Spalle al muro

23 Maggio 2018

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Da Rassegna di Arianna del 16-5-2018 (N.d.d.)

 

Il presidente americano Donald Trump ha deciso lo spostamento dell’ambasciata Usa e il riconoscimento di Gerusalemme come capitale dello stato ebraico pur sapendo che questo evento, in coincidenza con l’anniversario del 1948 della fondazione di Israele e della Nakba, la catastrofe palestinese, avrebbe fatto riesplodere lo scontro tra israeliani e i palestinesi. Il motivo della decisione è chiaro: Trump ha investito Israele e il suo premier Benjamin Netanyahu del ruolo ufficiale di gendarme americano in Medio Oriente. Il regalo di Trump a Israele non è senza contropartite. Sono aperti almeno tre fronti: la guerra in Siria, in Yemen e il contrasto all’influenza dell’Iran, contrassegnato dal ritiro di Washington dall’accordo sul nucleare. Trump e Israele non intendono trattare su nulla: né con i palestinesi, cosa che è avvenuta in passato, né tanto meno con gli iraniani. L’obiettivo di Trump è disimpegnarsi, almeno in parte, dalla regione. Rinunciando ai negoziati diplomatici e di pace, il presidente americano ha così messo davanti al fatto compiuto l’Europa e lo stesso Putin che dovranno accettare il ruolo preminente di Israele. Non dimentichiamo che Netanyahu è reduce da un recente visita a Mosca: la Russia è un Paese sotto sanzioni e Israele, dove vivono un milione di ebrei russi, può offrire a Putin una sponda per aggirarle. Arabi, musulmani e cristiani dovranno quindi chinare il capo di fronte all’evidenza che Gerusalemme, città sacra a tre religioni già oggi controllata militarmente da Israele, diventi così “proprietà” dello stato ebraico.

 

Vedremo se adesso si leverà qualche voce dissonante, anche se servirà a poco: c’è forse qualcuno qui che ha intenzione di prendere misure contro gli Usa e Israele anche quando contraddicono le risoluzioni delle Nazioni Unite? Non scherziamo, la realtà è ben diversa. Gli Stati Uniti, cancellando l’accordo con l’Iran e imponendo sanzioni alle imprese e alle banche che lavorano con Teheran, ha messo gli europei spalle al muro con un dilemma simile al ricatto: o rinunciate a fare affari con l’Iran o perdete il mercato americano. Quanto a Israele può permettersi di ammazzare tutti gli arabi e i palestinesi che vuole perché è riuscita ad accreditarsi come un Paese “europeo” e “normale”: basti pensare alla svendita delle tre tappe del Giro d’Italia. In poche parole gli editoriali di condanna delle violenze a Gaza sono lacrime di coccodrillo di mass media che sono ipocritamente allineati con lo stato ebraico il quale, questo è il ritornello, “ha sempre diritto a difendersi” anche quando esagera un po’. 

 

Rimane la contraddizione irrisolta tra il mito della terra promessa ebraica e la realtà che in Palestina c’è un altro popolo che sente quella terra, occupata da Israele, come propria per il semplice fatto che ci vive da secoli: dalla guerra che dura ormai da 70 anni si passerà a una guerra dei cent’anni.

 

Alberto Negri

 

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