PCE: potrà crescere?

25 Marzo 2015

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Ormai siamo in tanti a dichiarare la necessità di un superamento della vecchia dicotomia fra destra e sinistra. Voler essere “di destra” “di sinistra” è diventato quasi un luogo comune.

In fondo ha più senso una contrapposizione che metta di fronte, su opposte barricate, liberisti e statalisti. Da una parte, quella liberista, troveremmo i fautori del mercato, della libera iniziativa, dei diritti dell’individuo, essendo lo Stato soltanto garante della legalità. Dall’altra parte troveremmo i fautori di un’economia regolata e programmata dai poteri pubblici, al fine di una più giusta distribuzione del reddito, e i favorevoli a una funzione “pedagogica” dello Stato. Faremmo così scoperte sorprendenti, dovendosi collocare, sul versante liberista, liberal-conservatori, liberal-democratici, e perfino anarchici. Ancora più sorprendentemente troveremmo dall’altra parte delle barricate keynesiani, comunisti, socialisti e fascisti.

Ebbene, il tentativo di configurare qualcosa che non sia né destra né sinistra, sembra destinato al fallimento. “Destra” e “Sinistra” hanno assunto lo statuto ideale di categorie dello spirito, come tali eterne e immutabili, non due parole che connotano fenomeni segnati storicamente e transeunti. Non c’è niente da fare: ogni movimento, ogni nuova o meno nuova formazione politica, ogni fenomeno culturale con implicazioni sociali, viene immediatamente catalogato come di destra o di sinistra.

Prendendo atto di questa realtà (perché è metodologicamente corretto fare sempre i conti con la realtà), l’obiettivo non è più dare vita a una formazione politica che non sia destra sinistra, ma che sia contemporaneamente destra e sinistra. Una “destra” che sia anche “sinistra” e una “sinistra” che sia anche “destra”. Potremmo identificarla in un programma “di sinistra” dal lato economico-sociale e “di destra” nella definizione dei valori.

“Di sinistra” sarebbe una concezione di politica economica rivolta a perseguire il massimo possibile di parità di opportunità, riducendo le differenze di reddito e sottintendendo sempre l’uguaglianza fra tutti gli esseri umani per quanto riguarda la dignità della persona; una concezione che privilegia l’interesse del collettivo, della comunità, rispetto ai diritti individuali; una concezione che si apre alle varie culture ma respinge l’omologazione imperial-colonialista.

“Di destra” sarebbe la scala dei valori: la difesa della famiglia come agenzia educativa fondamentale; dell’autorità dello Stato innanzitutto come comunità organizzata che premia il merito e punisce la colpa; della religione nella sua funzione di coesione sociale, riconosciuta anche da chi non sia credente; la riproposizione di concetti quali l’onore (personale, familiare e nazionale), la responsabilità personale in rapporto ai vari ruoli che si devono assumere nel contesto familiare, sociale e lavorativo, il riconoscimento del merito pur nell’ammissione della fondamentale uguaglianza di dignità personale, il recupero delle radici pur nell’accettazione di un diverso che non stravolga le tradizioni della comunità.

Formazioni politiche orientate in questo senso, sono già in embrione. Vengono comunemente etichettate col termine vagamente ironico e spregiativo di rossobrunismo. Si scontrano negli eterni steccati del fascismo e dell’antifascismo, particolarmente duri da rimuovere proprio nell’Italia ancora ferma alle brigate nere e ai partigiani. Da questa Italia vecchia, scettica, delusa e stanca, rincoglionita da decenni di consumismo ebete, non possiamo aspettarci che possa essere quello che è stata diverse volte nella storia, un’avanguardia che apre vie nuove per l’Europa e di conseguenza per il mondo. Oggi possiamo solo sperare che le novità sopra delineate si affermino a livello continentale in modo che possiamo recepirle e adattarle alla nostra realtà.

Recentemente è nato il PCE (Partito Comunitarista Europeo). Sarà un’altra creatura destinata a breve vita o potrà crescere? Restare a guardare criticando è atteggiamento fin troppo facile e fin troppo diffuso. Offrire un contributo di idee perché il germoglio diventi pianta robusta, sarebbe già una doverosa assunzione di responsabilità.

Luciano Fuschini 

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