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Evoluzione o involuzione? PDF Stampa E-mail

3 Novembre 2012

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Pubblicato da Centro Studi La Runa e ripreso da Rassegna di Arianna del 12-10-2012. La pubblicazione in questa sede non significa adesione alle ipotesi sviluppate dal breve saggio ma intende proporre all’attenzione una prospettiva culturale originale rispetto a quella dominante oggi (N.d.d.)
 

Secondo le dottrine esoteriche indù, jainiste e buddhiste, la presente umanità si troverebbe da più di seimila anni in un’“età oscura’’, il cosiddetto Kali Yuga. Secondo tali dottrine tradizionali, il cammino dell’uomo sarebbe involutivo ed avverrebbe attraverso un percorso di tipo circolare, a differenza di quanto presupposto dalle teorie darwiniane, che invece presentano un processo evolutivo lineare.

Traccia di questa divisione del tempo in ere cicliche è possibile rinvenirla in Occidente nello schema proposto da Esiodo, relativo alla cosiddetta teoria delle Quattro Età: età dell’oro, età dell’argento, del bronzo e del ferro. Il fatto è che lo sviluppo di ogni manifestazione implica necessariamente un allontanamento sempre maggiore dal principio da cui essa procede: partendo dal punto più alto, essa tende per forza di cose al basso. Questa caduta consisterebbe in una materializzazione progressiva della manifestazione cosmica, la quale si allontanerebbe sempre più dal suo principio puramente spirituale. Bisogna considerare a tal proposito due tendenze opposte, discendente l’una, e l’altra ascendente, o meglio, l’una centrifuga e l’altra centripeta; una fase di allontanamento dal principio ed un’altra di ritorno al principio. E’ facile riscontrare come un tale senso discendente, dal superiore verso l’inferiore, sia agli antipodi dell’idea di ‘’progresso’’ quale è intesa dai moderni. Del resto, l’idea di progresso come di ciò che è inscritto nella “natura delle cose”, come asseriva il filosofo tedesco Hans Jonas, nasce soltanto nell’epoca moderna e di preciso quando la tecnica si presenta quale causa necessaria e vincolante per permetter all’umanità di effettuare passi più grandi e importanti.

«L’evoluzionismo è il prodotto di superstizioni moderne» ebbe ad asserire quel grande filosofo ed esoterista che è stato René Guénon, a cui faceva eco in Italia la magistrale opera del barone Julius Evola, Rivolta contro il mondo moderno. In questo libro, l’autore siculo-romano ripercorre la storia dell’umanità sottolineandone la continua involuzione spirituale. Riprendendo la tradizionale concezione delle Quattro Età, comune a tutti i popoli indeuropei, delinea le vicende che hanno portato la razza umana da una esistenza divina ad una mera sopravvivenza materiale: «Il nostro punto di partenza non sarà la teoria moderna dell’evoluzione bensì la teoria tradizionale dell’involuzione», avrà a dire, con il solito piglio aristocratico.Tali Età, infatti, non coinciderebbero con le “magnifiche sorti e progressive’’, tanto decantate dai positivisti, ma sarebbero, altresì, tappe involutive e degenerescenti di un lungo cammino discensionale. Già il de Maistre si era fatto portavoce della tesi secondo cui lo stato primordiale dell’umanità non sarebbe stato quello di una brutalità semi-ferina, ma anzi, che l’uomo avrebbe goduto di una condizione numinosa, supernaturale, per cui il cosiddetto “uomo primitivo’’, sarebbe essenzialmente «il discendente di un uomo staccatosi dal grande albero della civiltà in seguito ad una prevaricazione che non si può ripetere» .

Da una siffatta idea alla concezione cristiana del “peccato originale”, il passo è breve. Similmente, la tradizione tibetana, ad esempio, indica nello yeti un uomo decaduto a causa di una non ben specificata prevaricazione; nel Venezuela è diffusa, altresì, una credenza che vuole che le scimmie siano la gente di un mondo precedente a questo. L’antichissima Popol Vuh, testo sacro dei Quiché‚ popolazione india  di stirpe maya, oggi stanziata nel sud ovest del Guatemala, afferma che siano le scimmie a derivare da una razza remota di uomini e non il contrario. Non solo, anche il testo tibetano Le stanze di Dzyan, di cui l’originale, si narra, sarebbe custodito nella mitica città di Shambhala, fa riferimento a tale ascendenza. In sostanza, la scimmia viene presentata come un ramo imbastardito nell’evoluzione della razza umana.

In tempi recenti, il biologo Giuseppe Sermonti ha evidenziato come i fossili di ominidi, molto vicini all’uomo, risalgano a oltre cinque milioni di anni fa, mentre i fossili di scimmia risalgano ad appena alcune centinaia di migliaia di anni. Questo ci fa dedurre che le scimmie, appartenendo alla specie più recente, non possono aver dato origine ad una specie più antica. Ciò, tuttavia, andrebbe inserito nel più ampio contesto dalle tradizionali Quattro Ere cosmiche del Satya Yuga, del Treta Yuga, del Dwapara Yuga e del Kali Yuga, a loro volta comprese in quello che gli orientali definiscono Mahayuga, il Grande Anno, al termine del quale si verificherà la dissoluzione dell’universo cui succederà una nuova creazione di Brahma.

Giovanni Balducci  


 

 

Commenti
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Vincenzo (Registered) 03-11-2012 16:31

L'articolo è interessante, però secondo me rischia di fare un po' di confusione. La concezione tradizionale dei cicli cosmici e dell'involuzione dell'uomo ha carattere storico-filosofico, quindi non si può contrapporre alla teoria dell'evoluzione darwiniana (teoria scientifica che implica "adattamento", contestata e contestabile sul piano scientifico), quanto semmai a quella del miglioramento indefinito e delle "magnifiche sorti e progressive" propria del filone di pensiero modernista. E' in questo senso, prettamente metafisico, che possiamo stabilire la differenza tra concezione moderna e concezione antimoderna tradizionale, con tutto quel che ne consegue (pur naturalmente nella specificità delle diverse dottrine tradizionali).
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