Il treno dei folli

1 Maggio 2015

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Da Rassegna di Arianna del 29-4-2015 (N.d.d.)

 

 

[…] In molti ambiti del pensiero, si contrappongono due visioni teoriche, l’una ciclica e l’altra lineare, per esempio in astrofisica si confrontano due teorie, una che immagina l’universo in continua espansione, l’altra pensa che l’universo a un certo punto collassa in se stesso per tornare al big bang iniziale (quello che nella cosmologia induista o buddista è chiamato Kalpa o giorno di Brama, che rappresenta un ciclo cosmico). Cosi anche nella storia si scontrano due visioni una antica, platonica e ciclica (decadenza per un continuo allontanamento dagli dei, il processo s’interrompe per l’intervento degli dei o tramite le leggi della provvidenza, quindi ritorno agli dei) e una lineare che è tipica del cristianesimo (continuo procedere verso Dio) e della civiltà della tecnica (divenire sempre più simili a Dio).

Ora noi siamo pienamente inseriti in una visione lineare dello sviluppo, sia per condizionamento religioso sia tecnologico, felici viaggiamo su un treno che procede spedito, pieno di comodità, mentre fuori dai finestrini scorre un paesaggio meraviglioso che per la rapidità del moto non comprendiamo più. Il punto è che prima che il treno deragli o vada a sbattere saremmo completamente folli. Chiusi in quello scompartimento, con quell’aria artificiale fastidiosa alle narici, i continui annunci impersonali che con insistenza c’informano d’importanti accadimenti, il paesaggio oltre al finestrino che per la velocità si è ridotto a una macchia confusa, che cerchiamo di cogliere per un attimo ruotando rapidamente la testa per seguirlo. Restiamo fermi seduti non sappiamo più da quanto in quella poltrona calda e scomoda, con quei compagni di viaggio cui non sappiamo cosa dire, di cui non ci fidiamo e non ci piace l’aspetto e l’odore, c’è quella telecamera che ci osserva, di cui non capiamo lo scopo ma ci imbarazza, siamo soli in un treno che viaggia veloce, vorremmo urlare ma non possiamo, c’è un cartello con scritto “tacete”. Henri Laborit nel 1980, attraverso una serie di esperimenti con i ratti, sviluppò una teoria basata sul concetto dell’inibizione dell’azione, dimostrando che in condizioni di estremo stress (ovvero situazioni in cui l’animale non può lottare né fuggire per evitare una situazione spiacevole) i ratti producono somatizzazioni. Noi siamo in una società in cui non si può né fuggire ne lottare e allora ci ammaliamo, ma soprattutto perdiamo desiderio alla vita. Il nostro tempo è dominato dalla tecnica che non è uno strumento controllato dall’uomo, ma è diventato il soggetto della storia e l’uomo ne è il semplice funzionario. Le macchine ci chiedono una terminologia matematica di tipo binario, un linguaggio privo di sfumature, così noi (gli operatori) siamo selezionati e formati tramite un metodo altrettanto privo di sfumature, i quiz. Non illudiamoci, le macchine hanno superato le competenze umane, usiamo strumenti la cui conoscenza tecnica è prerogativa di poche industrie che possono ricattarci. Le macchine ci modificano (l’uso di un computer o di un telefonino modifica il nostro mondo di relazioni), portandoci a una regressione binaria del pensiero, ormai ragioniamo per schemi del tipo: buono-cattivo, bello-brutto, sano-malato……. Siamo prigionieri in un mondo dove l’umanesimo è morto, sostituito da logiche semplificate, dove siamo informati di tutto e al contempo dimentichiamo tutto, le conoscenze non si legano al piano etico ed emozionale (come posso farmi carico di tutto il male e il brutto di cui sono a conoscenza), tutto diviene indifferenza. Lentamente ci abituiamo e finiamo per non essere più responsabili di nulla, facciamo il nostro lavoro senza porci più domande, non siamo coscienti del nostro agire. Tutto questo avviene tra la folla ma in una sostanziale solitudine, ognuno è immerso nella propria rete di relazione che supera le distanze tramite gli strumenti tecnici (telefonini, computer libri, ebook), mentre restiamo indifferenti alla realtà contingente. Ci stiamo smaterializzando, l’altro diviene una realtà virtuale che può essere facilmente disconnessa, ancor più virtuale è la nostra relazione con le istituzioni, che diventano astratte e disumanizzate (entità con cui si comunica solo tramite la tecnica).

Tutto questo ci farà ammalare, perché non possiamo più fuggire ne lottare, siamo impotenti, viviamo in un unico vasto e mondializzato apparato tecnico che ci utilizza cui non siamo preparati, ma soprattutto, ed è la cosa più grave, non abbiamo ancora sviluppato un’alternativa di pensiero. La metafora del treno in corsa che va verso un muro, è nota e spesso usata, ma quando lo immaginiamo ci vediamo sempre fuori dai vagoni, pensiamo che il treno sia la società umana che si schianta portando alla distruzione il mondo (quindi l’ennesimo fatto esterno che non ci riguarda direttamente, di cui siamo a conoscenza e che rimoviamo), qui v’invito a vedere la cosa da un punto di vista diverso. Noi siamo sul treno, e viviamo coscientemente l’approssimarsi dello schianto da dentro un vagone, ecco il punto, prima che si schianti la macchina (quindi la società e la natura), si schianterà la nostra psiche, la nostra coscienza umana, la nostra umanità, e non possiamo pensare di salvare la società e il mondo senza prima salvare l’uomo. Per realizzare ciò occorre farsi cosciente di non essere altro che una determinazione della natura che non è autorizzata a muoversi oltre quel limite, altrimenti la nemesi prima di distruggere il mondo, annienterà l’uomo. Si dice che l’economia domina il mondo ma è viziata dalla passione per il denaro, si dice che sarà superata dalla scienza-tecnica (ma l’economia non è già essa stessa una particolare scienza-tecnica?), che si afferma priva d’insane passioni. Non credo questo, la scienza-tecnica è viziata dalla più insana delle passioni, il narcisismo, il desiderio di conoscere e dominare, colpa per cui Adamo fu scacciato dal Paradiso Terrestre.

Una notazione per tutte, quando fu sperimentata per la prima volta la bomba atomica, gli scienziati non avevano completa certezza che la reazione si sarebbe limitata al materiale fissile o propagandosi avrebbe trasformato la terra in una supernova.

 

Bernardo Luraschi 

 

 

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