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Le trappole della democrazia PDF Stampa E-mail

31 Maggio 2013

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Da Appelloalpopolo del 27-5-2013 (N.d.d.) 

Sempre più spesso si sente parlare di popoli colpevoli a vario titolo e grado di ciò che di nefasto combinano i governi. L'idea di massima è che i governi siano frutto della volontà popolare, e conseguentemente tutto ciò che succede al popolo è il risultato delle scelte operate dal popolo stesso.

Detta senza mezzi termini: mi sarei stancato di sentire addossare la colpa di un sistema politico iniquo e di un'offerta elettorale inconsistente al popolo. Si tratta ancora una volta del rovesciamento delle parti, dove il condannato al patibolo è sempre colpevole e quindi si merita il massimo della pena. Questo anche nei conclamati casi di dolo giudiziario, quando giudici e avvocati si sono preventivamente accordati sull'esito di un processo viziato da prove false ed argomentazioni fallaci.

 

Il grande vantaggio che la democrazia offre a chi governa è che alla fine la responsabilità di ogni misfatto ricade sempre sulle spalle del popolo: se vota chi lo rovina è colpa sua e se non si ribella a chi lo rovina è ancora colpa sua. La società democratica sancisce la fine dell'identificazione univoca dei responsabili delle miserie del popolo e la possibilità di rovesciamenti sociali. La ghigliottina arrivò per Luigi XVI, ma non arriverà per nessun democrate che ruota secondo il noto principio delle revolving doors da una posizione di potere all'altra senza soluzione di continuità (da Goldman-Sachs a capo del governo, nel caso di Monti), lasciando comunque inalterati gli equilibri (o più correttamente gli squilibri) di potere e quindi senza possibilità alcuna di intervento i cittadini degradati a ruolo di semplici vittime sacrificali da offrire al dio Democrazia. Se tracciando una croce su una prevedibile cartella elettorale (dove sono significativamente presenti quelle forze politiche che sostengono il sistema vigente mentre sono tipicamente assenti quei partiti che invece lo vogliono cambiare) il cittadino-elettore si rende responsabile del misfatto, non tracciandola e rifiutandosi di partecipare si rende doppiamente responsabile: di non tentare il cambiamento e di boicottare l'applicazione del principio democratico di una testa un voto, frutto di elaborazioni politiche che dalla polis greca fino ad oggi hanno prodotto un sistema capace di garantire il massimo dell'espressione popolare. O, per dirla alla Winston Churchill: “È stato detto che la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora.”

Cornuti e mazziati…

Quando le cose vanno male ci pensa poi a sistemarle il personaggio che di volta in volta esce dalla revolving door con messaggi (e conseguenti leggi) di messianica salvezza. Ma qui verrebbe da chiedersi perchè mai un popolo che è autore del proprio destino voglia far andare le cose male, dato che quando “le cose vanno male” non vanno mai male per le élites, vanno male solo per il popolo.

La democrazia rappresenta così il perfetto crimine sociale: lascia intravvedere quelle possibilità teoriche che in pratica vengono negate. Diventa la targa dell'auto che cambia in continuazione impedendo di individuare i veri colpevoli, i pirati della strada che investono i passanti: l'auto è sempre la stessa ma cambiano guidatore e riferimenti esterni. Risolvere il crimine diventa un compito così affannosamente complicato da scoraggiare anche i più volonterosi. Quando gli investigatori alla fine arrivano a qualche conclusione è già troppo tardi: tanto guidatore che targa sono diversi, e quello che possono fare è tentare di incriminare un vecchio guidatore mentre l'auto continua, con nuovi guidatori e targhe, a mietere nuove vittime. In democrazia è molto difficile identificare il responsabile dei crimini sociali, e quando ciò avviene, è quasi sempre fuori tempo massimo.

 

Mentre il vero colpevole la passa sempre liscia grazie alla turnazione (le revolving doors cui accennavo) e ad un costante rimpallo di responsabilità (ogni vertice politico ha il compito istituzionale di accusare il vertice precedente per come è ridotto il Paese), la colpa di tutti i disastri viene addossata al popolo, responsabile della presenza in cabina elettorale che legalizza i vertici politici stessi. L'argomento è perfettamente circolare: ai cittadini viene inculcata l'idea che questo sia il migliore sistema politico di sempre e viene chiesto loro di sostenerlo con il voto dato a quel partito che meglio rappresenta la loro idea di società. Partito che potrebbe non esistere, e questo fatto non ha l'autorità di obbligarci a cambiare l'idea su quanto poco perfetta possa essere la democrazia rappresentativa. La storia occidentale dimostra come sia estremamente improbabile che una forza politica interessata a dare voce ai cittadini possa realizzare democraticamente il cambiamento necessario (ovvero conquistare il potere e gestirlo autonomamente), stritolato com'è dagli interessi delle lobbies, da ingerenze di vario tipo e da una imponente sistema mediatico-propagandistico.

 

Sistema mediatico che ha lo scopo non dichiarato di spostare, attraverso il sapiente uso di leve, la convinzione delle persone e quindi il peso elettorale. Uno dei recenti episodi maggiormente significativi in tal senso è il referendum irlandese del 2008 (sul Trattato di Lisbona) dal quale emerse una chiara indicazione, frutto di una altrettanto chiara volontà popolare. Ma così mal digerita dalle lobbies di Bruxelles da mettere in moto la macchina propagandistica pro-UE fino a far stravolgere il risultato con il secondo referendum del 2009.

Viene quindi da chiedere: ma quale fu vera volontà popolare? Quella del 2008 o quella del 2009? Perchè un risultato acquisito democraticamente deve essere messo in discussione solo se non è conforme ai voleri delle lobbies europeiste? Quale conclusione ne deve trarre il cittadino relativamente al valore del proprio impegno?

Quello che appare chiaro è che a meno che l'esito della consultazione democratica non sia in linea con le aspettative delle solite élites, il valore della medesima viene fortemente criticato e quindi ridimensionato. Ma allora dove sarebbero i vantaggi della democrazia rispetto ad una tirannia?

Ovviamente la democrazia mette in pessima luce tutto ciò che dista dal sistema democratico, trasferendo le tragedie che le sono proprie nei sistemi politici avversi. Così le dittature di Saddam o Gheddafi erano intollerabili perchè non venivano garantiti quei metodi di consultazione democratica usati, ad esempio, nei referendum irlandesi. Mancanza di democrazia, quindi colpa grave. Una volta poi subentrata alla loro dittatura, la democrazia ha svelato il terribile fondamento su cui si basa: tre lupi ed un agnello che democraticamente decidono cosa mangiare per cena.

 "La differenza tra democrazia e dittatura è che mentre in democrazia prima si vota e poi si prendono ordini, in dittatura non si perde tempo con il voto" Charles Bukowski

Tonguessy

  

Commenti
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fosco2007@alice.it
admin (Super Administrator) 31-05-2013 14:13

Perfetto. Da imparare a memoria
Giovanni Marini (Registered) 31-05-2013 14:59

Beh, almeno una consolazione c'è: un giorno ogni 4 anni, quello delle elezioni, SIAMO LIBERI!
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