Dopo Putin

28 Dicembre 2017

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Da Comedonchisciotte del 26-12-2017 (N.d.d.)

 

La macchina del fango russofoba ospitata presso i media europei si è appena rimessa in moto. I campioni di fake news veri, Repubblica, Corriere, Ansa ecc. ecc, titolano che il leader dell’opposizione a Putin – Alexei Navalny – non potrà correre per le presidenziali russe del 2018 perché la commissione elettorale ne ha bloccato la candidatura. E ci lasciano pensare: “Buuuuuu. Vergogna!” Nello sparare la notizia omettono due cose fondamentali. La prima: Navalny non è leader dell’opposizione manco per il cazzo! La sua importanza nel mondo della politica russa è rilevante come quella di Civati in quella italiana. Quindi è impossibile che Navalny, ancorchè candidato, potesse minacciare minimamente la leadership di Vladimir Putin. Navalny non è stato candidato perché ha commesso più reati di Toni Negri. Punto. Ma, soprattutto, quel che non si dice è che finalmente Putin lavora per la costruzione di una vera classe dirigente in Russia, e questo è il reale motivo della sua quarta candidatura. Questa sì che è una news. Putin, infatti, non è stato un mago su tutto, ed ha fallito finora nel tentativo di costruire una élite competente ed un successore credibile alla sua Presidenza.

 

Sia chiara una cosa. Anche se ho studiato per anni la figura di Putin, ho smesso da un bel pezzo di mettere le persone sul piedistallo, di idealizzarle. Perché si prendono delle randellate nel muso a piena potenza: gli eroi non possono essere umani, quando scoprite che invece lo sono, questa triste realtà può essere shoccante: gli eroi hanno i difetti di tutti gli esseri umani, perché… sono umani. Perciò, amare o odiare sono due lati dello stesso eccesso. Io analizzo Putin, poi ragiono con la mia testa e cerco di prenderne il meglio. Fatta questa precisazione rimane da capire cosa si intende per creazione di una élite in Russia. Facciamo eco a Giulietto Chiesa che sulle pagine di Sputnik Italia dice:

 

Putin non ha ancora completato, dopo sedici anni, la formazione della propria élite. Ma intende farlo adesso. Nel frattempo fissa gli obiettivi per quella élite che sta costruendo a sua immagine e somiglianza. E, certo, si spiega così il fatto che egli non abbia cercato investitura in nessuno dei partiti che occupano l’attuale Duma. Infatti il suo “vero” discorso d’investitura lo ha pronunciato davanti all’assemblea del Fronte Popolare Panrusso… il Presidente sarà espressione del popolo e non di questa o quella coalizione politica, di questo o quello schieramento. E viene ribadito ora con una piattaforma politica “triangolare”, assolutamente interclassista, apparentemente a-ideologica. Ecco che risulta così più chiaro l’intento di Putin, che è quello di abbandonare progressivamente le forme partitiche nel tentativo di formare statisti che non siano interessati a salvaguardare l’interesse di un gruppo sociale, ma della Russia intesa nel suo insieme. Lo sappiamo tutti che, al di là delle chiacchiere, in Europa la classe dirigente non si è formata, ma si è semplicemente “trovata” a tutelare gli interessi di una parte dei cittadini, di norma quelli più ricchi. Il lavoro reale che la politica europea ha fatto è stato quello di ridimensionare la classe media, cioè la classe che sintetizza tutti i livelli di reddito e di rendita, per favorire una separazione sempre più netta tra ricchi e poveri. Putin, invece, nel cuore e nella testa, ha il problema opposto: deve creare una numerosa e forte classe media. Lo stesso problema c’è in Cina ed in molti paesi della galassia eurasiatica, ma mentre altrove la questione non è affrontata in modo esplicito e coerente. In Russia sì. Ancora molto c’è da fare “per ridurre le disuguaglianze e la povertà” — ha detto infatti Putin nel suo ultimo discorso programmatico, segno che questo è un problema considerato centrale per il Capo del Cremlino, consapevole che gran parte del mondo, in assenza di classe media, rischia di precipitare verso un declino sudamericano. Ma c’è un punto importante sul quale NON concordiamo con l’analisi proposta da Giulietto Chiesa, quando scrive che nel 2022 a scadenza del prossimo mandato Putin avrà allora 70 anni, ma che sarà ancora troppo giovane per lasciare il potere. Questo è un registratore rotto che si sente da tanto tempo. Secondo gli opinionisti Medvedev è un inetto e corrotto che non ha le qualità di Putin, mentre Lavrov è già troppo vecchio ora, e dunque, dopo di Putin non ci sarà niente di papabile per una Russia che è tornata a ricoprire un ruolo da potenza mondiale. A mio modo di vedere il successore di Putin sarà un nome completamente nuovo, come lo fu lui durante l’era Eltsin. Nessuno lo aveva mai sentito nominare fuori dalla Russia prima del 1999, ma aveva una qualità indiscutibile, in quanto proveniva dal Kgb, la cui scuola ha sempre formato menti eccelse ed altamente patriottiche. Putin a mio modo di vedere andrà ad attingere ancora a quel mondo, ovvero a quello della sicurezza e dell’ingegneria militare, ove la formazione della persona in senso patriottico è fuori discussione (in Russia…). E se scendiamo in quel campo da gioco, i players allora non sono certo pochi. Alexey  Dyumin, ad esempio, ha 45 anni ed è governatore dell’oblast di Tula. Nella sua carriera è arrivato ai massimi vertici all’interno delle forze di sicurezza e secondo lo stesso Putin «ha dimostrato di essere un uomo al quale si può affidare un incarico di massima importanza e delicato ed essere sicuro della sua esecuzione». Non resta allora che attendere il 2022 e constatare se la previsione si dimostrerà o meno corretta.

 

Massimo Bordin

 

 

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