Rebus coreano

12 Agosto 2017

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Ho sempre visto, da spettatore disincantato degli eventi, il regime di Pyongyang -seppur condannandone gli eccessi-con una vaga punta di simpatia, forse perché è uno dei pochissimi Paesi-ormai li conti sulle dita di una mano-che non si omologano al sistema imperante globalizzato e difendono il diritto di filarsi la propria Storia, i propri usi, i propri costumi, senza pelose supervisioni esterne. In quest' ottica di "autodifesa e di deterrenza", se così possiamo dire, avevo sempre in passato provato a giustificare certe bravate del "regime eremita", ma adesso credo che anche quelli stiano passando il segno. Un conto è sviluppare un apparato bellico per deterrenza verso presunti e ipotetici attacchi esterni, altro conto è lanciare provocazioni gratuite e minacce di guerra, fare test balistici, proclamare ai quattro venti che dopo Ferragosto 4 missili balistici saranno diretti sulle basi americane di Guam.

 

A differenza di suo padre e soprattutto di suo nonno Kim Il Sung, che pur nella loro avulsione dalla realtà avevano perlomeno un certo acume politico-le loro erano minacce a vuoto ben dosate, ad uso di propaganda interna e per ottenere massicci aiuti, specie dalla Cina e dalla controparte meridionale, in beni alimentari-Kim Jong Un sembra ormai divenuto una vittima di sé stesso, o meglio della martellante propaganda della quale è intriso notte e giorno. Come ha fatto notare non ricordo quale analista, la Nord Corea dopo 70 anni di tal regime ormai non solo non ha più nessuna dialettica di politica interna, ma neppure ha nulla da dire ai suoi cittadini: sono diventati come un enorme disco rotto, che continua a ripetere la stessa canzone sino all' ossessione. Cioè la rivoluzione antigiapponese, gli attacchi verso i "servi " del Sud, l'antiamericanismo, la mobilitazione permanente della popolazione intesa come nazione armata, una specie di "Deserto dei Tartari" dove vivono milioni di allucinati Giovanni Drogo che da tempo immemorabile sono in attesa di attacchi, di battaglie. Non ci sono dibattiti, non ci sono problemi da risolvere perché tanto tutti sono intruppati, non ci sono dialettiche di partito, weltanschauung, realpolitik, visioni di insieme, strategie per il futuro, nulla di nulla: sempre il medesimo disco incantato.

 

Questa è una situazione pericolosa, perché non tutti hanno i nervi saldi per gestirla e non si riesce a capire dove finisca la finzione e la provocazione e dove inizi la realtà, specialmente da parte di un capo di Stato enigmatico del quale non si sa nulla, neppure la vera data di nascita e se abbia figli o meno (si presume che sia sposato). Certamente, possiamo credere che tutte queste provocazioni abbiano lo scopo di rafforzare l' autorità del capo davanti all' apparato di regime (non dimentichiamo che Jong Un è giovane e in Estremo Oriente vige ancora una specie di regola in cui solo i saggi e gli anziani possono gestire il potere...) e di prestigio davanti ai generali, però è anche vero che spendere miliardi su miliardi in armamenti complessi e mantenere un apparato di oltre 1.000.000 di uomini, di cui 55.000 alti ufficiali, non è uno scherzo e come la Storia insegna, quando si rafforzano troppo gli eserciti poi col tempo sono i militari a prendere il sopravvento sui civili...e militari formati a una scuola come quella nordcoreana, tanto ben disposti verso il mondo proprio non lo sono. Concludo dicendo che la prudenza cinese non mi stupisce, perché seppur scomodissimo alleato, il regime di Pyongyang serve per tenere a bada gli americani e Pechino non ha di certo interesse ad un suo crollo, che porterebbe a una riunificazione egemonizzata dal sud e cioè avere gli americani al confine. Ma neppure il Sud ha voglia e interesse a una riunificazione, che porterebbe a costi proibitivi e probabilmente insostenibili, oltre ad una catastrofe umanitaria-milioni in fuga verso il meridione e collasso civile a Nord.

 

È una situazione assai ingarbugliata, perché il regime di Jong Un è ormai irriformabile dall' interno e l'eliminazione anche mirata del suo capo aprirebbe scenari molto instabili. Qualcuno aveva avanzato l'ipotesi di una "spartizione " del Nord tra cinesi e americani in caso di aggressione nordcoreana ma suona fantapolitica... È un bel rebus, come per il conflitto israelo-palestinese sembra di essere in una strada senza uscita.

 

Simone Torresani

 

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