Un po' di sano fatalismo

3 Gennaio 2016

 

Da Vienna ci è giunto l’ennesimo allarme su possibili attentati nei giorni delle tristi feste comandate, in una data imprecisata e in una città europea fra le tante.

Che senso hanno questi annunci? Non sarebbe più logico che i servizi segreti lavorassero in silenzio per cercare di sventare il possibile attentato, senza annunciarne la minaccia urbi et orbi? (agli urbi e agli orbi, avrebbe detto l’indimenticato Totò).

I cosiddetti complottisti spiegano questa stranezza con un calcolo del potere: mantenere le moltitudini in uno stato di perenne ansia e paura, perché siano più docili, più propense ad affidarsi alla protezione delle autorità.

La spiegazione non convince.

È più probabile che i responsabili delle forze di sicurezza vogliano premunirsi da accuse di non svolgere il loro compito con lo zelo dovuto. Potranno sempre dire che loro avevano avvertito del pericolo, se qualcosa dovesse succedere.

Questi ricorrenti avvertimenti su imminenti sconquassi terroristici fanno il paio con le previsioni dei sismologi su probabili terremoti disastrosi in una certa area del mondo in un arco di tempo che può andare da qualche anno a qualche decennio.

A cosa serve un simile avvertimento?

Sarà mai possibile trasferire altrove milioni di persone per prevenire i disastri di un evento soltanto probabile e che non si sa dove e quando esattamente accadrà?

Anche qui abbiamo persone, in questo caso geologi e sismologi, che vogliono semplicemente dimostrare la loro competenza e mettersi al sicuro qualora a qualcuno venisse in mente di incriminarli per non avere previsto il disastro.

Un terzo esempio è la prevenzione sanitaria. L’unica accettabile sarebbe la vaccinazione di provata efficacia e innocuità, ma medici e igienisti prospettano anche pericoli incombenti a persone sanissime, perché l’eventuale insorgere di un male serio non venga addebitato alla loro insipienza. Ora non è più tempo di villici col cappello in mano davanti all’autorità del Medico o del Maestro. Oggi è sempre pronta la denuncia, nel trionfo dei diritti e nella latitanza dei doveri.

Al fondo di tutte queste ansie di previsione, sta l’aberrazione basilare della modernità, il delirio di onnipotenza.

La pretesa umana di avere tutto sotto controllo, la fiducia negli strumenti scientifici e predittivi, la presunzione di dominare o prevenire le forze della natura e di sondare tutte le possibili mosse dettate dal calcolo o dall’irrazionalità degli uomini.

Paradossalmente, questa pretesa di controllo totale cresce proprio mentre dilagano dinamiche incontrollabili, nelle comunità umane come nelle turbolenze della biosfera.

Mentre il Caos si impone in tutta l’evidenza del suo potere, la modernità pretende di prevedere, di imbrigliare, di prevenire, di dirigere, di riorientare.

Fra le tante cose di cui avremmo bisogno assoluto, una delle più urgenti è un po’ di sano fatalismo.

Viviamo la nostra vita quanto più normalmente e tranquillamente ci sia possibile.

Se a qualcuno toccherà di imbattersi in un fanatico che si fa saltare in aria con i malcapitati che gli sono vicini in quel momento, vorrà dire che questo era scritto nel libro del destino.

Se un terremoto farà crollare mezza città, non sarà colpa dei sismologi. L’unico rimedio non sarà il loro inutile e vago avvertimento, ma semmai un buon edificio costruito con criteri antisismici.

Se nonostante la sola prevenzione naturale e razionale, quella di un tenore di vita sano senza eccessi e senza disordini alimentari, ci becchiamo una malattia che non lascia scampo, ebbene, morire non è cosa nuova in questo mondo.

C’è assoluto bisogno di una buona antica saggezza, di una buona antica filosofia di vita, di un’ironica presa di distanza dalla follia che ci assale da ogni lato, onda che cresce nell’apocalisse che è in atto.

 

Luciano Fuschini  

  

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