Tragicommedia greca

30 Giugno 2015

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Se Alexis Tsipras avesse indetto il referendum qualche settimana o qualche mese fa, quando la situazione era gravissima ma non irreversibile, avrebbe compiuto un colpo di genio.

Adesso, con la situazione compromessa, l’idea è solo un colpo di testa.

Tsipras, praticamente, con un comportamento pilatesco, se ne sta lavando le mani e sta girando la patata bollente del suo fallimento politico al popolo greco: è il solo modo che ha per uscirne con le mani relativamente pulite.

La politica di Tsipras è stata un fallimento colossale fin da subito: impossibile "dialogare " con la Troika, impossibile ammorbidire le posizioni dei creditori, impossibile tentare di riformare dall'interno una istituzione tecnoburocratica e totalitaria come l' Unione Europea, impossibile sostenere di restare nell' euro ma al contempo di evitare la amara purga dei sacrifici, impossibile rilanciare l' economia con un Paese strozzato dal debito e prosciugato, che deve bruciare la residua ricchezza prodotta per ripagare gli interessi sul debito, in un circolo vizioso senza fine.

E ora che anche i macchinari non tengono più in vita il paziente, che fa il medico-taumaturgo?

Indice un referendum per il 5 luglio (così i mercati hanno una settimana di tempo per giocare al massacro) e chiede di approvare o respingere le risoluzioni dell'Eurogruppo e della Troika del 25 giugno.

Si tratta di due documenti altamente tecnici, roba da iniziati o superesperti e l'uomo della strada greco dovrebbe studiare pagine e pagine di documenti scritte in una lingua incomprensibile, per dire "Sì o No".

I referendum sono sempre stati fatti su questioni di principio, comprensibili anche ai più semplici uomini della strada: monarchia o repubblica? aborto o no? divorzio o no? caccia o no? eccetera.

Nessuno ha mai chiesto il parere dell'uomo comune su una materia così complessa come le misure di austerity per il debito e le politiche sulla sostenibilità di un Paese in una moneta unica, sul rapporto deficit/PIL, sulla iniezione di liquidità di meccanismi esterni salvastati ad un sistema bancario nazionale.

Che vincano i sì o i no, a questo punto poco importa: i greci si aspettino in ogni caso di essere massacrati dalla speculazione e rosi dalla miseria.

La Troika non perdona e come ha detto il presidente dell'Eurogruppo, Dijsselboem, "anche se un Paese esce dalla moneta unica, il debito resta!".

Un bel debito, con una Grecia ridotta alla dracma ma da pagare...in euro!

E bravo Tsipras, il "nuovo" della politica europea..o meglio l'ennesima "sòla", come dicono i nostri amici romani quando a un mercatino rifilano una patacca.

Che doveva fare un vero leader, in questi ultimi mesi?

Andare agli incontri un paio di volte pro forma, quindi sbattere la porta in faccia senza fare referendum e proclamare il default, cioè la sospensione unilaterale dei pagamenti sul debito, quindi ritornare alla dracma e ripartire daccapo.

Questa politica coraggiosa avrebbe anche significato l'uscita dall' Unione Europea.

Prendere la porta, salutare, dire addio, fare baracca e burattini e comportarsi come Islanda, Argentina ed Ecuador: tutto qua.

E comunque, la porta dei BRICS è sempre aperta..

Ma c'era da immaginarlo: Tsipras era appoggiato dai giornalisti di "Repubblica" e la sua "Lista", alle Europee del 2014, conteneva anche intellettuali della "intellighenzia"(di che?) europea.

Peggio per i greci, ma vediamo il bicchiere mezzo pieno: volete mettere, che gioia, che gaudio, che delizia, essere spogliati di tutto e ridursi alla fame proclamando dinnanzi al mondo: "Civis Europaeus sum?"

Simone Torresani 

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