Mercato degli schiavi

19 novembre 2007

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Legge 30 (o Biagi), contratti a tempo, a progetto e di “collaborazione” – leggi: di sfruttamento -: nient’altro che un espediente per condannare all’incertezza perenne la vita di chi lavora. La paura di non vedere riconfermato il proprio posto di lavoro da un giorno all’altro è sempre dietro l’angolo, e il terrore di non portare nulla a casa è ormai una psicosi di massa.
Grazie alla libertà che questi contratti conferiscono ai datori di lavoro, tutto è arbitrario: se non mi servi più, fuori dalle palle. Persone trattate come merce di scambio, costrette a vagare da una azienda all’altra per stipendi da fame e contratti di una manciata di mesi. Si lavora tremendamente di più per cercare di mantenere il proprio piccolo spazio vitale, si è costretti spesso a fare due o più lavori, con la conseguenza di vedere annullare il proprio tempo libero (che già in questa formula sottintende che l’altro tempo, quelle del lavoro, sia un tempo “schiavo”).
Si è facilmente sostituibili con altri schiavi in qualsiasi momento, la professione e la persona sono scindibili: quello che fai tu, lo può fare qualcun altro. “Devi lavorare e guadagnare”, per soddisfare i richiami voluttuosi di un mercato insaziabile: questo il dogma. Il tempo per se stessi è un concetto che il sistema economico non ammette.
E’ un sistema morboso, che annichilisce le persone e le rende sudditi flagellanti, costretti ad una situazione insostenibile. Il sogno dell’uomo, da sempre,  è stato di lavorare meno, per dedicarsi a sé e alla propria crescita spirituale e culturale. Oggi l’unico valore è il denaro, che per assurdo è il più irraggiungibile di tutti (perché non basta mai).
I nostri governanti non si curano del disagio del Paese, scaricandosi le colpe a vicenda e non ammettendo la catastrofe in atto. Che ha responsabilità a monte che includono in un unico girone infernale il macigno del debito pubblico creato ad arte dal sistema finanziario, la politica serva dei banchieri e dei loro complici nella grande industria, e nei media di regime che sostengono il baraccone puntando i riflettori sul dito (la mancanza di lavoro) invece che sulla luna (il circuito criminale banche-lobby industriali-classe politica-stampa e televisione).
Ma i mercanti si sa, hanno sempre poco orecchio. Se solo qualcuno di loro provasse per un mese a vivere come noi, ne morirebbe. Ma non è solo cambiando la legge 30 che cambieremo il Paese, ma  tornando a dare importanza al più grande dei valori umani: il Tempo. Che è vita, e non denaro. Riprendiamoci le nostre vite: lavoriamo tutti, di meno, stabilmente.

Antonello Molella

Commenti
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dandy (Registered) 20-11-2007 13:44

E'una sintesi ineccepibile.
Lo sperimentiamo io e mia moglie ogni giorno.
Questa tanto osannata flessibilità è una trappola,la vita diventa un'appendice al lavoro.
Se il mondo non fosse in mano a questi signori con le attuali tecnologie e gli attuali ritmi potremmo lavorare al massimo 3 ore al giorno con stipendi capaci di garantire la sopravvivenza,ma siamo in balia del ciclo continuo delle aziende come dell'economia.
Alcuni già si stanno ribellando,ma serve una class action,senza violenza credo si potrebbe mettere in crisi il sistema.
belew@hotmail.it
schizoidman (Registered) 25-11-2007 22:51

Ebbene si, basta con la retorica del lavoro e dei lavoratori, riprendiamo in mano il nostro tempo e costruiamo una società non basata "sui lavoratori" ma sui valori della persona. Che poi vuol anche dire che essendo il proprio mestiere tutt'uno con la propria identità, in una società sana dove il lavoro non è una coercizione, non si può pensare che esso sia precario e che come conseguenza pure anonimo e spersonalizzante. La meccanizzazione, il pensiero liberale, l'economia capitalista, il marxismo e i sindacati son tutti colpevoli di questo stato di cose attuale.
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