Fallimento europeo?

12 Dicembre 2014

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 Da Rassegna di Arianna del 3-12-2014 (N.d.d.)

 

La settimana s’è inaugurata con la notizia clamorosa dell’abbandono del Progetto South Stream, che ha sconvolto gli equilibri geopolitici e strategici tra la Russia e l’Europa. “Non possiamo avviare i lavori in mare finchè non si ottiene il permesso dalla Bulgaria”, ha detto il Presidente russo Vladimir Putin a Vzglyad, aggiungendo che “a tali condizioni non possiamo continuare la realizzazione di questo progetto”. Mancando quindi la volontà dell’Unione Europea di sostenere il progetto, la Russia si vede così a sua volta costretta ad abbandonarlo, per quanto a malincuore.

Si tratta di un decisivo salto di qualità nel processo di deterioramento dei rapporti fra la Russia e l’Europa, e più estesamente fra la Russia e l’Occidente. È un fatto che ci porta ad operare tutta una serie di riflessioni.

La prima è che l’Europa, così com’è concepita oggi, non può funzionare. L’idea che il semplice veto di un singolo paese, in questo caso la Bulgaria che sappiamo bene a chi risponda politicamente, possa praticamente bloccare un progetto che coinvolge più Stati, deve farci riflettere seriamente su che tipo d’Europa davvero vogliamo. Un progetto energetico di fondamentale importanza come in questo caso il South Stream dovrebbe essere deciso a livello comunitario, e non dipendere esclusivamente dalla volontà, o in questo caso dal capriccio, di singoli Stati.

La seconda è che l’Europa, ed ancor più le nazioni che ne fanno parte, deve recuperare urgentemente la propria sovranità, almeno se non vuole ritrovarsi sempre più ridotta al rango di colonia o dipartimento d’oltremare statunitense. Il South Stream era un progetto che andava chiaramente nei suoi interessi e che veniva del resto controbilanciato dal fatto che in Russia l’Europa trovasse un ampio e crescente mercato per i propri prodotti finiti. Tutto questo è venuto meno per colpa della decisione statunitense di varare delle sanzioni a cui l’Europa, ed ancor più alcuni Stati che ne fanno parte, s’è allineata acriticamente.

La terza è che tutto questo danno, politico ed economico, trae le proprie origini dalla cosiddetta “crisi ucraina”, ovvero dal fatto d’aver sostenuto dapprima l’installazione a Kiev di un governo golpista e quindi la sua temeraria quanto disastrosa avventura militare nell’est di quel paese. E anche tutto questo è avvenuto dimostrando sempre un eccessivo appiattimento alle posizioni espresse oltre Oceano.

 

Se l’Europa non recupera un senso di sé stessa, ovvero una consapevolezza del proprio ruolo e della propria missione nel mondo, allora può legittimamente dirsi perduta. Non è questione d’ideologia o di simpatie politiche. È, semmai, pragmatismo. La leadership europea, così come quelle dei vari Stati che ne fanno parte, ha dimostrato di possedere questa dote solo a parole. In Europa, e questo vale tanto per Bruxelles quanto per Parigi, Roma o Berlino, bisogna capire che assecondare questa politica estera e, per ricaduta, anche economica, non ci conviene. Non ci conviene perchè non è farina del nostro sacco, ma di un sacco altrui, e il proprietario di quest’altro sacco invece i propri interessi li sta facendo benissimo.

Gli Stati Uniti, infatti, stanno perseguendo con successo l’obiettivo di legare l’Europa ai propri destini. A grandi e sicuri passi la stanno sottomettendo sempre di più, recidendo tutti quei legami che in un modo o nell’altro, nel bene come nel male, la connettevano al resto del mondo, a cominciare dalla Russia. Il legame con la Russia, per l’Europa, è vitale: in primo luogo perchè anche la Russia è pur sempre una nazione europea, anche se portatrice di una civiltà differente da quella latina e cattolica, o germanica e protestante, che caratterizza l’Europa occidentale. In secondo luogo perchè l’Europa trova nella Russia il suo principale e più logico, anche per semplici ragioni di contiguità geografica, fornitore d’energia così come un mercato strategico per i suoi beni e servizi. In terzo luogo perchè la Russia costituisce, per l’Europa, un partner ed un referente imprescindibile per la soluzione di qualsivoglia problema di portata internazionale.

Pensare di staccare l’Europa dalla Russia e di gemellarla sempre di più agli Stati Uniti, in nome di un atlantismo che si riduce vieppiù ad un fortino isolato o assediato in un mondo ormai irreversibilmente multipolare, è una follia strategica e geopolitica. Come obiettivo, non potrà neppure mai essere realizzato del tutto. L’Europa, se vuole continuare a giocare con profitto le proprie carte nel mondo, allora deve assolutamente trasformarsi in un giocatore indipendente, e stare al passo coi tempi in termini di politica internazionale.

Il matrimonio del secolo, oggi come oggi, è quello fra la Russia e la Cina, che guardacaso è anche il frutto della stoltezza dimostrata proprio ad Occidente. Quello fra Europa e Stati Uniti, invece, più che in un matrimonio rischia di trasformarsi sempre di più nel fallimento del secolo. Un fallimento, beninteso, solo europeo.

 

 


Filippo Bovo

 

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