L'antimodernità di De Prada

4 Novembre 2015

 

Da Rassegna di Arianna del 2-11-2015 (N.d.d.)

 

Juan Manuel de Prada nasce a Baracaldo, Vizcaya, nel 1970, e trascorre la sua infanzia e giovinezza a Zamora, terra d’origine dei suoi genitori; qui impara prestissimo a leggere e a scrivere, grazie alle cure di suo nonno, il quale più tardi lo porta con sé alla biblioteca pubblica cittadina, dove il nipote inizia a forgiare, immerso fra i libri, la precoce vocazione letteraria. Fin da bambino De Prada è lettore vorace ed eclettico: ha dichiarato più volte di essere capace di godere indistintamente dell’opera di Marcel Proust al pari di quella di Agatha Christie.

Frequenta l’Università di Salamanca, dove si laurea presto in Giurisprudenza, determinato però a diventare scrittore: “Uno scrittore non si deve iscrivere a lettere. Anche il giornalismo è una falsità, è controproducente da studiare. Gli studi universitari sono molto sopravvalutati. Per fare lo scrittore o il giornalista non c’è bisogno di una carriera, c’è bisogno di una vocazione”. La sua prima opera letteraria rilevante è Coños(1994), un libro di liriche poetico-vaginali concepito in omaggio a Senos di Gomez Senal. Le altre opere giovanili sono contraddistinte da una prosa barocca, gravida di preziosismi, dove l’autore sembra ambire a una vita letteraria disancorata dalla realtà. Successivamente pubblica Las mascaras del héroe (1996), con cui consegue l’approvazione de Le nouvel Observateur, nota rivista letteraria francese. Ma è con la seguente opera, La tempestad (1997), romanzo vincitore del Premio Pianeta dello stesso anno, che lo scrittore si consacra al grande pubblico. “È il mio peggior romanzo e tuttavia quello che ha avuto più successo, non solo in Spagna, ma anche al di fuori. Da allora sono molto scettico, perché mi rendo conto che il brutto vende meglio”. Nel ‘99 lascia la provincia e si trasferisce stabilmente a Madrid; per paradosso, la sua prosa si scrolla di quelle ciprie letterarie che sono tipiche nello stile della Capitale. I romanzi successivi (Las esquinas del aire, La vida invisible, El séptimo Velo, Me hallará la muerte, Mortir bajo tu cielo) narrano vite straordinarie di uomini qualunque, epiche resistenze, indagini morali, storie di amore e di morte. In essi traspare la visione del mondo dell’autore, condensata – non sempre benevolmente, bisogna dirlo – sulle colonne che gli offre da decenni il quotidiano ABC, e nelle successive raccolte di saggi e articoli pubblicati da case editrici minori.

Romanziere di fama, cinefilo incallito, giornalista pubblicista, cattolico di recente conversione, Juan Manuel de Prada non si sottrae all’analisi e alla critica delle grandi questioni che ci apparecchia l’attualità. Ma è riguardo a queste che l’autore è meno conosciuto, e laddove conosciuto disprezzato. A chi lo taccia di essere di destra e conservatore, risponde: “Io sono anti-moderno, e come tale non posso essere né di destra né di sinistra, che sono entrambe invenzioni della modernità. Non posso neanche essere conservatore, perché oggi i conservatori si limitano a conservare l’esistente. Posso considerarmi una persona di pensiero tradizionale. Postulo un mondo fondato su altre basi: sulla giustizia sociale, che si considera di sinistra, e sulla morale naturale, che si considera di destra. Una società politica sana è quella dove si protegge la famiglia e si protegge l’operaio, e che garantisce all’operaio un salario degno che gli permetta di formare una famiglia”. In Spagna è conosciuto un suo articolo polemico del 2008, duramente criticato in ambienti di orbita popular, dove smaschera il liberalismo equiparandolo a una “nebbia tossica” che ha fatto cadere l’uomo in cinque idolatrie nefaste: “idolatra della Scienza, idolatria del Progresso, idolatria della Carne, idolatria del Piacere, idolatria della Libertà”. Nello stesso articolo accusa le formazioni politiche di destra di “creare le condizioni economiche, morali, sociali, culturali perfette per il trionfo della sinistra, che è la parte che ha saputo vendere meglio le falsificazioni create dal liberalismo”.

Di grande interesse è un libro più recente, intitolato La nueva tiranía: el sentido común frente al Matrix progre (2009), dove paragona la società occidentale al Matrix ideato dai fratelli Wachowski: un cosmo artificiale che “amputa l’uomo incenerendo quei vincoli che gli servono per rendersi intellegibile” e che presenta questa amputazione “sotto una maschera di piena libertà”. Naturalmente, “…la prima vittima di questo processo di svincolamento è l’educazione: tutte quelle discipline che ci propongono una spiegazione della nostra genealogia intellettuale e spirituale, fornendoci una descrizione unitaria delle cose, sono espulse dai piani di insegnamento o condannate all’irrilevanza. La storia, la filosofia, il latino e, in generale, qualunque altra disciplina che postuli una forma di conoscenza basata sulla traditio (questo è, trasmissione del sapere da una generazione all’altra) sono accantonate nella soffitta dei catafalchi inservibili. Si trasmette ai giovani la credenza assurda che possano erigersi in ‘maestri di se stessi’, e trasformare le loro impressioni più contingenti e caotiche in una nuova forma di conoscenza”.

De Prada ha inoltre apertamente difeso il governo del Presidente Assad fin dagli albori del conflitto siriano: “oggi sappiamo che l’unico peccato di Assad è stato opporsi alla pretesa egemonica dell’anglosionismo” ed elogiato il progetto della risorgente Russia, mettendo alla berlina le diverse caricature che accompagnano Putin in giro per il mondo: “…al banchetto conservatore conviene ripetere ogni tanto che Putin fu un agente del KGB; al banchetto progressista, invece, che Putin è un tremendo omofobo. Pare incredibile che tali caratterizzazioni grottesche possano risultare alla lunga efficaci: ma il Nuovo Ordine Mondiale sa che le meningi dei suoi sudditi sono state da tempo spianate, e che persino le idee più villane possono attecchire in cervelli fatti a pezzi.”

Nella sua ultima raccolta di articoli, Dinero, demogresca y otros podemonios(2015) risalta la tesi secondo la quale la corruzione dilagante della classe politica avrebbe cause di natura essenzialmente… teologica: “Quando la nuova morale del Denaro si fa dottrina politica ed economica, gli uomini arrivano a confondere le proprie ansietà spirituali con il desiderio di saziare i propri appetiti materiali” e ciò perché “il capitalismo, al netto delle illusioni, non è solo una dottrina economica ma una visione antropologica e ontologica profonda: o, se si preferisce, un succedaneo religioso, nel quale il Denaro occupa il posto di Dio”. Non ha mancato di suscitare scandalo neanche la timida benevolenza concessa ai rampanti militanti del movimento Podemos, ribattezzati dall’autore po-demoni (definizione dalla chiara matrice dostoevskiana, che li identifica come figli naturali del liberalismo). Secondo De Prada, Podemos indovina il diagnostico del male che minaccia di portarci alla perdizione, ma “si sbaglia nella medicina posto che insiste nella promessa del medesimo regno di delizie universali che prima ci offrivano le oligarchie che aspira a deporre”. Tuttavia, “più scandaloso che votare chi si sbaglia nel trattamento, mi sembra votare chi occulta il diagnostico vendendoci il veleno come una medicina”.

Scrive anche di usura e di economia: “si dica o si occulti, la cosa certa è che l’usura si trova al centro del sistema capitalista”, di diritti umani: “chi ne propone una definizione oggettiva è tacciato di fondamentalismo: così, posto che non c’è metodo alternativo per definire cosa sono, il potere li modella a piacimento”, di patriottismo: “…amore di ciò che è padre, amore verso le cose concrete, che non è né sentimento patriottico né patriottismo costituzionale” e addirittura di giovanilismo: “solo quando i giovani sono sufficientemente abbrutiti gli si permette di accedere a ruoli di influenza e di potere… salvo che diano prova di sottomettersi presto, salvo che dimostrino un compromesso precoce cogli interessi delle oligarchie. In questo caso, nessuno vacilla a elevarli alle più alte magistrature e posti di responsabilità; poiché in questo modo si crea il miraggio che si sta promuovendo la gioventù, quando ciò che in verità si promuove è la gioventù raffreddata”.

A soli quarantacinque anni, Juan Manuel De Prada è intellettuale a tutto tondo che, paragonato ai nostrani Saviano, Baricco e compagnia si staglia come un monumento, anche solo per la varietà della prosa e la capacità di polemizzare su di un fatto di cronaca con la medesima lucidità con la quale, in uno dei suoi racconti, affresca una scena o un personaggio. Autore indigesto, acrobatico, anticonvenzionale, la sua penna può essere considerata un pennello, ma anche una spada.

Michele Spina 

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