Per un fronte unito anticapitalista

1 Marzo 2016

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Da Rassegna di Arianna del 28-2-2016 (N.d.d.)

 

In accordo con le logiche capitalistiche tutto ciò che è immateriale e che quindi non può essere oggetto di compravendita, come i valori spirituali, i culti religiosi, il senso di appartenenza ad una patria e ad un popolo, i legami familiari e sentimentali, l’estetica, l’indagine filosofica, l’amore per la cultura, deve essere inesorabilmente distrutto ed immolato sull’altare dell’incessante ricerca del profitto.

 

Tre sono i “fronti” che si oppongono all’avanzata incessante del capitalismo su scala mondiale: quello socialista, quello tradizionalista, quello religioso. In quanto “rivoluzione permanente” e “distruzione creatrice” il capitalismo considera le forme tradizionali della vita comunitaria come limiti alla sua espansione e quindi come ostacoli da abbattere. La tradizione, ovvero il retaggio identitario, culturale, storico di una comunità, tramandato di generazione in generazione e sedimentatosi nella coscienza collettiva dei suoi membri, rappresenta pertanto un elemento intollerabile a cospetto dell’ideologia della forma merce. Anche se non si riconosce la natura spirituale o “divina” della Tradizione e ci si approccia ad essa attraverso gli schemi della sociologia o del materialismo storico, le conclusioni alle quali si perviene osservando l’azione del capitalismo sulle forme di vita tradizionali sono le medesime: il sistema capitalistico è per definizione sovra-trans-nazionale e non riconosce la validità di leggi, precetti, norme che non siano funzionali alla logica del profitto.

 

Estranea al capitalismo non è solo qualsivoglia forma di etica o di legge morale, ma anche di religione. Il monoteismo del mercato non tollera altro Dio al di fuori di esso. Nel Vangelo e nel Corano vi è il divieto espresso, senza deroghe, riguardo la pratica dell’usura, (la cui condanna peraltro attraversa tutta la cultura “occidentale”, da Aristotele agli idealisti tedeschi, da Shakespeare a Goethe, da Marx a Nietzsche), mentre nella Bibbia essa è consentita solamente nei confronti dei gentili, ossia i non ebrei. Non è un caso che l’unico episodio del Vangelo nel quale Gesù Cristo appare adirato sia la cacciata dei mercanti dal Tempio di Gerusalemme: secondo la dottrina cristiana non si può servire contemporaneamente Dio e Mammona, ovvero il dio denaro nonché uno dei nomi di Satana (Lutero definiva il denaro “sterco del demonio”).

 

Il capitalismo produce necessariamente disuguaglianze e squilibri sociali, conduce le società verso inevitabili crisi dopo periodi di crescita economica, ha come sbocco naturale l’oligopolio ed il monopolio; tutto ciò è ineluttabile a meno che non vi sia un’istituzione politica, come lo Stato, in grado di subordinare ad essa la sfera economico-finanziaria ed impedire il verificarsi di questi esiti per la società. Essendo il “mercato” (l’insieme dei soggetti che operano nelle sedi preposte avendo come fine la massimizzazione dei profitti) incompatibile con il concetto di “democrazia” (i diritti, gli interessi e le libertà comuni ai cittadini facenti parte di una “polis”), politiche autenticamente democratiche, ovvero anticapitaliste, ovvero socialiste, non possono prescindere dal sottrarre ai gruppi economico-finanziari privati il controllo di settori vitali e strategici per uno Stato, come quelli legati all’energia, ai trasporti, all’istruzione, alla sanità, all’edilizia, oltre al subordinare la politica monetaria a quella economica, attraverso la statalizzazione della propria banca centrale.

 

Pertanto una grande alleanza tra i difensori della tradizione, della libertà religiosa e dell’ideale di giustizia sociale appare imprescindibile dinanzi all’odierno capitalismo assoluto, una forza oramai soverchiante autoproclamatasi unico orizzonte possibile e che, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, sembra non avere avversari geopolitici in grado di opporvisi efficacemente.

 

Daniele De Quarto

 

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