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25 Aprile 2013

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Cari Grillo e Casaleggio,

fingiamo che leggerete questa mia, che in ogni caso vi invierò. Il sottoscritto è un giornalista che simpatizza per il vostro movimento perché l’unico su piazza che ha in sé le premesse per far largo ad una vera Liberazione. Con i suoi limiti, difetti ed errori, com’è umano che sia essendo nato praticamente ieri, partito da una sana tabula rasa degli schemi del passato, e composto da persone assolutamente comuni, e perciò prive di preparazione politica. È una forza, quella da voi fondata, al momento rivoluzionaria solo potenzialmente, ma che presenta i presupposti per diventarlo effettivamente: il rifiuto dell’intera classe partitica, una sacrosanta ostilità per i padroni del vapore, la confusa ma forte volontà di riappropriarsi direttamente della cosa pubblica, l’apertura a orizzonti alternativi in economia, il tentativo di conciliare istanze sociali finora considerate opposte (il precario è sia lo schiavo del contratto a tempo che il piccolo imprenditore alla catena della finanza bancaria), l’intuizione del primato della vita sulla produzione, la riscoperta del necessario valore della comunità. 

Ma per fare del Movimento 5 Stelle l’ariete della distruzione creativa e ricostruzione radicale non basta l’agenda elettorale, né lanciare suggestioni e richiami senza una rigorosa elaborazione culturale. Occorre alzare il tiro e affrontare, sia pur con la dovuta gradualità, i nodi epocali che tengono l’Italia e l’Europa soggette a mali di fondo che vanno ben al di là dei costi della politica o del livello di tasse. Io mi permetto qui di suggerirvi tre temi di lungo periodo che secondo me dovrebbero essere fatti propri da un movimentismo che non si rassegni ad un’opposizione puramente parlamentaristica, istituzionalizzata e a rischio binario morto nell’inseguire la tattica del giorno per giorno. 

1. Il controllo della moneta è decisivo. Il sistema monetario europeo andrebbe radicalmente rifondato. Non essendo possibile farlo, lo Stato nazionale, attualmente depositario della sovranità popolare, deve poter riprendersi il potere di emissione e circolazione delle moneta. Il ritorno alla valuta nazionale dovrebbe farsi a due condizioni: un’uscita regolamentata e organizzata in modo da alleviare le prime conseguenze negative, e un riassetto radicale della gestione monetaria, a partire dalla proprietà pubblica della nuovo divisa nazionale, con una banca nazionale dello Stato e non in mano alle banche. Riappropriandosi della moneta, togliere alle banche l’esazione occulta dell’interesse rimodulando il circolante: non più liquidità speculativa, ma scambi tramite moneta deperibile e garantita da camere locali di compensazione. 

2. Il metodo di autogoverno preferibile è la democrazia diretta in ambito locale, con una parte di delega rappresentativa limitata all’essenziale (come in Svizzera e più della Svizzera). L’architettura istituzionale, coerentemente con l’aspirazione all’autogoverno più vicino possibile alla dimensione comunitaria, dovrà essere giocoforza federale. Questo anche deriva dal bisogno di rimettere radici, di riscoprire i caratteri ancora vivi e vivificanti delle tradizioni, ridare alla vita del singolo ritmi e condizioni a sua misura e del contesto naturale in cui vive (ottica bioregionale). Un federalismo a democrazia diretta secondo il principio di sussidiarietà: altro che vent’anni di chiacchiere leghiste. 

3. Mettere in discussione l’alleanza-sudditanza agli Stati Uniti e alla sua politica imperiale va di pari passo con lo svincolarsi dalla dittatura dell’austerità germanica. Come non è sopportabile una politica economica ostaggio dei diktat tedeschi, non è più accettabile essere di fatto un protettorato Usa, con basi disseminate sul territorio nazionale ed una politica estera succuba degli interessi di Washington. È vitale porsi l’obbiettivo della riconquista della sovranità, presupposto della libertà di autodeterminazione. 

In sintesi, il nostro già barzellettesco Stato non batte moneta, di fatto non ha autonomia fiscale, è privo di indipendenza geopolitica e si è consegnato mani e piedi ad una tecnostruttura sovranazionale schiava della speculazione: tecnicamente, non è più in nulla uno Stato sovrano, libero. Una colonizzazione avvenuta in modo indolore, sottile, mascherato, coperta dai falsi ideali dell’atlantismo, del libero mercato e della mistica europeista. Non a nostra insaputa, sia chiaro, ma col nostro consenso o con la nostra indifferenza. Ne stiamo pagando amaramente il fio, che si chiami Napolitano bis, dittatura dei mercati, Mes, Esm, tassazione usuraia, schiavitù salariata, immigrazione senza controllo, oblio della storia e paesaggio sbranato. In una parola: disumanizzazione.

Ma per tutto ciò, il blog, i meetup e la rete da sole non bastano. Serve una palestra d’idee per addestrare i cittadini che sognava Monicelli in un suo appello prima di morire: che non si affidino alla trappola della speranza, ma lottino per la sovversione dell’ingiustizia. Massimo pragmatismo sul qui e ora, ma nessuna concessione su scopi finali che andrebbero definiti con chiarezza, senza fretta ma anche senza indugio. Creiate, creiamo un giornale online della rivoluzione futura, che coinvolga menti giovani e non più giovani, ma ferventi di pensieri coraggiosi. E si strutturi il movimento privilegiando le competenze, con un’opera di formazione culturale e politica istruendo eletti e candidati. Fatelo, o il presente vi schiaccerà. E con esso, la nostra fiducia nel vostro movimento. 

Alessio Mannino (da La Voce del Ribelle)

  

Commenti
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Giovanni Marini (Registered) 27-04-2013 09:15

Una lettera che sottoscriverei, mi auguro anch'io che il M5s sia capace di portare alla ribalta in modo più deciso quei nodi fondamentali, politici ed economici che sono causa della nostra crisi. C'è bisogno inoltre che questi parlamentari imparino in fretta come trattare con le vecchie volpi della politica. Andrebbe anche riconsiderato il peso della democrazia diretta nelle decisioni, non sempre la base sceglie il meglio, lo abbiamo visto con l'incredibile scelta della Gabanelli arrivata prima alle quirinarie.
enrc.cprr@gmail.com
Enrico Caprara (Registered) 27-04-2013 09:42

L'unico modo non catastrofico per un riassestamento della situazione finanziaria penso in effetti sarebbe: uscita dall'euro, inflazione molto elevata, forte controllo politico su questa inflazione e sull'economia in generale. In questa prospettiva sarebbe molto importante un elemento socio-economico di cui si parla, cioè il reddito di cittadinanza, che darebbe un certo riparo a tutti verso l'inflazione galoppante.

Contrariamente a quel che ci hanno sempre trapanato nel cervello avere una moneta debole è meglio che avere una moneta forte. La moneta forte è sempre una garanzia per i ricchi e una corda al collo per tutti gli altri. La moneta debola implica sempre rafforzamento del potere politico, certo anche con tutti i rischi insiti nel potere politico - comunque sempre preferibile al potere del denaro che è la forma di potere più subdola e pericolosa.

Tutto questo sia chiaro come prospettiva di necessità nella contingenza, essendo la prospettiva assoluta quella di un mondo senza moneta, un mondo di comunità locali senza nemmeno più il ricordo del denaro e dello scambio.
daniela (IP:151.42.18.135) 27-04-2013 16:01

Inflazione molto elevata vuol dire danno per i percettori di reddito fisso, ovvero salariati e pensionati, vuol dire danno per i risparmiatori che percepiscono rendite non indicizzate, quindi ancora una volta i piccoli. L'inflazione non è neutrale, causa una redistribuzione selvaggia dei redditi a favore dei ricchi e a danno dei più deboli. A mio parere sostenere la bontà di un'inflazione alta è ancora più incomprensibile che privilegiare le svalutazioni competitive. Anche da queste però occorre guardarsi perché avere una moneta debole vuol dire avere un cambio debole, e questo causa inflazione forte là dove si è molto dipendenti dalle importazioni. L'Italia lo è per ciò che riguarda principalmente l'energia, ma non solo. Lo è per tutte le materie prime, che sapeva trasformare con l'industria, settore che mi sembra particolarmente in crisi per la concorrenza internazionale feroce e per tecniche proprie che sta perdendo. Come si può ridiventare concorrenziali con le imprese installate in Bangladesh, del tipo di quelle operanti nel palazzo di otto piani crollato? Certo l'inflazione potrebbe essere scongiurata o attenuata se il globo fosse investito dal fenomeno della deflazione che va ad agire in senso contrario. Se la deflazione fosse più forte dell'inflazione questa non farebbe calare il prezzo dei prodotti, però starebbe a significare che c'è una crisi di sovraproduzione. Allora, ancora una volta, come si potrebbe esportare di più malgrado le svalutazioni? Concorrenzialità impossibile su questo piano. E poi, ammettendo che le esportazioni italiane possano aumentare, chi se ne avvantaggerebbe? Solo le imprese esportatrici, non la collettività. In particolare non certamente quelle che producono per l'interno, a km zero. Quindi principalmente quelle di una certa dimensione e maggiormente le multinazionali. In economia sono moltissime le variabili ed è pericoloso semplificare troppo. Sono anch'io dell'avviso che la politica montiana e la politica attuale della Ue, basate su misure monetarie, finanziarie e fiscali, incentrate su di una austerità di parte, volta a colpire solo i ceti subalterni, sia demenziale, però stiamo attenti. Quello che occorrerebbe prioritariamente, secondo me, sarebbe un piano di rifondazione dell'economia reale, che rinforzasse le attività ad alta intensità di lavoro in tutti i settori economici.
Se la nostra prospettiva fosse un mondo senza moneta dovremmo preferire una politica economica che privilegi la produzione e la distribuzione equa di reddito reale, piuttosto che la politica finanziaria e monetaria. Sono i potentati che fanno leva sulla leva finanziaria per drenare verso di loro i redditi reali. A noi che ci importa del cambiamento formale di un'unità di conto? Il reddito di cittadinanza, infine, non dovrebbe servire a mettere al riparo dall'inflazione ma consentire nel tempo la possibilità a tutti di avere il potere d'acquisto minimo per beni essenziali alla sopravvivenza, una garanzia indipendente dalla situazione lavorativa.
enrc.cprr@gmail.com
Enrico Caprara (Registered) 28-04-2013 13:19

Io credo Daniela che i tuoi timori vengano da una visione piuttosto economicista.

Salariati e pensionati stanno meglio oggi con l'euro, o negli anni '70 con la lira debole inflazionata ma sotto controllo politico, per esempio la "scala mobile"?

Un'inflazione MOLTO elevata non lo dico per estremismo gratuito, ma perchè c'è una questione debito pubblico che se non affrontata in qualche modo produrrà comunque una catastrofe. Ma ad ogni modo penso che una certa buona inflazione della moneta sia assolutamente sana. Serve a depotenziare il denaro. Il denaro non è solo un mezzo per lo scambio economico: a questo punto della nostra civiltà è sostanzialmente IL modo di determinazione - violenta - dei rapporti sociali. Questo a tutti i livelli dei rapporti personali e particolarmente nel rapporto complessivo tra classe dominante e classe dominata. Il potere del denaro può attuarsi solo nella contrapposizione fra disponibilità di denaro e BISOGNO di denaro. Ragione per cui, Daniela, tutti quei "funzionalismi economici" che tu mi sembra vorresti ci tenessimo cari, non produrranno comunque mai una liberazione dei ceti inferiori dal bisogno.
daniela (Registered) 28-04-2013 14:44

Gentile Enrico, i tuoi interventi, compresa la tua replica, sono incentrati esclusivamente sull'aspetto economico, con una tesi che per me è da confutare. Perciò ti ho risposto in termini economici, anche se ti posso dire sinceramente che la mia visione del mondo non è propriamente economicista. Oggi, in ogni caso, non possiamo pensare che un cambio di paradigma possa prescindere dalle tematiche economiche ed è chiaro che i ceti dominanti hanno intenzione di pagare il debito in modi non accettabili, sfruttando i più poveri e distruggendo il welfare, però non devi illuderti che con qualche ritocco monetario, sia possibile uscirne in modo quasi indolore.
Andrea Marcon (Registered) 02-05-2013 09:44

Prima di tutto un caro saluto e un bentornato ad Enrico Caprara.
Quanto all'ottimo articolo di Alessio, sottoscriverei tutto, tranne un presupposto di fondo: la formazione culturale/politica avrebbe dovuto precedere la creazione del partito e l'impegno parlamentare (ammessa e non concessa la necessità di questa seconda fase). Così facendo, Grillo e Casaleggio hanno invece condannato l'MS5 alla sua morte per omologazione al sistema. Che avvenga tra 6 mesi o 6 anni poco importa, entrando nel sistema ne verranno fagocitati come tutti i loro predecessori in buona fede.
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