MZ dovrebbe collegarsi con quanti sono contro questo sistema. Che fine ha fatto il discorso con Alternativa?
Fondare un giornale o una Tv che diano voce a quelle idee profondamente critiche verso il sistema. Non mancano persone di alto profilo a riguardo.

fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 20-12-2011 13:02

Abbiamo tentato una convergenza non solo con Alternativa ma con altri gruppi come Per il Bene Comune e Decrescita Felice, per dar vita a Uniti e Diversi. Mi sembra si possa già parlare di fallimento. Ci sono divisioni all'interno dei singoli movimenti. Per esempio Alternativa è spaccata fra chi vorrebbe uscire dall'UE e dall'euro, con una scelta nazionalista e socialista, e chi vorrebbe invece operare in una dimensione europea collegandosi ai fermenti che serpeggiano in varie nazioni. L'unico movimento "alternativo" che si è conquistato uno spazio significativo è Cinquestelle, ma rifiutando ogni ideologia e privilegiando un lavoro minimalista a livelli comunali, si chiude alla collaborazione con altri. Il quadro è questo, poco incoraggiante. Finché non maturerà qualche condizione nuova, facciamo almeno il nostro dovere di sensibilizzazione verso chi è disposto ad ascoltarci. Noi il giornale abbiamo tentato di farlo: è La Voce del Ribelle, uscito per alcuni anni anche in versione cartacea. Le difficoltà che puoi ben immaginare, Giovanni, hanno indotto a tagliare il cartaceo per far sopravvivere il giornale on line.
aragorn (Registered) 20-12-2011 23:40

Chissà perché i movimenti antisistema non si rendono conto di non essere "governi" ma appunto movimenti. Basterebbe concordare su quanto deve essere rimosso, e mi sembra che sia tanto, invece di bizantineggiare su questioni lontane nel tempo e nello spazio. Non capiscono che se dovesse cadere il sistema usurocratico finanziario, saremmo tutti felici di giocare ad orazi e curiazi, fascisti e comunisti, montecchi e capuleti e agnolotti e cappelletti.
Ma la malattia del secolo, diffusa con modalità virali dal Sistema stesso, si chiama ipertrofia dell'io: l'euro piuttosto che le valute nazionali o altre puerili e risibili divisioni sono soltanto il pretesto per rimanere nella propria parrocchietta a fare i predicatori, con pochi, ma significativamente adoranti, fedeli.
aragorn (Registered) 20-12-2011 23:41

Chissà perché i movimenti antisistema non si rendono conto di non essere "governi" ma appunto movimenti. Basterebbe concordare su quanto deve essere rimosso, e mi sembra che sia tanto, invece di bizantineggiare su questioni lontane nel tempo e nello spazio. Non capiscono che se dovesse cadere il sistema usurocratico finanziario, saremmo tutti felici di giocare ad orazi e curiazi, fascisti e comunisti, montecchi e capuleti e agnolotti e cappelletti.
Ma la malattia del secolo, diffusa con modalità virali dal Sistema stesso, si chiama ipertrofia dell'io: l'euro piuttosto che le valute nazionali o altre puerili e risibili divisioni sono soltanto il pretesto per rimanere nella propria parrocchietta a fare i predicatori, con pochi, ma significativamente adoranti, fedeli.
paolo883 (Registered) 21-12-2011 13:03

Direi che come al solito Aragorn c'entra perfettamente il problema. Un'ipertrofia dell'io che va di pari passo con la completa e sistematica negazione dell'inconscio e della realtà trascendente, che viene considerata alla stregua di allucinazioni di pertinenza dello psichiatra di turno. Se si riuscisse a dare anche solo un pochino di dignità al sè trascendente si farebbe già un gran passo avanti che si porterebbe dietro in cascata tante altre belle cose, come il rispetto della natura e la decrescita (che da soli NON possono essere considerati dei valori). Purtroppo mi rendo conto che la strada è lunga. Le droghe significative dei tempi in cui viviamo (caffè, alcool, zucchero, televisione, gioco d'azzardo, pornografia, tabacco, cocaina eccetera) portano ad un'esaltazione dell'ego e della cultura del dominio, mentre quelle che potrebbero aiutarci a riscoprire il sè sono ferocemente combattute dal sistema, pur essendo molto meno dannose. (pensieri tratti liberamente da Terence McKenna - Il nutrimento degli Dei)
ottavino (Registered) 21-12-2011 19:13

Aragorn centra davvero il problema. Da parte mia aggiungo che personalmente sarei stufo pure dell'idea di "prendere il potere" o di "provocare un cambiamento" che è la cosa che da sempre assilla tutti i movimenti. Se uno deve agire in questa società, è bene che agisca così, quasi in modo scanzonato. Senza nessuna mira politica, pur lanciando delle idee politiche. Il brutto dei movimenti è che si induriscono. Invece non dovrebbe essere così. Si potrebbe parlare di decrescita in modo provocatorio, dicendo qualcosa tipo "chiudiamo le scuole". Ma il dibattito politico non lo consente, è tutto così impregnato di "socialismo", nel senso che si deve sempre pagare pegno al "sociale". Un movimento anti-sociale, ecco, quello mi piacerebbe.
nosorog (Registered) 22-12-2011 16:44

D'accordo anch'io con Aragorn; ci sono in giro troppe primedonne, ed è ora che ciascuno di noi si chieda perché sta svolgendo attività in un movimento. Se la risposta che troviamo dentro noi è "lo faccio per migliorare la vita dei cittadini anche a costo di non ricavarci nulla" può continuare. Altrimenti è bene che vada a giocare a bocce.
a.bavelloni@hotmail.it
a.bavelloni@hotmail.it (Registered) 23-12-2011 16:00

Personalmente, svolgo attività in MZ perchè credo nelle idee di base del movimento e continuerò a farlo anche senza ricavarci assolutamente nulla, proprio come ora.
Solo gli utenti registrati possono inviare commenti!
 
< Prec.   Pros. >