Siamo responsabili di ciņ che abbiamo ereditato

18 Giugno 2018

 

Da Appelloalpopolo del 15-6-2018 (N.d.d.)

 

Uno dei discorsi che attecchiscono più frequentemente sul tema migratorio è quello delle responsabilità storiche, dello sfruttamento occidentale, del colonialismo, ecc. L’idea di fondo è che in qualche modo l’accoglienza dei migranti, soprattutto se provenienti da certe aree del mondo meno sviluppato, sarebbe per così dire un doveroso risarcimento storico per abusi passati dell’Occidente. Ora, la dimensione storica non va certamente sottovalutata e le responsabilità storiche sono senz’altro qualcosa con cui fare i conti. […] Però a questo punto, così come può essere giusto guardare alla storia sotto la prospettiva delle colpe, allora sembra altrettanto giusto prendere parimenti in considerazione una prospettiva ampliata a tutte le forme di responsabilità storica. Ed è a questo punto che il quadro diventa più interessante, anche da un punto di vista filosofico. Già, perché a tutti coloro i quali vogliono far leva su colpe storiche per spiegare le necessità dell’accoglienza è forse giusto far osservare come di gran lunga la maggior parte delle colpe, dei meriti, delle responsabilità in genere, ogni paese li nutre al proprio interno, nei limiti di continuità territoriale delle sue città, delle regioni, dello Stato.

 

Ogni città, ogni territorio che abitiamo, è stato modellato nei secoli attraverso le fatiche e anche gli errori, attraverso il sacrificio, l’ingegno, spesso il sangue delle molteplici generazioni che ci hanno preceduto. Questo è un retaggio, stratificato generazione dopo generazione, nella speranza di chi ci ha preceduto di poter lasciare a chi seguirà qualcosa di meglio, forme di vita personale e collettiva migliori. Così come di fronte ad un paesaggio naturale, creato nel tempo, sentiamo di avere una responsabilità verso di esso e non riteniamo sia giusto poterlo snaturare a piacimento, così, a maggior ragione, dobbiamo pensare nei confronti dei territori, delle città, delle istituzioni, dei costumi, delle forme di vita che ci hanno permesso di nascere e crescere. Tutte queste cose non sono ‘nostre’, non sono a nostra disposizione: sono cose che, se ne siamo capaci, possiamo prenderci la responsabilità di tentar di migliorare in questo o quel punto, ma di cui dobbiamo essere consapevoli di non esserne gli arroganti padroni. Se mutamenti storici sembrano spingere verso uno snaturamento, un deterioramento, un mutamento incontrollato, la nostra responsabilità storica primaria va verso la conservazione di quanto abbiamo ereditato, di cui siamo innanzitutto gestori e fruitori, ma non proprietari. Se vogliamo parlare di diritti, ebbene noi non abbiamo nessun diritto di svendere o snaturare ciò che ci è pervenuto. Questo non significa naturalmente che mutamenti fisiologici non possano ed anzi debbano avvenire. L’unico modo efficace per conservarsi in forme viventi è mantenere un equilibrio nel cambiamento, non irrigidirsi in un’immobilità che si confà forse ad un minerale, ma non ad un vivente. Come in un organismo esistono processi quali la crescita, il metabolismo, la respirazione e molti altri in cui il medesimo corpo è attraversato da numerosi elementi che entrano ed escono da esso, così accade nella fisiologia di un’entità storica. In un organismo quella permeabilità è cruciale per la conservazione di un equilibrio in sviluppo. Ma al tempo stesso, non ogni ingresso di elementi esterni è accettabile: molti di essi risultano patogeni, disfunzionali, letali. Similmente in un’entità storica vi è una permeabilità necessaria. Vi è poi anche una permeabilità non necessaria ma comunque metabolizzabile; ed infine vi è una permeabilità esiziale e potenzialmente letale. Ciò vale per gli spostamenti di persone (migrazioni), ma non solo: vale, come è più facilmente riconosciuto, per gli atti esplicitamente aggressivi di agenti esterni (guerra), come per gli spostamenti di potere economico (capitale), o anche per variazioni ecologiche ed ambientali, sia che siano imputabili a qualcuno o che siano di origine ignota (parassiti, contaminanti, ecc.). In ogni organismo la sua prima e fondamentale funzione, per conservarsi in vita, è quella di sorvegliare e modulare, a seconda delle proprie condizioni, la propria permeabilità, il confine tra esterno ed interno. Non diversamente ciò avviene e deve avvenire per ogni entità storica, per ogni corpo politico, se vuole continuare ad esistere. E ciò naturalmente vale per ciascuna singola entità storica, che porta con sé gli oneri e gli onori, i meriti e le colpe, delle fatiche, dei sacrifici, degli errori e del sangue delle generazioni che hanno preceduto i viventi presenti. Tali responsabilità, colpe e meriti interni valgono naturalmente per ciascuno stato-nazione europeo come l’Italia o la Francia, non meno di quanto valgano per altri corpi politici come, ad esempio, per ciascuno degli stati dell’Africa sub-sahariana. Niente di tutto ciò vieta, né sconsiglia, la generosità, l’aiuto, la benevolenza verso individui in difficoltà, ma in tutto ciò non è l’appello a colpe e responsabilità a poter rappresentare alcuna leva. Ciascun individuo primariamente ha il diritto ad imputare colpe a, o viceversa può sentirsi debitore verso, ciò da cui proviene. È a quella dimensione che può e deve innanzitutto appellarsi, nel bene come nel male, nella gratitudine che rende responsabili verso le proprie radici, come nella colpevolizzazione per le mancanze di cui soffre.

 

Andrea Zhok

 

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