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Due sole vie PDF Stampa E-mail

7 Novembre 2012

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 Il problema sulla primogenitura dell’uovo o della gallina resta irrisolto, mentre la primogenitura fra il debito e il credito non presenta difficoltà: prima viene il debitore, poi il creditore. Se non ci si indebitasse gravemente non ci sarebbero usurai. Se l’amministrazione degli Stati fosse rigorosa e oculata, non ci sarebbe la speculazione dell’alta finanza internazionale. È bene richiamare alla mente questi concetti di una semplicità che sfiora l’ovvietà, perché troppo spesso si ragiona come se il debito fosse la conseguenza dell’usura e non la sua causa. 

Un’altra asserzione infondata è quella che fa risalire il debito pubblico agli anni Ottanta, quelli del craxismo, o addirittura al ventennio berlusconiano. Quasi nessuno ricorda le disperate invocazioni di Ugo La Malfa negli anni Sessanta, vale a dire 50 anni fa. La Malfa, economista di valore e ministro del Bilancio, continuamente lanciava appelli contro il rischio di un debito pubblico che, pur sembrando allora controllabile, per la logica inesorabile degli interessi sui prestiti sarebbe cresciuto fino a diventare una valanga inarrestabile. Avevamo la sovranità monetaria, la Banca d’Italia era controllata dal potere politico, come tanti vorrebbero oggi, ma il pericolo di uno squilibrio non più rimediabile nel bilancio dello Stato appariva già evidente ai più accorti. Egli proponeva una politica dei redditi, che limitasse sia i profitti sia i salari, evitando il consumismo che surriscaldava l’economia e creava debito pubblico. Venne osteggiato da ampli settori della finanza e dell’industria, preoccupati che non ci fosse un controllo sui prezzi, come dai partiti della sinistra e dai sindacati, timorosi, non senza ragione, che la politica dei redditi avrebbe bloccato solo i salari, non i profitti.

Era necessaria questa premessa per ricordare che il debito pubblico viene da lontano. Oggi ha dimensioni tali che non se ne può più uscire in modo indolore. Nemmeno Monti e i suoi paladini credono veramente che saneremo le finanze dello Stato con una ripresa produttiva. Anche un incremento del PIL del 3 o 4% per una serie di anni consecutivi, cosa impensabile nelle condizioni del mondo attuale, lontanissime dagli anni che vanno dal 1945 al 1975, servirebbe solo a pagare gli interessi sul debito, senza intaccare il debito stesso in modo sostanziale. Il debito era diminuito negli anni di Prodi, ma con una politica fiscale talmente dura da non poter essere retta ulteriormente. Quanto detto in relazione all’Italia vale per tanti altri Stati: è più semplice fare l’elenco dei Paesi con i conti a posto che enumerare quelli dalle finanze dissestate, compresi gli USA che evitano la bancarotta solo grazie alla centralità del dollaro come moneta di riserva. Oggi le vie d’uscita dalla crisi sono soltanto due, entrambe devastanti. La scelta è obbligata e non permette alternative. Una è la guerra, una guerra, o una serie di guerre che, travolgendo il mondo intero e portando con sé epidemie, carestie, avvelenamento dell’ambiente, decimeranno la popolazione del globo, azzereranno monete, debiti e crediti, permettendo poi il grande affare della ricostruzione. Forze potenti lavorano a questo fine, quelle forze che hanno creato le condizioni perché si realizzasse il trauma dell’11 settembre, con le guerre conseguenti per accaparrarsi materie prime strategiche e stringere in una morsa Russia e Cina (qualcuno crede veramente che i missili in Polonia siano stati installati per proteggere l’Europa dai terribili missili intercontinentali iraniani?). L’altra via è un’inflazione a due cifre, che in pochi anni abbatterebbe il debito pubblico. Però nello stesso tempo ridurrebbe alla fame i percettori di redditi fissi e i risparmiatori, cioè la stragrande maggioranza della popolazione, non più protetta dalla scala mobile e dagli aumenti salariali che appartengono anch’essi a un’ epoca non più riproducibile. L’inflazione a due cifre comporterebbe inevitabilmente una rivolta generalizzata e il tracollo delle istituzioni. 

Chi crede di indicare una soluzione nella politica keynesiana dimentica volutamente che fu proprio quella politica a generare il debito pubblico, aggravato poi dagli sprechi degli amministratori, dalle ruberie della casta, dagli interessi usurai della grande speculazione finanziaria. Dimentica anche che non ci sono più le condizioni del periodo d’oro del capitalismo di Stato: non c’è più la competizione con l’URSS, che obbligava a concedere salari più decenti alla classe operaia e a potenziare i servizi pubblici e assistenziali; non ci sono più materie prime a basso costo; non c’è più la possibilità di saccheggiare impunemente le risorse e di alterare un ambiente al limite del collasso. Anche il rimedio del ripristino della sovranità nazionale è illusorio. La sovranità nazionale viene vista come la cornice politica che permetta l’indirizzo economico neokeynesiano, proprio quello che è parte del problema e non la sua soluzione. Del resto gli Stati nazionali sono il prodotto della Modernità, sono forme statali relativamente recenti e realizzate, senza eccezioni, attraverso conquiste armate con l’adesione di minoranze, mentre la maggioranza del popolo era indifferente oppure ostile. Ripristinarli in tutte le loro funzioni sarebbe un’operazione anacronistica. Chi obiettasse che esiste una terza via, la dichiarazione di bancarotta dello Stato, non terrebbe conto del fatto che si discute di vie d’uscita, non di ammissione di un disastro senza rimedio. Dunque restano le due vie possibili: guerra o inflazione a due cifre. La decrescita è anch’essa illusoria se concepita come un sistema graduale e indolore per rettificare pacificamente le strutture sociali e produttive, secondo la logica tipica di ogni riformismo.

Si va inevitabilmente verso il disastro della guerra o verso l’inflazione che frantuma il tessuto sociale e abbatte le istituzioni. La lucidità con cui formuliamo queste tesi è, insieme ai nostri limiti soggettivi di persone più inclini alla teoria che alla militanza, la causa che non ha permesso a Movimento Zero di diventare un soggetto politico di un qualche rilievo. Non abbiamo indicazioni in positivo, non possiamo promettere riprese miracolose e risanamenti tramite recuperi patriottici o lotte al signoraggio. Abbiamo soltanto l’onestà intellettuale di svelare l’amara verità. Rendere coscienti del destino che ci attende è il compito, altamente morale, di un circolo culturale, non di una forza politica che cerchi consensi. 

Luciano Fuschini       

                      

 

Commenti
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ul.lucio (Registered) 08-11-2012 10:39

Non capisco perché, con una base teorica tanto lucida ed impeccabile, non ci si voglia impegnare nel tramutarla in soluzione pratica! Alla guerra mondiale inevitabile si puó rispondere con la rivoluzione mondiale! Le rivoluzioni hanno sempre trascinato la storia, non vedo perché si debba smettere solo ora. E'un peccato buttare nel nichilismo le vostre potenzialitá teoriche! Se la teoria non serve per l'azione allora a che cazzo serve? Se devo essere consapevole dell'inevitabile disastro, senza fare nulla, preferisco non sapere!
Boh, forse semplicemente x' é molto facile e comodo rimanere teorici e nichilisti...
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Super Administrator) 08-11-2012 18:28

Caro Lucio, anche i gruppi marxisti-leninisti ai quali mi sembra tu faccia riferimento non escono dai confini del circolo culturale. Forse si creeranno le condizioni per una rivoluzione quando le file dei risparmiatori allarmati si recheranno agli sportelli delle banche per ritirare i loro soldi e li troveranno chiusi. Non sono sicuro nemmeno di questo, perché siamo un Paese di vecchi e sulle barricate ci vanno i giovani. La speranza viene, come dici tu, da un sommovimento mondiale che spinga anche noi. Movimento Zero non smobilita ma prende atto dei suoi limiti.
ul.lucio (Registered) 08-11-2012 20:15

Ciao Luciano, per maggior chiarezza io faccio riferimento a LOTTA COMUNISTA.
Questo, ovviamente, anche se molto utile e ben fatto, non é lo spazio adatto per parlarne. Invito tutti ad approfondirne la conoscenza, semplicemente recandosi al circolo di LCom. vicino a voi. Lí potrete esporre loro qualsiasi domanda e chiarire qualsiasi dubbio, rendendovi conto personalmente che non sono circoli culturali ma circoli per la formazione di quadri rivoluzionari.
Forse vi daranno l'alternativa al nichilismo....
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Super Administrator) 08-11-2012 21:47

La precondizione per poter vantare il titolo di "quadro rivoluzionario" è "la presa di coscienza di...". A questo lavoro di "far prendere coscienza" ci stiamo dedicando anche noi. Ovviamente la direzione di questa presa di coscienza è diversa da quella di Lotta Comunista perché non siamo marxisti e se volessimo adottare un ...ismo sarebbe più il comunitarismo che il comunismo. Con rispetto e amicizia.
ul.lucio (Registered) 09-11-2012 17:04

Neanche io lo ero prima di conoscere Lotta Comunista...
Giovanni Marini (Registered) 09-11-2012 14:23

Caro Luciano non sono d'accordo con alcune tue affermazioni sul debito pubblico.
Il debito pubblico di un paese a valuta sovrana non è un vero debito e non deve essere ripagato ad alcuno. Lasciami perciò provare a spiegare come origina il cosiddetto debito pubblico.
Quando lo Stato necessita di soldi per costruire ad esempio una autostrada chiede alla sua Banca Centrale il contante ed in cambio offre alla BC un titolo di debito (BOT, BTP ecc.). In realtà il meccanismo è un po' più complesso per i motivi che dirò in seguito ma nella sua essenza è questo. Se la BC non ha il contante lo deve stampare, ma la BC non rimane MAI senza denaro. Cosa abbiamo dunque? Con una mano lo Stato prende il denaro appena stampato e con l'altra dà un BTP. Poiché la BC è un organo dello Stato quella appena descritta è una mera partita di giro. Nel bilancio della BC figura Uscite un miliardo di lire Entrate un BTP del valore di 1 miliardo. Parimenti nel bilancio del Tesoro figurerà uscite un BTP del valore di 1 miliardo, entrate 1 miliardo di banconote.
L'insieme dei BOT, BTP ecc costituisce il debito pubblico. Il miliardo di banconote stampate viene immesso nella società per pagare ad esempio l'impresa che andrà a costruire l'autostrada.
Non c'è quindi nulla che i cittadini devono dare per estinguere il debito che per sua natura non va estinto. La confusione nasce dal fatto che lo chiamiamo debito per cui immaginiamo che ci sia qualcuno che deve pagarlo. Dobbiamo capire che lo Stato non spende come farebbe un padre di famiglia il quale deve davvero restituire i soldi prestati. Questo perchè lo Stato a differenza del padre di famiglia i soldi se li stampa da sé. Ma, direte voi, perchè lo Stato allora non usa questa gallina dalle uova d'oro per ogni sua necessità ed invece ci tassa? E' semplice perchè questo meccanismo come potete ben immaginare potrebbe in poco tempo inflazionare la moneta togliendole valore, quindi va dosato accuratamente secondo determinati criteri legati alla crescita economica. É questo il motivo per cui si frappongono dei passaggi all'ottenimento del cash da parte del Tesoro e si attribuisce alla BC un certo grado di discrezionalità.
Per venire alla storia recente con l'euro le cose sono cambiate. L'euro è una moneta che usiamo ma non ci appartiene né possiamo stampare per cui i debiti contratti in euro sono VERI debiti. E per questi siamo tartassati.
La crisi che ci colpisce non è dovuta al debito, basti pensare alla situazione della Spagna che ha un debito di appena il 60% del PIL mentre noi lo abbiamo del 120% . O al Giappone che ha moneta sovrana, un debito del 200% del Pil e se la passa meglio di noi.
La crisi viene dagli USA e qui un video per sapere come è iniziata:
http://vimeo.com/3722948

L'enfasi posta dal mainstream in coro sul debito ha una sua precisa ragione: offre al governo golpista in carica un alibi potente per tartassarci e smontare il welfare.
Per l'elite super ricca al potere io tu noi siamo solo degli scrocconi che usufruiscono di scuola pubblica gratuita, servizi sanitari gratuiti, pensioni favolose, ecc.

Dobbiamo morire, lo volete capire?

Questa è la posta in gioco.


fosco 2007@alice.it
lucianofuschini (Super Administrator) 09-11-2012 17:11

Caro Giovanni, mi sembra che tu aderisca in parte all'MMT le cui teorie in Italia sono divulgate appassionatamente da Barnard, e in parte all'economista Bagnai, per il quale non esiste un problema di debito pubblico ma piuttosto di debito privato. E' di facile comprensione che per uno Stato è molto meglio essere indebitato con i propri cittadini che con la speculazione internazionale, ma resta il paradosso di cittadini indebitati con le banche e contemporaneamente creditori verso lo Stato, attraverso la sottoscrizione di titoli del Tesoro. A ben guardare, è l'assurdo annidato nel cuore del sistema. Questo sistema si regge sul debito, il debito delle famiglie e quello delle amministrazioni, Stato ed enti locali. Non si deve negare che il problema del debito sia reale, perché è l'essenza di un sistema costruito sul calcolo di un profitto futuro anziché sul reinvestimento di un profitto già realizzato. La Malfa lo denunciava 50 anni fa. Il punto è soprattutto questo: l'MMT, Bagnai e i vari riformisti neokeynesiani vogliono rilanciare la produzione e il consumo per uscire dalla crisi, mentre chiunque veda l'intrinseca assurdità del sistema dovrebbe sperare che la crisi si approfondisca fino a mettere in discussione le basi su cui si regge. Riconosco che i poteri approfittano della crisi per liquidare ciò che resta del welfare, ma soltanto l'approfondimento della crisi, pur con tutto il carico di sofferenze che porterà con sé, potrà creare le condizioni per la svolta epocale che è l'unica prospettiva che per MZ abbia senso.
ul.lucio (Registered) 09-11-2012 18:46

Questa volta concordo con Luciano al 100%.
Giovanni Marini (Registered) 10-11-2012 14:53

Quello appena descritto è il meccanismo di emissione della moneta in uno stato a sovranità monetaria e moneta fiat e non è una teoria, teoria è la MMT, il liberismo, il neo mercantilismo, il keynesismo, ecc. Scusami ma la tua definizione di politica di redditi non l'ho capita. Hai scritto:

Egli proponeva una politica dei redditi, che limitasse sia i profitti sia i salari, evitando il consumismo che surriscaldava l%u2019economia e creava debito pubblico
La politica dei redditi di lamalfiana memoria si proponeva di agganciare la crescita dei salari alla produttività, non di limitare i profitti o il consumismo. In quei tempi, caratterizzati da forte contrapposizione ideologica PCI e CGIL sostenevano invece che i salari erano una variabile indipendente. Qui una definizione di politica dei redditi.
http://it.wikipedia.org/wiki/Politica_dei_redditi
Più in generale La Malfa era paladino di politiche economiche rigorose che limitassero la spesa per attività di tipo assistenzialistico. Al giorno d'oggi sarebbe stato un montiano convinto.
Non voglio ritornare sul debito ma ripeto solo questo: come mai la Spagna ha un debito del 60% sul PIL (quindi in regola coi parametri europei) ed è coinvolta peggio di noi nella crisi? Paesi fuori dall'euro come il Giappone ce l'hanno al 200% e stanno bene?
Forse le cose sono un momentino più complesse, non ti pare?

La via d'uscita dalla crisi è ignota a tutti, credo. C'è una terza possibilità e cioè che l'elite tecno finanziaria riesca a pilotare l'uscita dalla crisi conquistando nuovi vantaggi. Credere che il nemico sia così sprovveduto da non avere una sua propria strategia mentre noi aspettiamo sulla riva del fiume che passi il suo cadavere mi sembra folle.
Tutte le rivoluzioni sono state precedute, direi predeterminate da un pensiero lucido che ha minato le basi dell'assetto politico istituzionale precedente. Così è stato per la rivoluzione francese e per quella bolscevica. Purtroppo la nostra produzione di idee è insufficiente.
Il MZ esprime a livello teorico la più potente critica al mondo moderno, ma sul piano pratico-propositivo siamo indietro.
Bisogna espugnare le casematte del nemico, fortini di cemento armato costruiti nell' immaginario collettivo. In questo senso P. Barnard è impegnato, onore al merito, studiosi rigorosi contro gli esperti economici liberisti schierati dal potere. E' insufficiente? Certo che lo è, le casematte da espugnare sono tante. C'è poi il pensiero sulla decrescita. E' una guerra asimmetrica, può sembrare irrisolutiva ma meglio che aspettare passivamente perchè nel fiume finiranno i nostri cadaveri.
Questa, se non lo avete capito, è una guerra di sterminio. Chiedetelo ai greci.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Super Administrator) 10-11-2012 22:57

Ricordavo La Malfa per contestare l'idea che il debito pubblico sia diventato un problema solo quando lo Stato italiano, se non sbaglio negli anni '80, ha rinunciato a possedere la Banca d'Italia: già negli anni '60 c'era chi metteva in guardia sulla gravità del debito pubblico. La mia polemica è rivolta a teorie che scendono sul terreno del monetarismo, proponendo soluzioni che non sono tali perché non fanno altro che tentare di rimettere in moto la macchina produttiva, perdendo di vista il carattere epocale della crisi e l'esigenza di superarla cambiando totalmente i parametri di riferimento, anche culturali. Contesto che il debito pubblico non sia un problema. La modernità capitalista vive di debito, pubblico e privato. Il debito è nel cuore del sistema, la sua ragion d'essere. Il capitalismo è una macchina per la riproduzione allargata. Nelle società tradizionali si investiva ciò che si possedeva per perpetuare un ciclo. Nella modernità capitalista si investe ciò che non si possiede per pogredire indefinitamente: follia che porta alla distruzione e che esige il debito. Debiti che appianano altri debiti. Questa è la storia del capitalismo, con le rotture frequenti dell'equilibrio attraverso la distruzione creativa della guerra. Tutto ciò è estraneo alle analisi di quanti si ritengono alternativi mentre restano dentro al sistema. Per concludere, non riesco a capire il ragionamento della partita di giro: se lo Stato possedesse la Banca centrale, dovendo spendere un miliardo per un'opera pubblica, ordinerebbe alla Banca, cioè a se stesso, di stampare moneta per un miliardo, garantendola con titoli di Stato. Un giochino semplice semplice. Ma il fatto è che i titoli di Stato sono soldi di cittadini, già gravati da un interesse, quindi sono già un debito dello Stato. Come si può dire che il debito non esisterebbe? Quando ai titoli sottoscritti dai cittadini si aggiungono quelli delle grandi banche e dei grandi investitori internazionali, la frittata è fatta. Se bastasse nazionalizzare la Banca centrale per risolvere il problema del debito, sarebbe facilissimo mobilitare la gente su un obiettivo tanto visibile. Usciamo dal monetarismo: i guasti sono ben più profondi.
daniela (IP:151.42.4.186) 11-11-2012 08:48

"Il debito pubblico di un paese a valuta sovrana non è un vero debito e non deve essere ripagato ad alcuno". Luciano ha contestato questo punto molto bene. Concordo con lui, e mi permetto di aggiungere che, poiché il debito pubblico italiano, da rinnovare alle scadenze in continuazione, è impagabile perché troppo grande, perché si rinnova solamente se il pubblico lo ritiene sostenibile, cioè garantito per rimborso e appetibile per interessi crescenti, poiché presuppone la crescita dei risparmi delle famiglie italiane, poco probabile vista la crescita del debito privato, allora è poco prevedibile che una moneta sovrana potrebbe bastare a risolvere questi problemi. A me fa pensare a grande inflazione oltre che ad una svalutazione. Non dimentichiamo la grande dipendenza dell'Italia dalle importazioni. Lo Stato continuerebbe ad essere in situazione di scacco, anche perché dovrebbe continuare a salvare le banche da voragini sempre più grosse anche se i creditori invece di essere stranieri fossero italiani. La bolla del debito continua a crescere a livello planetario e prima o poi scoppierà. Lo afferma persino il Sole 24 ore. Lo Stato italiano sarebbe nei guai ugualmente anche con moneta propria sovrana. L'impoverimento generalizzato futuro sempre più spinto delle masse, che secondo me si verificherà sia che si resti nell'euro sia che si esca dal sistema euro, renderà insolvente lo Stato. La sua bancarotta lascerà i creditori a bocca asciutta e i cittadini senza servizi. Come in Grecia. Rimango dell'idea, a livello propositivo minimo, per affrontare una fase dolorosa di transizione, che si debba prioritariamente ripensare globalmente l'approccio economico, puntare meno a quello monetario. Per il momento solo i sostenitori della decrescita lo fanno, riformisti o non riformisti che siano, utopisti o no.
Giovanni Marini (Registered) 12-11-2012 23:15

Per me non si tratta di una contrapposizione ideale ma solo di capire. Sono convinto che gli argomenti forti usati dal nemico per smantellare le resistenze dei cittadini e far passare le sue politiche siano falsi e si può dimostrare.
Ritorniamo al momento iniziale della creazione del denaro. La BC dà al Tesoro un miliardo e riceve un BTP di un miliardo, ci siamo? Lo stato spende quei soldi, quindi nella società c'è 1 miliardo.
La BC ha due possibilità a) detenere il Btp fino a scadenza e incassarlo con l'interesse.
b)vendere il titolo alle banche e rientrare subito in possesso del miliardo, le banche venderanno il BTP ai cittadini e rientreranno in possesso del miliardo. Cosa abbiamo ora? I cittadini in CREDITO verso lo stato di 1 miliardo, lo stato in DEBITO verso i cittadini di 1 miliardo. Quando il BTP viene a scadere nelle mani dei cittadini lo stato ha 2 scelte A)tassare i cittadini, rastrellare il miliardo e darlo ai possessori del BTP. Vedete che i soldi girano sempre all'interno della società. B) chiedere alla BC 1 miliardo e riscattare il BTP a scadenza. Problema con l'ipotesi B: aumenta la base monetaria con pericolo di inflazione, vero, ma se il miliardo è servito attraverso la costruzione di infrastrutture ad aumentare la crescita quindi avremo più beni prodotti. Cosa abbiamo a questo punto? Sempre 1 miliardo nella società ma ora ANCHE più beni prodotti. Quindi non c''è inflazione perchè il miliardo in più servirà ad acquistare i beni in più prodotti (equilibrio domanda-offerta). Inoltre avremo cittadini più ricchi quindi più tassabili. I cittadini sono i creditori, ma lo Stato sono i cittadini. Nella sua essenza è solo una immensa partita di giro. Qualche volta lo stato immetterà denaro nella società qualche altra volta lo estrarrà con le tasse in modo da mantenere la base monetaria adeguata alla produzione di beni per evitare l'inflazione.
Il debito pubblico del Giappone è detenuto quasi interamente dai giapponesi, il Giappone ha un debito del 200% del PIL !! e non è al collasso come noi.
Hai ragione su un punto: il debito nasce prima del 1980, dirò di più nasce con lo stato italiano dal dopoguerra in poi. Tu lo chiami debito io lo chiamo spesa pubblica una funzione essenziale di qualunque stato, difatti tutti gli stati hanno un debito (che significa che spendono moneta creata dal nulla). Che cosa ha permesso di trasformare l'Italia da quel paese di macerie che era dopo la seconda guerra mondiale in una delle prime potenze economiche del mondo? L'iniziativa privata era zero dopo la guerra.
Ecco cosa rappresentano tutti i titoli di stato in circolazione: lo storico della spesa pubblica (buona e cattiva certamente) il cui corrispettivo è l'Italia moderna, industrializzata, ricca (ancora per poco) di oggi. Non c'è nulla da ripagare, abbiamo già dato.
Gradirei che mi si dimostrasse il contrario con un ragionamento altrettanto rigoroso.
Tralascio di parlare dell'interesse che complica le cose ma nella loro essenza per me stanno così.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Super Administrator) 13-11-2012 00:17

L'Italia diventò una delle maggiori potenze industriali grazie al piano Marshall, alla ricostruzione del dopoguerra, al fatto di essere inserita nell'Occidente ricco che sfruttava il resto del mondo e infine per le esportazioni nel Mercato Comune Europeo grazie alle svalutazioni competitive e alla manodopera da noi meno costosa, in un vasto mercato senza protezioni doganali. Tutte condizioni ora inesistenti e non riproducibili. Come si indebita uno Stato? Ovviamente spendendo più di quanto incassi. Colmare il deficit facendo stampare moneta dalla Banca Centrale è soluzione fin troppo facile. Dici che acquistando i beni in più prodotti si eviterebbe l'inflazione, ma i beni in più prodotti devono fare i conti con un mercato che non sempre è in grado di assorbirli: l'invenduto è il grande rischio sempre in agguato. Daniela spiega come l'inflazione sia difficilmente evitabile. I limiti di liquidità dei cittadini obbligano lo stato indebitato a ricorrere ad altre fonti di finanziamento, i famosi mercati della speculazione usuraia. Il Giappone è indebitato coi suoi cittadini ed è un'ottima cosa, ma da 20 anni è in sostanziale stagnazione e ora è anche in recessione. L'Argentina, un altro esempio portato da chi crede che basti una Banca Centrale nazionalizzata per risolvere i problemi, attraversa di nuovo una crisi gravissima. Resto pertanto dell'opinione che il debito pubblico sia il grande problema di un sistema che vive di debito e di usura, e che dal debito pubblico non si possa uscire in modo indolore.
daniela (IP:151.42.4.186) 13-11-2012 09:03

Ipotesi A.
Nella prima fase, quella del collocamento dei BTP presso il pubblico, i cittadini finanziano il debito pubblico stesso per grandi opere o servizi, con i loro risparmi, invece che investire direttamente nelle attività produttive e questo non è indolore. Ricordiamoci che le famiglie sono gli unici operatori che finanziano sia il settore pubblico che il settore privato, ambedue sempre indebitati. Fu chiamato a suo tempo effetto di spiazzamento. Nella fase poi di restituzione del debito, più che tassare, in passato si è provveduto a rinnovare il debito, ma non lo stesso, uno più grande, comprensivo degli interessi maturati, innescando una spirale del debito autoalimentata, non più controllabile. Il Sole24ore stesso ammette apertamente che il debito è impagabile.
Ipotesi B.
E'la via tipicamente keynesiana attuata fino alla fine degli anni Settanta. Quando dalla fase dell'espansione si è passati alla stagflazione nel 1972/3(la cosiddetta inflazione importata), con stagnazione e contestuale inflazione, la crescita divenne problematica. Era questa a coprire prima, almeno in parte,l'indebitamento pubblico aggiuntivo perché, senza aumentare la pressione fiscale, si otteneva un aumento delle entrate pubbliche grazie al più grande Pil. Oggi non ci sono più le condizioni per ingrandire il debito pubblico, occorre ridurlo, ma questo causa recessione e diminuzione delle entrate. E' quello che fa Monti, con totale insuccesso. Allora come si fa? E' un problema non da poco, e nessuno finora ha la soluzione in tasca, perché a mio avviso tutti non fanno altro che cercare di spostare la bolla crescente del debito in avanti. Ma prima o poi scoppierà.
Giovanni Marini (Registered) 14-11-2012 10:29

Per molti aspetti la teoria keynesiana e quella neoclassica risultano inconciliabili, a me sembra che la prima spieghi meglio la creazione della moneta e l'intrinseca natura del debito.
La presente crisi nasce negli USA per ragioni di natura speculativa (bolla immobiliare) ed è un fatto, i deficit statali si sono aggravati per il salvataggio delle banche private con soldi pubblici.
La speculazione ha poi colpito Paesi sia con debito alto (Italia) che basso (Spagna, Irlanda).

Fin dove può arrivare il debito statale prima che provochi sconquassi nessuno lo sa, ma le preoccupazioni sono fondate. Sono convinto che si tratta solo di numeri, numeri certamente
minacciosi per la loro capacità di distruggere la ricchezza reale, ma qualche idea di come si possa bonificare il sistema è venuta fuori:
http://www.lastampa.it/2012/11/04/blogs/underblog/cancellare-il-debito-si-puo-secondo-due-economisti-del-fmi-zYElS6h9gWsP4SnupB7ogM/pagina.html

http://it.finance.yahoo.com/notizie/inghilterra-vuole-cancellare-il-debito-pubblico.html

Se questo sarà possibile capiremo se Keynes aveva ragione.

Vi ringrazio per il proficuo scambio di idee.
fosco2007@alice.it
lucianofuschini (Super Administrator) 14-11-2012 13:25

Grazie a te, Giovanni. E' un piacere confrontarsi a questi livelli di correttezza e rispetto reciproci. Vale anche per Lucio e Daniela.
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