Il canto del cigno del liberalismo

2 Febbraio 2017

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Da Rassegna di Arianna del 31-1-2017 (N.d.d.)

 

Che spettacolo da vedere. Questi sono i giorni finali, e presto le ore finali, dello sconfitto progetto politico del liberalismo, ereditato dal XIX° secolo. Il centro, se mai ce n’è stato uno, non ha retto dopotutto. Che gran cosa è assistere alla caduta a capofitto nella pattumiera della storia di una delle pietre miliari ideologiche del sistema internazionale, quella che, spavalda e sicura, si dava delle arie con la sua roba fin dalla fine della Guerra Fredda. È caduta con impeto, come spinta alle spalle dal fuggi fuggi della folla, anche se i suoi difensori daranno la colpa a semplici “errori”, come se fossero scivolati sulla più grande buccia di banana storica mai vista. E che scena: chi si sarebbe mai aspettato che tale mancanza di dignità, tale patetica isteria, tali diffamazioni infondate, tali minacce vuote arrivassero da coloro che una volta si pavoneggiavano minuziosamente come statisti coraggiosi, quelli che parlavano come se avessero messo il mercato con le spalle al muro per mezzo del “raziocinio”. Sebbene la caduta avrebbe potuto essere peggiore, non sono mancate violenze, minacce, boicottaggi e perfino appelli al tradimento, il tutto per delegittimare la scelta degli elettori. La democrazia liberale è stata ridotta a un guscio, più un nome che un fatto meritante il nome. Per molti anni il liberalismo è stato autoritarismo liberale o post-liberalismo o neoliberalismo, con un gran disprezzo elitario per la democrazia e una gran paura delle masse in ogni dove. Le promesse di inclusione, equità e benessere erano rimpiazzate da trucchi retorici suonanti bene e concessioni simboliche. All’ordine del giorno salivano il narcisismo morale, la virtù solo a parole, le politiche identitarie e la costruzione di coperte con arcipelaghi di diversità. Nel nome della promozione della democrazia, le proteste venivano incoraggiate all’estero, contro le nazioni prese di mira, ma a casa le proteste erano represse da una polizia sempre più militarizzata. Sulla trasparenza e responsabilità, si facevano prediche a nazioni di tutto il mondo, ma a casa era tutto una sorveglianza di massa, uno spionaggio interno e un giro di vite sugli informatori. I leader liberali affermavano di essere i paladini della pace e dell’ordine, mentre moltiplicavano le guerre. Obama stesso si è reso personalmente responsabile dell’uccisione di migliaia di persone, molte delle quali civili; nel solo 2016, gli Stati Uniti hanno sganciato una media di 72 bombe al giorno, nelle guerre in sette paesi. Obama ha supervisionato la rapida accelerazione del trasferimento di ricchezza ed ha accentuato la povertà nazionale, eppure è lodato dagli studiosi e scrittori della pseudo-sinistra liberale per aver “governato bene” e per averlo fatto con un comportamento aggraziato e professionale. La sinistra nordamericana ed europea, che ha siglato la sua pace ed è arrivata ad un accordo con l’imperialismo liberale, affonda insieme a coloro che, alla fin della fiera, le ha ricompensate con così poco. Ancora una volta l’imperialismo sociale della sinistra finisce in fallimento e pone le basi per la sua sostituzione.

 

Non è una piccola cosa quella che è accaduta qui, non si tratta solo della sconfitta di Hillary Clinton e del rigetto della “eredità” di Obama da parte degli Americani. Si tratta di una serie di istituzioni, una classe di esperti, una rete di alleanze politiche e sociali che vengono scosse in modo irreparabile. Siamo nei primi giorni di una transizione storica, quindi non è chiaro che cosa ci attende e le etichette che sono proliferate, populismo, nativismo, nazionalismo, ecc., dimostrano confusione e incertezza. […] Sicuramente, il liberalismo non scomparirà a titolo definitivo, e non immediatamente. Le idee non muoiono mai veramente, vengono solo archiviate. Il liberalismo resterà disponibile nei testi sugli scaffali della libreria, sarà ricordato e difeso dai suoi sostenitori viventi, e potrebbero sopravvivere elementi specifici del suo vocabolario. Alcuni cercheranno di rilanciare il progetto politico liberale, e in alcuni casi sembrerà anche che stia tornando alla ribalta, ma tali sforzi saranno isolati e relativamente di breve durata. Ciò che Francis Fukuyama ha salutato come la “fine della storia”, ha finito per essere più un canto del cigno per il liberalismo, anche se non si è mai neanche avvicinato alla sua bellezza. Se, come afferma la storiografia dominante, il “comunismo ha fallito”, allora il liberalismo sarà il prossimo. Nonostante ogni elaborato sforzo per interpretare in modo erroneo il significato di “fascismo” e assegnarlo a Trump, neanche il fascismo è un movimento vitale. Piuttosto che la fine delle ideologie, sembra più l’inizio di qualcosa di nuovo, non c’è da meravigliarsi che molti di noi abbiano notato come gran parte del dibattito in corso trascenda il concetto di sinistra contro destra, oggi la questione cruciale è globalismo contro nazionalismo. Per ora, voglio solo guardare al momento attuale, e cercare di organizzare e analizzare le caratteristiche principali di questo crollo […]

 

Maximilian Forte

 

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