C'è volontà se c'è azione

Da Appelloalpopolo del 21-3-2018 (N.d.d.)

Vedo molte persone impegnate a conoscere la verità. E ciò è indubbiamente positivo. Pochi però sono coloro che lavorano a formarsi una volontà. Eppure il liberalismo, che si deve combattere (e che da taluni è addirittura difeso, in nome di una insensata lotta al liberismo, accusato di essere inefficiente, anziché liberale), è una teoria della volontà: si pensi al negozio giuridico come manifestazione di volontà, al diritto soggettivo come signoria della volontà, a tutta la disciplina dei rapporti economici volta a non ostacolare la volontà dell’individuo, alla esaltazione del lavoro di 14 ore al giorno dell’imprenditore e alla propaganda secondo la quale ognuno deve essere imprenditore di se stesso. La volontà si forma, si educa, si genera, si tempra, si irrobustisce fino alla spietatezza. Chi non ce l’ha se la può dare, se non vuole essere assoggettato, schiavo e passivo spettatore. Ogni lotta è sempre lotta tra due volontà, non tra due verità. La volontà è azione e si manifesta soltanto nell’azione: c’è volontà soltanto se c’è azione. Un’azione che dura nel tempo, anni o decenni. L’aver generato una massa di persone senza volontà, se non la volontà individualistica che si vuol diffondere, è il più grande successo di chi la volontà l’ha teorizzata, ce l’ha, ha lavorato tenacemente per quaranta anni per giungere a questa situazione ed è educato a superare o eliminare ogni ostacolo al continuo dispiegarsi della sua volontà.

Pasolini aveva visto lontano: «Prevedo la spoliticizzazione completa dell’Italia: diventeremo un gran corpo senza nervi, senza più riflessi. Lo so: i comitati di quartiere, la partecipazione dei genitori nelle scuole, la politica dal basso… Ma sono tutte iniziative pratiche, utilitaristiche, in definitiva non politiche. La strada maestra, fatta di qualunquismo e di alienante egoismo, è già tracciata. Resterà forse, come sempre è accaduto in passato, qualche sentiero: non so però chi lo percorrerà, e come». Ecco, il sentiero; il sentiero esiste sempre; è lungo, molto lungo, ed è ripido e pericoloso. Quindi, senza volontà non si percorre nemmeno il primo tratto. Nemmeno si resta a guardare: si abbassa lo sguardo per non vedere. Bisogna pensare meno, molto meno alla verità, alla informazione, alla divulgazione. Non è pensabile che nasca la volontà in chi è ossessionato dalla verità e da anni dedica ore e ore al giorno a cercare di capire. La volontà si nutre della verità più pura, bastano dieci concetti e soprattutto dieci giudizi. Per il resto la continua ricerca della verità, una ricerca ossessiva e compulsiva, non accompagnata dall’azione, è un meccanismo di rimozione della sfida alla volontà, che è atto moralmente dovuto, a se stessi in primo luogo. Si nasconde a se stessi che non si vuol curare la volontà. Ci si dedica a spaccare il capello nello studio di teorie economiche, di dati, di grafici, fino al fanatismo. Poi consci della propria impotenza, si tifa per attori stranieri, siano Putin o Assad, Trump o la Cina, la Corea del Nord o le forze della Brexit, Podemos o Syriza, o Jean-Luc Mélenchon o la Le Pen, Maduro o Orban. E alla fine, il giorno delle elezioni, si dà il voto (dell’) utile (idiota). Bisogna che gli ossessionati cercatori di verità si giudichino, impietosamente. Scopriranno che la domanda rimossa, la domanda cruciale, decisiva, importante, quella che li renderebbe fieri davanti ai figli, e indifferenti al fatto che quasi nessuno attorno ad essi capirà cosa eventualmente decideranno di fare, è: che cosa devo fare? Non che cosa devo sapere.

Stefano D’Andrea

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