Eurasiatismo imprenditoriale

9 Marzo 2015

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Da Rassegna di Arianna del 3-3-2015 (N.d.d.)

 

La recente delibera della Lega Nord e del suo leader, Matteo Salvini, riguardo al diniego al riconoscimento dello stato di Palestina, ha palesato contraddizioni tattiche già presenti, in nuce, nella trasformazione della Lega sotto il segretariato dello stesso Salvini. Qualche mese fa Millennium (PCE) si prese la briga di ammonire il fronte eurasiatista, in ripresa sia in Ucraina che in Siria, sulla esatta posizione da tenere nei confronti di quei gruppi di imprenditori (grandi e piccoli), di associazioni e di nuove entrate che avevano sposato la causa euroasiatica. Questo multiverso ideologico lo abbiamo chiamato “Eurasiatismo imprenditoriale”.

Nel compendio di questo “Eurasiatismo imprenditoriale” è impossibile non annoverare la Lega Nord. Nel medesimo articolo facemmo notare come la Lega, difendendo gli interessi delle imprese industriali del Nord e ponendosi come ideale paladina degli interessi piccolo-borghesi di tutta Italia, si fosse discostata dalla vulgata filo-atlantica dei partiti maggioritari italiani in modo ben più fondato di quanto non avesse fatto Berlusconi col suo asse Arcore-Cremlino.

Questo riposizionamento aggregava di fatto la Lega agli interessi di tali imprenditori, i quali vedevano con oggettiva paura il restringimento delle operazioni con la Russia. Tali associazioni, infatti, mosse da imperativi economici, dovevano cercare di far valere la voce del capitalismo italiano connesso con la Russia e più in generale col mondo ex-CSI.

Questa alleanza trova i suoi dispositivi di azione politica sia nei forum degli imprenditori che spesso ripetono quanto le sanzioni strozzino l’export italiano in Russia che nelle associazioni di amicizia con la Federazione, che accanto al loro lavoro di demistificazione delle bugie atlantiste si sono spesso fatte portavoce delle istanze degli imprenditori rovinati dalle sanzioni a Mosca.

La Lega Nord in questo modo ha compiuto il suo riposizionamento, da un’effettiva funzione di gendarme imperialista (ricordiamo l’appoggio della Lega ad entrambe le guerra americane in Medio Oriente, Afghanistan e Iraq) ad unica voce del coro democratico contro l’inutile (anche per i parametri nazional-borghesi) presa di posizione ideologica della UE contro la Russia.

Inoltre, Salvini ha portato alle più spinte conseguenze tale ricollocazione. Intervenendo sull’affare Libia ha proposto di distogliere le attenzioni della NATO dalla Russia e di rivolgerle contro l’anarchia libica.

Pur non rifiutando l’appartenenza dell’Italia al più bieco dei due dispositivi politici coloniali in cui il nostro paese è costretto (la NATO), Salvini finisce oggettivamente per ricoprire il ruolo di fronda “moderata” e di opposizione interna alla linea egemonica americana nell’imperialismo occidentale.

Su questo piano di dialogo si sono posti anche altri soggetti politici, quali CasaPound e Fratelli d’Italia, di fatto contribuendo alla creazione di un fronte unico filo-russo nella compagine coloniale dell’arco democratico italiano.

Nel medesimo articolo tuttavia si rifiutava questa visione.

Nella prospettiva del Partito Comunitarista Europeo, compiutamente socialista e comunitarista, un tale eurasiatismo non si configurerebbe come una tappa della liberazione europea dall’Imperialismo occidentale e dal Capitalismo a lui connaturato, bensì come uno stadio di riposizionamento del medesimo capitalismo in ritiro forzato a Mosca.

Di fronte quindi all’ Eurasiatismo imprenditoriale esposto dalla Lega Nord (e dei suoi alleati) è bene che i socialisti comunitaristi e rivoluzionari tengano alta la vigilanza, dato che un’egemonia culturale da parte di questi soggetti porterebbe al definitivo imborghesimento del concetto di Eurasia (nei rapporti euro-russi) e la sua successiva dismissione come dispositivo politico rivoluzionario.

Fino ad ora le premesse. Cosa è successo nel frattempo a questo fronte così eterogeneo?

Alla prova del nove la Lega si è sciolta come neve al sole, proprio sul terreno più infido: il sionismo. Le Lega ha infatti rifiutato, adducendo motivi pretestuosi, il riconoscimento dello Stato di Palestina.

Mettiamoci d’accordo: tale riconoscimento non è, di per sé, un avanzamento nella lotta antisionista, in quanto la posizione “Due popoli-Due stati” rimane una posizione sionista anch’essa, visto che riconosce de facto la validità dell’operazione di colonizzazione ebraica negli anni 1948-1967.

Questo riconoscimento andrebbe a rafforzare un bantustan senza prospettive, se non quella di legittimare l’esistenza stessa di Israele. Tale piano si riverbera quotidianamente nella presidenza di Abu Mazen, impegnato nello stroncare le forze di resistenza all’occupazione per conto di Tel Aviv.

Tuttavia è opportuno sottolineare che tale riconoscimento mette se non altro in subbuglio il fronte ideologico sionista, come acclarano le preoccupazioni israeliane su una tale presa di posizione.

Riconoscere l’esistenza della Palestina come entità statuale spezza, giuridicamente, la diffusa bugia che quella di Israele sarebbe una paterna funzione di controllo sull’immaturità palestinese. Ancorché attraversata dalla corruzione l’ANP risulta essere organizzata e più vicina ad essere “Stato” di quanto Israele stesso non voglia ammettere. Inoltre, riconoscere la Palestina vuol dire riconoscere la possibilità di tali bantustan ad autogovernarsi formalmente, e quindi di mettere un domani Israele di fronte alla necessità di negare le procedure politiche del popolo palestinese.

Tutte queste sono vittorie di Pirro, ma un socialismo comunitarista deve saper riconoscere anche gli avanzamenti più piccoli che i popoli realizzano nelle loro lotte.

La Lega Nord, come dicevamo, ha rifiutato tale risoluzione. Il comunicato (rinvenibile in Internet e sul sito della stessa) è riassumibile in queste righe: “Israele è da sempre bersaglio di attacchi terroristici e di provocazioni innescate per scatenare reazioni. In Medio Oriente assistiamo all’escalation dell’Islam radicale e il territorio palestinese è solo in parte sotto il controllo di Abu Mazen, ma in larga parte è controllato proprio da Hamas, forza di ispirazione jihadista e certo non dialogante. Tutti vogliamo la pace, ma questa non può essere ottenuta “con fughe in avanti”, “percorsi unilaterali” e “passi azzardati”. “Nessuno nega alla Palestina il diritto di darsi una propria costituzione, ma questa non può prescindere dal dialogo”.

Come è facilmente notabile la Lega riesuma la sovrapposizione tra popolo palestinese e Hamas. Il Carroccio, peraltro, trae un oggettivo aiuto in questa sua opera di demistificazione dalla recente opera mediatica di disinformazione che accomuna Hamas, ISIS e Islam tutti nella stessa congerie.

Il fatto che lo stato palestinese sia in larga parte controllato proprio da Hamas, “forza di ispirazione Jihadista e certo non dialogante” basta già di per sé a negare il riconoscimento della Palestina. Ovviamente accomunare ISIS e Hamas è fuorviante, in quanto non solo Hamas ha più di una volta condannato le azioni dell’ISIS, ma quest’ultimo risulta essere avverso all’indipendenza della Palestina, dichiarando che la Striscia di Gaza è piena di “comunisti e sciiti”.

Sotto la maschera del dialogo (“nessuno nega alla Palestina il diritto di darsi una propria costituzione”) si cela un megafono delle pluridecennali bugie sioniste. Questo può stupire chi non abbia seguito la svolta leghista in politica estera, ma è presto dimostrata dall’assioma sovraesposto.

Essendo l’apertura a Mosca leghista un eurasiatismo tattico e non ideologico, esso non prevede l’implementazione dell’antimperialismo come componente imprescindibile. La Lega e il segmento imprenditoriale che essa rappresenta non hanno interesse (e interessi) a scardinare il sistema mondiale unipolare.

Tale segmento fa pienamente parte, nella sua maggioranza, del ceto di grandi imprenditori collegati ai centri decisionali dei soliti noti. I quali, se possono dibattersi su questioni come l’Euro, non transigono sull’Islam e soprattutto sull’esistenza di Israele.

Quanto quindi questo riposizionamento del Carroccio sia artefatto, lo dimostra bene la funzione stessa della Lega, che è interna al Capitalismo, e che ne rappresenta solo segmenti diversi.

Non da ultimo la Lega condivide con Israele molte prospettive ideologiche. Non solo la Lega fa una mimesi completa delle tesi islamofobe di matrice sionista-colonialista, ma in ultima analisi è in perfetta sintonia con le prospettive socio-economiche del Likud.

La parabola della Lega Nord deve essere un avvertimento per il campo antimperialista tutto, e in particolare per quello socialista, comunitarista e europeista rivoluzionario. Pur comprendendo le tesi nazional-borghesi (contro le quali ci battiamo, ma che consideriamo migliori di quelle schiettamente atlantico-liberista) dobbiamo riflettere sull’inscindibilità della componente sociale, in un movimento politico, dalle sue posizioni, finanche in politica estera.

 

Lorenzo Centini 

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