Scuola-logo

25 novembre 2007

Active Image

Ormai non ci stupiamo più di vedere la gigantografia di una marca di shampoo coprire la facciata di una cattedrale che abbisognava di fondi per il restauro, o tridimensionali spot semoventi circolare per le strade, autobus trasformati con la vernice in enormi pacchetti di gomme da masticare o in lattine di Coca Cola. Ci scandalizziamo ancora un po’, per fortuna, quando un nomade che guida ubriaco e uccide quattro ragazzi diventa testimonial di una marca di jeans creata su misura per lui.
Dovunque le sponsorizzazioni di eventi arrivano, presto pretendono di dettar legge e sovrapporsi all’evento che sponsorizzano. Così non abbiamo più un trofeo di calcio, ma un trofeo Birra Moretti. Non più un festival di musica rock ma un Heineken Jammin' Festival.
Il presentatore di uno show televisivo deve stare attento a ciò che dice, perché un riferimento a qualcosa che non piaccia allo sponsor può far perdere i finanziamenti e chiudere lo show.
Finora vi era un solo luogo rimasto inviolato dai tentativi di convincerci che il prodotto più schifoso sia il migliore perché reclamizzato da un testimonial di grido: la scuola.
In questo luogo “sacro” i pubblicitari non sono mai entrati con i loro cartelloni, ma, come ogni volta accade in Occidente, l’anticipazione del peggio che ci aspetta arriva dall’America.
Negli States si sono cominciate a vedere McDonalds scolastici al posto delle mense scolastiche, palestre reclamizzate più dello stadio della finale dei mondiali. Addirittura in una città canadese la Pepsi ha acquisito il diritto di dare la sua immagine a intere scuole: “Pepsi, la bevanda ufficiale della scuola media di Cayuga”, si legge in un megacartello. In Florida un istituto superiore ha siglato un contratto con cui si impegna a far di tutto per massimizzare le vendite della bibita tra gli studenti.
È nato recentemente un canale televisivo dedicato esclusivamente alla pubblicità in classe in cambio di finanziamenti. 12.000 scuole si obbligano a trasmettere alcuni minuti di spot interrompendo le lezioni, e gli studenti sono obbligati a seguire senza poter cambiar canale.
Il fondo è stato toccato quando le aziende, evidentemente non soddisfatte, hanno cominciato a metter le mani sui programmi scolastici, spingendo perché venissero studiati i loro marchi: lezioni su come si fabbrica una scarpa Nike, guide allo studio di Anastasia (recente film Disney), ricerche di mercato e test d’assaggio in aula... Hanno perfino cominciato a chiedere esplicitamente che i prodotti pubblicizzati vengano illustrati dagli insegnanti e che gli studenti realizzino slogan che l’azienda utilizzerà davvero nei suoi spot. Il tutto a spese dei contribuenti.
In Italia a questo non siamo ancora arrivati, ma non temete: il blocco di potere imprenditorial-economico sta già cominciando ad allungare le mani sull’istruzione.
Confindustria ha organizzato un seminario, “Orientainsegnanti” (da quando tocca alle imprese orientare gli insegnanti??). Diego Della Valle ha forse creduto di essere il novello Stainer o la rediviva Montessori, proponendo una scuola ove la funzione educativa non sia più esercitata dai soli docenti ma sia condivisa con gli imprenditori.
“Sempre più ragazzi scelgono studi umanistici piuttosto che quelli scientifici, ciò contrasta con la necessità delle imprese reggiane di assumere personale tecnico qualificato”, vi era scritto in una pagina di un giornale di Reggio Emilia qualche giorno fa da parte di un associazione d’imprese. Il giovane viene fatto sentire in colpa perchè la sua scelta non è benvista dalle aziende, si cerca di creare l’ambiente per cui un ragazzo non scelga la scuola in base ai suoi interessi e progetti futuri, ma in base a quello che vogliono le imprese, e chi se ne frega delle sue aspirazioni.
Mister Tod’s definisce la scuola un'azienda fatta per costruire cose, e dipende anche dagli imprenditori quali saranno queste cose. E chiede che le porte dell’istruzione gli siano aperte un po’ di più.
Insomma, questi cercano di entrare nelle aule, di far credere di essere dei validi partner didattici, si assumono il compito di plasmare i ragazzi: filantropismo? No, profitto.
Facile immaginare quale sarebbe il seguito, oltre a creare futuri dipendenti, cercherebbero di creare futuri consumatori, e cominceremo a vedere ciò che si vede in America.

Alessandro Marmiroli

Commenti
NuovoCerca
syn (Registered) 26-11-2007 09:25

Oddio, insegnare la produzione delle scarpe nike..
L'America è "la frutta" del mondo, oramai.

Consiglio, caldamente e spassionatamente, la visione del recente documentario THE CORPORATION, giusto per infliggersi ed affondare ancora il colpo ;)
fabiolucidobalestrieri@hotmail
FabioSbrocchio (Registered) 26-11-2007 16:03

Lezioni sulle scarpe nike e spot in classe obbligatori..
Mi da tanto l'impressione di 1984 di Orwell. Agghiacciante!
Ale71 (Registered) 26-11-2007 19:34

Questo tipo di cose sono perfettamente coerenti con il mondo in cui viviamo, un mondo "creato" dalla casta dei mercanti che hanno imposto un certo tipo di sviluppo tecnologico e di ricerca scientifica per il profitto, l'unico dio dei bottegai. Ad Auscwitz c'era scritta una frase profetica che può essere lo slogan ideale dello stato moderno e della sua "civiltà": "Il lavoro rende liberi". Orwell è stato troppo ottimista....
etcasadei@yahoo.it
Ettore (IP:82.55.244.124) 26-11-2007 19:56

agghiacciante, sì, non siamo a questo, certo, ma sono decenni che la coop "sei tu", per esempio, insegna a scuola il consumo critico, solidale ecc..., cioè insegna a essere bravi consumatori (che ormai è diventato sinonimo di brave persone, in realtà siamo solo brave scimmiette ammaestrate) attraverso visite guidate dentro i supermercati. siamo solo un po' indietro, ma prima o poi ci arriviamo anche noi.
dico solo che in colombia (in colombia, ripeto) non è nemmeno permesso mettere i giochini dentro le confezioni di corn flakes o dolcetti di vario genere per evitare che il genitore sia costretto a comprare cose con il giochino dentro che regolarmente il figlio guarda 30 secondi poi butta in un angolo.
consiglio anch'io la visione di the corporation, dove si parla, tra le altre cose, della KIA che organizza stands nei parchi giochi per fare in modo che i figli convincano i genitori a comprare una macchina nuova.
Enrico Maccieri (IP:87.7.43.173) 28-11-2007 00:16

Signori, che non siano decenni che è così pure in Italia, passi; ma nell'ultimo decennio, quello che ho vissuto fra banchi di scuola ed universitari, ho notato diverse collusioni fra mondo dell'istruzione e mercato.
Specialmente a livello accademico la vicinanza fra alcuni professori, presidi ed imprenditoria si fa allarmante.
Come indizio di ciò vi fornisco alcune osservazioni effettuate in quel dell'università di Parma:
- parti di programma dei corsi di laurea sembrano spesso cuciti addosso al mondo imprenditoriale, fenomeno tollerabile pensando alla territorializzazione dell'ateneo;
- vari seminari offerti da imprese locali nei quali intervengono i manager delle stesse (dai quali peraltro mi sono sempre ben guardato dal parteciare).
Queste sono solo le briciole del fenomeno visto che sono giustificabili come contestualizzazione dello specifico ateneo.
La parte agghiacciante di fenomeno avviene nei mesi tardo primaverili-estivi, proprio quando la più grande società di prodotti da panificazione italiana (guarda caso con sede centrale proprio a Parma) organizza una serie di manifestazioni al campus universitario. Manifestazioni che come culmine hanno una festa finanziata dalla società in questione con sede nel campus, preventivamente adornato di striscioni pubblicitari recanti il marchio della suddetta. A ciò, scandalosamente, si aggiunge l'opportunità che tale colosso industriale offre alle famiglie parmensi (credo, ma aspetto conferme o smentite, quelle dei dipendenti): trasportare ed intrattenere mezzo educatori (spero pagati, quasi sicuramente precari) la propria prole. Indovinate dove? Sì, proprio al campus e nelle strutture sportive interne che dovrebbero servire alle attività studentesche, o comunque al libero uso.
Ad oltrepassare ulteriormente sono le t-shirt dei bimbetti: tutte rigorosamente marchiate.

Quindi, caro Ettore, a meno di smentite, ci siamo dentro più che mai.

Perchè si sa: "Dove c'è Barilla, c'è campus"
maccieri.enrico@virgilio.it
Enrico Maccieri (Registered) 28-11-2007 00:34

Se la memoria e le mie capacità di deduzione non mi ingannano, l'autore dell'articolo, il sig. Alessandro Marmiroli, o è un omonimo o è proprio una persona che conosco e che vive nel territorio nel quale sussisto anch'io.
Potrebbe dare conferma o smentita del tutto.
a.marmiroli1@hotmail.it
Barazz (Registered) 28-11-2007 12:13

Vivo a Reggio Emilia, zona Baragalla, non credo di conoscerti però.

Alessandro Marmiroli
Solo gli utenti registrati possono inviare commenti!