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Giovani sotto attacco PDF Stampa E-mail

14 settembre 2012

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Sintesi di un testo pubblicato da Rassegna di Arianna del 27-7-2012 (N.d.d.)

 [...] Abituati a vivere sotto la campana di vetro, molti giovani si sono trovati del tutto disarmati davanti agli effetti sconcertanti di una crisi economica che sembra aver colto tutti impreparati; ma già prima che questa si manifestasse, era abbastanza chiaro che molti figli non erano in grado di assumere le loro nuove responsabilità di adulti, ad esempio continuando l’attività lavorativa dei genitori: l’azienda, il negozio, la bottega, la proprietà agricola di famiglia venivano malinconicamente cedute ad estranei perché i rampolli di casa, abituati ad una vita spensierata, non volevano neanche sentir parlare dei sacrifici ad essa legati, a cominciare dalla necessità di lavorare anche il sabato e di dover rinunciare, così, alle serate in discoteca o con gli amici.

Nel frattempo, il vuoto esistenziale si diffondeva a macchia d’olio: nessuna generazione è mai stata tanto abbandonata a se stessa quanto quella dei giovani d’oggi, assistiti e protetti fin troppo dal punto di vista materiale, ma totalmente abbandonati dal punto di vista spirituale e morale. Gli adulti hanno perseverato nella loro latitanza educativa; gli intellettuali hanno continuato a brillare per il loro silenzio, per la loro ignavia o, peggio, per il loro demagogico opportunismo; registi cinematografici e scrittori, come iene o avvoltoi, hanno continuato a sfruttare il filone del disagio giovanile, senza tuttavia degnarsi di fare la benché minima proposta costruttiva, senza mai sporcarsi le mani indicando delle possibili vie d’uscita o, quanto meno, delle strade praticabili affinché i giovani riescano a trovare il senso autentico della loro vita.

Così, siamo arrivati a questo punto. I giovani sono sotto attacco, e nessuno sembra essersene accorto. Sono bersagliati da una pioggia torrenziale di messaggi negativi, demenziali, pericolosi, senza che nessuno si sogni di stare in vedetta o, meno ancora, di lanciare un grido d’allarme: come se andasse tutto bene, come se non vi fosse alcuna minaccia. Dal fumetto al cinema, dalla musica leggera alla discoteca, dalla moda alla televisione, dalla droga al sesso facile, dalle sette sataniche ai giochi di ruolo che spingono alla depressione e talvolta al suicidio, i giovani sono continuamente bombardati da sollecitazioni a dir poco oscure, da pessimi esempi e modelli di riferimento, dalla seduzione di un edonismo esasperato e distruttivo che gli ultimi ritrovati tecnologici di massa, il computer e il telefonino, non che contenere e decodificare in senso critico, potenziano ed esasperano oltre ogni limite.

È difficile non vedere come tutti questi stimoli nefasti siano la risultante di una strategia ben precisa da parte di poteri forti che stanno nell’ombra e che, facendo leva sull’impazienza e sull’inesperienza dei giovani e sfruttando la cronica latitanza del mondo degli adulti, operano con scientifica precisione e con determinazione assoluta per giungere, attraverso la manipolazione mentale, alla totale sottomissione dei giovani, sì da ridurli nella condizione di schiavi inconsapevoli, disponibili per qualunque esperimento e per qualunque ulteriore coercizione. E tutto questo sotto le apparenze della libertà, anzi, della liberazione: si provi a riascoltare, sotto questa particolare ottica, i testi delle più famose canzoni dei “Beatles” e di quasi tutti i più osannati gruppi musicali e cantanti solisti degli ultimi decenni, fino ai nostri giorni - anche senza spingersi fino ai limiti estremi del rock duro o di quello dichiaratamente satanista - e ci si accorgerà che si trattava di cavalli di Troia per veicolare la filosofia del nichilismo distruttivo, l’odio per i doveri e per le responsabilità, il disprezzo per la famiglia e per la società, l’adorazione del proprio io più egoistico, in contrapposizione all’ostacolo rappresentato dal “tu”.

Né ci si è limitati o ci si limita a questo: del disegno fanno parte anche la derisione sistematica del buono, del vero e del bello; il dileggio della morale, della religione, della spiritualità (in nome, talvolta, di una alquanto fumosa “spiritualità alternativa”); il disprezzo e lo sberleffo verso il senso di responsabilità, verso l’impegno con se stessi e con il prossimo, verso la compassione per i più sfortunati; la denigrazione degli operatori di bene. Cresciuti in un deserto affettivo e in totale assenza di esempi e di valori forti (perché i valori forti sono reazionari e non ci si può dire post-moderni, come gracchiano i filosofi alla Eco e alla Vattimo, senza coltivare il pensiero debole), i giovani sono particolarmente esposti a un simile attacco: non possiedono gli anticorpi, non hanno - parlando in generale, e con le debite eccezioni  - né una attitudine al pensiero critico, né un allenamento al lavoro paziente, umile, quotidiano, né, infine, un adeguato bagaglio culturale cui fare appello per demistificare i sofismi e le perfidie dei seminatori di confusione e di malessere.

È assolutamente necessario reagire a tutto questo, smascherando i disegni occulti che stanno dietro certe mode e certi indirizzi, dietro certi programmi televisivi e certa letteratura; e, soprattutto, ricominciando a svolgere un ruolo educativo nei confronti dei giovani, ricominciando a dialogare con loro, ad ascoltarli, a consigliarli, a indirizzarli e a fornire loro dei modelli postivi, dei quali sentono, benché non appaia, un disperato bisogno. Gli adulti devono anche imparare a dire qualche “no”, ma, certo, non possono e non devono limitarsi a questo; devono riprendere il ruolo che competere loro e cui non possono sottrarsi, se davvero hanno a cuore il destino dei giovani; devo essere propositivi, coerenti, sobri, umili ma anche decisi. Non devono fare gli “amici”; per fare gli amici, bisogna essere coetanei; devono tornare a fare i padri e le madri, gli insegnanti e i sacerdoti; devono respingere la tentazione della facile popolarità che si ottiene assecondando sempre qualunque richiesta, ed essere capaci di avviare i giovani al personale senso di responsabilità, al piacere del lavoro ben fatto, all’intima soddisfazione del dovere compiuto, anche a prezzo di qualche sacrificio. E se parlare di “sacrifici” è una cosa che rende impopolari, ebbene gli adulti devono essere capaci di rendersi impopolari: perché volere il bene dell’altro non è assecondarlo sempre e comunque e togliere ogni sassolino davanti ai suoi piedi affinché non inciampi, ma fornirgli gli strumenti per costruirsi il proprio percorso, realizzando la sua parte migliore e procedendo a testa alta e con la schiena ben dritta, anche nelle inevitabili difficoltà della vita.

Lo strumento più forte di cui si servono i poteri occulti per condizionare i giovani è il conformismo, lo spirito gregario: un giovane che si inchina a tutte le mode e che non osa minimamente contestare il modello da tutti adorato, perché soggiace al ricatto dell’esclusione dal gruppo, è un burattino che si può manipolare illimitatamente, perché ha già rinunciato a realizzare se stesso come persona unica e irripetibile.Perciò bisogna ricominciare proprio da qui: bisogna aiutare i giovani a sviluppare il loro spirito critico e a non lasciarsi ricattare così facilmente dallo spirito del gregge, ma ad essere fieri di sé e capaci, se necessario, di sfidare le mode e gli atteggiamenti prevalenti, in nome della fedeltà a un più alto ideale: quello di realizzarsi come persone [...]  

Francesco Lamendola

 

Commenti
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fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Super Administrator) 14-09-2012 14:40

Non si può che essere d'accordo, però il discorso è troppo imperniato sull'asse psico-pedagogico, trascurando quello socio-economico. Quando si parla di "giovani sotto attacco" non si devono trascurare le conseguenze disastrose di un'organizzazione economica che impone la precarietà del lavoro, per non parlare dell'altissima disoccupazione. Anche all'origine dei dissesti delle famiglie, tali che ormai la famiglia disintegrata è la regola e quella unita è l'eccezione, c'è spesso la mobilità e la precarietà del lavoro, oltre ai guasti di un modello di vita e di una concezione dell'esistenza che confinano col delirio.
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