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I pericoli della democrazia elettronica PDF Stampa E-mail
31 dicembre 2011

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Tutti esaltano la comunicazione internet, la nuova (ormai non troppo) pionieristica frontiera dell’informazione. In realtà a me sembra uno strumento sì efficace, ma pericoloso. Pericoloso perché difficile da controllare. E qui apro una parentesi: come può una rivoluzione rovesciare un regime, che sia democratico oppure oligarchico poco importa, se il popolo non si riversa nelle piazze, se non imbraccia forconi e fiaccole –senso figurato e romantico delle rivoluzioni che furono– e non pretende furioso la testa dei grandi re? Quale altro potere efficace ha il popolo se non quello universalmente noto di cambiare gli assetti politici attraverso la violenza? (anche la guerra ha queste caratteristiche, ma è una risoluzione estrema tra le Nazioni, e non tra i cittadini e l’apparato governativo...). Nessun altro. Dicono che la sovranità popolare del cittadino oggi è il voto elettorale. Ma questo è ovviamente una truffa: in una democrazia rappresentativa, infatti, attraverso il voto il cittadino non decide le questioni, ma decide chi deve decidere le questioni.
Mi sono dilungato per dire che dall’alba dei tempi ciò che è forza e potere è il sacrosanto diritto della Rivoluzione nelle piazze. Ecco, ho quasi la sensazione che Internet possa stravolgere questa millenaria caratteristica. Oggi la protesta nei confronti dello Stato e dei suoi oligarchi –oligarchi travestiti da parlamentari– si riduce, spesso e volentieri, nel dissenso virtuale dell’universo dei socialnetwork. Prendiamo ad esempio Facebook. Basta un “mi piace” sotto un articolo o un commento di protesta per convincere lo scontento a dire “il mio l’ho fatto”. E’ sufficiente commentare l’invito di un sit-in contro la privatizzazione delle risorse idriche con un “non potrò esserci, ma col pensiero sarò con voi” per pulirsi la coscienza da ogni passività. Oggi lo scontento contesta davanti al Pc, raccogliendo firme virtuali e spedendole, virtualmente, alle istituzioni. E’ tutta una creazione intangibile del dissenso. Non che oggi le piazze siano sempre più vuote (o forse sì?), ma in futuro lo saranno? E se lo saranno, in che modo il popolo potrà ancora una volta rovesciare i regimi e ridisegnare gli assetti politici?
Vi è, in secondo luogo, un fattore intrinseco al potere di tutti i governanti della Terra, e di qualsiasi epoca, comunemente denominato "potere invisibile", caratteristica che la nascente democrazia settecentesca intendeva, almeno idealmente, eliminare. Mafia, camorra, logge massoniche anomale, servizi segreti deviati e controllati, P2, P3 e P4: tutti poteri invisibili che funzionano e agiscono, segretamente, all’ombra del potere democratico.
Scrive Norberto Bobbio: “che la democrazia fosse nata con la prospettiva di fugare per sempre dalle società umane il potere invisibile per dar vita a un governo le cui azioni avrebbero dovuto essere compiute in pubblico è ben noto”. Anche Kant, nell’Appendice alla Pace Perpetua, dipinse la maschera del potere invisibile: “Tutte le azioni relative al diritto di altri uomini la cui massima non è suscettibile di pubblicità, sono ingiuste”. Che significa: un’azione che io sono costretto a tener segreta è certamente un’azione non solo ingiusta ma tale che se fosse resa pubblica susciterebbe una reazione tale da rendere impossibile il suo compimento.
Il controllo pubblico del potere, a fronte della potenza del sistema invisibile che gli ruota attorno, è dunque una necessità, tanto più in una età come la nostra, in cui chi detiene le redini del comando dispone di mezzi tecnologici così avanzati da poter controllare segretamente e illegalmente i cittadini. Nessun tiranno dell’antichità, infatti, come nessun monarca assoluto dell’età moderna, pur avendo a disposizione centinaia di spie e di informatori, poteva disporre di tutte le informazioni sui propri sudditi come oggi un qualsiasi governo democratico è in grado di disporre. “L’ideale del potente è sempre stato quello di vedere ogni gesto e di ascoltare ogni parola dei suoi soggetti”, scrive Bobbio.
Pensate allora in che mondo potremmo mai vivere se la potenza di internet, il suo occhio sul mondo globale, fosse unicamente a disposizione di quella elite di oligarchici che manovra l’intero sistema: chi controllerebbe i controllori? La democrazia come governo visibile, in questo caso, sarebbe perduta per sempre. La computer-crazia, ovvero il sistema di controllo del potere da parte del cittadino, non dovrà mai tendere al suo contrario, e cioè il controllo dei sudditi da parte del potere. In un mondo tristemente globalizzato e omologato, internet è il più grande potere di controllo nelle mani del popolo.
Ma se nutro certezze nella computer-crazia come sistema governante, al contrario, nutro dubbi nella computer-crazia come sistema governato. L’ipotesi, infatti, che la computer-crazia possa diventare fonte di democrazia diretta mi sembra una eventualità disastrosa.
Scrive infatti il politologo Giovanni Sartori: “La democrazia referendaria è un animale che non esiste ancora ma aleggia nell’aria: è un sistema politico nel quale il demos decide direttamente le singole questioni non più assieme, ma separatamente e in solitudine. E la democrazia elettronica ne costituisce l’incarnazione più avanzata. Qui il cittadino siede ad un tavolino davanti a un computer e ogni sera, mettiamo, gli arrivano dieci domande alle quali è tenuto a rispondere “sì” o “no” premendo un tasto. Con questo sistema arriviamo all’autogoverno integrale. Tecnologicamente la cosa è ormai fattibilissima. Ma è da fare? Il presupposto e la condizione necessaria di questi sviluppi è che per passare dalla democrazia elettorale fondata sull’opinione pubblica a una democrazia nella quale il demos decide da sé ogni questione, occore un nuovo demos, un popolo che sia davvero informato e competente. Altrimenti il sistema diventa suicida. Se affidiamo agli analfabeti (politici) il potere di decidere questioni su cui non sanno niente, allora povera democrazia e poveri noi”.
A giudicare infatti da tutte le leggi che vengono emanate ogni giorno nei parlamenti, il cittadino sarebbe chiamato a esprimere il proprio voto almeno una volta al giorno, anche su temi a lui sconosciuti e troppo tecnicisti. L’eccesso di partecipazione democratica, quindi, finirebbe con il trasformare il cittadino in "cittadino totale": il soggetto di un mondo dove tutto è politica, e dove l’individualità e le libertà particolari si mischiano con quelle collettive e generali. Un mondo fantoccio. Nulla uccide la democrazia più dell’eccesso di democrazia.

Marcello Frigeri

Commenti
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fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 01-01-2012 13:16

C'è uno scenario in cui è prevedibile uno scoppio insurrezionale secondo le modalità storicamente consuete: la fila dei piccoli risparmiatori davanti agli sportelli chiusi delle banche fallite. Nonostante i tentativi di rassicurare da parte delle autorità, le folle infuriate sfascerebbero tutto. Il popolo dei Bot, non la mitica classe operaia, è l'unico soggetto potenzialmente eversivo nell'Occidente odierno.
Quanto ai pericoli della democrazia diretta, Frigeri porta argomenti forti. Ma visto che siamo tutti consapevoli di come la democrazia rappresentativa sia solo un inganno, quello che viene messo in discussione è proprio la democrazia come tale. Del resto è una discussione, mai risolta, che risale agli antichi greci. I problemi veri non si risolvono, ammettendo soltanto conclusioni provvisorie. Comandano sempre delle élites. Allora per democrazia si dovrebbe semplicemente intendere un governo di élites che agiscono nell'interesse dei ceti più popolari. Una parziale risposta al problema sollevato alla fine dell'articolo può essere questa: mobilitare tutti i media perché martellino l'opinione pubblica con il messaggio (oggi incostituzionale) che votare è un diritto ma non un dovere; chi non ha opinioni precise e non si interessa né di politica né del quesito oggetto del referendum, ha il dovere civico di non votare. Contrariamente a quanto si pensa, minore è la percentuale dei votanti e maggiore è la probabilità che la democrazia funzioni.
nosorog (Registered) 03-01-2012 14:02

Internet ha inaugurato un nuovo tipo di comunicazione: la comunicazione molti-a-molti, laddove altre tecnologie (televisione, giornali, radio) prevedevano una comunicazione uno-a-molti. Nel secondo caso, c'è una persona che parla o scrive e il pubblico può solo ascoltarlo; nel primo caso, tutti sono ascoltatori e scrittori al tempo stesso. Non tutte le aziende sono ancora consapevoli dell'importanza di questo modo di comunicare, figuriamoci la classe politica. Questo meccanismo comunicativo ha creato una serie di catene di Sant'Antonio, leggende metropolitane, informazioni fasulle, ecc. Inoltre l'abuso di internet "impigrisce" i cittadini: come dice giustamente l'articolo, li illude di aver "fatto" qualcosa (un sito, un portale, un "mi piace") e invece ha solo permesso lo scambio di qualche informazione. Quindi è sacrosanto tornare a parlarsi in faccia, in piazza, in strada. Personalmente sarei un po' meno severo con la e-democracy, perché comunque in futuro potrà aiutare a riportare almeno una parte potere decisionale/legislativo nelle mani dei cittadini, superando le storture della democrazia rappresentativa, anche se non potremo fare mai affidamento solo sulla rete per questo. Ciò detto, sta a noi tradurre l'articolo sopra in fatti e scendere in strada per far conoscere, direttamente appunto, le nostre idee ai cittadini.
paolo883 (IP:82.48.68.14) 07-01-2012 08:51

@nosorog

premetto che vaddo leggermente fuori dall'argomento dell'articolo.

è vero che internet ha creato "catene di Sant'Antonio, leggende metropolitane, informazioni fasulle", ma non solo. Ha anche permesso (o meglio, sta permettendo, perchè il processo è ancora in corso) di criticare e sovvertire molti dogmi del pensiero medico scientifico che altrimenti si sarebbero ancor più cristallizzati nei testi universitari e di conseguenza negli articoli dei giornali cosiddetti tradizionali. Oggi siamo in grado di mettere in discussione le conclusioni di un medico, e di decidere di conseguenza, quando prima eravamo costretti a subire passivamente le sue decisioni, o al massimo ricorrere alla spesso inutile quando costosa operazione detta "seconda opinione".

Non parlerei di comunicazione molti-a-molti, ma di un ritorno alla trasmissione orale della conoscenza. Quanto la stampa ha creato un sistema di conoscenza statico e governato dal pensiero dominante di turno (e infatti è andato in crisi praticamente subito), tanto internet ha (ri)creato il vecchio sistema del passaggio della conoscenza attraverso la parola e la sperimentazione diretta, che poi è il sistema su cui si basavano il loro sapere i popoli primitivi.

L'autorevolezza di un testo stampato, laddove esiste un autore prestigioso e un editore potente a garantire sull'esattezza del contenuto, può essere più forte del fatto che le informazioni trasmesse non siano suffragate dall'esperienza diretta. La stessa cosa detta a voce, o scritta su un blog, ha bisogno di immediato riscontro e se falsa viene presto smascherata.

Insomma, per me internet rappresenta una rivoluzione straordinaria, al di là delle tante cose negative che si porta appresso (in primis gioco d'azzardo e pornografia a distanza di un click).
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Registered) 07-01-2012 13:15

Concordo con paolo883. Interessante la sua opinione che internet riproponga le modalità della comunicazione orale
tho86lmb@yahoo.it
lamberti (Registered) 24-01-2012 22:34

Personalmente concordo sull'analisi delle potenzialità offerte da internet, nel bene e nel male sono grandissime e non del tutto sfruttate.
nonostante tutto trovo sbagliato in principio della democrazia elettronica così come è intesa nell'articolo, come forma di democrazia diretta.
In parte per le preoccupazioni elencate nell'articolo e in parte per una questione di efficienza del sistema. Solo questo secondo punto, da qualsiasi punto lo si guardi esclude di principio l'idea di un tale sistema(come applicazione generale al governo di una nazione, in casi particolari è invece auspicabile).
Detto ciò rimane un fatto, solo sfiorato dall'articolo, l'alternativa.
la Democrazia è l'unico sistema esistente, possibile, auspicabile ecc..?
la risposta è no.
Spero che qualcuno di voi si ponga la stessa domanda e attraverso internet cerchi una risposta, un'idea, uno spunto per qualcosa di nuovo.
Troppe persone nel mondo vedono la Democrazia come un orizzonte.
Personalmente io spero nella Demarchia.
Infine penso che internet non farà la rivoluzione, ma che senza internet non ci sarà rivoluzione.
paulgauguin@hotmail.it
tonyradda (Registered) 07-02-2012 13:09

secondo me il fatto è che nella società liquido-moderna anche i nuovi mezzi di comunicazione sono stati contaggiati, in quanto specchio della società post moderna, dalle mode del consumo.
In effetti i social network sono mezzi di non comunicazione in quanto sono poco impegnativi, poco sinceri e riversibili (proprietà principale del mondo liquido).
il problema è che la maggior parte della gente si informa ancora con i "canali tradizionali" dove le "informazioni" vengono prese da agenzie di stampa quotate in borsa e che quindi non possono essere autonome. (Questo avviene anche su internet).
La tecnologia è in movimento, termine che NON è sinonimo di progresso. Non sono un luddista ma oggi nella tecnologia i mezzi sono diventati fini.
ps facebook è stato indirittamente finanziato dalla CIA e il governo americano salva su un archivio ogni singolo tweet.
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