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L'idiozia della Confindustria siciliana PDF Stampa E-mail

5 settembre 2007

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La Confindustria della Sicilia ha avuto la geniale pensata di annunciare che d’ora in avanti espellerà  propri iscritti costretti a pagare il pizzo alla mafia. Se poi questo avverrà realmente, vischiosa e inconcludente com’è la realtà sicula, questo è tutto da vedere. Fatto sta che il segnale è stato lanciato.
Sono pazzi questi siciliani (e lo dice uno che lo è orgogliosamente, ancorchè soltanto di sangue). Pazzi e forse anche autolesionisti. Già, perché cosa ci può essere di più devastante, per un imprenditore che già per il solo fatto di esserlo in Sicilia ha i suoi grossi problemi, e che per giunta deve svenarsi per sborsare la tassa illegale ai mafiosi, cosa di più angosciante che vedersi lasciato solo persino dai suoi colleghi di categoria? Come se uno che avesse una pistola alla tempia lo si abbandonasse al suo destino perché non riesce a reagire per la paura: “non si ribella, amen, lasciamo che lo uccidano”.
Non si rendono conto, questi strateghi dell’antimafia, che è un invito a nozze per i padrini e i loro picciotti, che così li si incoraggia anziché combatterli?
L’unico politico a dire cose sensate è stato Antonio Di Pietro, che sul suo blog ha scritto: “Espellere chi paga il pizzo è un grosso errore, un controsenso. Bisogna prima rimuovere le cause, ovvero riportare sotto il controllo dello Stato intere aree in cui la criminalità la fa da padrona. Altrimenti, diventa un controsenso. Al posto degli imprenditori che pagano il pizzo vanno espulsi gli imprenditori che con la mafia fanno affari, in Sicilia come al Nord, e che alla mafia devono le loro fortune. Vanno altresì espulsi gli amministratori della pubblica amministrazione siciliana con dimostrate relazioni con esponenti della mafia. E per finire vanno cacciati da Confindustria gli imprenditori condannati in via definitiva per corruzione, tangenti, falso in bilancio ed evasione fiscale. Quando Montezemolo ne proporrà l´espulsione mi congratulerò con lui”.
E gli unici industriali a non seguire le scempiaggini siciliane sono stati i calabresi, che per bocca del loro presidente Umberto De Rose hanno controbattuto che “anziché espellere dall'associazione confindustriale chi paga il pizzo, attuando un'ulteriore violenza nei suoi confronti, mandiamo via gli imprenditori che pagano le tangenti a politici ed amministratori o quelli che non pagano le tasse”. E lo dicono in Calabria! (a.m.)

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