Attualità di Malthus |
23 Ottobre 2013
Malthus sosteneva, come mezzo per elevare il tenore di vita e per impedire l’impoverimento dei Paesi sottosviluppati, il controllo delle nascite. Estendeva il concetto all’intera Umanità. Auspicava un “salario di sussistenza” che non era un reddito minimo garantito, una previdenza sociale per come la si intende oggi. Egli era contrario ad aiuti sociali ai poveri perché inducevano questi ad avere più figli. Il salario di sussistenza era quello che un uomo doveva garantirsi prima di contrarre matrimonio e procreare. Era contrario ad ogni aiuto di Stato alle classi più umili, perché migliorando temporaneamente il tenore di vita si riproducevano maggiormente ritrovandosi poi più poveri, oltre che più numerosi. Sosteneva anche che l’incremento demografico avrebbe spinto a coltivare terre sempre meno fertili con conseguente penuria di generi di sussistenza, più alti costi e conseguente arresto dello sviluppo economico. In polemica con i teorici della perfettibilità indefinita del genere umano (dei quali uno dei maggiori esponenti era Condorcet), sosteneva che la popolazione raddoppierebbe ogni venticinque anni procedendo quindi secondo una progressione geometrica (2.4.8.16…) mentre nella più ottimistica delle ipotesi i mezzi di sostentamento aumenterebbero in progressione aritmetica (2.4.6.8…). Faceva notare che anche nel mondo animale si verifica, in conseguenza di ciò, una “lotta per l’esistenza” dalla quale deriva l’estinzione di una parte della popolazione stessa. Nella società umana ne consegue un periodico peggioramento delle condizioni di vita della classi inferiori. Un aumento di miseria che limita momentaneamente l’ incremento demografico, il quale riprende a causa del relativo miglioramento che in seguito a ciò si produce, così da diventare un processo ciclico. I provvedimenti in favore dei poveri si ritorcono perciò a loro danno in quanto favoriscono appunto l’aumento della popolazione. In alternativa Malthus propone l’educazione all’ astensione volontaria dalla procreazione per non abbandonarsi ai mezzi repressivi naturali quali la miseria, i vizi ed altri flagelli sociali. Mezzi cioè preventivi e non affidati a dinamiche devastanti. Quando il livello di vita scenderà i poveri smetteranno di riprodursi con la conseguente crescita dei salari. Questa teoria è accettata dai Classici che la pongono tra le leggi del mercato e lo stesso David Ricardo si rifà a tale teoria.
La teoria di Malthus, basata essenzialmente sul fattore demografico, è andata incontro a varie critiche. Ralph Valdo Emerson contestò la mancanza di una variante: il genio dell’uomo che avrebbe contrapposto al maggior numero di esseri da sfamare il crescente potere di invenzione, cioè il progresso. Furono contrari quasi tutti i socialisti concentrati sulla riforma delle istituzioni sociali e perché la tesi, a loro parere, ha un fondo essenzialmente aristocratico. Non mancarono critiche neanche dai neo-malthusiani, così A. Loria ha affermato che le condizioni di estrema povertà, lungi dall’essere un rimedio, avrebbero portato a un incremento della popolazione. Il problema della crescita demografica non può più essere ignorato, esempi chiarissimi sono sotto gli occhi di tutti. Tanti popoli, i più consapevoli e responsabili, hanno adottato, che le conoscessero o no, le raccomandazioni di Malthus ed indubbiamente le loro condizioni di vita ne hanno tratto beneficio. Popolazioni più umili e povere sono invece in forte crescita: gli Etiopici superano gli Italiani, i Nigeriani superano Francesi e Inglesi messi insieme. Cresciuti a dismisura anche Sudanesi, Somali, Centro Africani. Caso a parte la Cina e l’India, che da sole raggiungono un terzo della popolazione mondiale. Ma la Cina, in particolare, ha assimilato la teoria di Malthus al punto da rendere obbligatorio ogni sistema di controllo delle nascite, compreso l’aborto praticato anche coattivamente dopo un determinato numero di figli. Europa, Australia e Stati Uniti hanno avuto una politica forse “spontaneamente” maltusiana ed hanno aggiunto a questa anche la pratica dell’aborto che certamente il Pastore Anglicano non prendeva neanche in considerazione. Proprio dall’analisi su più ampia scala, pare opportuno riprendere in seria considerazione la sua teoria. Smentita una parte della teoria, essa si ripresenta valida ed attualissima nel suo impianto generale. Ė quindi un grave errore disconoscerla o sottovalutarla come è stato fatto sinora.
Cristoforo Barberi
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