Manifesto e sinistra |
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13 Dicembre 2012 Pubblicato su il-main-stream e ripreso da Rassegna di Arianna del 5-12-2012 (N.d.d.) La crisi del “Manifesto” è arrivata ad un punto particolarmente acuto, con la rottura fra l'attuale redazione e alcuni personaggi storici del giornale, come Rossana Rossanda, Marco D'Eramo, Joseph Halevi. Non abbiamo ovviamente titolo per intervenire in queste specifiche vicende, delle quali sappiamo solo ciò che si può leggere sui giornali. Possiamo intuire che, come sempre in questi casi, sono in questione nodi che avviluppano assieme dissensi politici, problemi economici, intolleranze caratteriali. Quello su cui non è più possibile il minimo dubbio è il fatto che una tale strategia ha perso ogni senso, ogni possibilità, ogni aggancio con la realtà, e si è ridotta ad un vaniloquio onirico. E questo non da ieri o l'altro ieri, ma da venti o trent'anni. In questa situazione, un gruppo come quello del “Manifesto”, che crede ancora di avere di fronte quella sinistra emancipativa che nella realtà è scomparsa da decenni, ha necessariamente un ruolo del tutto negativo: quello di avvolgere i suoi lettori in una cortina onirica che nasconde loro la realtà di cosa sia diventata la sinistra. Se le cose stanno così, la crisi del “Manifesto” ci sembra la dimostrazione del fatto che sono sempre meno le persone che hanno bisogno di questo tipo di oppiacei. Questa crisi è dunque un buon segnale, il segnale di un possibile risveglio, di una possibile presa di coscienza. D'altra parte, non si può pretendere che chi ha vaneggiato per vent'anni possa adesso rimettersi a ragionare, e non si può pretendere che il gruppo del “Manifesto” possa finalmente cominciare a capire e a farci capire la realtà. L'unico esito ragionevole e giusto della crisi ci sembra allora la chiusura definitiva del giornale. Se questo dovesse succedere, non mancherà da parte nostra una prece e un pensiero commosso, ricordando quando, del “Manifesto”, eravamo lettori giovani, pieni di fiducia e speranza.
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