L'economia è l'unica motivazione del secessionismo

7 Novembre 2017

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Da Comedonchisciotte del 5-11-2017 (N.d.d.)

 

I Catalani accusano Madrid per il loro malessere economico. Ma i veri colpevoli sono a Bruxelles, Francoforte e Berlino e questa dissociazione non può che alimentare un maggior separatismo regionale in tutta Europa. La disunità si sente nell’aria in tutta Europa. La Catalogna è il luogo dove si è acceso il fuoco, ma non è l’unico. Il suo referendum illegale, ma goffamente annullato (insieme alla dichiarazione di indipendenza), è stato preceduto dal referendum scozzese sull’indipendenza dal Regno Unito – perso per poco –  dal successo del referendum della Brexit e dai referendum legali ma inopportuni in Veneto e Lombardia, regioni che, all’inizio di ottobre, hanno chiesto in modo schiacciante maggior autonomia in Italia. Ma perché, e perché ora? È facile perdersi in chiacchiere parlando di fattori locali e di recenti fattori storici, la Spagna ne ha in abbondanza. Certo che contano e possono spiegare perché proprio in Spagna si è sviluppata la più conflittuale tra le lotte separatiste, nazionaliste e sovranazionali di questo continente. Ma i motivi fondamentali sono molto più profondi e in sostanza sono molto più semplici.

 

Persino la piccola Catalogna, con i suoi 7,5 milioni di abitanti, è molto più grande di quel tipo di società – per dimensioni – in cui si è evoluta l’umanità, perché le grandi aggregazioni possono essere tenute insieme solo da forze travolgenti o da una prosperità travolgente. L’Unione Europea, che fu pensata per unire tutti gli europei, è sempre stata destinata al fallimento su questo fronte, come vide tanto chiaramente, un quarto di secolo fa, Wynne Godley. Così si deve tornare a parlarne insieme agli strumenti che servono per tenerla ancora insieme. Il numero massimo di persone che possono mantenere legami personali efficaci e reciproci arriva a circa 150, come nelle società dell’ “Età della Pietra”, che erano formate da circa 150 persone, e come i villaggi ai tempi di Guglielmo il conquistatore, che erano abitate dallo stesso numero di persone. Questa scala, conosciuta come Dunbar Number, fu ipotizzata per la prima volta dal biologo evolutivo Robin Dunbar negli anni ’80 e successivamente confermata dagli antropologi. La logica di un numero così piccolo è semplice. Noi – gli esseri umani – siamo una specie sociale e per interagire in una società è necessario riconoscersi, non solo cioè sapere cosa significa interagire con ciascun individuo che incontriamo, ma anche comprendere come ogni altro individuo nell’ambito della società si comporta con gli altri membri della società.  Quando abbiamo ospiti a cena, non mettiamo due persone che si detestano sedute una accanto all’altra (a meno che non vogliamo creare un incidente, ma lasciamo stare). Il numero dei rapporti interpersonali aumenta rapidamente con l’aumentare dei numeri sulla scala. Con dieci persone, ci sono 45 relazioni personali ogni persona; con 100 persone, le relazioni sono 4.950. Con 150, diventano circa 10.000 (il numero esatto è 11.175, il numero indicato dalla scala è approssimativamente il quadrato del numero delle persone, diviso due), che sembra essere il limite massimo delle relazioni che il nostro cervello può gestire. In Catalogna, si dovrebbero gestire circa 30.000 miliardi di relazioni interpersonali a persona. Una cifra che equivale a più di quattro volte gli abitanti della Terra.  […] Questi concetti astratti di regione, nazione o impero sono stati inventati solo nell’ultimo 2% del tempo che l’umanità esiste, come specie, su questo pianeta, da quando cioè è diventato fastidioso gestire un rapporto con tanti piccoli gruppi di persone, da cui si è evoluta la nostra specie. Eppure oggi, questi concetti astratti costituiscono il prisma attraverso cui noi cerchiamo di comprendere tutto ciò che accade. […] Il vero mistero, dunque, non è perché la Catalogna vuole l’indipendenza dalla Spagna o la Scozia la voglia dal Regno Unito, ma è come queste enormi aggregazioni – anche quelle relativamente piccole come la Catalogna – siano riuscite ad imporsi e come possano sopravvivere, malgrado una nostra intima e confortevole zona di tribalismo che alberga in ognuno di noi. La risposta è un fattore che gli economisti hanno chiamato, ma che di solito ignorano: “economie di scala”, per cui un grande gruppo di persone può specializzarsi molto di più di quanto può fare un gruppo di 150 persone, e con quella specializzazione la società riesce a sviluppare una capacità molto maggiore. Un gruppo di cacciatori-raccoglitori non poteva avere partita contro una società agricola, dove gli schiavi lavoravano i campi e i soldati controllavano ed estendevano i loro confini. Come prima nelle città-stato e poi negli stati nazionali sviluppati, la nostra capacità di proiettare la nostra gamma di legami intimi –  da 150 persone a 149 persone + uno stato – ha dato luogo ad alcune strane dicotomie mentali. All’interno della comunità stessa, ci aspettiamo un certo riconoscimento sia per la nostra individualità che per i nostri legami. Ma per mantenere in vita questa comunità, accettiamo che certi individui, fuori della nostra comunità o sottomessi, possano essere trattati come “altri” ed effettivamente de-umanizzati. Quindi, noi chiediamo democrazia nell’ambito del nostro gruppo, ma accettiamo l’uso della forza al di fuori del nostro gruppo. Questa tensione è viva fin dai primi giorni della democrazia. Celebriamo Atene come il luogo dove nacque la democrazia e Aristotele come il più importante dei filosofi.  Tuttavia, nel discutere della schiavitù, Aristotele avrebbe potuto dire che “anche la tirannide è la regola di un padrone sugli schiavi; perché la schiavitù offre un vantaggio per il padrone” e comunque aggiungere il commento che ”Ora questa sembra essere una forma di governo corretta”. Era “corretta” solo perché la proprietà degli schiavi diede ad Atene un potere economico con cui permetteva ai suoi cittadini una vita confortevole. Oggi nessuna società con 150 individui sarebbe autosufficiente fuori da una foresta pluviale e le nostre piccole comunità interpersonali sono inestricabilmente intrecciate con tecnologie prodotte in massa che non si sarebbero mai sviluppate se gli umani fossero rimasti bloccati nei loro limiti sociali biologici. Di conseguenza, siamo invece rimasti bloccati nella tensione tra comunità ed economie di scala. Questa tensione può essere contenuta solo se un grande raggruppamento di persone produce vantaggi economici innegabili rispetto ad un piccolo raggruppamento di persone oppure se qualsiasi malcontento viene soffocato con la forza.

 

La zona euro doveva portare degli innegabili vantaggi economici ai suoi Stati membri: creare gli “Stati Uniti d’Europa” con una forza economica capace di competere con gli Stati Uniti d’America. Ma ora che questo progetto è fallito e quella colla che doveva portare prosperità si è rivelata illusoria, la Spagna ha scelto la via della forza per restare unita. Questo non doveva succedere. La Spagna è la rappresentazione di tutti i difetti dell’euro, ancor più della Grecia, perché secondo le regole della zona euro la Spagna ha fatto ogni cosa per benino. […] La Spagna è entrata nell’area dell’euro con un livello di debito pubblico al 70% del PIL e lo ha ridotto costantemente fino al 40 %, prima della crisi. Nemmeno la Germania ha fatto altrettanto bene, secondo le regole i suoi politici hanno svolto un ruolo dominante nello scegliere le regole. La Germania è entrata nell’euro con un livello di indebitamento del governo del 60%, esattamente come previsto dagli obiettivi (divertente no?). Ma, nonostante le sue aspettative e la sua propensione alla disciplina fiscale, la percentuale non è migliorata. […] Ma la Spagna ha fatto veramente solo bene nel debito pubblico prima della crisi a causa del suo debito privato – completamente ignorato dalle norme della zona euro –  che era fuori controllo, poi l’euro ha indubbiamente svolto un ruolo significativo nel creare altro debito privato. Quando la Spagna aveva la propria moneta, l’indebitamento privato raramente superava l’80% del PIL. Ma appena prima dell’entrata nell’euro, il debito privato ha cominciato ad aumentare più rapidamente del PIL ed è decollato con l’euro. Il debito privato si è quasi triplicato rispetto al PIL ed ha alimentato una bolla immobiliare senza precedenti. È passato dall’80% del PIL, al 200% dopo la grande crisi per arrivare a quasi il 220% nel 2010. Questa bolla del debito privato ha provocato una apparente prosperità della Spagna all’inizio della crisi e la fine di questa illusione ha causato la seconda grande depressione della Spagna. […] Solo l’Italia si è avvicinata all’obiettivo UE di una inflazione al 2%. Il vantaggio commerciale della Germania deriva dalla sottoquotazione del cambio fisso che ha bloccato la concorrenza. La Germania, in netto contrasto con il resto della OCSE, è riuscita a pagare sia il debito pubblico che quello privato, perché il tasso di cambio fisso che ha condiviso con l’Europa ha significato sfruttare un cambio fisso con un tasso di inflazione più basso – e per essere chiari –    per fottere i paesi dell’area euro che avevano tassi di inflazione maggiori. […]  i prezzi delle merci tedesche sono scese del 20% rispetto ai prodotti spagnoli, dopo arrivo dell’euro. I prezzi in Germania sono più bassi di circa il 15% di quanto era stato concordato e i prezzi in Spagna sono di circa il 5% più alti. Con le ridicole regolamentazioni fiscali dell’euro e con l’assenza di una Tesoreria Euro per riequilibrare e per compensare entrate fiscali e spese pubbliche e per l’impossibilità di svalutare, l’unico modo per tornare ad una parità con la Germania è la deflazione. È questo che l’austerità ha imposto di raggiungere al governo Rajoy. […]

 

Con la deflazione come l’unica ed inefficace arma per ripristinare la parità con la Germania, l’adesione della Spagna nella zona euro impone la povertà nelle proprie regioni, tra cui la – una volta – prospera Catalogna. Questo è il motivo principale per cui la Catalogna vuole uscire dalla Spagna, ma […] non sembra rendersi conto che il fallimento della Spagna è dovuto alla sua adesione alla zona euro. La UE, nel frattempo, appoggia il suo vassallo Spagna nella repressione della ribellione catalana. Il comportamento dell’UE in questo caso è stato tanto deludente quanto i paramilitari mandati da Rajoy per far fronte agli elettori, anziché ignorare semplicemente un voto illegale. […] E comunque non si metterà un fermo contro le forze secessioniste all’interno dell’Europa. Le uniche cose che vogliono sono abbandonare l’euro e quelle stupide regole dei trattati di Lisbona e di Maastricht che hanno reso la zona euro una forza che produce povertà e non prosperità.

 

Steeve Keen (traduzione di Bosque Primario)

 

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