Free hugs

28 Novembre 2015

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Da Il Ribelle, quotidiano on line, del 27-11-2015 (N.d.d.)

 

Mentre settimanalmente accadono stragi ovunque, mentre noi piangiamo i morti ma non tutti – pare che le vittime francesi avessero molta più vita alle spalle di quelle siriane o russe – e mentre i nostri politici continuano scientemente a perseguire una politica estera terroristica, prendono via via piede i “Free Hugs”.

Tale “manifestazione d’affetto”, proveniente dall’Australia e insediatasi anche in Italia negli ultimi anni, prevede che dei perfetti ignoti, appostati in una qualsiasi piazza di città o di provincia, invitino altri emeriti sconosciuti a scambiare un abbraccio. Qualora la cosa venga gradita oltre misura, i nuovi avventori potranno sempre emulare il gesto con gli altri passanti sulla via di Damasco.

Lo scopo – come spiega Annalisa Zupo, l’organizzatrice del “gruppo” – consiste nel «cambiare le frequenze del Pianeta». Niente di meno. E, siccome tra le persone esistono fin troppa paura, diffidenza e rabbia, cosa può esserci di meglio dello stringere a sé il primo che passa, cercando nel frattempo anche di volergli bene almeno per un minuto?

Si sa, però, che le persone sono bizzarre e talvolta risultano anche sfacciatamente timide: non sono infatti rare quelle che, una volta avvistati gli “abbracciatori seriali” e compresi i loro audaci propositi, sgusciano via con un certo sgomento negli occhi e con un passo, per quanto smarrito, tuttavia spedito. Tra gli ammutinati, i primi in classifica sono i peggiori, vale a dire i fisiologicamente asociali: quelli che detestano il bacio sulla guancia con il conoscente di turno e persino con l’amico caro; quelli che sui mezzi pubblici provano un immediato fastidio fisico nonché un’urgenza di distacco, qualora il vicino casualmente sfiori loro la mano; quelli che, se proprio ci si deve confrontare, lo si faccia per lo meno a debita distanza, mantenendo lo spazio vitale; quelli infine che, dopo anni e anni trascorsi nello stesso quartiere, ancora non conoscono vita, morte e miracoli del fruttivendolo sotto casa e sono ben lieti che anche i casi loro non vengano dispersi nell’ambiente. Ecco, questa categoria di ineffabili, quando incontra uno dei nostri “distributori di abbracci”, prima sgrana gli occhi come se si trovasse di fronte a un malaugurato miraggio e immediatamente dopo fa una smorfia di orrore e persino di dolore: anch’essi, in fin dei conti, provano delle emozioni, solo che spesso non sono granché positive.

Per fortuna, la gente non è sempre così scontrosa; anzi, a detta della stessa Zufo, sono sempre più numerose le persone che accolgono di buon grado i “Free Hugs”. Tra queste, risalta chi, dopo avere prontamente dribblato l’abbraccio, si ritrova faccia a faccia con un certo angosciante dubbio; bastano però pochi istanti soltanto per sciogliere l’enigma e su quel volto, fulgida, si riaccende la speranza: eccolo, infatti, tornare indietro e scusarsi con gli “omini degli abbracci” per non avere capito al volo di cosa si trattasse. Il finale è scontato, ma lieto.

I più ammirevoli restano coloro che, intercettati dallo sguardo del promotore – il primo approccio punta tutto sul contatto visivo – senza essere sfiorati lontanamente da una perplessità, già sgambettano festosi verso l’abbracciatore, ricambiandone la stretta come se si trovassero tra le braccia della mamma – quella, nel frattempo magari reclusa all’ospizio, solo perché «lì ha tante comodità» – ed è un vero peccato che non solo non si tratti evidentemente della loro creatrice, ma anche che non sappiano proprio chi sia quel tale. Questi, però, sono solo dettagli inutili all’economia del Pianeta e alle sue frequenze energetiche.

Sarebbe interessante domandarsi chi si cela dietro questi improvvisati “abbracciatori seriali” – promotori o utenti che siano – se già non si conoscesse a menadito i loro profili schizofrenici. Sono, infatti, quelli che tifano comunque l’imperialismo buono e giusto della democrazia, sia esso ambientato in Madagascar o in Svezia: tutto il mondo è paese e, se non lo è, lo diventerà.

Sono quelli che, se nel giro di pochi minuti una redazione francese viene messa a ferro e fuoco da terroristi, diventano per settimane degli incalliti “Charlie Hebdo” – pur non avendo mai letto una copia dell’omonima rivista –  mentre se l’intera Siria viene maciullata per anni dagli stessi terroristi, il presidente Assad va in ogni caso buttato giù, perché si è scoperto all’improvviso, cioè  dopo vent’anni, che si tratta di un feroce dittatore, e pazienza se anche lui e il suo popolo provano la ferocia sanguinaria dell’ISIS. 

Ancora, sono quelli che in un passato non troppo remoto hanno applaudito e invidiato la Grecia per avere tentato, tramite un referendum popolare, di dire no all’usura europea, ma non hanno poi retto e accettato la vista della Russia, perfettamente contraria ai diktat politici dell’U.E.

Sono quelli che non sopportano il crocifisso appeso al muro delle scuole, i presepi e in genere ogni manifestazione di religiosità, ma poi sono pronti ad accogliere a man bassa quei popoli sì disperati, ma ancora vitali di fede e ossequiosi del rito.

Sono quelli che, senza remora alcuna e senza accettare alcun contraddittorio, pretendono i matrimoni gay, le adozioni per le coppie omosessuali, la “teoria gender”, gli uteri in affitto, la pornografia come atto liberatorio dalla cupa borghesia – esiste ancora? – e la sessualità adulta nei bambini, ma che allo stesso tempo si schierano per il sacrosanto diritto di parola e sempre, sempre in favore delle differenze.

Sono infine quelli che si commuovono, odiano e credono per automatismo, sia che questo si presenti sotto forma di un bambino trovato morto su una spiaggia, di un selfie di gruppo in Turchia poco prima dell’attentato o di un venerdì sera stroncato a Parigi; ma si tratta solo e soltanto di un riflesso condizionato: nessun amore in particolare, e dunque nessun vero tormento, abita i loro petti.

Sono anonimi, sparpagliati e tragicamente seriali, i nostri benintenzionati degli “Abbracci Gratis”, e sono proprio come li vuole il terrore, questo terrore che ovunque tra le strade e le piazze può fare incetta di adepti.

Esclusivamente per questa volta, è un peccato non vivere in Cina: i “Free Hugs”, laggiù, per legge non sono tollerati, pena il fermo immediato.

 

Fiorenza Licitra 

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