Disfatta intellettuale e morale

I Gennaio 2017

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Da Rassegna di Arianna del 30-12-2016 (N.d.d.)

 

“Primi attacchi aerei dell’aviazione russa in appoggio alle truppe turche ad Al-Bab”. Chi l’avrebbe mai detto?  “Secondo una fonte militare dell’aeroporto di Kuweires, una squadriglia di caccia Su-24 e Su-34 ha sferrato attacchi aerei su Al-Bab, distruggendo vari mezzi appartenenti al cosiddetto Stato Islamico d’Irak e Al Sham”, che è sempre Daesh. Secondo alcuni però, i colpi sarebbero diretti alle milizie curde anti-Assad.  Erdogan ha accettato il principio della “integrità territoriale della Siria” (non certo di buona voglia) perché ciò comporta l’eliminazione dei sogni indipendentisti curdi?La notizia (fonte Almasdar New, yemenita sciita) aggiunge che “nonostante l’appoggio aereo russo, l’armata turca non  ha potuto mantenere il controllo dell’ospedale Al-Faruq e  di Jabal al-Akil dopo  che i terroristi  dello stato islamico hanno assestato  un colpo diretto con  il loro ordigno esplosivo improvvisato”. Il che rivela forse qualcosa sul temibile esercito turco, il secondo della NATO. Erdogan ha mandato oltre confine alcune centinaia di commandos; ma non osa impegnare l’esercito, che è fatto di coscritti, e che lui ha “purgato” di comandanti come   veri e presunti complici di Gulen. Secondo l’Osservatorio Siriano dei Diritti Umani (quello fatto da uno che sta a Londra), “Al Bab è stata giovedì oggetto di vari raid aerei turchi che hanno ucciso 72 civili, fra cui 21 bambini”.  L’attacco aereo russo invece è di lunedì e non ha fatto vittime civili – o più probabilmente, sono adesso i turchi ad avere diritto alla loro quota di accuse di crimini di guerra. Infatti i media italiani hanno dato il dovuto rilievo.

 

Su Aleppo, con molto disagio, la “narrativa” sta un po’ cambiando. Si osa dar notizia del fatto che ad Aleppo la gente festeggia i soldati dell’esercito nazionale, che i cristiani hanno celebrato il Natale nella gioia ed hanno ricevuto la visita di Assad e signora, e che si sono scoperte fosse comuni di civili giustiziati  e  mutilati dallo Stato Islamico, ossia dai protetti dalla coalizione internazionale. È già un progresso dopo cinque anni che “atrocità” e crimini di guerra, parecchi dei quali inventati (i gas nervini del 2012) venivano imputati esclusivamente ad Assad, e negli ultimi giorni prima della liberazione di Aleppo Est, a Mosca. Naturalmente dicendo il meno possibile. Nulla sugli ufficiali della NATO catturati dall’armata siriana in una cantina di Aleppo Est, il cui numero – dato inizialmente a 14, sarebbe invece di 110.   Colpevoli, nella loro qualità di comandanti dei tagliagole preferiti dalla UE e da Washington, dei crimini contro l’umanità che i russi coi siriani vanno scoprendo. Silenzio sui 100 cadaveri – risultati di soldati siriani catturati – che i ribelli hanno liquidato col classico colpo alla nuca prima di sloggiare (che ne dirà Stoltenberg?).  Discrezione sui “sette immensi magazzini con munizioni sufficienti per armare diversi battaglioni di fanteria” documentati dal portavoce delle forze russe, generale Igor Konachenkov: “Molti di questi depositi si trovavano in ospedali e scuole”.  Per delicatezza d’animo e non impressionare la Mogherini, le tv non hanno dato i video che mostrano l’enorme quantità di queste armi.  Che noi stessi, intesi come occidentali, abbiamo fornito loro perché instaurassero il Califfato. Sono state trovate anche immani quantità di generi alimentari, ben nascoste; la dittatura jihadista lasciava la popolazione civile senza cibo, sequestrava gli “aiuti umanitari” per la sua sbirraglia, e vietava ai civili di nutrirsene.   Su questo, persino l’Osservatorio dei Diritti Umani in Siria (quello di Londra) ha osato accusare i terroristi. Un altro segno della graduale modifica della narrativa. Nessun tentativo mediatico di collegare la ‘caduta di Aleppo Est’ e la strana morte in Belgio del revisore generale della NATO, Yves Chandelon, suicidato con un colpo di pistola alla testa nella sua auto, vicino ad Andenne.   L’uomo di pistole ne aveva tre, regolarmente denunciate; quella con cui s’ ucciso è un’altra, non sua. Chissà perché, la famiglia non crede al suicidio; sostiene che   Yves, pochi giorni prima, aveva confidato di sentirsi minacciato da strane telefonate.   Stava indagando sui finanziamenti del terrorismo islamico: cosa che, in fondo, è un segreto di Pulcinella. Il suo ‘suicidio’ apre interessanti questioni: è parte delle pulizie di fine stagione della presidenza Obama, oppure è il sintomo di una spaccatura fra due fazioni interne all’Alleanza Atlantica? Perché comunque la si metta, quella di Obama, della UE e dei sauditi e israeliani è una disfatta di prima grandezza.   Tanto più se si tien conto dell’ultima rivelazione di Wikileaks dove un documento del governo Usa datato 2006 mostra che Washington ha progettato il cambiamento di regime in Siria fin da 15 anni fa, scatenando deliberatamente il bagno di sangue cui abbiamo assistito, coi 250 mila morti e i sei milioni almeno di profughi e senzatetto. Progettato in tutti i particolari: dal “giocare le ansie sunnite  sull’influenza iraniana”, all’attizzare “i curdi”,  creare  divisioni “in seno ai servizi di sicurezza e militari”  del regime,  fino alle denunce false al tribunale dell’Aja  di aver fatto uccidere  il capo libanese Hariri (probabilmente  ucciso da Sion) e alla diffusione di falsità demonizzanti contro Assad  e il “primo cerchio” del regime   – il compito a cui  i nostri media si sono così valorosamente  dedicati   diffondendo ogni sorta di fake news imbeccate. Il risultato è che Russia, Turchia e Iran si sono riunite –  a Mosca –  per discutere la sistemazione della Siria, senza invitare Washington.

 

È la disfatta morale, ma anche intellettuale, di Obama, della strategia neocon e della UE: il Nobel per la Pace è stato sconfitto politicamente dal “piccolo paese  che non produce niente”, la  Russia, e che ai tempi di Eltsin i cervelloni strategici americani avevano  definito “un Alto Volta con i missili”.  Ma proprio questo fa giganteggiare le figure degli indubbi vincitori, Putin e Lavrov: con   quanti pochi mezzi hanno battuto la superpotenza e il suo codazzo di satelliti. Come mai?  I motivi ha cominciato a provare ad enumerarli il massimo analista strategico franco-svizzero, Guillaume Berlat.  “La definizione di un quadro concettuale globale” che Putin ha seguito coerentemente e con costanza, dall’inizio delle “primavere arabe” (laddove Obama le ha provocate con vacue speranze che i Fratelli Musulmani realizzassero una “democrazia”, mentre per i neocon la destabilizzazione è un fine in sé). La declinazione del quadro concettuale attorno ad alcuni principi. “Stabilizzare il regime siriano per evitare la destabilizzazione anche regionale (ammaestrato dagli effetti dell’implosione della Libia sulle aree circostanti), scongiurare la diffusione del virus islamista nel Caucaso, mantenere la sua base militare in Mediterraneo – giocando gli Usa e ridicolizzando la UE”, per giunta apparendo come il difensore dei cristiani e delle altre minoranze perseguitate in Oriente. Il sagace uso congiunto della forza militare e della diplomazia.  “La diplomazia senza le armi è come la musica senza strumenti”, diceva Bismarck; ma gli Usa si son fatti dettare la politica dal loro super-armamento, credendo che la potenza degli strumenti esima dal comporre la musica, perché quelli la suonano da sé. La psichiatrica follia di questo s’è vista nel settembre scorso, quando Ashton Carter (capo del Pentagono) ha bombardato le truppe siriane assediate a Der Ezzor  (tra 60 e100 soldati morti, con la partecipazione di caccia belgi e danesi)  al solo scopo di mandare a monte un accordo stipulato fra John Kerry e Lavrov per condurre operazioni militari congiunte contro Daesh. Cosa riconosciuta da Kerry sospiroso: “Purtroppo abbiamo avuto divisioni nelle nostre file che hanno reso l’applicazione dell’accordo estremamente difficile…”. Patetica figura Kerry, di fronte a Sergei Lavrov, sperimentato non solo dalla lunga permanenza come ministro, ma dalla precedente esperienza di diplomatico all’Onu, e assistito dal “quadro concettuale” complessivo stilato con Vladimir Vladimirovic. Di lui rimarrà nella storia la limpida, chiaroveggente diplomazia inclusiva, così contraria a quella americana. Infaticabilmente, Lavrov parla con gli iraniani, ma anche con gli americani traditori e doppi, coi turchi dopo che Erdogan fa abbattere il caccia russo, parla coi sionisti, perfino coi sauditi, trattando come legittimi interlocutori le cricche più infide, da leale interlocutore, lui. Tratta coi “ribelli” siriani, cercando di metterli al tavolo di pace.  È stato lui a sventare in extremis l’intervento occidentale contro Damasco nel 2013, facendo aderire la Siria alla convenzione di divieto delle armi chimiche. Quanto alla forza militare, è   quella necessaria e sufficiente che Putin usa in vista di obiettivi chiaramente definiti.  Spero si ricorderà il totale “effetto sorpresa”  ottenuto su Washington ed Ankara con il dispiegamento istantaneo e invisibile dei caccia bombardieri, l’esibizione delle migliori novità tecniche delle tre armi, abbastanza da impressionare gli americani e  indurli a non rischiare troppo nello spazio aereo (Erdogan,  Hollande volevano da Obama una no-fly zone in  Siria), assumendo anche i necessari rischi ed azzardi –  l’abbattimento del caccia da un rabbioso Erdogan, che oggi è costretto ad agire da “alleato” di Mosca.  Con ciò ha mostrato ai   regimi arabi che, lui, non abbandona gli alleati nelle peste, come hanno fatto altri. Tutto ciò non sarebbe bastato al successo, nota Berlat, senza un quarto fattore: e qui l’analista evoca un dato morale, di carattere: la forza di una volontà irremovibile.  Non dimentichiamo che in Siria, Putin ha sfidato un paese dieci volte più armato, una superpotenza economicamente dieci volte superiore, che non si esenta da atti criminali e talora da sussulti irrazionali, da idrofobia. L’inflessibilità della volontà s’è dimostrata nella assoluta impermeabilità, spesso ironica, al martellamento mediatico.  “I cani occidentali abbaiano, la carovana russa passa”, il Cremlino non si fa deviare nemmeno d’un metro dalla traiettoria iniziale dalla guerra mediatica. Il sistema mediatico occidentale s’è coperto di vergogna diffondendo propaganda e menzogne plateali; i governanti si sono compromessi in interviste con asserzioni irresponsabili e minacce delinquenziali, dichiarazioni estemporanee, rivelazioni controproducenti (tipo “Al Qaeda, sul terreno, fa un buon lavoro”).  Putin parla quanto basta; usa il potere di veto all’Onu   quando occorre, senza farsi intimidire; Lavrov non si abbandona alle  emozioni, entrambi si impegnano in incontri utili e riservati, come quello che ha restituito temporaneamente la ragione a Erdogan. È una forza di volontà intelligente, sostenuta da realismo, pragmatismo e sangue freddo. Gli occidentali perdono vistosamente d’intelligenza,  credono alle loro proprie menzogne, se ne fanno irretire: invocano “interventi umanitari” per rifornire tagliagole wahabiti resi folli dal captagon, di fronte ai quali Assad è fin troppo evidentemente più civile e preferibile; farneticano di una “opposizione democratica” che sanno benissimo non esistere, trattandosi di mercenari stranieri  pagati dai sauditi; invocano “tregue” che hanno l’unico scopo di salvare i terroristi da loro armati, e ormai alle corde.  E tutto ciò, nonostante gli sforzi mediatici, si vede ad occhio nudo. “Tutto, nel racconto occidentale su Aleppo, sa di truffa e inganno”, ha scritto Fulvio Scaglione su Famiglia Cristiana. Mogherini, Hollande e Merkel intimano ai russi, che trattano da criminali di guerra, di aprire corridoi umanitari. Ma i “corridoi” esistono già, i civili sono già stati evacuati dai quartieri orientali di Aleppo dalle forze governative siriane e soprattutto dai russi che hanno anche messo in campo (a differenza della Ue) una mole imponente di aiuti umanitari per gli sfollati, proporzionale al loro impegno bellico. Persino i ribelli vengono portati con i loro famigliari (e i pochi civili che intendono seguirli) in aree controllate dalle milizie a cui appartengono con la supervisione della Croce Rossa Internazionale”, scrive la NBQ, che titola opportunamente: “Ad Aleppo, la UE perde la faccia”. L’Unione Europea si è attenuta ad una rappresentazione della realtà “deforme in modo abissale” sulla Siria, per di più condita dal sentimento ingiustificato di non si sa quale superiorità civile e morale, che è un’imitazione dell’altrettanto ingiustificato senso della “eccezionalità” americana di cui Obama si riempie la bocca. “Noi” siamo l’Occidente, “noi” siamo la civiltà, l’umanitarismo e la democrazia, “Assad must go”, Putin è un dittatore…senza accorgersi della rozzezza e del semplicismo delle loro visioni che li ha portati ad una vera disfatta – intellettuale e morale. È in nome di questa ‘superiorità’ che Obama, prima di Natale, ha firmato il decreto per consegnare ai ribelli in Siria i missili anti-aerei a spalla; “un atto ostile” l’ha definito la portavoce di Lavrov, Maria Zakharova.

 

È stato forse per suo ordine che il noto “incidente aereo” ha sterminato il coro dell’armata rossa.  Non riesce proprio a capire che versare sangue non è un sostituto per l’intelligenza che gli manca, la malvagità e le vendette postume non bastano a rimpiazzare una strategia, una diplomazia, una politica estera impotente.

 

Maurizio Blondet

 

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