Dalle comunali al referendum
10 Giugno 2016
 
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Il Governo Renzi, imposto nel febbraio 2014 dall' allora presidente Napolitano come terzo esecutivo consecutivo non scaturito dalle urne, su ordine dell'Europa dei tecnocrati, è uscito dal voto amministrativo del 5 giugno con ben più di "qualche problema" e "risultato insoddisfacente" e non reggono le arrampicature sugli specchi della stampa omologata, "Repubblica" e "Corsera" in primis, che al solito scaricano la colpa sull' antipolitica e l'astensionismo. A differenza del voto europeo del maggio 2014, l'ultima tornata elettorale aveva una valenza assai più importante, sia in chiave interna che politica. Ventiquattro mesi sono riusciti, finalmente, a far rigettare a chi ancora si prende la briga di votare le bugie del "Bomba", la cui verve sta perdendo smalto. Per la prima volta da tempo immemorabile, l'astensionismo non va a favore dei partiti del centro-sinistra, ormai percepiti dall' elettorato come un "unicum" con l'opposta parte politica e più realisti del Re di Prussia in fatto di dottrine economiche turbocapitaliste, finanziarie, antipopolari e antinazionali, così come vogliono i poteri forti di Bruxelles, Washington e Londra. Ormai non servono più gli hashtag su Twitter per strombazzare, con false e seducenti parole, riforme atte a devastare la scuola e a fare macelleria sociale nel mondo del lavoro (la "buona scuola" e il "Jobs act" su tutto);  non fanno più presa le paghette di 80 euro per i redditi bassi, prelevando 6 miliardi di spesa pubblica tolte ovviamente al welfare pubblico (pensiamo ai tagli alla sanità) regalate a 11 milioni di italiani, per poi in molti casi riprendersele indietro, in una sorta di Robin Hood da cinema fantozziano. La realtà virtuale costruita dal duo Renzi-Boschi, come tutte le realtà virtuali, assopisce sino ad un certo punto ma poi entra in scena, prepotentemente, la vita vera. E la vita vera parla di giovani sfiduciati, di diktat imposti dall' Europa, di acquiescenza alle folli politiche imperiali Atlantiste di cui le sanzioni alla Russia, un boomerang per le nostre imprese, sono la ciliegina sulla torta. Parla di immigrazione massiccia fuori controllo, che destabilizza la nostra comunità, contro cui l'esecutivo euro-atlantista non solo non fa nulla, ma risponde con una sottile e subdola propaganda dei buoni sentimenti, atta a far accettare passivamente l'invasione. Parla di macelleria sociale, di tasse aumentate, di scandali bancari e di regali alle banche, in cui l'esecutivo è immerso sino al collo, di nessun aiuto alle imprese o ai giovani che vogliono mettersi in proprio, di sacrifici e di stravolgimenti etici dei quali non si sente alcun bisogno (diritti gay, coppie di fatto), perché, tanto, "lo chiede l'Europa". A questo e altro in molti stanno dicendo "basta", ma un nuovo pericolo incombe, con l'autunno: il referendum di riforma costituzionale, il cui iter fu sponsorizzato e accelerato da Napolitano stesso.

La riforma Renzi-Boschi è un vero scossone all’impianto costituzionale perché tocca i punti cardine del sistema istituzionale italiano. Innanzitutto, la riforma costituzionale elimina il “bicameralismo perfetto” tra la Camera dei Deputati e il Senato della Repubblica. Infatti, essa

          Trasforma il Senato della Repubblica in un “Senato delle Autonomie” composto da consiglieri regionali e sindaci scelti dai rappresentanti delle istituzioni locali e non direttamente dai cittadini, più i senatori a vita e i cinque cittadini nominati dal Presidente della Repubblica per sette anni

          Permette al nuovo Senato di legiferare solamente in materia di norme costituzionali, leggi sulle minoranze linguistiche, norme sui referendum popolari, leggi elettorale e leggi sul funzionamento degli enti locali

          Dà al nuovo Senato la facoltà di partecipare all’elezione del Presidente della Repubblica, ma gli toglie la possibilità di sfiduciare il Governo in carica

Dunque, i cittadini potrebbero solamente più votare i componenti della Camera e si troverebbero di fronte a un Senato svuotato delle sue competenze. Inoltre, la riforma va analizzata insieme alla nuova legge elettorale, chiamata “Italicum”. Infatti, essa, che si applicherà solo alla Camera, è un proporzionale con una soglia di sbarramento al 3% che, però, assegna al primo partito (al primo turno, se raggiunge il 40%; al ballottaggio tra i primi due, se non si raggiunge quella percentuale) un premio di maggioranza di 340 seggi. Ciò permette alla lista di governare da sola e crea una forte disuguaglianza nella distribuzione dei seggi fra i partiti di minoranza e quello (al singolare) di maggioranza. Questa riforma, inoltre, tocca i rapporti Stato-Regione, impoverendo i territori di specifiche funzioni che la riforma del 2001 aveva loro concesso. Ad esempio, il commercio con l’estero ritorna di competenza esclusiva del governo centrale con la Renzi-Boschi. Ciò significa che le iniziative dei consigli regionali di Veneto e Liguria che chiedono di togliere le sanzioni economiche con la Russia sarebbero illegali in seguito all’approvazione popolare dell’attuale riforma. Dulcis in fundo, la riforma aumenta il numero minimo di firme necessarie per la presentazione di iniziative di legge popolari, portandolo a 150000, e quello necessario per i referendum, i quali dovranno raggiungere le 800000 sottoscrizioni. Non dovrebbe stupire se questa riforma è supportata dai grandi potentati economici: non solo Confindustria si è schierata per il Sì, ma anche Generali Investment e la JpMorgan. Addirittura quest’ultima già nel 2013 aveva suggerito una modifica delle Costituzioni del Sud Europa perché difendevano troppo i diritti dei lavoratori. Direi che queste sono tutte motivazioni sufficienti per rigettare questa riforma che non fa altro che restringere ulteriormente gli spazi democratici rimasti e asseconda una volta di più i desideri della plutocrazia internazionale. Per dire basta, oltre a votare NO al referendum confermativo di ottobre, è importante firmare la richiesta popolare del referendum (per mandare un forte segnale al Governo) e i due quesiti contro la legge elettorale. Bisogna affrettarsi perché c’è tempo solo fino al 20 giugno. Per maggiori informazioni sui due referendum, puoi consultare i siti www.iovotono.it e www.referendumitalicum.it

Simone Torresani - Federico Musso

 
 
 
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